La crisi sanitaria ancora pienamente in atto a livello mondiale sta accelerando e rendendo ancora più evidenti le contraddizioni strutturali dell’attuale modo di produzione.
Un’emergenza pandemica che non è casuale ma al contrario è strettamente legata al sistema capitalistico e alla sua espansione vorace e predatoria, che non risparmia alcun ecosistema.
Sono infatti in progressivo e costante aumento la deforestazione e la desertificazione, l’incremento irreversibile della temperatura terrestre che produce ciclicamente catastrofi naturali, l’agribusiness e l’allevamento intensivo, l’inquinamento e l’urbanizzazione esasperata, la rapina di territori e i conseguenti fenomeni di migrazione alla ricerca di una vita dignitosa.
Un sistema fondato sulla massimizzazione del profitto, sul massiccio sfruttamento di vite e sul saccheggio di risorse su scala globale non poteva che provocare, tra i suoi rovinosi effetti sociali, anche questa crisi sanitaria mondiale.
Sebbene l’intero sistema produttivo e sociale sia stato travolto da questa crisi, governi e padroni si appellano alla retorica dell'unità nazionale: in realtà intendono scaricare i costi della crisi solo sulle classi subalterne per tutelare l'accumulazione di ricchezze dei capitalisti che non viene minimamente intaccata dalle misure governative, anzi il più delle volte continua a crescere.
Le politiche messe in atto dai governi nazionali, Conte in primis, segnano la subordinazione servile alle richieste e alle forti pressioni padronali che spingono per misure di tutela dei loro profitti e di socializzazione delle perdite sulle classi subalterne, le quali saranno costrette a pagare le inevitabili ristrutturazioni produttive. Le misure di emergenza sino ad ora messe in campo comporteranno l’aumento del debito (a partire dal Recovery Plan) e pertanto ulteriori stagioni di “sacrifici”, con tagli del welfare, sterilizzazione dei salari e sgretolamento di tutele e diritti acquisiti (tra cui anche il diritto di sciopero e di attività sindacale).
In questo quadro tendono ad inasprirsi il patriarcato e le discriminazioni di genere: l’atomizzazione e la segregazione generata dallo smart-working scaricano il peso del lavoro di cura e riproduttivo ancor più sulle spalle delle donne.
Lo stesso vale per la discriminazione degli e delle immigrate: il razzismo istituzionale che ricatta chi non è cittadino italiano, imponendo la subordinazione ad un documento e criminalizzando chi non ce l’ha, comporta un accesso differenziale alle cure, alla prevenzione e al welfare. La finta ‘sanatoria’ promossa dalla ministra Bellanova e il ritocco di facciata ai decreti Salvini sono la prova di quanto faccia comodo alla classe dominante mantenere gli immigrati in una condizione di subalternità legalizzata.
L’imminente termine della moratoria dei licenziamenti non potrà che aggravare la condizione di impoverimento già approfondita da anni di austerità: una moratoria peraltro più fittizia che reale, in quanto il mancato rinnovo dei contratti a termine, la chiusura totale di attività, i licenziamenti disciplinari fittizi, l’espulsione del lavoro sommerso e in nero, già ne hanno decretato la fine.
In definitiva, il padronato sta approfittando della crisi in atto per continuare la propria guerra di classe e regolare i conti con i lavoratori e i proletari: l’offensiva padronale sul versante dei salari, dei contratti e delle complessive condizioni di lavoro è ormai esplicita e palese a chiunque: l'annuncio di oltre 6000 licenziamenti in tutta Europa di lavoratori da parte di Fedex-TNT ne è la riprova.
La gestione dell’emergenza, anche in questa infinita seconda fase, segnala e conferma l’assoluta assenza di tutela della salute e della vita dei lavoratori e delle lavoratrici,subordinata anch’essa alle deroghe tese a tutelare gli interessi padronali e il profitto.
Questo, e non altri, è il principale motivo per cui l'Italia è il paese europeo col più alto numero di vittime per CoViD-19, alimentate ulteriormente da una gestione fallimentare dell'emergenza e da anni di tagli e di distruzione programmata del sistema sanitario nazionale: un sistema al collasso anche per il pressoché completo abbandono delle politiche di prevenzione e della medicina territoriale e del lavoro. L’inizio a dir poco zoppicante della campagna vaccinale ne è un’ulteriore dimostrazione.
Questo stato di cose richiama la necessità di porre con forza all’attenzione dei lavoratori e degli oppressi la necessità oggettiva del superamento del sistema di sfruttamento capitalistico, stante l’assoluta incompatibilità e contrapposizione degli interessi generali di classe con quelli della borghesia imperialista e dei suoi maggiordomi al governo.
Un’incompatibilità e una contrapposizione oggettiva e storicamente data che necessitano di una mobilitazione a livello di massa, di strumenti di lotta che diano realistiche e praticabili risposte alla materialità dei bisogni di classe immediati, per affrontare concretamente le difficoltà del proletariato soprattutto nell’attuale fase storica.
Ma ciò non è sufficiente: devono essere poste le basi per superare la mera difesa sul piano aziendale o di singola categoria per rispondere agli attacchi che subiscono tutti i proletari e per strutturare un fronte di azione e di lotta di massa, esteso, comprensivo dell’insieme dell’intera classe, superando i mille rivoli e le mille vertenze in cui è tutt’ora scomposta.
Un fronte di classe con un chiaro indirizzo anti-capitalista, che rilanci le parole d’ordine storiche e unificanti del movimento operaio, che sia capace di invertire una volta per tutte la tendenza al riflusso e alla passività, e che restituisca ai proletari quel protagonismo e quella fiducia nei propri mezzi che è il requisito fondamentale per resitere e per vincere.
In continuità con le mobilitazioni del 18 e 19 dicembre il Patto d'Azione anti-capitalista aderisce allo sciopero generale del 29 gennaio convocato dalla partecipata Assemblea dei Lavoratori e delle Lavoratrici Combattivi, ne condivide e ne fa proprie le parole d’ordine: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, cassaintegrazione al 100% del salario, salario medio garantito a disoccupati e precari, imposizione di una Million tax del 10% sul 10% per far pagare la crisi ai suoi artefici, rispetto e potenziamento dei protocolli sanitari per l’autodifesa della salute sui luoghi di lavoro, regolarizzazione senza condizioni degli immigrati sprovvisti di documenti, e lancia una giornata di mobilitazione nei territori, ove possibile, nella giornata di sabato 30 gennaio per riaffermare la necessità della costruzione di un fronte unico di classe il più ampio possibile.
Facciamo quindi appello a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che condividono questa necessità, e ai singoli proletari stanchi di subire quotidianamente le politiche di sfruttamento e marginalità, a partecipare in massa alle giornate del 29 e 30 gennaio e ai prossimi appuntamenti del Patto d'azione.
Patto d’Azione anticapitalista- Per un fronte unico di classe
segnaliamo
il nuovo sito del Patto ancora in definizione
:
www.fronteanticapitalista.org/
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