domenica 1 febbraio 2015

29 gennaio: Continua la - FORMAZIONE OPERAIA: TORNIAMO SUL PROCESSO DI SCAMBIO - A PREMESSA UNA RISPOSTA AD UNA LAVORATRICE



Una lavoratrice scrive: 
"Nonostante gli sforzi vostri e capacità di spiegare concetti complessi, il Capitale di Marx non è facile. Ho provato e riprovato, tante sono le cose che non ho capito, ma come dice Marx non bisogna arrendersi. Il Capitale è un'arma che deve impugnare il proletariato perchè i capitalisti non hanno più motivo di esistere; il capitalista è colui che vuole sfruttare al massimo la "merce" forza-lavoro per trarre i suoi profitti (ricchezza). 
Chiedo dei chiarimenti. La merce è un oggetto esterno che a secondo le sue qualità soddisfa bisogni umani sia essi primari che secondari. Il valore della merce è data dall'uso che se ne fa? Lo scambio della merce è in base al suo valore e non alla quantità?" 

RISPOSTA.

La merce ha un duplice valore: il valore d'uso, cioè la sua utilità per chi la utilizza - e questa è data dal corpo della merce e dalla sua quantità; il valore di scambio, cioè la proporzione nella quale i valori d'uso di un tipo  sono scambiati con valori d'uso di tutt'altro tipo.

Le merci hanno valori d'uso differenti, perchè soddisfano bisogni differenti (la merce abito soddisfa il bisogno di coprirsi, la merce automobile soddisfa il bisogno di muoversi, ecc.). MA intanto si possono scambiare merci così differenti perchè hanno "al loro interno" un valore di scambio comune a tutte le merci, quella di essere prodotti del lavoro umano. Come misurare la grandezza di questo lavoro? Mediante la quantità del lavoro nella merce contenuta, che a sua volta si misura con il tempo di lavoro necessario in media per produrla.

Quindi, intanto si possono scambiare una determinata quantità di abiti con una determinata quantità di automobili perchè si possono confrontare le quantità di tempo di lavoro socialmente necessario per produrle.
Per il compratore la merce vale in quanto valore d'uso. Per il produttore la merce vale NON in quanto valore d'uso, ma in quanto condensato di valore, di prodotto del lavoro umano.   

Come valori d'uso le merci sono soprattutto di qualità differente, come valori di scambio possono essere soltanto di quantità differente. 
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TORNIAMO ANCORA SUL PROCESSO DI SCAMBIO


Il capitolo 2 de "il Capitale" è importante perché spiega cosa succede nel processo di scambio, come nasce e cos’è il denaro e come anche nella crisi odierna del capitale gli economisti, politici, capi di stato piccolo borghesi e finti rivoluzionari si aggirano intorno a false soluzioni.
Marx comincia questo capitolo con una affermazione semplice: “Le merci non possono andarsene da sole al mercato e non possono scambiarsi da sole.” E cioè, ancora una volta, viene ribadito che sono gli uomini che producono e scambiano queste merci che non sono
autonome!

Quindi sono gli uomini gli attori in campo che in quanto individui proprietari privati delle merci, entrano in contatto con lo scambio e, dice Marx, ripercorrendo lo sviluppo storico, che all’inizio lo scambio di merci comincia dove finiscono le comunità, ai loro punti di contatto con comunità estranee, o con membri di comunità estranee. “Ma, una volta le cose divenute merci nella vita esterna della comunità, esse diventano tali per reazione anche nella vita interna di essa”. La continua ripetizione dello scambio fa di quest'ultimo un processo sociale regolare.
Quindi nel corso del tempo per lo meno una parte dei prodotti del lavoro dev'essere prodotta con l'intenzione di farne scambio. “Da questo momento in poi si consolida, da una parte, la separazione fra l'utilità delle cose per il bisogno immediato e la loro utilità per lo scambio. Il loro valore d'uso si separa dal loro valore di scambio.” E questo “valore di scambio” che si “autonomizza” viene incarnato da una merce particolare del mondo delle merci, nella forma di equivalente generale, che diventa merce-denaro.
Dice Marx: “La cristallizzazione ‘denaro’ è un prodotto necessario del processo di scambio, nel quale prodotti di lavoro di tipo differente vengono di fatto equiparati e quindi trasformati di fatto in merci. Quindi, la trasformazione della merce in denaro si compie nella stessa misura della trasformazione dei prodotti del lavoro in merci”.
Merce e denaro in questo sistema sociale sono quindi inseparabili, sono due facce della stessa medaglia.
In questo processo di scambio, dice Marx: “i tutori delle merci [che le portano al mercato] debbono comportarsi l'uno di fronte all'altro come persone, la cui volontà risieda in quelle cose, cosicché l'uno si appropria la merce altrui, alienando la propria, soltanto con la volontà dell'altro; quindi, ognuno dei due compie quell'atto soltanto mediante un atto di volontà comune a entrambi. Quindi i possessori di merci debbono riconoscersi, reciprocamente, quali proprietari privati. Questo rapporto giuridico, la cui forma è il contratto, sia o no svolto in forme legali, è un rapporto di volontà nel quale si rispecchia il rapporto economico. Il contenuto di tale rapporto giuridico ossia di volontà è dato mediante il rapporto economico stesso.
Quindi, ripetiamo, il “rapporto economico” creato naturalmente e volontariamente con lo scambio ripetuto nel tempo tra persone diventa “rapporto giuridico”, un contratto. Questo fatto con l’avvento della società capitalistica si è modificato, ma all’occhio di chi non analizza la società capitalistica e le sue leggi particolari fa sembrare appunto “giusto” ogni “scambio” anche quello, per esempio, tra gli operai che “vendono” la loro forza lavoro e i padroni che la comprano.
Questo passo di Marx è una critica non solo contro i borghesi ma anche contro Proudhon, il capostipite degli anarchici, che attinge, dice Marx, “il suo ideale della giustizia, la iustice éternelle, dai rapporti giuridici corrispondenti alla produzione delle merci, con il che, sia detto di passata, vien fornita anche la dimostrazione, così consolante per tutti i borghesucci, che la forma della produzione delle merci è eterna come la giustizia.” E insieme a lui vengono criticati anche tutti i tipi di “riformisti”, che pensano che si possa fare a meno del denaro in questa società. Dice infatti Marx “Da questo si giudichi la finezza del socialismo piccolo-borghese, il quale vuole eternare la produzione delle merci e insieme vuole abolire "l'antagonismo fra la merce e il denaro", cioè il denaro stesso, poiché il denaro esiste solo in questo antagonismo”.
Quindi se si deve “uscire” da qualcosa, si deve uscire dallo stesso sistema sociale che riproduce le merci e il denaro e questo antagonismo e cioè dal capitalismo!

