Marco Spezia
ingegnere e
tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto
“Sicurezza sul lavoro: Know Your Rights!”
Medicina
Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
e-mail: sp-mail@libero.it
INDICE
MicroMega
newsletter@micromega.net
LE RAGIONI
DEL NO ALL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
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Resistenze posta@resistenze.org
LA MODERNA
CONDIZIONE OPERAIA NEL 2017: SFRUTTAMENTO, LICENZIAMENTI E MORTI SUL LAVORO
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
LOTTARE
CONTRO L’ALTERNANZA PER NON ESSERE GLI SCHIAVI DEL FUTURO
PCARC Sezione
Massa carcsezionemassa@gmail.com
CONTINUA LA
BATTAGLIA PER MARCO, ACCUSATO DI AVER PROMOSSO UNA MOBILITAZIONE CONTRO IL JOBS
ACT
Medicina
Democratica segreteria@medicinademocratica.org
NEWSLETTER
MEDICINA DEMOCRATICA
La Città
Futura noreply@lacittafutura.it
ALTERNANZA
SCUOLA LAVORO: SFRUTTAMENTO, IGNORANZA E SOTTOMISSIONE AL PROFITTO
Federazione
Toscana PCARC federazionetoscana@gmail.com
PER UN LAVORO
UTILE E DIGNITOSO PER TUTTI!
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
VOGLIONO
FARCI MORIRE PRIMA? SERVE UNA “OPERAZIONE VERITA’”
AIEA Paderno
Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
FORUM
INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE
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From: MicroMega newsletter@micromega.net
To:
Sent: Monday,
October 16, 2017 4:54 PM
Subject: LE
RAGIONI DEL NO ALL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
di Marina
Boscaino
04/10/17
Ci verranno a
dire che è meglio occupare gli spazi per evitare che li occupino altri.
Aggiungeranno che si tratta di un intervento per curvare il processo nella
direzione giusta. Non voglio, con questo mio intervento, rischiare di essere
annoverata tra gli odierni detrattori del sindacalismo, la cui fondamentali
presenza e libertà organizzativa sono garantite dall’articolo 39 della
Costituzione. Eppure la notizia che la CGIL in alcune regioni di Italia stia
scendendo in campo per proporsi come partner di alternanza scuola-lavoro non
può che lasciare sbigottiti ed interdetti. E’ di questi giorni la presentazione
di un progetto che coinvolgerà in Lombardia circa 200 ragazzi. Ma, basta
guardare rapidamente sulla rete, le proposte in questo senso coinvolgono evidentemente
altre regioni di Italia, dal Veneto alla Puglia.
Del resto,
Susanna Camusso, intervistata da Ferruccio de Bortoli a metà di settembre,
aveva affermato: “Il tema non è il posto fisso, ma condizioni di lavoro senza
sfruttamento”. Lo stesso discorso vale per l’alternanza scuola-lavoro, che
“sarebbe uno strumento buono, ma fatto nel modo in cui è stato fatto ha
provocato solo disastri”. E’ invece “il momento di lavorare insieme affinché
funzioni, affinché non sia un tappabuchi ma un percorso formativo per gli
studenti, e che li prepari alla trasformazione permanente che li attende nel
mondo del lavoro”. Non vogliamo certo rubare il mestiere al segretario
nazionale della CGIL. Ma qualche dubbio ci è venuto: siamo sicuri che la
“trasformazione permanente” vada necessariamente nella direzione dell’interesse
generale e dello sviluppo del paese o non sia piuttosto un fattore di crescita
o di garanzia dei profitti di impresa? Siamo convinti davvero che l’espressione
“mondo del lavoro” sia ancora utilizzabile sul piano dei diritti e delle
relazioni e non debba essere invece sostituita con l’espressione “mercato del
lavoro” o non debba prevedere l’inserimento dell’aggettivo “neoliberista”?
Il tema
(usando questo abusato intercalare) è, invece, per molti di noi che lavoriamo a
scuola, l’inaccettabilità di questo provvedimento. Non solo (come ha affermato
Francesco Sinopoli, segretario della FLC-CGIL) perché “L’alternanza scuola
lavoro introdotta con la Legge 107/15 anche ai licei e per 200 ore nell’ultimo
triennio, distoglie gli studenti dallo studio curriculare e si è rivelata, in
qualche circostanza, una perdita di tempo ed anche peggio (…). La scuola della
Legge 107, voluta da Renzi e dalla ministra Giannini, e confermata dalla
Fedeli, non è buona affatto. Per trovare una conferma, basta tornare alle
parole della ministra Fedeli al Sole 24 Ore nella lunga intervista di domenica
20 agosto. L’ideologia della formazione del capitale umano di cui parla la
Ministra non solo non mette al centro gli apprendimenti, ma piega la scuola
all’interesse di brevissimo periodo del sistema produttivo italiano con tutti i
suoi attuali limiti: specializzazione produttiva su beni a basso valore
aggiunto e ricerca costante di realizzare il profitto giocando su costo del
lavoro e orari. Di questa deriva è figlia anche l’alternanza scuola lavoro
nelle modalità con cui è stata concepita ed attuata. Si sta costruendo un alibi
affinché le aziende continuino a disinvestire in formazione assecondando l’idea
folle che la scuola possa assolvere ad un compito che spetta alle imprese”; ma
anche perché l’alternanza costituisce uno degli strumenti che questo governo ha
ideato per creare e riprodurre in vitro il modello antropologico del
lavoratore-Jobs Act: totalmente inconsapevole dell’esistenza del sindacato,
della sua storia, della sua funzione costituzionale; pertanto, inconsapevole
dei propri diritti, della funzione del contratto, della dignità del lavoro. Di
una storia di decenni e decenni di lotte operaie e sindacali, di conquiste e
sacrifici, di scioperi, cortei, presidi, repressione, carcere: identità.
Si aggiunga
l’obsolescenza lavorativa: che senso ha formare oggi diciassettenni per 400
ore, sottraendoli alla scuola (soprattutto quelli del liceo, destinati ancora a
molti anni di studio), quando probabilmente tra un lustro molti di quei lavori
non esisteranno più? Qualcuno, poi, ha ventilato a più riprese la necessità di
richiedere una certificazione anti-mafie ai soggetti accreditati. A che punto
siamo con l’attivazione di tale necessaria precauzione? Temiamo che il percorso
non sia mai stato avviato.
