venerdì 20 febbraio 2015

20 febbraio: Sempre sulla Formazione - FORMAZIONE OPERAIA e "FORMAZIONE DEI PADRONI"... L'altalena dei prezzi...



Da giovedì 12 il quotidiano dei padroni, Il Sole 24 Ore, ha cominciato a pubblicare una serie di dossier intitolati “Il giornale della famiglia” con l’intento dichiarato di spiegare in maniera semplice come funziona l’economia, per così dire alla portata della famiglia, appunto, (naturalmente quella famiglia che hanno in testa i padroni, e cioè la famiglia “media” capace di “spendere” perché ha un “reddito” annuo significativo). Premettiamo che da anni oramai i padroni accusano i loro economisti, i loro “scienziati” (e questi a loro volta si accusano tra di loro!) di non saper prevedere e non saper dare soluzioni, insomma di non capire quello che succede e quindi ammettono tranquillamente che la loro non è una scienza, stiamo parlando di quella “scienza economica” che viene “insegnata” nelle università e dispensa nobel! Non è una scienza perché non riesce a spiegare i processi di fondo dell’economia, ma si limita di fatto a registrarne gli effetti, i fenomeni superficiali, quelli che tutti vedono e che quindi non hanno bisogno di scienza. E infatti a questo proposito dice Marx <>. I borghesi si fermano alla forma fenomenica, i proletari coscienti vanno all’essenza della cosa.
Questo tentativo dei padroni ne segue altri già fatti fin dall’inizio della crisi del 2007. Seguiamo questo primo articolo introduttivo della “nuova serie” intitolato “L’altalena dei prezzi” con il quale ci confermano tra l’altro che la crisi economica è globale ed è in atto nonostante le chiacchiere “fiduciose” di Renzi e compagnia che continua a dire che l’Italia è ripartita. (Le sottolineature sono nostre)