Questa forma di denaro del valore delle merci si chiama prezzo. Il cartellino attaccato ad una merce esprime infatti “quanto vale” una merce. Perciò se per esempio aumenta il valore di una merce (perché è aumentato il tempo di lavoro necessario per produrla) deve salire per forza anche il suo valore in denaro e cioè il prezzo segnato sul cartellino. Se invece il valore di una merce diminuisce (perché è diminuito il tempo di lavoro per produrla) allora diminuisce anche il suo valore espresso in denaro e cioè il prezzo segnato sul cartellino. Quindi il prezzo sale e scende insieme al valore della merce! Quanto vale 1 euro? Dire 1 euro non significa niente. Per sapere quanto vale devo trasformarlo in una merce qualsiasi. Il denaro in sé non ha prezzo! “II suo proprio valore – dice Marx riferendosi all’oro quando è considerato denaro - è determinato dal tempo di lavoro richiesto per la sua produzione e si esprime nelle quantità di ogni altra merce nella quale si è coagulato altrettanto tempo di lavoro. Questa fissazione della sua grandezza relativa di valore ha luogo alla sua fonte di produzione. Appena entra in circolazione come denaro, il suo valore è già dato.”
Storicamente la forma di denaro è stata acquisita da una merce particolare: “La forma di denaro, dice Marx, passa a merci che per natura sono adatte alla funzione sociale di equivalente generale, ai metalli nobili”. Cioè all’oro e all’argento, e in seguito solo all’oro e oggi di fatto alla carta moneta stampata dalle banche.
Quindi, conclude Marx, “queste cose che sono l’oro e l’argento, come emergono dalle viscere della terra, sono subito l’incarnazione immediata di ogni lavoro umano. Di qui la magia del denaro.
Ma il denaro non ha proprietà “innate” non ha un valore misterioso, non è magico, è un valore “ideale” che si deve “concretizzare” in una merce; ciò che ne oscura la natura è il lungo processo storico degli esseri umani che è approdato oggi nel sistema capitalistico. E i capitalisti e suoi agenti si preoccupano costantemente di perpetuare e “aggiustare” questo sistema.
Proprio in questi giorni, infatti, è in corso a Davos in Svizzera una riunione di capi di stato, economisti, politici ed esperti del mondo intero per capire cosa è successo al loro “sistema economico” in particolare da metà 2007 ad oggi, e cioè da quando è scoppiata la crisi, ultima in ordine di tempo, e studiare come porvi rimedio! E come si vede, sono gli uomini, capi di stato, ecc. ecc. che cercano di risolvere questi problemi, che non possono essere affidati al “libero scambio delle merci”, al “libero gioco dei prezzi”, e quindi al “mercato” che si regolerebbe da solo, secondo quanto dicono gli economisti borghesi.
Ma questi esperti nella ricerca della soluzione sono sempre accecati da quello che Marx chiama appunto la “magia del denaro” cioè l’illusione che il denaro può tutto, che la quantità di denaro in circolazione sia il problema, a prescindere dalle merci che esso rappresenta.
La “soluzione” che è stata adottata infatti da Stati Uniti, Giappone, Cina, e in parte dall’Unione Europea dopo lo scoppio della crisi è stata proprio quella di stampare tantissimo denaro, miliardi di dollari, yen, yuan ed euro e “gettarlo nel mercato”… è servita questa soluzione? No, la crisi anzi si approfondisce!

(GIOVEDI' PROSSIMO CONTINUA...) 


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