lunedì 24 febbraio 2020

24 febbraio - TREZZO contro il sistema senza regole degli appalti, mantenuto in vita dai governi dei padroni e dagli accordi confederali

Per le vie di Trezzo la denuncia delle condizioni di lavoro ottocentesche dentro
Maschio SN,
operai di varie fabbriche, la maggioranza in cooperativa uniti dalla stessa rabbia per rivendicare assunzioni dirette,
ma non decolla il patto d’azione dell’8 febbraio




Basta cooperative, basta ricatti, basta sfruttamento. Il grido degli operai di Maschio SN di Grezzago e della sede tedesca di Erkelenz, ha unito molti operai, di diverse fabbriche ma tutti con un contratto vergognosamente in appalto, fittizio nei fatti perché non da alcuna garanzia, da quelle sostanziali come il
rapporto di lavoro fondato su basi inesistenti perché i cambi appalto sono all’ordine del giorno, perché le
aziende appaltatrici si arrogano il diritto di dichiarare non gradito un operaio escludendolo dalla produzione per arrivare alla vulgata popolare ‘le cooperative sono tutti ladri, ogni anno cambiano, non pagano i contributi e le buste paga regolari, spariscono con i soldi ma sono sempre gli stessi che
riaprono con un nome diverso...’.
Apprezzata da tutti la presenza di alcuni abitanti, operai della zona, giovani e la pazienza dei tanti automobilisti (la strada è prossima e percorso obbligato al più grosso centro commerciale della zona) che
in larga parte hanno solidarizzato e chiesto i volantini.




La manifestazione tra le vie e i palazzi popolari, ha aperto una finestra sulle condizioni di lavoro e di vita
di questa classe operaia, di questi operai con due padroni,
per i quali lavorare su più macchine è la regola, anche quando per seguire la produzione bisogna
letteralmente correre nei reparti, per scaricare le presse che stampano taniche a ritmi elevati, senza un
secondo libero anche per 12 ore, senza pausa e mensa,
tant’è che le prime pause dopo 15 anni sono arrivate lunedì 10 febbraio 2020 con la lotta,
con gli operai costretti a fare i propri bisogni vicino alla macchina o all’esterno del capannone perché i
bagni sono troppo lontani e non si possono lasciare gli impianti,
con il padrone carogna fascista, che passa per i reparti, rovescia i pezzi prodotti o i cestini per obbligare
gli operai a raccogliere e sistemare, ‘sono io che comando’ ‘sono io che ti pago, sono io il tuo dio, non ti
serve il sindacato...’
operai terrorizzati per anni da un padrone che di notte gira per i reparti aggredisce verbalmente gli operai
a sorpresa (anche se denunce per aggressione fisica sono purtroppo state conciliate lautamente e non sono
arrivate a giudizio) spegne le macchine e li caccia dalla fabbrica...
Un operaio dell’impianto tedesco si è trovato costretto a tornare in Italia per denunciare e curarsi dopo un
infortunio, ed ha trovato i cancelli chiusi al suo ritorno a Erkelenz ‘vai via non c’è più lavoro per te qui...’
Un operaio crumiro messo a sostituire i colleghi in sciopero su di un impianto che non conosce, è rimasto
vittima di un infortunio, che ad oggi risulta non essere ancora stato denunciato, che avrebbe potuto
amputargli la mano invece di un taglio curabile, perché imprudentemente ha messo le mani dentro la
macchina…
Dalla piccola fabbrica al grande impianto di riciclo rifiuti, presente una squadra della Montello, 500
operai, in maggioranza immigrati e donne, in cooperativa (la penultima con il presidente arrestato per 34
milioni di evasione fiscale, con il committente frettolosamente ‘assolto’ dalla stampa e dalla Cgil) in lotta
contro gli stessi ricatti.
Clamoroso, ma sempre drasticamente uguale, il caso di C.L.G., che a gennaio 2018 si è trasformata in
CLG per ‘rinnovarsi’ agli occhi dei controlli, grossa cooperativa sotto inchiesta per evasione fiscale, a più
riprese al centro delle indagini dalla Dia di Brescia per legami con la ndrangheta, a processo a marzo a
Bergamo per estorsione ad una trentina di operai ‘o rinunci agli arretrati o non lavori più’ anche per le
denunce dello Slai Cobas sc , Ma l’aspetto più grave di questa faccenda è che
sono storie giudiziarie che non fanno i conti con le esatte responsabilità del committente, che si è trovato
‘gestiti’ dalla cooperativa, con questi sistemi, centinaia di operai nelle due fabbriche bergamasche del
gruppo ex Arti Grafiche.
Ecco i due padroni, uno di carta che può anche finire sotto processo, e l’altro nell’ombra che accumula
profitti. Per la giustizia borghese forse, non per quella proletaria.
Tante storie, tutte da scoprire, tutte da rivoltare estendendo e rafforzando la lotta, oltre i cortei di
denuncia. Alzando la guardia contro la repressione, di Stato, poliziesca, padronale. Contro i decreti
sicurezza, le cariche gli sgomberi le denunce, i falsi provvedimenti disciplinari per colpire le avanguardie.
Importante strumento per rovesciare i rapporti di forza è il patto d’azione sottoscritto nell’assemblea
nazionale dell’8 febbraio di Roma, indetta dal SiCobas, che a Bergamo fatica a partire,
nonostante le lotte e gli attacchi per tutti, nonostante gli appelli formali e diretti anche nei depositi Tnt,
Sda, Dhl, dove pure giovedì è stato licenziato un combattivo rappresentante sindacale del SiCobas al
termine di di un provvedimento disciplinare fondato su una montatura premeditata.





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