mercoledì 13 ottobre 2021

13 ottobre - lo sciopero dell'11 ottobre a Piacenza - cronaca e immagini

Gli iscritti del SiCobas si radunano a Milano intorno alle nove e mezza. Ci sono sette pullman, tutti da magazzini diversi della provincia: i lavoratori hanno scelto di recarsi insieme ai cancelli del più grande hub di Amazon in Italia, a Castel San Giovanni in provincia di Piacenza, e di non confluire al presidio fuori l’Assolombarda con gli altri sindacati di base. «Dare voce a Bonomi – dicono – non ci interessa. Oggi è sciopero del lavoro, preferiamo attaccare direttamente le tasche del colosso per eccellenza dello sfruttamento internazionale». Alle dieci sono in tanti a rispondere all’appello: i lavoratori del magazzino di Unes, sospesi dall’azienda e senza retribuzione da oltre un mese, definiti “criminali” per aver condotto scioperi a oltranza in difesa del posto di lavoro; alcuni dei lavoratori di Zara, che lamentano trasferimenti motivati dalla chiusura di uno dei due reparti del magazzino, e che sono preoccupati dal rischio di chiusura totale del sito; i lavoratori della Spreafico di Lecco, la cui azienda da pochi giorni è al centro di un’indagine per caporalato e frode fiscale per oltre tre milioni di euro sequestrati dalla Guardia di finanza; gruppi di srilankesi della Number1 Logistic Group, una trentina dei quali sono entrati da poco in contatto con il sindacato, nel tentativo di riprendersi i mesi di permessi e di ferie accumulati in anni di lavoro e rifiutati dall’azienda; ancora, alcuni lavoratori della DHL, che con i solidali della SDA e di Bartolini già definiscono un programma per confluire nel picchetto organizzato per la sera a Carpiano, dove alcuni lavoratori rivendicano di voler essere riconosciuti dalla Muteki s.r.l. per siglare un accordo sindacale. Tutti loro, insieme ai lavoratori FedEx e ad altri lavoratori in sciopero dalla periferia milanese, si incontreranno con più di cinquecento iscritti piacentini per dare continuità alla mobilitazione che aveva visto il SiCobas invadere lo spazio Amazon già lo scorso primo maggio. Sono le undici e nonostante qualche camionetta della polizia circondi lo stabilimento Amazon già da ore, i manifestanti riescono a raggiungere il sito indisturbati. La Digos sostiene che l’impianto – quasi centomila metri quadri – presenti un solo varco d’ingresso e uscita dei tir, adiacente all’area parcheggio. Ai manifestanti la cosa non sembra credibile: la “cattedrale” del capitalismo globale in Italia, sprovvista di una uscita di emergenza per le merci! Nell’attesa dei piacentini, i milanesi decidono di srotolare lo striscione e improvvisano un corteo costeggiando la casa del gigante della logistica. Esterrefatti dall’iniziativa, si scorgono al di là del muro due lavoratori Amazon che stazionano nell’area fumatori, una cabina costruita in plexiglass, che più che proteggere dal Covid sembra costruita per impedire la socialità tra gli operai, mentre si “scannano” una sigaretta in fretta e furia. Improvvisamente dal lato opposto del magazzino si levano i cori dei lavoratori di Piacenza e si scorgono centinaia di bandiere che sfilano lungo la statale per ricongiungersi agli altri operai. Tornati tutti al cancello principale si contano quasi duemila persone. Le prime parole al megafono sono dedicate ad Adil, delegato sindacale marocchino del SiCobas ucciso da un camion durante l’ultima iniziativa di sciopero nazionale, a cui gli operai della Lidl di Novara hanno dedicato il presidio. E poi si descrive il modello Amazon, la trasformazione del lavoro nella filiera e delle lotte stesse, non più sul contratto nazionale e suoi mancati rinnovi, ma contro le aziende che assumono in maniera esclusiva attraverso agenzie interinali, con contratti a termine che non superano i sei mesi, normalizzando la “precarietà globale a vita” e impugnando un’enorme arma di ricatto.

Per oltre un’ora decine di operai raccontano al megafono la loro esperienza in fabbrica, le condizioni di lavoro e i diritti conquistati con le lotte. Qualcuno ricorda l’ovazione ricevuta all’assemblea di Confindustria dal premier Draghi, colui che «invece della patrimoniale ci ha portato in dote l’aumento sui costi di luce e gas, benzina e grano». Un gruppetto si sgancia dall’ingresso e si dirige sul retro: «Andiamo a farci vedere ai cancelli di Zara!». Ma è proprio sul retro che qualcuno nota un via vai di tir “Prime”, quelli che Amazon utilizza per le consegne gratuite in quarantott’ore. Ai cancelli, dove i clienti vanno a recuperare in autonomia il proprio pacco, c’è grande confusione di mezzi pesanti e auto, rimaste bloccate dall’imponente manifestazione. Ma il nemico è organizzato quanto la lotta, e la merce che conta ha trovato una via d’uscita

                        

                    

                

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