Analfabeti
della cultura della dignità del lavoro, ecco cosa stanno tentando di inserire
nel futuro mercato del lavoro; ai quali sarà più facile imporre condizioni e
sottrarre diritti; che sarà possibile flessibilizzare oltre la flessibilità,
precarizzare oltre la precarietà. E’ qui che il più grande sindacato italiano
potrebbe interrompermi, sostenendo che proprio per questo è necessario
l’intervento concreto: infliggere una sterzata al processo di degenerazione che
l’alternanza sta producendo. La CGIL non può certamente ignorare che
l’alternanza oggi si sta configurando come lavoro desalariato,
decontrattualizzato, spesso privo di qualsiasi seppur remota contiguità con il
percorso di studio: bassa o bassissima manovalanza a tempo determinato; come
sfruttamento precoce di ragazzi vincolati dall’obbligo di svolgimento di un
monte ore enorme (200 ore per i licei, 400 per l’istruzione
tecnico-professionale). Abbiamo giustamente gridato allo scandalo per
l’alternanza spesa presso McDonalds, presso gli autogrill, nelle parrocchie e
(persino) alle feste del PD. L’alternanza scuola-lavoro presso la CGIL, però, è
davvero la più drammatica concretizzazione di una triste contraddizione (e non
sarà la prima, né l’ultima) profonda: politica, culturale, sindacale.
Inoltre, il
più grande sindacato italiano dovrebbe tenere a mente quanto è accaduto poco
più di un anno fa: la promozione da parte di FLC-CGIL (insieme a Cobas e
Unicobas) di una raccolta di firme per un referendum contro i punti più odiosi
della Legge 107 (la cosiddetta “Buona Scuola”); 4 quesiti, uno dei quali
proprio contro il vincolo orario obbligatorio di alternanza scuola-lavoro.
Ancora Sinopoli: “Ricordo che come FLC abbiamo cercato di raccogliere le firme
per un referendum che abrogasse proprio l’alternanza obbligatoria. Avevamo
ragione come sulle altre materie oggetto dei nostri quesiti. Battaglie che nei
contenuti vanno tutte rilanciate” (sic!). La raccolta fallì per pochissime
firme; certamente non fu estranea al fallimento (tra le altre cause) la forte
frattura interna tra la confederazione e il comparto scuola e, nell’ambito di
quest’ultimo, tra favorevoli e contrari a quella campagna referendaria. Eppure,
io (che ho trascorso i 3 mesi della campagna, giorno dopo giorno, ai banchetti
per la raccolta firme) ho visto con i miei occhi amici e compagni della FLC di
Roma e del Lazio dare l’anima affinché la raccolta stessa riuscisse, come in
altre zone di Italia: mi chiedo cosa pensino adesso.
Chiunque,
infatti, faccia riferimento alla CGIL (a prescindere dalla categoria di
appartenenza) dovrebbe essere d’accordo sul fatto che la scuola sia luogo di
emancipazione; è innegabile che un lavoratore più colto (anche un giovane
diplomato) sarà un lavoratore e un cittadino migliore. Da qualche decennio,
invece, l’offensiva dell’ideologia dell’impresa sta pervicacemente (e non senza
risultati, a quanto pare) tentando di ridurre i diritti del lavoro e quindi
l’emancipazione dei lavoratori. Il lavoro, oggi più che mai, è ridotto a merce,
deprivato di quella valenza nobile che il primo comma del primo articolo della
Costituzione repubblicana gli assegna. Che senso ha, di conseguenza, pensare di
contribuire a preparare gli studenti a un rapporto con il lavoro sapendo che
(nella stragrande maggioranza dei casi, oltre che nelle intenzioni del
legislatore) essi verranno inseriti in un contesto che ha lo scopo evidente di
renderli acquiescenti alla violenta egemonia della cultura di impresa? Che
senso ha contribuire a radicare ancora di più l’idea che il sapere del III
millennio non possa essere arricchimento disinteressato per il pieno sviluppo
della persona umana e per la partecipazione, ma debba essere a sua volta merce,
variabile dipendente esclusivamente dal mercato del lavoro contingente (opzione
che, peraltro, non interesserebbe nemmeno a quelle famiglie legittimamente
preoccupate per il futuro dei figli e, quindi, non contrarie all’ingresso nel
percorso di istruzione di esperienze lavorative)? Perché, infine, avallare la
peggiore legge inflitta all’istruzione italiana e al diritto all’apprendimento
degli studenti?
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, October 19, 2017 1:57 AM
Subject: LA
MODERNA CONDIZIONE OPERAIA NEL 2017: SFRUTTAMENTO, LICENZIAMENTI E MORTI SUL
LAVORO
di Michele
Michelino
16/10/17
IL
CAPITALISMO E’ BARBARIE E MORTE
IL CASO ILVA
Per anni i
sindacati FIOM (CGIL), FIM (CISL), UILM (UIL) e UGL hanno garantito pace
sociale e profitti ai vari padroni pubblici e privati, barattando il lavoro e
il salario con la salute degli operai della fabbrica e dei cittadini di Taranto
e dintorni. Non si lottava contro la nocività in fabbrica e col padrone di
turno, si accettava invece tranquillamente la politica padronale della
monetizzazione della salute. La concertazione e la complicità hanno portato i
sindacati a essere complici dei vari “piani industriali”, che avevano l’unico
scopo di realizzare il massimo profitto sulla pelle degli operai. Invece di
lottare per eliminare la nocività e rivendicare nelle piattaforme contrattuali
condizioni e ambienti di lavoro salubri, hanno accettato condizioni che hanno
avvelenato prima i lavoratori e poi il territorio.
Oggi la nuova
proprietà della fabbrica dichiara che a livello nazionale è previsto un
organico totale di 9.885 dipendenti tra quadri, impiegati e operai rispetto ai
circa 14.000 attuali. Circa 3.300 dei 4.000 esuberi, su un totale di 14.200
lavoratori del gruppo ILVA, riguarderebbero la sede di Taranto, 599 quella di
Genova.
