mercoledì 6 febbraio 2013

Ziiti zitti, piano piano, ci riprovano sulla rappresentanza sindacale


In silenzio e senza dare nell'occhio, oggi confindustria e sindacati 
complici si incontrano per avviare la discussione sulla rappresentanza
sindacale, quella parte dell'accordo sulla produttività che non era stata
compiutamente definita e che si doveva affrontare entro dicembre 2012.
A questa definizione si punta per normalizzare definitivamente il panorama
sindacale e mettere le braghe ad ogni possibile dissenso nelle aziende. Da
molti anni si discute dell'esigenza di dare maggiore certezza alle relazioni
industriali nel settore privato nella scia di quanto definito per il
pubblico impiego.
Ora che la vicenda Fiat, l'arroganza di Marchionne e la vendetta di Cisl e
Uil hanno prodotto l'espulsione del la Fiom dalle relazioni industriali
praticamente in tutto il settore metalmeccanico, su pressione della Camusso,
che deve ricompensare la fine delle ostilità interne da parte della Fiom e
dell'area Rinaldini, ci si affretta a mettere mano alla "vexata quaestio"
della rappresentanza per ridisegnare i confini delle relazioni sindacali e
riportare tutto nell'ambito della "normalità".

Prima di tutto l'accordo sulla produttività conferma quanto già previsto
nell'accordo del 28 giugno 2011 e cioè che sia l'INPS a raccogliere dalle
aziende le notizie in ordine agli aderenti alle varie organizzazioni
sindacali, che sia il CNEL a certificarne la rappresentanza verificando il
superamento della soglia media del 5% tra voti ed iscritti. Una prima nota
curiosa va espressa proprio su questa parte dell'accordo: può un accordo
endo-sindacale attribuire compiti, per di più impropri, ad un Ente
previdenziale e ad un organismo costituzionale qual è il Cnel  che hanno
precisi compiti stabiliti dalle leggi che ne regolano il funzionamento? Non
dovrebbe essere una legge a stabilire chi e cosa debba fare in materia?

Ma anche se intervenisse una legge in tal senso,  cosa invieranno le aziende
all'INPS per certificare la presenza nelle loro imprese di aderenti alle
varie organizzazioni sindacali? Pur a volersi fidare dei padroni, è certo
che questi invieranno all'INPS solo le notizie riguardanti le organizzazioni
sindacali firmatarie di contratto a cui è consentito avere la ritenuta della
quota sindacale in busta paga. Nulla verrebbe comunicato in ordine alle
adesioni a quelle organizzazioni sindacali che, pur presenti in azienda, non
beneficiassero di tale agevolazione (il diritto per tutte le OO.SS. a fruire
delle ritenute sindacali operate in busta paga dall'azienda è stato
cancellato dal referendum del '95 e poi reintrodotto pattiziamente per le
sole OO.SS. firmatarie di contratto).

Sparirebbero quindi dal novero delle organizzazioni sindacali quelle che,
come la USB, non essendo firmatarie di CCNL, sono costrette ad utilizzare le
cessioni di credito o i versamenti tramite rid per la riscossione delle
quote dei propri aderenti.

Ma gli accordi citati non prevedono solo le procedure di individuazione
delle organizzazioni rappresentative, ma anche l'individuazione delle norme
che devono sovraintendere all'esercizio delle prerogative sindacali in
azienda. C'è da aspettarsi un disastro. Se dobbiamo prendere a modello il
recente accordo sulle relazioni sindacali nel settore dell'igiene
ambientale, c'è da mettersi le mani nei capelli. Dittatura della maggioranza
delle RSU, divieto di sciopero sugli accordi aziendali stipulati anche per
chi non li abbia sottoscritti, obbligo per tutte le organizzazioni
sindacali, per poter partecipare alle RSU, di accettazione di tutti gli
accordi interconfederali  vigenti, del CCNL, degli accordi aziendali e
territoriali, della regolamentazione antisciopero ecc.

Il tentativo evidente è quello della normalizzazione. Non è la prima volta
che ci provano. E' necessario organizzare da subito il contrattacco e la
denuncia di queste palesi pratiche antidemocratiche che intendono scrivere
la parola fine al conflitto e al pluralismo.

Non c'è un attimo da perdere, abbiamo atteso anche troppo!

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