“L’altalena dei prezzi
di Morya Longo 12 febbraio 2015
«In gran parte delle industrie manifatturiere, gli aumenti della produttività hanno offerto capienza ai pur notevoli aumenti salariali. Il caso più evidente è forse quello dell'industria dell'acciaio, dove la produttività del lavoro è raddoppiata in meno di un decennio, sicché i prezzi dell'acciaio hanno potuto mantenersi all'incirca fermi sui livelli del 1950». Correva l'anno 1959. L'Italia era in deflazione: cioè i prezzi di beni e servizi scendevano. Ma non si trattava di una deflazione “cattiva”: come spiegava Donato Menichella, allora Governatore della Banca d'Italia, i prezzi scendevano perché le aziende producevano sempre di più, grazie allo sviluppo tecnologico. Questo permetteva loro di mantenere stabili, o in calo, i prezzi finali. La deflazione, insomma, era figlia del boom economico. Dell'innovazione tecnologica.”
Per i borghesi c’è dunque una “deflazione (i prezzi delle merci scendono) cattiva (perché c’è la crisi)” e una “deflazione buona” (i prezzi delle merci scendono, ma comunque c’è crescita economica), ma non si spiegano questi alti e bassi, o meglio danno delle spiegazioni superficiali.
Poi da questo primo paragrafo veniamo a sapere che nonostante il grande aumento di “produttività” (raddoppiata in dieci anni!) e cioè l’aumento degli investimenti in tecnologia, ma soprattutto dello sfruttamento degli operai fatto di ritmi di lavoro in aumento e pesantissimi, le lotte operaie negli anni ‘50 avevano comunque portato ad aumenti salariali! Ma ciononostante i prezzi delle merci scendevano. Ciò significa, come stiamo spiegando trattando del Capitale che l’aumento di produttività, fa sì che ogni merce contiene meno tempo di lavoro (che è ciò che dà valore alla merce)!
“Sono passati 56 anni. E oggi l'Italia è tornata in deflazione. Gli ultimi dati dell'Istat segnalano che su base annua i prezzi al consumo sono scesi a gennaio dello 0,6%. Eppure la situazione economica è ben diversa da quella del 1959. L'Italia oggi ha alle spalle tre anni filati di recessione. Una crisi così prolungata ha fatto perdere molti posti di lavoro, ha ridotto gli stipendi e - dunque - ha provocato una contrazione dei consumi. Insomma: gli italiani comprano meno, perché hanno meno soldi in tasca. E questo costringe le aziende a ridurre i prezzi sugli scaffali. La deflazione oggi, dunque, è figlia della crisi.”
Come si vede la giornalista quando parla di crisi economica, perdita di molti posti di lavoro, salari ridotti, calo dei consumi… non si dà da fare per trovare i “responsabili”, e cioè il sistema capitalistico stesso, ma rimane sempre in un limbo di indeterminatezza, come di un destino ineluttabile per cui tutta questa schifezza è solo “figlia della crisi”! Sì, ma la crisi di chi è “figlia”?
“Ma non solo. Ad avvitare i prezzi è stata anche la frenata del petrolio: senza questo effetto, il Paese avrebbe un'inflazione bassa ma non negativa. Il barile lo scorso giugno valeva infatti 115 dollari mentre ora viaggia sotto quota 60, spingendo in ribasso il prezzo della benzina e dell'energia. Questo è il lato “buono” della deflazione attuale: finché i prezzi scendono per motivi esterni, infatti, gli italiani risparmiano e dunque hanno più soldi a disposizione per tornare a spendere. Se la deflazione durasse poco tempo, dunque, potrebbe addirittura aiutare l'Italia a uscire dalla recessione: aumentando il reddito disponibile, potrebbe far ripartire i consumi. Dunque l'economia.”
Ma se “gli italiani comprano meno, perché hanno meno soldi in tasca” come si fa a “far ripartire i consumi. Dunque l'economia.”? La risposta normale sarebbe “facciamo in modo che gli italiano abbiamo più soldi in tasca”! Ma questa risposta non raggiunge il cervello dell’economista.
Invece di spiegare come mai il petrolio, una delle merci fondamentali oggi per tutta l’economica mondiale perché produce l’energia per tenere accesi i motori delle fabbriche e fa  muovere tutti i mezzi di trasporto, passa da 115 dollari a 60 dollari al barile, cioè crolla della metà! la giornalista passa avanti come se niente fosse: innanzi tutto ridurre il prezzo di una merce della metà e continuare a venderla significa che il capitalista continua in ogni modo a trarne profitto e il precedente prezzo alto è il risultato di una vera e propria truffa possibile spesso solo grazie ad accordi di monopolio tra capitalisti; ma quando, anche grazie alla crisi, la concorrenza tra capitalisti si fa più dura (in questo caso c’è meno domanda di petrolio perché le fabbriche chiudono) allora si torna alla normale anarchia della produzione (ogni capitalista cerca di produrre quante più merci per conquistare “mercati” e cioè togliere spazio ad altri capitalisti).
I prezzi bassi comunque alla fine non aiutano più di tanto il salario degli operai, che nell’immediato può essere nominalmente più alto, dato che nel complesso, visti i licenziamenti in massa dovuti alla chiusura delle fabbriche e di molti settori dei servizi, l’ammontare dei salari degli operai scende!
“Il pericolo è che questo meccanismo virtuoso non scatti e che gli italiani preferiscano - per paura del futuro - mettere da parte i soldi risparmiati invece che usarli per fare shopping. E se la deflazione durasse troppo a lungo, questo meccanismo diventerebbe patologico: le famiglie tenderebbero infatti a non spendere, nella convinzione che in futuro i prezzi saranno ancora più bassi. Ecco perché la deflazione fa paura: perché se diventa uno “stile di vita” e cambia le aspettative dei consumatori, condanna a morte l'economia.”
Qui i borghesi mettono a dura prova la  propria intelligenza (e la pazienza altrui). Le parole usate sono “preferiscono”, “fiducia”, “volontà”… ma come si fa a dire che uno non spende perché non ha “fiducia” o perché ha “paura”?  e meno male che prima ci avevano ricordato che senza soldi non si può spendere!
“Il problema non è solo italiano: su 185 Paesi del mondo, ben 43 sono in deflazione e 88 hanno un'inflazione sotto l'1,5%. Per due motivi: da un lato perché il petrolio è basso per tutti, dall'altro perché la crisi ha frenato l'intera economia globale. È anche per questo che le banche centrali di mezzo mondo, per combattere contro questa piaga, hanno varato politiche ultraespansive: delle 36 maggiori banche centrali del mondo, calcola Morgan Stanley, ben 29 hanno una politica monetaria espansiva. La Bce è l'ultima ad attivare il «bazooka» anti-deflazione: da marzo inizierà infatti a stampare moneta. Così dopo decenni in cui il problema è stato quello dell'inflazione, oggi il mondo combatte contro il fantasma opposto. Ultimo strascico di una crisi globale senza precedenti.”

I capitalisti “da soli” non ce la fanno. Il loro sistema entra in crisi costantemente e si inceppa e allora arriva il soccorso dei loro agenti al governo che per superare le difficoltà “stampano moneta”!

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