Il governo,
dopo essere intervenuto con soldi pubblici (di tutti i cittadini) per sanare le
perdite della vecchia proprietà di ILVA (di padron Riva), socializzando i
debiti e privatizzando il profitto, ora regala la fabbrica (che sorge su 15
milioni di metri quadri di area, 200 kilometri interni di ferrovie, altri 50 di
treni-nastri) ai nuovi padroni della ArcelorMittal-Marcegaglia, azienda che da
subito ha preso il controllo di ILVA annunciando che il piano di “risanamento”
dell’azienda consiste semplicemente in licenziamenti e tagli dei salari.
Immediate le
reazioni dei lavoratori, con proteste e scioperi compatti che hanno costretto a
scendere in campo anche il governo.”Quello che oggi manca rispetto all’offerta
non sono i numeri degli esuberi, su cui si può discutere, fanno parte della
trattativa sindacale” - ha spiegato il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo
Calenda – “ma il pezzo sugli impegni che l’acquirente ha preso nei confronti
del Governo che riguarda i livelli salariali e di scatti di anzianità”. Gli
esuberi per ILVA “erano noti a partire dall’offerta”, e “il tavolo con i
sindacati ha l’obiettivo di ridurli” ma “non possiamo accettare alcun passo
indietro, come Governo, per quanto riguarda le retribuzioni e gli scatti
acquisiti”, ha detto. In sostanza per il Ministro si può ridurre il personale e
licenziare a patto che il conflitto sia contenuto.
Una decisione
accolta con favore da Maurizio Landini: “Il governo ha fatto bene a sospendere
il tavolo sull’ILVA, ma ora l’esecutivo deve occuparsi di tutti gli altri
temi”. Secondo l’ex leader FIOM potrebbe esserci un “ruolo di Cassa Depositi e
Prestiti (CDP), e di altre forme che il Governo può garantire, dentro l’assetto
societario che viene definito”.
Nella società
capitalista il sindacato ha lo scopo di contrattare al meglio la condizione
della forza lavoro e anche un sindacato di classe, oggi inesistente nel regime
del lavoro salariato, non può andare oltre questo obiettivo.
La lotta
sindacale contro gli attacchi del capitale è necessaria e indispensabile per la
difesa delle condizioni di vita e di lavoro. Tuttavia gli operai non devono mai
delegare al sindacato la difesa dei loro interessi. Mai dimenticare che l’unico
obiettivo dei vertici sindacali, o unico scopo, è di farsi riconoscere e sedere
al tavolo delle trattative con i padroni.
Infatti, le
trattative, i mercanteggiamenti e i loro risultati sono alla fine destinati a
colpire comunque i lavoratori, a gettare fumo negli occhi alle masse proletarie
salvaguardando sempre e in definitiva gli interessi del capitale. Anche se
temporaneamente in alcune circostanze favorevoli è possibile “vincere”,
difendersi, arginare gli attacchi dei padroni, il modo di produzione
capitalista non può in alcun modo essere riformato e migliorato.
Il futuro, il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro duraturo può avvenire solo
nel socialismo, dopo aver definitivamente distrutto dalle fondamenta il sistema
capitalista. Lottare e battersi per ridurre il margine dello sfruttamento,
contrapponendosi al capitale e allo stato dei padroni, è necessario per non
morire di fame, ma non bisogna dimenticare che finché esiste lo sfruttamento
dell’uomo sull’uomo, il potere, la forza è ancora tutta dalla parte del
capitale.
Non basta
lottare contro gli effetti del capitale (licenziamenti, fame, miseria e guerre)
bisogna lottare anche e soprattutto contro le cause dello sfruttamento.
Fino a quando
le lotte del proletariato non riacquisteranno la necessaria centralizzazione e
solidarietà di classe attorno a obiettivi socialisti, ponendosi l’obiettivo del
potere operaio e proletario (interessi contrapposti e antagonistica a quelli
del capitalismo e della classe borghese che detiene il potere economico e
politico) la barbarie continuerà a incombere e colpire la classe operaia e le
masse popolari.
MORTI SUL
LAVORO: AL LAVORO COME IN GUERRA
Aumentano gli
infortuni sul lavoro. 682 incidenti mortali nel 2017.
Secondo i
dati INAIL pubblicati a fine agosto, nei primi 8 mesi gli infortuni sul lavoro
sono stati 422.000, con un aumento dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del
2016. Quelli mortali denunciati sono stati 682, con un incremento addirittura
del 4,7%. Un fatto che non accadeva nel nostro Paese da anni.
In Italia gli
operai e i lavoratori continuano a morire più che in guerra, fra l’indifferenza
e l’ipocrisia del governo e delle istituzioni.
Davanti a
questa guerra di classe dei padroni contro i proletari, il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella si limita a sottolineare come sia “inconcepibile”
registrare tutte queste morti sul lavoro, specialmente tra i giovanissimi,
senza fare nulla in proposito per fermare questa mattanza operaia.
Dai dati
INAIL si evidenzia che l’aumento degli infortuni riguarda soprattutto
l’industria e servizi (+2%) e i dipendenti pubblici (+3,3%), dimostrando così
che la sicurezza sui posti di lavoro è inesistente e l’obiettivo del massimo
profitto realizzato sulla pelle dei lavoratori non ha nessun rispetto della
salute e della vita dei lavoratori.
Di lavoro si
continua ogni giorno a morire.
Al 10
ottobre, secondo il report dell’Osservatorio Indipendente di Bologna sui morti
sul lavoro, nei primi 9 mesi del 2017 i morti sul lavoro, compresi quelli in
itinere superano invece i 1.100.
L’anno scorso
in Europa sono stati 10.000 i lavoratori morti mentre andavano o tornavano dal
lavoro (indagine europea).
Oltre ai
lavoratori regolarmente assicurati dall’INAIL esistono anche milioni di
lavoratori in nero che non entrano dei conteggi, come quelli che subiscono
diverse forme di sfruttamento nelle cooperative, nella logistica e in “stage”.
