martedì 5 febbraio 2013

Ilva situazione 1-2

Slai cobas ilva: non è vero che oggi rientrano 535 lavoratori dalla cassa
integrazione ma solo una parte

Da Repubblica:

La produzione nell'area a freddo riparte, ma le incertezze restano. Oggi
solo una parte dei 535 lavoratori rientrerà all'Ilva di Taranto. Gran parte
degli impianti è ferma da fine novembre per la crisi di mercato e gli
effetti del sequestro delle merci disposto dalla magistratura. Fra gli
addetti che torneranno al lavoro, annunciano i sindacati, ci sono i
manutentori, coloro cioè che devono controllare e verificare gli impianti
prima del riavvio. La situazione dovrebbe tornare a regime in pochi giorni.
Gli impianti che tornano in attività sono il tubificio Erw, il laminatoio a
freddo e due impianti minori. La ripresa della produzione è finalizzta a
soddisfare alcune commesse.

Slai cobas ilva: l'azienda paga lo stipendio del 12 febbraio ma non dà
garanzie ora per quello del 12 marzo e continua a dire di non avere soldi
per attuare l'AIA


Da Repubblica:

Il riavvio di parte dell'area a freddo e la garanzia, fornita dal presidente
Bruno Ferrante, del pagamento degli stipendi l'11 febbraio, hanno
tranquillizzato gli oltre 11mila dipendenti diretti dello stabilimento
tarantino. La situazione complessiva dell'Ilva resta però ancora critica.
L'azienda continua a non avere le risorse necessarie per attuare le
prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale i cui costi sono
valutati in 3,5 miliardi di euro in tre anni. La legge 231 del 24 dicembre
scorso che autorizza lo stabilimento a produrre è in attesa del giudizio
della Corte Costituzionale alla quale si sono appellati i magistrati di
Taranto. Restano infine sotto sequestro 1,7 milioni di tonnellate di merci,
anche se l'Ilva ha ora chiesto un parziale dissequestro per 42mila
tonnellate perché ritiene che questa parte non debba essere sottoposta ai
sigilli giudiziari. Il valore delle materie prime sequestrate è di 32
milioni di euro; l'intero quantitativo bloccato vale invece un miliardo.
Proprio per trovare risorse, l'Ilva ha annunciato nei giorni scorsi la
disponibilità a coinvolgere nuovi partner nell'assetto proprietario,
attualmente nelle mani della famiglia Riva.

Slai cobas ilva: sindacati  confederali tutti, e compreso l'Usb, chiedono
che lo Stato si faccia carico dell'azienda - ovvero Riva dopo aver
privatizzato i profitti adesso vuole socializzare le perdite e fare la messa
a norma con i soldi dello Stato, cioè dei lavoratori e dei cittadini

Da Repubblica:

I sindacati chiedono con forza l'intervento dello Stato per garantire la
realizzazione dell'Aia, il risanamento ambientale e i posti di lavoro.

Slai cobas ilva: la nuova cassa integrazione è in deroga, ovvero oltre la
straordinaria e tutti noi vediamo che proprio per la cassa integrazione in
deroga di altre fabbriche e altri lavoratori non ci sono i soldi e c'è il
serio rischio che per l'Ilva non venga concessa o che non ci siano i soldi
anche per i nuovi cassintegrati


Da Repubblica:

A tutto questo, poi, si aggiunge la cassa integrazione in deroga che l'Ilva
ha chiesto per 1.393 lavoratori sia dell'area a freddo sia dell'area a
caldo. Quest'ultimo settore viene interessato per la prima volta viene dagli
ammortizzatori sociali. Su questo aspetto il ministero del lavoro si
pronuncerà in questa settimana. A dicembre l'Ilva aveva già avanzato la
richiesta di cassa in deroga per 700 addetti dell'area a freddo, che però
non le fu concessa in quanto la Regione Puglia contestò sia la mancanza di
richiesta specifica, sia l'assenza di fondi. Questi lavoratori sono
egualmente usciti dal ciclo produttivo e l'azienda ha assicurato ai
sindacati che si sarebbe fatta carico della loro retribuzione.

Slai cobas ilva: l'azienda  con Ferrante aveve detto che per 920 lavoratori
ilva  ci sarebbe stata la ricollocazione  in altri reparti invece adesso
vanno in cassa integrazione in deroga con il consenso dei sindacati
confederali

Da Repubblica:

Adesso, invece, la cassa in deroga viene chiesta per un numero più ampio di
addetti poiché da un lato l'azienda ha dovuto fermare i primi impianti
dell'area a caldo (quattro batterie coke e l'altoforno uno) per rispettare
le prime scadenze dell'autorizzazione integrata ambientale, e dall'altro
avverte gli effetti del sequestro delle merci. Questi ultimi, scrive la
stessa azienda, determinano "l'impossibilità di esercire una parte degli
impianti". La cassa in deroga sarà a zero ore e coprirà il periodo 1
gennaio-2 marzo 2013. Saranno coinvolti nel dettaglio 1.243 operai, 60
intermedi e 90 impiegati.

Slai cobas ilva: azienda e sindacati confederali dicono che ci sarà
rotazione, invece l'azienda afferma il contrario dicendo che ci potrà essere
"compatibilmente con le esigenze tecnico-produttive" e solo se le posizioni
ricoperte dai lavoratori siano "fungibili per inquadramento e
professionalità".

Da Repubblica:

L'azienda si è impegnata a far ruotare il personale in cassa
"compatibilmente con le esigenze tecnico-produttive" e solo se le posizioni
ricoperte dai lavoratori siano "fungibili per inquadramento e
professionalità".

