(Da Bergamo news) - La crisi del petrolio colpisce gli ordinativi di Tenaris Dalmine. Un calo verticale che ha costretto l'azienda a rivedere i carichi di lavoro e a convocare i sindacati per intervenire al più presto. Annunciati 406 esuberi: 222 operai e 184 impiegati.
Crisi del petrolio colpisce Tenaris Dalmine: l'azienda annuncia 406 esuberi
Il crollo del prezzo del petrolio, la riduzione delle trivellazioni globali hanno una ricaduta sugli ordinativi alla Tenaris Dalmine. Una situazione che è precipitata da Natale in poi e che pare non arrestarsi con un calo verticale e repentino degli ordini.
Tenaris Dalmine ha convocato nella mattinata di mercoledì 25 febbraio le organizzazioni sindacali annunciano un piano di riorganizzazione e possibili esuberi. Si tratterebbe di una riduzione del personale di 406 lavoratori: 222 operai e 184 impiegati. Tra le ipotesi sul tavolo del confronto, si pensa di sospendere il contratto internale per 30 operai, una settantina andrebbero accompagnati alla pensione e non verrebbero confermati circa 120/130 contratti degli apprendisti. Per gli impiegati ci sarebbe la finestra per una quarantina di dipendenti da accompagnare alla pensione, mentre rimane l'incognita per gli altri 150.
Cos'è la crisi? Perchè le crisi sono inevitabili nel sistema capitalista? Chi ci perde e chi ci guadagna... Perchè l'unica vera risposta alla crisi non è trovare "soluzioni" per superarle ma rovesciare il sistema capitalistico che le produce...
I dati del 2009 ci dicono nel mondo la capacità produttiva di tubi senza saldature è di 65 milioni di tonnellate; la richiesta mondiale è di 27 e la capacità produttiva della Cina è di 30. La Cina, quindi, è in grado di corrispondere da sola all’intera domanda mondiale di tubi senza saldature.
Nelle assemblee di oggi alla Tenaris Dalmine, i segretari di fiom-fim-uilm hanno, ancora una volta dimostrato di ragionare come il padrone e quindi di essere parte del problema e non certo la soluzione per gli operai.
Ma andiamo per gradi:
nei giorni scorsi è partita una campagna sulla crisi del petrolio (o meglio sul calo del prezzo al barile) e i riflessi sulla siderurgia, gonfiata anche dalla stampa locale, culminata con la riunione ai dipendenti in cui il CEO padron Rocca si è prodigato a dare le sue spiegazione di quello che stava succedendo nel mondo... arabia saudita, ucraina, cina, fino ad auspicare come positivo per il rialzo del prezzo del petrolio ovviamente la guerra alla Libia (buon sangue non mente).
Il suo discorso è molto chiaro: non è colpa mia, è colpa del mercato, io vendo meno tubi e devo tagliare i costi di produzione per mantenere i miei profitti. E' proprio cosi che DALLE CRISI I PADRONI ESCONO PIU' FORTI, aumentando il grado di sfruttamento degli operai e mettendo in concorrenza gli operai dei diversi paesi del mondo: “I nostri concorrenti sono in difficoltà più di quanto lo siamo noi, quindi dobbiamo cogliere questa occasione....il mio obbiettivo è di uscire dalla crisi con una quota di mercato più alta di quella che abbiamo oggi negli Usa.”
Infatti dopo 8 mesi di firma dell'accordo sulla flessibilità a Dalmine viene bloccato l'investimento al forno mentre è confermato quello in Texas che sarà pronto nel 2016, valore 1 miliardo e 500 milioni di dollari, “il nuovo stabilimento avrà una capacità produttiva di 600.000 tonnellate di tubi senza saldatura di alta qualità...”. La stessa produzione su cui si è specializzata la Dalmine a seguito delle crisi-ristrutturazione, con perdita di produzioni, spostate in altri stabilimenti e perdita di posti di lavoro, succedutesi dal 1996 anno della privatizzazione-regalo del governo Prodi (la strategia di Tenaris appare fragile: concentrandosi e specializzandosi in un unico prodotto (tubi per gas e petrolio) si espone in maniera fortissima alla concorrenza cinese. Ed essendo concentrata su un unico prodotto, una eventuale soccombenza nell’ambito dei processi di concorrenza, sarebbe letale per l’impresa e i lavoratori.)