Ogni giorno
decine di migliaia di persone (uomini e donne, un esercito silenzioso e spesso
disperato) legge gli annunci sui quotidiani e su internet, manda il proprio
curriculum sperando, se non in un contratto, quantomeno in un colloquio, ma
alla fine la stragrande maggioranza resta senza lavoro e senza salario.
Una parte
della forza lavoro che forma questo esercito è fatta dai 3.127.000 disoccupati
che compongono la giungla degli stagisti.
Da anni le
aziende usano giovani nell’industria e nei servizi per coprire mancanze di
manodopera nel proprio organico, spendendo poco o addirittura a costo zero (si
tratta del cosiddetto “stage rolling”, cioè la rotazione continua e senza
speranza di assunzione), oppure per individuare un futuro dipendente (e questo
è il caso dello stage volto ad assunzione).
Secondo il
rapporto Excelsior redatto da UnionCamere e Ministero del Lavoro, nel 2011 sono
stati attivati 307.000 tirocini in 215.000 aziende private. Di questi soltanto
il 10,6% ha dato poi luogo a un rapporto di lavoro. Le aziende li usano per
sostituire ogni sei-dieci mesi un dipendente con uno o più stagisti a ciclo
continuo. E questo non riguarda soltanto il settore privato, ma anche quello
pubblico: ad esempio avviene ampiamente negli uffici giudiziari. In questo
settore gli infortuni sono completamente ignorati e solo in casi estremi vengono
denunciati.
Lampante
l’ultimo esempio. Vittima dell’infortunio, accaduto a Spezia il 6 ottobre, è
uno studente di un istituto superiore di 17 anni, impegnato in un progetto di
alternanza scuola-lavoro all’interno di una ditta specializzata nella revisione
e riparazione di motori nautici e industriali. Senza alcuna formazione, il
giovane è stato costretto a salire su un muletto. Il ragazzo è rimasto
schiacciato sotto il carrello elevatore quando questo, all’improvviso, si è
capovolto nel piazzale dell’azienda. Il ragazzo è stato soccorso dai lavoratori
della ditta che l’hanno estratto dal mezzo e hanno chiamato il 118. Trasportato
in ospedale, lo studente (lavoratore) ne avrà per almeno 40 giorni secondo la
prognosi.
Se non
cambiamo, e presto, la realtà di oggi, questo non è solo il presente, ma il
futuro che spetterà alle prossime generazioni.
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, October 19, 2017 1:57 AM
Subject:
LOTTARE CONTRO L’ALTERNANZA PER NON ESSERE GLI SCHIAVI DEL FUTURO
Alessandro
Fiorucci
Responsabile
Scuola FGC
16/10/17
Lo scorso
venerdì gli studenti sono scesi in piazza in tutta Italia per protestare contro
il sistema dell’alternanza scuola-lavoro, contro un’istruzione sempre più
classista e piegata ai profitti di pochi. Migliaia di studenti delle classi
popolari si sono mobilitati, istituti tecnici e professionali per la prima
volta hanno aderito alle manifestazioni con una partecipazione di massa, grazie
anche al lavoro serrato di discussione e organizzazione da parte della gioventù
comunista. Un risultato non scontato, che rompe la ritualità delle lotte
studentesche e vede protagonisti i giovani delle scuole di periferia, finora
snobbate da un movimento rinchiuso nei licei tradizionalmente attivi.
Quella del 13
ottobre è una giornata che segna un avanzamento nelle posizioni e nelle lotte
degli studenti, e rappresenta un passo in avanti in un quadro complessivo di
difficoltà per il movimento studentesco. La battaglia contro l’alternanza
scuola-lavoro e la parola d’ordine dello sciopero dell’alternanza hanno unito
gli studenti a partire da un elemento immediatamente percepibile, che allo
stesso tempo rappresenta il fulcro su cui si basa l’asservimento della scuola
agli interessi dei padroni. Sono state decine e decine le manifestazioni di
piazza, i presidi e le assemblee straordinarie organizzate per questo sciopero
studentesco, che ha visto la maturazione di elementi e prospettive di lotta più
avanzate che in passato. In special modo le proteste hanno puntato il dito
contro le pesantissime responsabilità del Partito Democratico nella costruzione
di una scuola su misura del profitto, grazie alle riforme e le misure chieste e
applaudite dalla Confindustria.
E mentre
migliaia di studenti riempivano le piazze, sui media cominciavano ad arrivare
le reazioni politiche. Dalla sua pagina facebook ufficiale il Partito
Democratico pubblica un video in cui alcuni giovani raccontano esperienze
formative di alternanza. Il Ministro dell’Istruzione Fedeli risponde allo
sciopero blaterando di alternanza come “introduzione innovativa” e di sforzi
del MIUR per elevarne la qualità ed estenderla in modo ancora più capillare.
Insomma, una difesa a spada tratta di tutte le scelte politiche dei governi
sulla scuola, uno scontro frontale con le proteste e le richieste degli
studenti. La dimostrazione plastica di questo contrasto si è vista a Roma, dove
il corteo studentesco ha marciato fin sotto al Ministero. Qui gli studenti
hanno chiesto a gran voce che gli esponenti del Governo uscissero a
confrontarsi con i giovani in piazza e a rendere conto delle proprie scelte
sull’istruzione. Nessuna risposta reale dal palazzo di viale Trastevere, che ha
preferito chiudere la discussione nelle proprie stanze.
Nel
frattempo, della fantomatica “Carta dei Diritti degli Studenti in Alternanza”
non si vede nemmeno l’ombra: da quasi due anni infatti il Ministero
temporeggia, accampando scuse improbabili per giustificare questo ritardo. La
realtà è molto più semplice, come spesso accade. Se un Governo introduce
l’obbligo di svolgere stage obbligatori e non si preoccupa di regolamentare
neanche degli aspetti minimi e fondamentali, significa che non c’è alcun
interesse nel tutelare gli studenti. Oltretutto, se nella redazione di questa
misteriosa Carta il parere dei diretti interessati conta meno di zero, cosa ci
si può aspettare se non l’ennesima presa in giro? La verità è che le risposte
non arrivano perché non esistono, e non è una questione di incompetenza.
