Lo Slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale aderisce, partecipa e interviene
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PER COSTRUIRE LO SCIOPERO GENERALE DEL SINDACALISMO DI BASE DEL PROSSIMO 25 OTTOBRE
PER DAR VITA A UN'OPPOSIZIONE DI CLASSE E DI PIAZZA AL GOVERNO CONTE BIS
PER RILANCIARE LE LOTTE SUI LUOGHI DI LAVORO E SUI TERRITORI CONTRO SFRUTTAMENTO, RAZZISMO, SESSISMO, DEVASTAZIONE AMBIENTALE, REPRESSIONE, LEGGI ANTISINDACALI E MISURE ANTISCIOPERO
PER L'ABOLIZIONE IMMEDIATA E INTEGRALE DEI DECRETI SICUREZZA
DOMENICA 29 SETTEMBRE
ASSEMBLEA NAZIONALE A NAPOLI
Nelle settimane immediatamente successive alla pubblicazione dell'appello per l'assemblea del 29 settembre a Napoli (http://sicobas.org/2019/07/30/internazionalismo-documento-appello-per-unassemblea-nazionale-il-29-settembre-a-napoli-a-tutte-le-realta-di-lotta-politiche-e-sindacali-collettive-e-reti-solidali/) il quadro politico-istituzionale è improvvisamente e profondamente mutato: la crisi di governo innescata dai deliri di onnipotenza estivi di Salvini ha nel giro di pochi giorni portato prima all'implosione dell'alleanza gialloverde, e ora alla nascita di una nuova maggioranza 5 Stelle-PD-Leu (cui nelle ultime ore si è aggiunta la "quarta gamba" centrista e ultraliberista di Renzi), ribattezzata senza ritegno dai media come “giallo-rossa”, ma più propriamente etichettabile come giallo-blu, giallo-bianco-rosa o giallo-salmone a seconda dei gusti cromatici e dei punti di vista sulla reale natura del Partito Democratico.
Il quadro che emerge da questa crisi di governo si può sintetizzare con un'istantanea tanto semplice quanto evidente: la grande borghesia e il grande capitale (per loro stessa definizione sovranazionali) si sono ripresi la scena, mettendo in soffitta l'”impresentabile” estremismo della Lega salviniana e, con
essa, i rigurgiti triviali di una piccola e media borghesia frustrate dalla crisi ma capaci di agglomerare attorno alla figura-simbolo dell'ex ministro del interni un orda sovranista che combina la retorica anti-UE e “anti-establishment” con le più becere spinte razziste e reazionarie, e capace di attrarre nella sua orbita finanche una fetta non trascurabile di quella classe lavoratrice priva oramai da decenni di qualsivoglia riferimento politico, quindi facile preda del demagogo o del populista di turno.
L'insofferenza dei padroni, del grande capitale e delle sue rappresentanze politiche verso gli “eccessi” della Lega e dei partiti di estrema destra ad essa analoghi in Europa, si era già manifestata chiaramente lo scorso luglio in occasione dell'elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Europea grazie a una convergenza di forze trasversali finalizzata da un lato ad escludere le frange sovraniste e nazionaliste più estreme, dall'altro a recuperare nel perimetro del recinto “democratico” le forze populiste considerate più dialoganti e “moderate”, quali il M5S in Italia e finanche il sovranista ungherese Orban.
In un tale contesto, la sortita agostana di Salvini, che ha aperto la crisi invocando nuove elezioni per ottenere “pieni poteri”, ha rappresentato per il nuovo “fronte popolare” antisovranista un occasione imperdibile per riprendersi la scena e “rimettere le cose a posto”: in sostanza il massimo risultato con il minimo sforzo.
Non a caso, la nascita del nuovo esecutivo viene accolta con euforia dalle borse e riceve subito la benedizione dei piani alti di Confindustria e del grande capitale finanziario internazionale.
Un tale e repentino cambiamento del quadro istituzionale e governativo non può lasciarci certo indifferenti, poichè ha un impatto non trascurabile anche sul nostro “che fare” nei mesi e negli anni a venire. Se l'approvazione dei due decreti-sicurezza gialloverdi ha rappresentato una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti dell'insieme del proletariato e delle lotte e dunque ci apprestavamo ad andare incontro ad un autunno di mobilitazione su questo versante, il ritorno al governo del PD e del “fronte democratico antisalviniano” apre scenari ben diversi.
Il sostegno entusiasta e acritico al Conte Bis di quasi tutto ciò che resta della sinistra e del riformismo, a livello sia politico sia sindacale (si vedano su tutte, le lodi sperticate al nuovo esecutivo di Landini da una parte e del Manifesto dall'altra), delineano uno scenario che vedrà le realtà di classe e i movimenti di lotta autorganizzati ancor più isolati e alieni dalle istituzioni borghesi di quanto non lo fossero col governo giallo-verde.