Come si è vantato in assemblea il segretario fiom: “abbiamo gestito sempre le crisi”...è vero sulla pelle degli operai.
Ora usano la questione apprendisti in maniera strumentale per tentare di far passare la soluzione che vuole il padrone con l'arma dei contratti di solidarietà, in cui noi operai ci facciamo carico di pagare la crisi che il suo sistema ha creato. D'altronde, dicono gli agenti sindacali del padrone: Non è giusto che la crisi ricada sugli apprendisti. Siamo disposti anche a togliere la firma dell'accordo sulla flessibilità, ma l'azienda non deve fare azioni unilaterali...”.
Gli apprendisti sono il frutto di un loro accordo di scambio con gli esuberi, usati dopo pochi mesi come operai sulle linee che hanno fatto record produttivi con il 3 livello e senza pagare i contributi per 3 anni. Già per questo devono essere assunti e nessun operaio deve perdere salario.
Dall'altro hanno già concordato lo smaltimento ferie, ossia la gestione a seconda delle esigenze aziendali, condividendo con l'azienda il ragionamento di fondo della crisi …
Ma vediamo i dati che ci dice l'eco di bg: “E dire che nel quarto trimestre del 2014 i ricavi di Tenaris avevano segnato un più 11% rispetto allo stesso periodo del 2013 grazie in particolare all’aumento dei ricavi in Nord America, lievitati del 27%. Per quanto riguarda, poi, le vendite di tubi senza saldatura, gli ultimi tre mesi dell’anno si sono distinti per aver raggiunto i livelli più alti dal 2008.
Sicuramente i ricavi di cui sopra non sono finiti negli stessi conti in cui stanno i debiti con equitalia....
Rocca, le tasse da pagare e il contenzioso col Fisco di CARLOTTA SCOZZARI19 gennaio 2015
"Il tema non è quello di non pagare le tasse ma di pagare le tasse in modo chiaro trasparente e rapido". Sono le parole del presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca, a margine di un convegno sulla fiscalità d'impresa organizzato dall'associazione imprenditoriale insieme con Assonime. Eppure a scorrere l'ultima relazione dei nove mesi di Tenaris, il gruppo della famiglia Rocca che vende tubi in acciaio, ci si imbatte in un contenzioso con il Fisco italiano da 530 milioni di euro. Il conto da pagare allo Stato italiano è suddiviso in una richiesta da 282 milioni, che la Commissione tributaria di Milano ha abbassato drasticamente a 9 milioni provocando la reazione dell'Agenzia delle entrate, che ha fatto ricorso in appello; più una tranche da 248 milioni su cui Tenaris spiega a bilancio di non aspettarsi esborsi particolarmente significativi. Il che significa che spera in un super sconto come quello già ottenuto dalla Commissione tributaria per il resto della somma da pagare. Questa è la situazione fotografata nella trimestrale al 30 settembre, non soltanto ultimo documento ufficiale sui conti del gruppo ma anche ultima nota stampa della società, tipicamente parca in fatto di comunicazione al mercato. In altri termini, le cose da allora potrebbero essere cambiate, ma non c'è stata alcuna comunicazione ufficiale a riguardo. Il Fisco contesta a Tenaris lo stacco di dividendi da parte di una controllata italiana del gruppo, ritenendo, in sostanza, che le tasse su quelle cedole vadano pagate da noi. Va, infatti, ricordato che Tenaris, guidata da Paolo Rocca, fratello di Gianfelice, vende tubi di acciaio in tutto il mondo, ma la cabina di regìa è collocata stabilmente in Lussemburgo, al numero 46 dell'Avenue John F. Kennedy. Il gruppo produttore di tubi, quotato a Milano, New York, Buenos Aires e Città del Messico, è controllato al 60,45% dalla cassaforte lussemburghese San Faustin sa, blindata dalla famiglia Rocca attraverso la Fondazione olandese Rocca & Partners Stichting Administratiekantoor Aandelen San Faustin. La San Faustin, poi, controlla Tenaris attraverso un'altra scatola lussemburghese, la Techint sarl. Insomma, un complesso groviglio di finanziarie tutte domiciliate in paesi dove la fiscalità è meno pressante che in Italia.
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