La condizione
in cui versa l’istruzione oggi non è frutto di “errori” o incidenti di
percorso, ma di precise scelte d’indirizzo politico. In questo senso il
problema dell’alternanza scuola-lavoro non sono le sue storture, non sono
singoli casi di “mala gestione” o di incapacità organizzativa da parte di
scuole e aziende. L’alternanza scuola-lavoro conviene ai padroni quando funziona
bene, quando consente alle loro aziende di anticipare la formazione aziendale,
di sfruttare il lavoro non pagato degli studenti ed educarli a un futuro senza
diritti. Bisogna smetterla di considerare le proteste studentesche come
lamentele di fronte all’incapacità dei governi di fare fronte ai problemi della
scuola. Se le strutture cadono a pezzi è perché si è deciso di salvare prima le
grandi banche o di aumentare le spese militari. È solo una questione di scelte:
il governo ha deciso di regalare milioni di giovani alle aziende come
lavoratori non pagati, ha consegnato la scuola nelle mani di padroni
condannando intere generazioni a un futuro precario e fatto di sfruttamento.
Di fronte a
questa situazione non si possono nutrire illusioni, non è possibile aspettarsi
svolte o concessioni da parte del Governo. Quella degli studenti che sono scesi
nelle piazze di tutta Italia venerdì è una lotta che supera le problematiche
specifiche, che individua le responsabilità politiche della costruzione di una
scuola asservita ai profitti di banche e grandi imprese. È una lotta che
contesta lo sfruttamento in alternanza e rifiuta la competizione al ribasso coi
lavoratori, chiedendo un giusto salario e diritti per gli studenti. È una
protesta che vuole scardinare il meccanismo su cui si basa il sistema della
scuola-lavoro obbligatoria, e che dimostra di avere un potenziale enorme. I
ragazzi delle classi popolari hanno alzato la testa, e non chiedono solo di
essere ascoltati dalle istituzioni.
Qualcuno ha
provato a liquidare la protesta degli studenti come semplice rifiuto di
“sporcarsi le mani” con un po’ di lavoro. È ora di capire che le parole
d’ordine lanciate da questo sciopero vanno oltre il contesto delle scuole
superiori, per chiedere garanzie reali sul proprio futuro lavorativo. Se si
vogliono educare i giovani a lavorare gratis e chinare la testa, dire no a
questo sistema significa rifiutare ogni forma di ricatto e condizioni
peggiorative sul posto di lavoro. In gioco non c’è solo il raggiungimento di
soluzioni e obiettivi immediati, ma la conquista di un’istruzione diversa, che
sia al servizio dei futuri lavoratori e non degli sfruttatori. Sappiamo bene
che le priorità del Governo coincidono con le richieste della Confindustria e
non con le aspirazioni e le esigenze degli studenti. Per questo la lotta contro
la scuola di classe potrà essere più incisiva solo se riuscirà ad essere più
organizzata e capillare: la strada è in salita, ma la direzione intrapresa è
quella giusta.
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From: PCARC
Sezione Massa carcsezionemassa@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, October 19, 2017 6:10 PM
Subject:
CONTINUA LA BATTAGLIA PER MARCO, ACCUSATO DI AVER PROMOSSO UNA MOBILITAZIONE
CONTRO IL JOBS ACT
Continua la
battaglia per Marco, accusato di aver promosso una mobilitazione contro il Jobs
Act.
Mercoledì 11
ottobre si è tenuta presso il Tribunale di Massa la quarta udienza del processo
che ha per imputato il compagno Marco Lenzoni: è accusato di aver promosso un
corteo non preavvisato! I fatti si riferiscono al dicembre 2014, periodo in cui
era in discussione in Parlamento l’approvazione del Jobs Act di Matteo Renzi.
Come nel resto del Paese anche a Massa è stato organizzato un presidio per
contestare il Jobs Act e durante questa manifestazione i presenti hanno deciso
di spostarsi sotto la sede locale del PD, principale artefice di questa legge
che colpisce duramente (di fatto lo annulla) lo Statuto dei lavoratori. Il
fatto contestato in questo processo sarebbe proprio questo spostamento sotto la
sede del PD.
Ma, come ha
ricordato il compagno Marco Lenzoni durante il presidio dell’11 ottobre,
nonostante Forza Nuova avesse lanciato, a livello nazionale, una manifestazione
non autorizzata per il primo maggio a Massa, il questore ha liquidato la cosa
dicendo che non si è trattato di un corteo, ma di uno spostamento da un punto A
a un punto B (certo... tutti i cortei consistono in uno spostamento da un punto
di partenza ad uno di arrivo!).
Qui il punto
è che il questore non ha fatto partire la denuncia verso i fascisti!
Questo ci
dimostra chiaramente che la questione è politica e non semplicemente tecnica:
il problema, non è il mancato preavviso della protesta, ma che non viene
accettata nessuna contestazione alle imposizioni del governo centrale, in
questo caso il Jobs Act, e al PD che è al governo del Comune.
Quindi oggi,
ad essere sotto attacco, è la libertà di espressione (sancita dall’articolo 21
della nostra Costituzione) e il diritto a lottare contro le leggi ingiuste.
Il Jobs Act,
votato nel dicembre 2014 dall’allora governo illegittimo di Matteo Renzi e oggi
perpetrato negli intenti dal “governo-pilota” Gentiloni, è un duro attacco alle
condizioni di lavoro e di vita delle masse popolari. L’accanimento con cui la
borghesia attacca chi si è mobilitato per impedirne l’approvazione non è una
prova della sua forza, ma al contrario della sua debolezza. La classe dominante
e i suoi governi, temono, infatti, il giudizio delle masse popolari (non
possono nemmeno dire “siamo stati votati e ora portiamo avanti il nostro
mandato!”), ma nonostante questa paura, devono garantire i profitti ai poteri
forti che li hanno installati in Parlamento: devono applicare alla lettera il
programma comune della borghesia.
Tuttavia, il
sostegno che si è sviluppato intorno al processo contro chi si è opposto
all’approvazione del Jobs Act è la dimostrazione del fatto che le masse
popolari organizzate possono fare fronte alla repressione ribaltandola contro i
suoi mandanti: alimentando il coordinamento tra le varie organizzazioni operaie
e popolari (immigrati, studenti operai, ecc.) ed educando le masse popolari
alla solidarietà e alla lotta di classe.
