L'ultima presa di posizione di Riva, per bocca di Ferrante, non costituisce un passo avanti.
Sia perchè il SI all'Aia non ha richiesto molti sforzi da parte dell'Ilva visto che questa autorizzazione è stata fatta dal governo volutamente mediatoria verso l'azienda, ed è tuttora insufficiente nel merito e nei tempi; sia perchè il Si ai fondi da mettere è legato al fatto che i soldi devono venire dalla continuità produttiva attuale.
Quindi, la vera questione posta da Ferrante non è il Si all'Aia ma la richiesta del dissequestro degli impianti dell'area a caldo, ed essa è posta di fatto in termini ricattatori.
Ma questa richiesta è assolutamente illegittima! Riva senza aver fatto gli interventi di messa a norma non può pretendere il dissequestro. Il provvedimento di sequestro impone all'Ilva interventi e tempi di messa a norma, senza di esso, l'Ilva potrebbe "rispettare" la stessa Aia nella stessa maniera in cui non ha "rispettato" le prescrizioni nel passato.
La vera questione che chiede Ferrante è la libertà di continuare a produrre come prima, di continuare a far fare straordinari negli stessi reparti dell'area a caldo, di lavorare continuando ad intossicarsi, come sta accadendo in queste settimane.
E' chiaro che la preoccupazione di Riva è il mercato, è che i committenti vadano a comprare acciaio da altri. Ma l'unica maniera per salvare l'attività produttiva è mettere al pù presto i soldi, fare al più presto gli interventi di messa a norma veri, in tempi ridotti rispetto alla stessa Aia. Se vi sono problemi di mercato la colpa è solo di Riva.
Di fronte a questo non serve certo l'atteggiamento dei sindacati confederali Fim e Uilm di plaudire il Si di Riva all'Aia e sottovalutare il ricatto del dissequestro (mentre la Fiom non si sa che pensa).
In questa situazione che continua ad essere di empasse, di ping pong tra le varie parti: Iva, magistratura, governo, sono solo gli operai che possono e devono cambiare le carte in tavola in fabbrica.
Slai cobas per il sindacato di classe Ilva
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