Una riforma del lavoro che ha come scopo solo la
difesa dei profitti padronali nella crisi, portata avanti con stile moderno
fascista
La cancellazione dell'art. 18 non creerà neanche un posto di lavoro in più e invece dà un grosso segnale alle aziende di poter tranquillamente liberarsi di operai, scomodi o troppo "costosi".
Il contratto a tutele crescenti con sgravio ai padroni del pagamento dei contributi per tre anni è soprattutto la strada spalancata a tenere permanentemente sotto ricatto i nuovi assunti, a licenziare entro i tre anni, ad annullare i contratti in essere a tempo indeterminato, trasformando i rapporti di lavoro in uno stato di precarietà permanente.
Le aziende già dal 1990 con la legge 407 beneficiavano per i primi tre anni di sgravi contributivi, questo nuovo contratto ha dato in più la libertà di licenziare.
L'attacco a diritti imprescindibili dei lavoratori, come il demansionamento e rinuncia a parte delle ferie, è un pesante segnale che non ci sono più diritti intoccabili, neanche quelli legati alla salute psicofisica - in questo modo altri diritti fondamentali saranno eliminati. E comunque i padroni sperimentano positivamente che ciò che già attuano di illegale sui posti di lavoro viene prima o poi legalizzato dal governo.
Sui controlli a distanza, la modifica apportata sembra veramente una presa in giro, come se gli impianti e gli strumenti di lavoro si muovessero da soli...
Sugli ammortizzatori sociali, la riforma del lavoro porta in realtà ad una loro riduzione (non c'è più la cassintegrazione in deroga e di fatto anche quella straordinaria diventerà un'eccezione), non ad una loro estensione. I Disoccupati restano sempre e comunque fuori.
UNO SCIOPERO GENERALE CHE NON ABBIA COME OBIETTIVO LA CANCELLAZIONE DEL JOBS ACT E DELL'ATTACCO ALL'ART. 18 E LA CADUTA DEL GOVERNO RENZI ANTIPROLETARIO, ANTIPOPOLARE, CHE USA LA REPRESSIONE CONTRO I LAVORATORI, I GIOVANI, LE MASSE IN LOTTA SUL LAVORO E I DIRITTI, E' UNA PRESA IN GIRO, e i lavoratori vengono usati per tornare ai Tavoli concertativi.
La cancellazione dell'art. 18 non creerà neanche un posto di lavoro in più e invece dà un grosso segnale alle aziende di poter tranquillamente liberarsi di operai, scomodi o troppo "costosi".
Il contratto a tutele crescenti con sgravio ai padroni del pagamento dei contributi per tre anni è soprattutto la strada spalancata a tenere permanentemente sotto ricatto i nuovi assunti, a licenziare entro i tre anni, ad annullare i contratti in essere a tempo indeterminato, trasformando i rapporti di lavoro in uno stato di precarietà permanente.
Le aziende già dal 1990 con la legge 407 beneficiavano per i primi tre anni di sgravi contributivi, questo nuovo contratto ha dato in più la libertà di licenziare.
L'attacco a diritti imprescindibili dei lavoratori, come il demansionamento e rinuncia a parte delle ferie, è un pesante segnale che non ci sono più diritti intoccabili, neanche quelli legati alla salute psicofisica - in questo modo altri diritti fondamentali saranno eliminati. E comunque i padroni sperimentano positivamente che ciò che già attuano di illegale sui posti di lavoro viene prima o poi legalizzato dal governo.
Sui controlli a distanza, la modifica apportata sembra veramente una presa in giro, come se gli impianti e gli strumenti di lavoro si muovessero da soli...
Sugli ammortizzatori sociali, la riforma del lavoro porta in realtà ad una loro riduzione (non c'è più la cassintegrazione in deroga e di fatto anche quella straordinaria diventerà un'eccezione), non ad una loro estensione. I Disoccupati restano sempre e comunque fuori.
UNO SCIOPERO GENERALE CHE NON ABBIA COME OBIETTIVO LA CANCELLAZIONE DEL JOBS ACT E DELL'ATTACCO ALL'ART. 18 E LA CADUTA DEL GOVERNO RENZI ANTIPROLETARIO, ANTIPOPOLARE, CHE USA LA REPRESSIONE CONTRO I LAVORATORI, I GIOVANI, LE MASSE IN LOTTA SUL LAVORO E I DIRITTI, E' UNA PRESA IN GIRO, e i lavoratori vengono usati per tornare ai Tavoli concertativi.
"Lo sciopero generale deve essere una rivolta
sociale. Perchè la rivolta sociale è la risposta reale alle aspirazioni dei
proletari e delle masse, è l'obiettivo per cui la parte più radicale del
movimento di lotta può e deve lavorare, per far cadere Renzi e sbarrare la
strada ad ogni governo dei padroni" (dal giornale proletari comunisti del Pcm- Italia)
*****
Articolo 18.
Sarà
possibile licenziare un dipendente anche senza giusta causa o giustificato
motivo. Le tutele dell’articolo 18 non varranno più per i licenziamenti
economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il
reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico
certo e crescente con l’anzianità di servizio». Fortemente limitata la
possibilità di reintegro anche nel caso di licenziamento disciplinare
ingiustificato: sarà limitata solo «a specifiche fattispecie» (da definire
dettagliamente con i decreti attuativi) e saranno anche previsti «termini certi
per l’impugnazione». Non cambia nulla (e quindi resta il reintegro) per i licenziamenti
nulli e discriminatori.