Tanti gli
organismi, i sindacati, i partiti e i singoli, che hanno espresso la loro
solidarietà a Marco. Tra chi ha partecipato al presidio dell’11 ottobre ci
sono: RSU FIOM Euro Motor Service (indotto Pignone), RSU CGIL Sanac, lavoratori
Rational, RSU FIOM Perini, Si Cobas (Prato), ANPI Carrara, Popolo dell’acqua,
Acqua alla gola, Coordinamento Migranti Toscana Nord, Collettivo studenti in
lotta, circolo ARCI Il Viandante, Scioperando (lavoratori della Lucchini),
Lista Dema, Fabbrica della Sinistra, Claudia Bienaimè, PRC provincia di Massa,
Casa Rossa Occupata, PCL e singoli compagni.
Durante
l’udienza di mercoledì scorso sono stati sentiti i testimoni dell’accusa (gli
agenti Sergio Angelini e Federico Leoni della questura di Massa) ed è stato
visionato un video, girato dalla stessa polizia che ha seguito la
manifestazione: peccato che nel video manchi proprio la parte che
incriminerebbe Marco, cioè quella in cui avrebbe lanciato la proposta di
occupare simbolicamente la sede del PD. Evidentemente la magistratura non si fa
scrupoli a far partire processi per eventi irrisori e senza prove!
E’ necessario
far valere la forza delle masse popolari non solo per resistere alla
repressione ma anche per costruire un ordinamento economico, politico e sociale
conforme ai loro interessi. La borghesia sa bene che forza possono avere le
masse popolari organizzate: quest’anno cade il centesimo anniversario della
rivoluzione russa, che ha cambiato la storia dell’umanità e ha aperto la strada
a grandi conquiste per la classe operaia ed il resto delle masse popolari.
Oggi il passo
da fare è che le organizzazioni operaie e popolari presenti sul territorio si
mobilitino per rendere inapplicabili le imposizioni del governo centrale che
sono in aperto contrasto con la Costituzione.
La nostra
parola d’ordine deve essere: applichiamo dal basso i principi progressisti
contenuti nella Costituzione!
Continuiamo
la mobilitazione in solidarietà con chi si è mobilitato contro l’approvazione
del Jobs Act!
La prossima
udienza del processo a Marco Lenzoni si terrà il prossimo 27 ottobre, presso il
tribunale di Massa. In questa udienza verranno sentiti i primi testimoni della
difesa. È importante partecipare numerosi al presidio perché sicuramente si
tratta di una delle ultime udienze e ci stiamo avviando alla conclusione del
processo.
Il 27
ottobre, mentre Marco verrà processato, è stato indetto da alcune sigle del
sindacalismo di base (CUB, SGB, SI Cobas, USI-AIT, SLAI Cobas) uno sciopero
generale: sfruttiamolo per manifestare contro il governo del Jobs Act
partecipando al presidio davanti al tribunale di Massa!
Facciamo sentire
anche in questa occasione la nostra solidarietà!
La lotta per
il diritto al lavoro non si processa!
Partito dei
Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (PCARC)
Sezione di
Massa “Aldo Salvetti”
presso Spazio
Popolare
via San
Giuseppe Vecchio, 98
cellulare:
320 29 77 465
profilo
Facebook Aldo Salvetti (CARC Massa)
pagina
Facebook Sezione Massa PCARC
---------------------
From:
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Monday, October 23, 2017 12:43 PM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
PROGRAMMA
FORUM INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE Milano 4
e 5 novembre 2017
Il
5-6-novembre si riunirà a Milano il G7 sulla salute. I potenti della terra
discuteranno su come trarre ulteriore profitto dalla nostra salute e dalla
devastazione del pianeta.
In
contemporanea si terrà il Forum internazionale per il diritto alla salute e
l’accesso alle cure.
Leggi tutto
al link:
* * * * *
SICUREZZA SUL
LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 288 DEL 25/10/17
INDICE
La solitudine
dei lavoratori e degli operatori della prevenzione
Pensioni: in
vigore le nuove regole per i lavori usuranti
Infortuni sul
lavoro: da domani meno sanzioni per la mancata comunicazione
Soluzioni
tecniche per la sicurezza dei trattori e patentino
Storie di
infortunio: un lavoro due padroni
Imparare
dagli errori: incidenti nella conservazione degli alimenti
Luoghi di
lavoro: obblighi, notifiche e viabilità
Leggi tutto
al link:
* * * * *
Forum di
discussione per contattarci discutere e proporre argomenti:
Aiuta
Medicina Democratica Onlus devolvendo il tuo 5 per mille firmando nella tua
dichiarazione dei redditi nel settore volontariato e indicando il codice fiscale
97349700159
Sito web:
Facebook:
---------------------
From: La
Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Monday,
October 23, 2017 1:35 PM
Subject:
ALTERNANZA SCUOLA LAVORO: SFRUTTAMENTO, IGNORANZA E SOTTOMISSIONE AL PROFITTO
di Federico
Giusti e Lorenzo Tamberi
Sindacato
Generale di Base Pisa
21/10/17
Si chiama
alternanza scuola-lavoro, ma significa incidenti, abusi, sfruttamento,
sottrazione di tempo allo studio. I motivi per cui le organizzazioni sindacali
dovrebbero occuparsi di questa nuova frontiera dello sfruttamento.
Incidenti,
abusi, sfruttamento: questo è quanto incontrano gli studenti e le studentesse
nei luoghi di lavoro.
Il 13 ottobre
gli studenti scendono in piazza contro l’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) fulcro
della svendita dell’istruzione pubblica e della sua definitiva trasformazione
nella scuola dei “padroni” dove i figli dei lavoratori devono essere “allenati”
ad obbedire, ad adeguarsi alle necessità delle imprese (pubbliche o private che
siano).
Il 27 ottobre
sarà Sciopero Generale di tutti i lavoratori e lavoratrici, per il diritto al
lavoro e alle libertà sindacali, contro le spese militari per il
rifinanziamento dei servizi e sostegni pubblici.
