Livorno, vertenza Cooplat: tenta suicidio dopo preavviso licenziamento
Questo è
solo l'ultimo episodio legato al caso della ditta che gestisce il servizio di
spazzamento delle strade. L'appalto scadrà tra due mesi. Venerdì in consiglio
comunale è scoppiata l'ennesima protesta. "La giunta ci prende in
giro", ma il sindaco Nogarin replica: "Stiamo facendo il
massimo"
“Basta,
salgo sul tetto e mi getto giù”. Dopo aver ricevuto il preavviso di
licenziamento ha minacciato di lasciarsi cadere dal tetto del Comune di
Livorno se non avesse ottenuto garanzie sul futuro della propria ditta.
Soltanto dopo tre ore di tensione e apprensione una 52enne, monoreddito con
due figli, è stata convinta a scendere e poi portata al pronto soccorso per
accertamenti. “Sta un po’ meglio, ma è ovviamente molto stanca” riferisce in
serata il segretario provinciale Fp-Cgil Giovanni Golino. Sia il sindacalista
che il sindaco Filippo Nogarin hanno seguito il caso dai primi minuti:
“Le abbiamo parlato dalla finestra vicina – racconta il primo cittadino –
cercando di calmarla”.
Questo è solo l’ultimo
drammatico episodio legato alla vertenza Cooplat, ditta che gestisce per conto di
Aamps (100% in mano al Comune) il servizio di spazzamento delle strade. L’appalto
scadrà tra due mesi e nelle ore scorse i 78 dipendenti della cooperativa hanno
ricevuto una lettera con cui si preannuncia il licenziamento a partire appunto
dal prossimo 31 gennaio (“solo un atto formalmente dovuto” ha rassicurato
Nogarin). Venerdì in consiglio
comunale è scoppiata l’ennesima protesta. “La giunta ci prende in
giro” è il ritornello. “Stiamo
facendo il massimo” ha controbattuto Nogarin.
La protesta
annunciata si è però arricchita di un capitolo imprevisto. Intorno alle 15 la
52enne ha infatti salito le scale di Palazzo civico fino al terzo piano per
raggiungere un tetto interno che si affaccia su una chiostra e ha minacciato di
gettarsi giù. Appena appresa la notizia i colleghi si sono radunati davanti
alla sede del Comune. “Mi ha chiamato al cellulare, dicendomi solo che si
sarebbe gettata giù dal tetto” riferisce il collega Luca Lombardi. Al centro
della questione il rinnovo dell’appalto: i lavoratori chiedono che nel
nuovo bando siano garantite le stesse condizioni attuali, ossia quelle
garantite dal contratto nazionale Fise (1300 euro mensili per 36 ore
settimanali più quattordicesima). Il bando scritto da Aamps (offerte da
presentare entro il prossimo 5 dicembre) prevede una clausola di
salvaguardia per tutti i 78 dipendenti ma non il mantenimento del contratto
in questione. Soltanto Cooplat avrebbe l’obbligo di garantire il Fise: gli
altri soggetti interessati al bando potrebbero invece proporre altre soluzioni.
“Evidente alterazione della concorrenza” sostiene Cooplat che quindi si è
appellata al Tar (camera di consiglio il 10 dicembre). La donna salita sul
tetto ha chiesto che il bando sia riscritto affinché tutti i soggetti in gara siano
costretti a applicare il Fise. Il timore dei lavoratori è infatti che un
vincitore diverso da Cooplat possa applicare contratti più penalizzanti come ad
esempio il Multiservizi: “Perderemo 300 euro al mese”.
Gli spazzini
accusano Comune e Aamps: “4 mesi di sole promesse” afferma Ivo Palestri. Silvia
Di Fraia e Anna Goti puntano invece il dito contro l’atteggiamento
di Nogarin: “Appena saputo che la nostra collega era salita sul tetto il
sindaco ha fatto uscire tutti noi lavoratori e i giornalisti presenti,
sostenendeno che era in atto un vero e proprio attacco mediatico”. Anche i
consiglieri d’opposizione come Marco Cannito (Cittàdiversa), Monica
Ria (Pd) e Andrea Raspanti (Buongiorno Livorno) attaccano la giunta.
“No alla deregolamentazione: chiunque vinca la gara deve assicurare il Fise”
scandisce l’ex segretario del Pd Jari De Filicaia. Il prossimo tavolo tra
azienda, istituzioni e sindacati è in programma per lunedì. Nogarin in serata
ribadisce però che il bando non potrà essere modificato: “Siamo costretti da
ragioni tecniche: ci esporremmo in caso contrario a un elevato rischio di
ricorso”. Il sindaco infine chiarisce: “Ho chiesto a dipendenti e giornalisti
di uscire dai saloni del Comune per tutelare la donna stessa. Ci siamo trovati
davanti a una situazione estremamente delicata: la tensione e la
pressione non avrebbero permesso di agire nel migliore dei modi per salvare la
lavoratrice”.
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