PROCESSO D 'APPELLO ALLA THYSSENKRUPP: L'INDEGNA SENTENZATorino, giovedì
ventotto febbraio: è il giorno della sentenza - della II sezione della Corte
d'Assise d'Appello - al processo contro la multinazionale tedesca
dell'acciaio Thyssenkrupp; sei sono i manager accusati del reato di omicidio
con dolo eventuale: questo è il secondo grado di un procedimento che li ha
già visti pesantemente condannati - dalla I sezione della Corte d’Assise - a
pene detentive di giuste proporzioni, il 14 aprile 2011.
Mentre all'esterno del Palazzo di Giustizia si tiene l'ormai consueto
presidio dei compagni di Riscossa Proletaria (ex Collettivo Comunista
Piemontese), nell'aula sei, gremita di persone, inizia - sono le ore 9:25 -
l'udienza; è brevissima: dura giusto il tempo perché la Corte possa
comunicare che la sentenza, prevista per le ore 11:30, sarà letta nella maxi
aula uno, molto più capiente ed in grado di contenere l'inatteso alto numero
di convenuti per l'occasione.
Dopo circa due ore di Camera di Consiglio, quasi in perfetto orario, la
Giuria rientra ed il presidente legge il dispositivo: si tratta di
un'indegna regalia ai padroni assassini, omaggiati dalla deformazione
completa della sentenza di primo grado che porta alla decisamente eccessiva
riduzione delle pene.
All’ad della Thyssenkrupp, Harald Hespenhan, vengono inflitti anni dieci (in
primo grado erano stati anni sedici e mesi sei); a Gerhard Prignitz anni
sette (anni tredici e mesi sei); a Marco Pucci anni sette (anni tredici e
mesi sei); a Raffaele Salerno anni otto e mesi sei (anni tredici e mesi
sei); a Cosimo Cafueri anni otto (anni tredici e mesi sei); a Daniele Moroni
anni nove (anni dieci e mesi dieci) con la pena accessoria dell’interdizione
per anni cinque dai pubblici uffici.
Inoltre, la Corte riconosce un risarcimento danni di Euro cinquantamila a
favore dell'associazione Medicina Democratica, che dovranno essere pagati -
così come l'ammontare delle spese processuali - dalla società, ai quali
vanno aggiunti Euro 36.600 più Iva di spese legali, che dovranno essere
rifusi dalla Thyssenkrupp o dagli imputati in solido tra loro; infine si
restituisce lo stabilimento al legittimo proprietario, previo il pagamento
delle spese di conservazione.
Al termine della lettura si assiste alle vibranti e giuste proteste dei
parenti dei lavoratori uccisi per una sentenza decisamente troppo
mite.Torino, 28 febbraio 2013
Stefano Ghio - Rete sicurezza To/Mi/Bg/Gehttp://pennatagliente.wordpress.com
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