Dal documento Slai cobas Ilva:

senza la lotta generale con blocco di massa in fabbrica e in città non si
esce da questa situazione

non si difende il lavoro, sicurezza e salute in febbrica e città.

Chi non dice questo inganna i lavoratori e i cittadini.

Slai cobas per il sindacato di classe Ilva Taranto

slai cobasta@gmail.com - tel. 3475301704

sede via rintone 22 taranto

leggi il blog - http://tarantocontro.blogspot.it


Abbiamo già detto che con il piano presentato questa settimana di
cassintegrazione, siamo ad un uso della cig come "porta girevole" al
servizio delle necessità dell'azienda che usa le varie forme di cig che lo
Stato gli permette per tagliare i costi (da quella ordinaria, a quella in
deroga); e in cui il rapporto tra gli operai che rientrano e gli operai che
escono è sempre fortemente a svantaggio dei primi.

Da lunedì rientrano 535 lavoratori dell'area a freddo (di cui 360 del
laminatoio a freddo, dove vengono riavviati la zincatura 2, il decapaggio e
il decatreno, più altri piccoli impianti); ma

ne escono 603 che vanno ad
aggiungersi ai più dei 700 che restano in cig, arrivando a 1393 lavoratori
sospesi - in concreto dovrebbero essere: 110 lavoratori addetti agli
altiforni, 170 delle cokerie, 245 delle acciaierie, 603 della laminazione a
freddo, 142 del tubificio Erw, 57 della finitura nastri, 42 della qualità
laminatoi e tubifici, 24 dei magazzini.

Ma per questi la cassintegrazione ora è in deroga, vuol dire che dovrebbe
essere coperta dalla Regione o dal Ministero, i quali entrambi hanno detto
che non hanno risorse. Il trattamento economico è ridotto del 10%  rispetto
al trattamento di cigs nel caso di prima proroga, del 30% per la seconda
proroga e del 40% per le proroghe successive.

Altra questione è il fatto che la nuova cassintegrazione che riguarda
essenzialmente l'area a caldo, è motivata dalla fermata degli impianti
(batterie 3-4-5-6, e l'altoforno 1); ma questa motivazione è di fatto in
contrasto con gli impegni dichiarati da Ferrante qualche mese fa, secondo
cui gli operai di questi impianti non sarebbero andati in cassintegrazione
perché sarebbero stati ricollocati in altri reparti (i segretari di Fim,
Fiom, Uilm a cui era stato formalmente comunicato tale impegno, perché oggi
non ne parlano?).

Terza questione. La richiesta di cig in deroga è al momento fino al 2 marzo,
ma c'è un fatto. Gli impianti sono stati fermati in applicazione dell'Aia,
con l'Ilva che però continua a dire che non ha soldi per fare gli interventi
di messa a norma. L'azienda nella richiesta di cig in deroga ha detto che:
"la società si trova nell'accertata impossibilità (ma chi lo ha accertato?
Dove sono tutti gli altri fondi di Riva? Tutti i suoi soldi sono dati dal
miliardo che potrebbe ricavare con la vendita dei coils e lamiere
sequestrati?), per effetto dello stato di incertezza sulle future modalità
di esercibilità del sito e di remuneratività degli investimenti, di accedere
al credito bancario per dar corso alle prescrizioni dell'Aia". Quindi, in
realtà i tempi di rientro degli operai di questi impianti dell'area a caldo
potrebbero prolungarsi al massimo, con la beffa che gli operai e la
popolazione di Taranto hanno cassintegrazione, meno salario e nessuna messa
a norma.

Per la cig dell'area a freddo continua il bluff della motivazione del
"sequestro delle merci", quando in realtà questo sequestro non impedisce
affatto all'azienda di fare altra produzione commercializzabile, perché
fatta dopo il decreto.

Infine. Nei numeri finora non si citano proprio i più di 200 operai del
Treno Nastri 1, in cig da ottobre/novembre, ma praticamente senza continuità
lavorativa dal 2008. Per questi operai che potrebbero essere ricollocati nel
Treno Nastri 2 - in attività - perché fanno le stesse operazioni, non si è
mai attuata, né finora si parla neanche di rotazione.

Questi operai sono quelli che hanno aperto la nuova fase della lotta contro
la cassintegrazione a metà gennaio, con presidi alla Direzione Ilva e alla
portineria A, con invasione di questa portineria, ecc., con scontri
sindacali accesi con i sindacalisti confederali che li hanno abbandonati.
Alcuni di questi operai si sentono già con "un piede fuori", e non possono
certo essere rassicurati dalla dichiarazione dell'azienda per la nuova
cassintegrazione che essa "non prelude, allo stato attuale, ad esuberi di
natura strutturale".

Per questi motivi, pur se l'azienda ha promesso il pagamento degli stipendi
il 12 febbraio (ma per i mesi successivi non ha dato alcun impegno), e
finora non ha annunciato quella massiccia cassintegrazione di massa, di
8mila lavoratori, la situazione è tuttora totalmente incerta e preoccupante.
E nessuno deve abbassare la guardia.

Ma soprattutto non può essere accettato come male minore il fatto che, pur
con i rientri, la cassintegrazione sia aumentata.

I lavoratori dell'area a caldo devono essere ricollocati in altri reparti.

I lavoratori in cassintegrazione del TNA1 devono rientrare, altrimenti deve
essere già dalla prossima settimana ripresa la lotta, perchè in caso
contrario saranno loro i primi effettivi "esuberi".

Gli impianti fermati devono subito essere messi a norma - così come gli
altri impianti, la copertura dei parchi minerali, ecc. Altrimenti al danno
si aggiunge la beffa.

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