Sicuramente
le due date di sciopero generale rappresentano un problema ma senza rientrare
nel merito delle ragioni di due indizioni distinte possiamo sicuramente
asserire che la data del 27 Ottobre è legata a ragioni specificamente
sindacali, non si fa da traino a cartelli e opzioni politiche come dimostrato
dalla manifestazione di Eurostop il giorno successivo allo sciopero del 10
novembre.
Altro
elemento di riflessione è rappresentato dal fatto che USB e Confederazione Cobas
non avevano pensato allo sciopero generale e la loro indizione è arrivata a
fine settembre senza poi dimenticare che entrambe queste due organizzazioni
sindacali sono firmatarie del Testo Unico sulla rappresentanza che costituisce
una via di non ritorno per la democrazia nei luoghi di lavoro e la stessa
agibilità sindacale. Sulla strada intrapresa dal Testo unico si stanno muovendo
le leggi in discussione nel Parlamento, prima tra tutte quelle che
cancelleranno il diritto di sciopero.
Il 27 Ottobre
rappresenta poi la continuazione del percorso avviato il 16 Giugno quando lo
sciopero dei trasporti indette dalle sigle di base registrò adesioni massicce e
decisamente superiori a scioperi nel settore di CGIL, CISL e UIL.
Ma torniamo
alle ragioni della mobilitazione studentesca, il sostegno sindacale è
particolarmente importante se pensiamo al crescente numero degli abbandoni
scolastici e al crollo delle immatricolazioni all’università, dati
incontrovertibili che confermano come le politiche di austerità abbiano
attaccato duramente il diritto alla istruzione di ogni ordine e grado
(ricordiamo che i nidi continuano ad essere servizi a domanda individuale, i
costi a carico delle famiglie sono elevati e gli investimenti degli enti locali
sempre più ridotti; ricordiamo che anche i finanziamenti per l’edilizia
scolastica sono stati ridimensionati dopo lo smantellamento delle Province).
A due anni
dalla obbligatorietà della ASL siamo ancora agli annunci della “Carta dei
Diritti e dei Doveri degli studenti in alternanza”, che dovrebbe dare qualche
regola e assicurazione agli studenti in alternanza. Nel frattempo il Ministero
a livello nazionale ha stipulato 56 Protocolli d’Intesa con associazioni
imprenditoriali e grandi imprese (da Federmeccanica, Confindustria, ENEL fino a
McDonald’s) oppure intermediari di manodopera come è l’Adecco (già ispiratrice
della politica sul precariato ai tempi della Gelmini), ed Enti pubblici. Siamo
in attesa di vedere all’opera la CGIL dopo “l’uso” degli studenti alle Feste
del PD denunciato sulla stampa.
Ogni giorno
arrivano notizie di abusi sui ragazzi, del vero o proprio sfruttamento che
subiscono, prede facili per imprenditori che cosi finalmente si liberano di
quelle 4 regole che sono rimaste sui contratti nazionali o dello Statuto dei
Lavoratori o peggio della legge sulla Sicurezza. Quando va bene perdono “solo”
il 10-20 % delle lezioni, senza contare le ore già tagliate a tutti gli
istituti: e non si può fare l’esame di stato se non risultano fatte tutte le
400 ore di ASL! Una settimana fa uno studente è finito in ospedale con 40
giorni di prognosi schiacciato dal muletto che stava guidando. Si sta facendo
strada l’economia della promessa, in futuro, con la legge sull’apprendistato,
tra sgravi e finanziamenti alle imprese, anche il diploma di scuola secondaria
sarà in subordine a forme di lavoro sottopagato nelle aziende.
Tutto il
sistema della formazione professionale è stato lasciato negli anni in mano alla
gestione di tipo privato con i fondi pubblici, per non parlare dell’Educazione
agli Adulti o agli immigrati, la ricetta è la stessa: più tagli al personale,
alle ore di lezione più fondi pubblici senza controllo, manutenzione delle
scuole assente. Altro che piani Europei per “la formazione tutta la vita”
stiamo diventando un popolo ignorante che al 70% non capisce cosa legge!
L’obiettivo
oggi è costruire una forza lavoro non retribuita, 1,5 milioni di studenti! E’
così che si materializza l’economia della promessa.
La Legge di
Stabilità per il 2018, oltre a prevedere altri tagli alla spesa e un’elemosina
per il nostro Contratto Nazionale, finanzia la formazione in azienda perché
l’obiettivo è Industria 4.0, riorganizzare il ciclo produttivo a spese dei
lavoratori. Jobs Act, formazione aziendale a spese della collettività, distruzione
della scuola pubblica statale, aumento dell’età pensionabile, è cosi questi
signori fanno crescere il PIL dello 0,001%, mentre si spendono 64 milioni di
euro al giorno per le spese militari!
Sosteniamo
allora lo sciopero e le rivendicazioni degli studenti del 13 ottobre e
rilanciamo la partecipazione allo sciopero generale del 27 ottobre. Sciopero,
una data da costruire insieme nelle piazze per la riconquista dei nostri
diritti cosi che anche le nuove generazioni abbiano un futuro nel quale ci
siano contratti nazionali, retribuzioni adeguate e condizioni di vita
dignitose.
---------------------
From:
Federazione Toscana PCARC federazionetoscana@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, October 25, 2017 4:23 PM
Subject: PER
UN LAVORO UTILE E DIGNITOSO PER TUTTI!
No alla morte
lenta della siderurgia, passare dalle parole ai fatti e mettersi alla testa
della mobilitazione di un paese devastato dalla crisi dei padroni!!! Per un
lavoro utile e dignitoso per tutti!
Il governo
Renzi-Gentiloni tenta di nascondere il disastro economico e politico in cui
versa il paese dietro la propaganda di regime e con la propaganda di guerra, ma
queste hanno le gambe corte come tutte le bugie. Quella sulla ripresa in corso
o che “l’Italia può crescere più degli altri paesi” è una canzone che non
inganna più nessuno e si azzittisce definitivamente quando si mette mano ai
numeri, seppure falsati col supporto della stampa di regime. I fatti hanno la
testa dura, e lo stato comatoso della siderurgia italiana smaschera questo
grande bluff che sindacati e governo cercano di nascondere.
