Astensione
dal lavoro di 24 ore e presidio davanti alla sede della Comunità di
Capodarco di Roma Onlus. È la protesta del personale sanitario
dell’azienda: da mesi è senza stipendio. «Adesso basta, siamo
stufe», dice una lavoratrice. La mobilitazione è sostenuta dalle
Camere del lavoro autonomo a precario (Clap)
«Da
7 anni l’azienda paga gli stipendi con una media 4 mesi di ritardo
– spiegano le Clap – Tra il 2010 e il 2013 i lavoratori hanno
dovuto affrontare cassa integrazione e contratti di solidarietà. Il
personale sanitario pur essendo sostanzialmente dipendente continua a
essere impiegato attraverso le partite Iva per compensare una
strutturale carenza di organico. Nulla è cambiato con l’accordo di
ristrutturazione, rispetto al quale il Tribunale di Roma ha dato il
primo via libera la scorsa estate. Non solo mancano 4 retribuzioni
del 2018, ma non sono state pagate neanche le retribuzioni correnti,
in aperta violazione della stessa Legge fallimentare».
La crisi
della cooperativa viene da lontano, ma negli ultimi mesi ha subito
sviluppi e accelerazioni che hanno convinto i lavoratori a
intensificare la mobilitazione. Lo scorso anno la situazione di crisi
economica si è aggravata e da settembre è intervenuto un
commissario. La situazione dei lavoratori, però, non è migliorata,
tra stipendi in sospeso e una pesante incertezza sul futuro
occupazionale. Tutte questioni che compongono le rivendicazioni dei
lavoratori: pagamenti immediati, stabilizzazioni, certezze sul futuro
prossimo. La Comunità di Capodarco fa parte del cosiddetto «privato
convenzionato», struttura privata ma accreditata presso la Regione e
che quindi fornisce prestazioni pubbliche gratuite o pagate con il
ticket. Si trova nel quartiere Statuario di Roma. Ci lavorano circa
120 tra lavoratrici e lavoratori. Assistono persone con problemi
neurologici e ortopedici, garantendo tutti i servizi richiesti per
percorsi di riabilitazione e assistenza alla disabilità. Sia per
adulti, che per bambini. Sono 60 i posti letto, mentre più di 150
utenti sono assistiti a livello ambulatoriale in sede o a domicilio.
«I problemi economici stanno creando un danno anche ai nostri
pazienti – spiega Stefania Maragoni, lavoratrice del settore di
neuropsichiatria – L’anno scorso l’utenza del gas è stata
chiusa e le persone sono rimaste senza riscaldamento per diversi
giorni. Per lavarsi dovevano riscaldare l’acqua. A un certo punto
l’azienda ha avuto problemi a fare la spesa e ha finito per
razionare il cibo. C’è poi tutto il problema delle partite Iva
usate per coprire il lavoro subordinato: quando hanno iniziato a non
pagare gli stipendi questi lavoratori, che avranno maggiori
difficoltà a recuperare i compensi loro dovuti, sono andati via o
hanno ridotto i turni. Il continuo cambio di personale non fa bene ai
pazienti, soprattutto ai bambini, e la riduzione delle ore di lavoro
non permette di coprire tutte le richieste». Intorno all’ora di
pranzo è previsto un incontro tra l’azienda e i sindacati
confederali, che non partecipano alla mobilitazione sebbene alcuni
loro iscritti abbiano aderito allo sciopero. La richiesta dei
lavoratori è di partecipare all’incontro. «Non abbiamo risposte
da mesi, ma questi sindacati continuano a sedersi al tavolo. Ma a
fare cosa?», si chiede uno di loro.
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