Javier Milei ha affrontato il suo primo sciopero generale soltanto dopo sei settimane dall’essersi insediato alla presidenza con un piano di governo che punta ad una riduzione minima dello stato, stabilendo un nuovo primato, dopo aver superato il primato di tre mesi che ostentava Fernando de la Rúa. La luna di miele dell’ultradestro Javier Milei con la società argentina ha messo allo scoperto alcuni segni di esaurimento.
Con una dimostrazione di inedita articolazione e convocazione, le centrali sindacali CGT e ambedue le CTA, l’Unità Piquetera, l’Unione dei Lavoratori dell’Economia Popolare e altre organizzazioni sono giunte alla piazza del Congresso Nazionale per protestare contro il governo di Milei, l’aggiustamento economico, il mega Decreto di Necessità e Urgenza (DNU) e la legge omnibus.
La convocazione è risultata affollata con centinaia di migliaia di persone nelle strade del centro portegno, tra l’Avenida 9 de Julio e la Callao. Il primo sciopero generale contro Milei ha detto “no” allo smantellamento dello stato, con la parola d’ordine “La patria non si vende”.
Lo sciopero è iniziato a mezzogiorno a Buenos Aires con un’affollata mobilitazione al Congresso e si è replicato con proteste e marce in tutto il paese. Migliaia di persone si sono riunite in Avenida de Mayo, un’arteria del centro di Buenos Aires che congiunge il Congresso con la Casa Rosada, sede dell’Esecutivo, e hanno occupato varie strade adiacenti alla sede legislativa.
La manifestazione ha incontrato un grande dispiegamento di forze di sicurezza che avevano il compito di occuparsi di una delle ossessioni del governo: che il transito della capitale non fosse bloccato dalle manifestazioni. Gli agenti possono effettuare anche controlli sul trasporto per cercare manifestanti, e questa mattina hanno controllato gli autobus che circolavano alle entrate della capitale e hanno proibito il passaggio di coloro che volevano attraversare a piedi il ponte Avellaneda, nel sud della città.
Lo sciopero del trasporto pubblico -autobus, metro e treni- è incominciato alle 19.00 per “facilitare la possibilità di concentrare e deconcentrare” i manifestanti. Gli aeroporti hanno continuato ad operare, ma alcune imprese, come la statale Aerolíneas Argentinas che Milei vuole privatizzare, hanno annunciato cancellazioni e riprogrammazioni di voli: più di 20.000 passeggeri sono rimasti a terra. In gruppi di WhatsApp è circolata, inoltre, la proposta di non consumare in “nessun negozio” che fosse aperto.
La polizia blocca il passaggio dei lavoratori al ponte Pueyrredón.
La reprimitrice ministra della Sicurezza Patricia Bulrrich ha dichiarato nella sua rete sociale che “Sindacalisti mafiosi, gestori della povertà, giudici complici e politici corrotti, tutti difendendo i propri privilegi, resistendo al cambiamento che la società ha deciso democraticamente e che il presidente @JMilei guida con determinazione. Non c’è sciopero che ci fermi, non c’è minaccia che ci intimorisca”.
La Patria non si vende
L’applicazione, a tutta velocità, del feroce programma di aggiustamento ha avuto questo mercoledì, come altro lato della medaglia, uno sciopero di 12 ore e mobilitazioni nelle strade di tutto il paese per bloccare il tentativo del presidente di ultradestra di ridurre lo stato e promuovere misure economiche a danno di tutta la nazione.
Milei ha ottenuto nelle elezioni di novembre un pesante sostegno. Un 55% degli argentini ha avuto fiducia nelle promesse di questo eccentrico economista ultraliberale per mettere fine ad una crisi economica che si prolunga da otto anni. E mettendo da parte le sue critiche si è circondato di vecchi ministri dell’ex presidente neoliberale Mauricio Macri, e si è messo a dare una svolta al paese.
La distruzione dei diritti lavorativi del DNU, scritto dai rappresentanti dell’Unione Industriale Argentina, spiegano il perché dello sciopero generale. Così come, la perdita del potere d’acquisto dei salari di fronte ad un’inflazione in aumento. I 100 giorni di “luna di miele” che di solito si concedono ai nuovi governi, come termine per avviare la loro gestione senza soprassalti, sono stati drasticamente ridotti.
Tutto questo è confluito nella decisione politica delle centrali sindacali, delle organizzazioni sociali, di artisti, scienziati di effettuare lo sciopero con una mobilitazione. Lo sciopero è stato replicato in diversi paesi del mondo, dove decine di manifestanti si sono riuniti difronte alle ambasciate argentine per protestare contro le misure promosse dalla gestione di ultradestra recentemente insediatasi.
Per l’accademica Victoria Victoria Basualdo, la giornata è di una dimostrazione di forza molto significativa. “La mobilitazione ha l’obiettivo di essere un freno ad una trasformazione antidemocratica delle relazioni lavorative, economiche, sociali e politiche in Argentina. Storicamente, la mobilitazione nelle strade ha un effetto. Quelli che devono votare nel Congresso prenderanno nota di una mobilitazione come quella di questo mercoledì”, ha dichiarato.
Dopo aver svalutato il peso più del 50%, ha presentato un megcadecreto e una “legge omnibus” che sotterrano storici diritti dei lavoratori, e deregolamentano vari settori strategici dell’economia per beneficiare la classe imprenditoriale nazionale e transnazionale. Come ogni piano di scontro, il DNU e la legge omnibus sono giunti accompagnati da un’ultrarepressiva normativa “antipicchetti” che obbliga a realizzare le manifestazioni lungo i marciapiedi e sanziona coloro che nelle proteste bloccano le strade.
Con un forte messaggio al governo e all’insistenza del Ministero della Sicurezza di impedire le mobilitazioni, il dirigente sindacale Pablo Moyano ha avvertito il governo a “non criminalizzare la protesta perché gli costerà in tutto il mondo. Nulla si costruisce con i bastoni, per governare è necessario essere aperti al dibattito, avere misura ed equilibrio”.
La svalutazione ha già intaccato le tasche dei cittadini. In un’economia bimonetaria come quella argentina, molto dipendente dal dollaro, gli improvvisi sbalzi cambiari impattano in modo drastico sui prezzi di prodotti e servizi basilari.
È stata una massiccia dimostrazione di forza in anticamera al dibattito legislativo per la legge omnibus; un messaggio diretto e contundente al governo, ma anche ai deputati che delibereranno il megaprogetto in aula. Il governo ha promesso di detrarre il giorno di sciopero ai lavoratori, di presentare denunce alla Giustizia considerandolo “illegale” e di fare rispettare il “protocolla antipicchetto”.
*Giornalista e politologo, associato al Centro Latinoamericano de Analisi Strategica (CLAE).
24 gennaio 2024
CLAE
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