Chi ancora una volta nutre l'illusione e la speranza del “governo di sinistra” sarà costretto a ricredersi molto presto: al di la della fuffa dei soliti programmi con dentro tutto e il contrario di tutto, la realtà ci dice già chiaramente che il prossimo governo non procederà neppure all'abrogazione totale di quei decreti-sicurezza divenuti oramai il simbolo dell'intolleranza e del razzismo salviniano, e che invece questi ultimi verranno solo sfrondati di quegli aspetti maggiormente invisi all'UE e a Mattarella (essenzialmente sulla repressione delle Ong riguardo la questione-sbarchi) mantenendone intatto l'impianto repressivo, teso a colpire in via preventiva ogni accenno di protesta radicale contro l'ordine capitalistico e le politiche ad esso funzionali, coerentemente con gli indirizzi del precedente decreto Minniti.
D'altra parte, non c'è bisogno di scomodare qualche fine analista politico per prevedere quale sarà la direzione di marcia di un governo con dentro il PD su temi come la TAV, l'ambiente, il salario minimo e lo stesso Reddito di sudditanza caro ai 5 Stelle, per non parlare delle tutele dei lavoratori e della democrazia sindacale...
Le prima settimana di vita del nuovo esecutivo non fa che avvalorare tali previsioni: da un lato l'impegno a tagliare il cuneo fiscale per gettare fumo negli occhi ai lavoratori donando qualche spicciolo in busta-paga per rendere più "digeribile" una nuova ondata di tagli alla spesa e quindi al salario indiretto; dall'altro una nuova stretta sulla rappresentanza sindacale con la firma di dispositivi che inaspriscono i contenuti liberticidi del Testo Unico del 10 gennaio 2014 al fine di preservare il monopolio di Cgil-Cisl-Uil, frenarne la sempre più chiara crisi di consensi e blindare i luoghi di lavoro da possibili ondate di scioperi e proteste.
Tutto ciò in un contesto che vede centinaia di lavoratori, attivisti sindacali e di movimento bersagliati quotidianamente dalla repressione e da misure limitative della libertà personale, e nuovi durissimi attacchi alle esperienze di lotta autorganizzate, su tutte la nuova ondata di sgomberi delle occupazioni a scopo abitativo a Roma, inaugurate da Salvini e confermate dal nuovo esecutivo M5S-PD-LEU-Renzi.
Dunque il cambiamento del governo e della maggioranza parlamentare non solo non scalfisce le ragioni che ci hanno portato a proclamare l'assemblea del prossimo 29 settembre e lo sciopero del 25 ottobre e a lavorare a una manifestazione nazionale in tempi brevi, ma al contrario, le rafforza. Il quadro che va prospettandosi ci assegna, di fatto, l'enorme responsabilità di tenere in piedi un'opposizione di classe e una prospettiva anticapitalista in un contesto che non è di certo più favorevole di quello che l'ha preceduto: un opposizione di classe tanto più necessaria laddove una sua assenza significherebbe consegnare il probabile malcontento di larghi strati proletari verso le misure del Conte bis direttamente nelle mani della destra e di quello stesso Salvini, al tempo stesso escluso ed autoesclusosi dai palazzi del potere ma pronto a capitalizzare in maniera ancor più massiccia gli effetti delle politiche di austerity e quindi a tornare “più forte di prima”.
E' dunque quanto mai necessario che tutti coloro che in questi anni hanno portato avanti lotte e mobilitazioni in difesa dei lavoratori e/o per l'ambiente, la salute, la casa, il salario e i servizi sociali, uniscano ancor più le loro forze in un fronte anticapitalista.
Ciò vale tanto più per quelle realtà del sindacalismo di base che con noi hanno indetto lo sciopero nazionale del 25 ottobre, che invitiamo a un confronto immediato per far si che le ragioni e le istanze dello sciopero non restino confinate in un recinto strettamente sindacale, ma divengano al contrario un patrimonio di lotta a disposizione di tutto il movimento e utile alla costruzione di un'opposizione di classe ampia e unitaria ma allo stesso tempo chiara nei suoi propositi anticapitalisti e internazionalisti, quindi autonoma ed incompatibile sia alle sinistre di stato neogovernative e alle loro appendici sindacali di Cgil-Cisl-Uil, sia al veleno del sovranismo in ogni sua declinazione.
La difesa degli orticelli, i tatticismi, le diplomazie d'apparato e gli opportunismi di bottega hanno oramai fatto il loro tempo e prodotto già abbastanza danni.
Pur consapevoli delle difficoltà della fase siamo fermamente convinti che lasciare nel prossimo autunno il monopolio della piazza a Salvini e al fascistume razzista che lo circonda è un lusso che non possiamo permetterci.