Contratto a tutele crescenti per i neoassunti. Arriva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. La delega prevede l’introduzione di «un testo organico semplificato» e il riordino delle tipologie contrattuali, che attualmente sono più di 40. In particolare andranno «ad esaurimento» le collaborazioni coordinate e continuative. L’orientamento è quello di arrivare a non più 4-5 contratti. Dovrebbero quindi rimanere: contratto a tempo indeterminato che per i nuovi assunti sarà nella forma delle tutele crescenti; contratto a termine; apprendistato, part-time. Viene esteso ad altri settori produttivi il voucher per i lavori stagionali: confermato il tetto dei cinquemila euro annui per lavoratore.
Mansioni flessibili e controlli a distanza. Cambia anche un altro articolo dello Statuto dei lavoratori, il 13 che impone all’azienda di adibire il lavoratore «alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La delega invece consente «l’utile impiego del personale» in caso di «processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi». In pratica è il via libera al demansionamento ma a una condizione: siano tutelate condizioni di vita ed economiche. Il che dovrebbe significare (ma lo si vedrà meglio con i decreti attuativi) che la marcia indietro nella carriera sarà a parità di stipendio. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare impianti e strumenti di lavoro.
Contratto a tutele crescenti per i neoassunti. Arriva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. La delega prevede l’introduzione di «un testo organico semplificato» e il riordino delle tipologie contrattuali, che attualmente sono più di 40. In particolare andranno «ad esaurimento» le collaborazioni coordinate e continuative. L’orientamento è quello di arrivare a non più 4-5 contratti. Dovrebbero quindi rimanere: contratto a tempo indeterminato che per i nuovi assunti sarà nella forma delle tutele crescenti; contratto a termine; apprendistato, part-time. Viene esteso ad altri settori produttivi il voucher per i lavori stagionali: confermato il tetto dei cinquemila euro annui per lavoratore.
Mansioni flessibili e controlli a distanza. Cambia anche un altro articolo dello Statuto dei lavoratori, il 13 che impone all’azienda di adibire il lavoratore «alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La delega invece consente «l’utile impiego del personale» in caso di «processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi». In pratica è il via libera al demansionamento ma a una condizione: siano tutelate condizioni di vita ed economiche. Il che dovrebbe significare (ma lo si vedrà meglio con i decreti attuativi) che la marcia indietro nella carriera sarà a parità di stipendio. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare impianti e strumenti di lavoro.
Ferie
solidali - Viene data
ai lavoratori la possibilità di cedere parte delle loro ferie annuali
retribuite a colleghi con figli minori malati gravi.
Ammortizzatori sociali. La cassa integrazione non potrà più essere autorizzata in caso di cessazione «definitiva» di attività aziendale o di un ramo di essa. La delega prevede anche una differente partecipazione contributiva da parte delle aziende, a seconda dell’effettivo utilizzo (in pratica chi non ne fa uso pagherà di meno). Scompare la cig in deroga. Il sussidio di disoccupazione Aspi sarà esteso ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa «fino al superamento di questa forma contrattuale». Per averne diritto - ma saranno i decreti attuativi a specificarlo meglio - basterà aver lavorato 3-4 mesi negli ultimi due anni. La durata dell’erogazione del sussidio sarà commisurata «alla pregressa storia contributiva del lavoratore».
Agenzia nazionale per l’occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro. Avrà competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e Aspi. Il beneficiario di un ammortizzatore sociale (cig o sussidio di disoccupazione) dovrà dare la sua disponibilità a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente anche «allo svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali», senza però che questo - come è accaduto in passato con i lavori socialmente utili - alimenti aspettative di assunzione nel pubblico. Chi si rifiuta rischia di perdere il sussidio.
Maternità. L’indennità di maternità sarà estesa, anche gradualmente, a tutte le categorie di lavoratrici. Le parasubordinate avranno diritto all’assistenza anche «in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro». Per contrastare la pratica delle cosiddette dimissioni in bianco sono previste «modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro». Le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, potranno godere di un “tax credit”.
Ammortizzatori sociali. La cassa integrazione non potrà più essere autorizzata in caso di cessazione «definitiva» di attività aziendale o di un ramo di essa. La delega prevede anche una differente partecipazione contributiva da parte delle aziende, a seconda dell’effettivo utilizzo (in pratica chi non ne fa uso pagherà di meno). Scompare la cig in deroga. Il sussidio di disoccupazione Aspi sarà esteso ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa «fino al superamento di questa forma contrattuale». Per averne diritto - ma saranno i decreti attuativi a specificarlo meglio - basterà aver lavorato 3-4 mesi negli ultimi due anni. La durata dell’erogazione del sussidio sarà commisurata «alla pregressa storia contributiva del lavoratore».
Agenzia nazionale per l’occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro. Avrà competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e Aspi. Il beneficiario di un ammortizzatore sociale (cig o sussidio di disoccupazione) dovrà dare la sua disponibilità a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente anche «allo svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali», senza però che questo - come è accaduto in passato con i lavori socialmente utili - alimenti aspettative di assunzione nel pubblico. Chi si rifiuta rischia di perdere il sussidio.
Maternità. L’indennità di maternità sarà estesa, anche gradualmente, a tutte le categorie di lavoratrici. Le parasubordinate avranno diritto all’assistenza anche «in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro». Per contrastare la pratica delle cosiddette dimissioni in bianco sono previste «modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro». Le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, potranno godere di un “tax credit”.
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