Per questo abbiamo lanciato la proposta di una manifestazione nazionale per il prossimo 26 ottobre a Roma come una giornata di lotta realmente condivisa, unitaria e capace di convogliare in piazza l'intero panorama delle lotte sociali e del sindacalismo combattivo contro un governo dal chiaro profilo antioperaio.
Per organizzarci contro il notevole salto di qualità repressivo con il nuovo Decreto Sicurezza Bis e l’introduzione di nuove fattispecie di reato contro chi lotta.
Per dire basta alla repressione, alla criminalizzazione e alla militarizzazione degli scioperi e dei picchetti operai e contrastare le leggi sulla rappresentanza discriminatorie verso il sindacalismo combattivo e non asservito.
Per ottenere diritti di cittadinanza e di accoglienza pieni a tutti gli immigrati che giungono in Europa per sfuggire alle guerre e alla miseria prodotte dall'imperialismo, e svelare il vero obiettivo del veleno razzista diffuso ad arte nel paese e tra i lavoratori italiani: costringere nell'illegalità migliaia di proletari immigrati per poter estorcere condizioni di lavoro sempre più schiavistiche e colpire in maniera spietata e indiscriminata ogni forma di resistenza o di riappropriazione di diritti.
Per unire le lotte contro i cambiamenti climatici, la devastazione ambientale, nuove discariche ed inceneritori, commissariamenti e grandi opere inutili e dannose in una prospettiva anticapitalista.
Per fermare il nuovo attacco alle occupazioni abitative e l'opera di criminalizzazione del movimento per il diritto all'abitare a partire dalla resistenza a oltranza contro il piano di sgomberi indiscriminati sul territorio di Roma.
Per rafforzare l'opposizione alle grandi opere e alla TAV, dando continuità e respiro nazionale alla grande e combattiva manifestazione dello scorso luglio in Val di Susa.
Per opporci ai tagli ai fondi per l’istruzione ed al fondo sanitario, all'aumento per le spese militari e per i programmi destinati all'acquisto di armamenti.
Per difenderci dall'attacco senza sosta alle tutele e ai livelli salari per mezzo di contratti-bidone, leggi precarizzanti e tagli al salario indiretto (servizi sociali) contro il travaso di ricchezza dai salari ai profitti con imposte dirette e indirette mentre i padroni continuano ad evadere.
Per rompere davvero i dogmi sulla “sacralità” dei conti pubblici e dei vincoli di bilancio iniziando dall'annullamento del debito pubblico come cappio perennemente teso attorno al collo dei lavoratori e delle classi oppresse.
Per fermare l’autonomia differenziata ed il travaso del gettito fiscale dello stato verso le regioni “più virtuose” a danno di quelle più povere e arretrate, contro l’allargamento del divario tra Nord e Sud nella spesa sociale e la reintroduzione delle “gabbie salariali” con la distruzione definitiva dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
Per far pagare i costi della crisi a chi non ha mai pagato, attraverso una vera patrimoniale sulle grandi ricchezze, una forte progressività nelle imposte, la totale detassazione dei salari più bassi e la drastica riduzione delle imposte indirette sui beni di prima necessità.
Per una mobilitazione unitaria gli operai e tutti i lavoratori subordinati, i disoccupati, gli studenti e tutti i ceti oppressi, per unire le lotte dei facchini e dei lavoratori del nord Italia e quelle dei disoccupati, dei licenziati e degli occupanti casa nel meridione, per rompere vincoli, discriminazioni ed iniquità nei criteri di gestione e di accesso al Reddito di Cittadinanza e per l’introduzione di un vero salario medio garantito.
Per l’indipendenza di classe, per un fronte anticapitalista!
Per generalizzare lo sciopero del 25 Ottobre in un ampia e generale mobilitazione capace di attraversare l’intero autunno e soprattutto di coinvolgere ed intersecare tutta l’opposizione di classe, i movimenti studenteschi come quelli contro le devastazioni ambientali, le lotte per la casa come il movimento femminista, le lotte dei disoccupati come quelle antirazziste, e che sia capace di porre le basi per una mobilitazione internazionalista, dunque non più limitata ai sempre più angusti confini nazionali, bensì capace di muoversi ed agire su scala almeno continentale.
Invitiamo tutte le esperienze di lotta con cui ci siamo relazionati in questi anni, i compagni e le realtà anticapitaliste, i lavoratori e i proletari combattivi senza distinzione di appartenenza sindacale o politica e che condividono queste riflessioni, a un momento di confronto assembleare nazionale che si terrà domenica 29 settembre alle ore 10,30 a Napoli a Santa Maria La Nova.
I lavoratori e gli sfruttati non hanno governi amici.
Costruiamo l'opposizione di classe al Conte bis e ai nuovi piani di macelleria sociale.
Rilanciamo una mobilitazione di massa, anticapitalista e internazionalista, contro i padroni e i loro governi.
Ci vediamo il 29 settembre a Napoli, più convinti e determinati di prima.
Se non ora, quando?
Si Cobas nazionale
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