Rebrab vuole
disfarsi dello stabilimento e procederà per la sua strada. Sappiamo che è
questione di tempo e di tattica. Ogni promessa, tavolo di trattativa e accordo
diluisce nel tempo e attenua gli effetti negativi sul territorio e sui
lavoratori e le loro famiglie, e quindi su tutta l’economia della Val di Cornia
e non solo. Hanno già creato divisioni tra la città e gli operai, tra i
lavoratori dell’indotto e gli “interni”, una manovra di divisione in categorie
che non aiuta certamente la lotta comune contro il comune nemico. Ma sappiamo
che queste sono le carte che i padroni giocano in concertazione coi quei
sindacati che alimentano la sfiducia nella possibilità della ripresa della
produzione di acciaio a Piombino. Dalla FIOM all’UGL, il tentativo di smorzare
la determinazione e la capacità di organizzazione è l’arma principale per
confondere la situazione e impedire che gli operai del settore si organizzino e
diventino protagonisti della lotta come successo lo scorso 29 giugno, assumendo
il ruolo di punto di riferimento locale e nazionale.
Lo sviluppo
recentissimo della situazione, con le manovre di governo e degli acquirenti
indiani per chiudere gli stabilimenti di Genova e Taranto (questo è il loro
obiettivo comune, passando per il massacro del Jobs Act) dimostra che quegli
operai della ex Lucchini, organizzati in Coordinamento Articolo 1, che hanno la
proposto la costruzione di un Coordinamento Nazionale della Siderurgia avevano
più che ragione, e oggi è necessario rilanciarlo con urgenza. E’ un segnale
positivo ai lavoratori, al sindacalismo conflittuale, ai sindacalisti onesti ai
quali viene limitato o impedito il lavoro al fianco dei lavoratori, è la strada
per invertire il catastrofico corso delle cose.
Sono infatti
gli operai che devono occuparsi della pianificazione della produzione, e
sostenere la nazionalizzazione delle aziende strategiche (il criterio vale
anche per Alitalia e TIM, a cui devono in futuro legarsi) sostenendo un governo
che faccia realmente gli interessi delle masse popolari. E’ la via più rapida e
meno dolorosa per difendere e rilanciare un settore strategico come quello
della siderurgia; dobbiamo essere consapevoli che quella della ex Lucchini,
delle ILVA di Genova e Taranto, della AST di Terni è una battaglia all’interno
di una guerra, condotta (per ora) con mezzi economici e politici, ma non troppo
lontano dal nostro paese (Libia, Siria, Ucraina) la parola è già alle armi. E’
arrivato il tempo di trasformare le giuste parole che si dicono, delle mille
iniziative fatte di presidi e volantinaggi, in azioni concrete e affrontare le
“loro” regole non solo mettendole in discussione. Qui si tratta di cambiarle,
perché come disse Marchionne, “Siamo in guerra”. La speranza di coloro che speravano
che non fossero toccati da tagli e chiusure, che la chiusura di una fabbrica
potesse significare la salvezza dell’altra, svanisce come neve al sole e da
Taranto a Genova l’urlo della lotta si alza e grida nelle piazze!!! I
lavoratori della siderurgia devono far valere la loro forza, tutti insieme!!!
AST, ILVA,
Piaggio, Alcoa, Lucchini, Fincantieri, Electrolux... non si salva niente! I
padroni stanno smantellando pezzo dopo pezzo l’apparato produttivo, stanno
facendo del nostro paese un cimitero di fabbriche. Le aziende che non chiudono,
riducono la produzione. Anche dove si riesce a impedire la chiusura, il ricatto
è lo stesso: volete mantenere il posto di lavoro? Allora dovete lavorare di
più, a un salario più basso, con meno diritti e in condizioni peggiori: è il
Jobs Act, è la riforma del mercato del lavoro, è lo smantellamento dei diritti,
dei contratti collettivi, è la legalizzazione dello sfruttamento, è la guerra
tra padre e figlio, operai e studenti (vedi l’alternanza scuola lavoro)!!! E’
la guerra tra la difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro e chi
vuole arricchirsi sulla pelle di milioni di lavoratori!!!!
E’ la crisi
del sistema capitalista. Non c’è rimedio? Da dove iniziare?
Di tanti
discorsi, cifre, numeri, ragionamenti utili come la forchetta per mangiare il
brodo che riempiono giornali, telegiornali, direttive sindacali e dichiarazioni
contrite e angosciate, la questione vera e insostituibile è che in questo paese
occorre subito, d’urgenza, operare con misure straordinarie per garantire a
ognuno un lavoro utile e dignitoso. Utile, cioè finalizzato a soddisfare i
bisogni delle masse popolari (beni e servizi). Dignitoso, cioè che sia pagato,
regolamentato dalle conquiste che le masse popolari hanno ottenuto con le lotte
dei decenni passati e che oggi i padroni vogliono cancellare; che sia
inquadrato in una produzione compatibile con l’ambiente, con la salute delle
masse popolari e con la salute di chi lavora. Sicuro, cioè lavorare non deve
più essere una roulette russa in fabbrica come nei cantieri, negli uffici e
negli ospedali. Senza la riduzione drastica del numero dei disoccupati nessuno
onesto o sano di mente può parlare di ripresa, uscita dalla crisi.
Un posto di
lavoro utile e dignitoso per tutti è un obiettivo che certamente non cade dal
cielo, non ce lo regala nessuno, ma nemmeno è una chimera, un’utopia, una cosa
“bella e impossibile”; lo dimostra quella Rivoluzione d’Ottobre che celebra il
suo Centenario proprio in questi giorni, che ha mostrato la radiosa aurora di
una società superiore, che ci fornisce insegnamenti per riprendere quel
cammino. Lo dimostrano i mille lavori da fare per mettere in sicurezza i
territori, per bonificarli e proteggerli da eventi naturali che diventano
calamità non per giudizio divino ma per trascuratezza e sciatteria che
discendono dal semplice fatto che non portano soldi nelle tasche di qualcuno.
Lavoro utile
e dignitoso è attuare una delle principali parti progressiste della
Costituzione antifascista una parola d’ordine e un orientamento che ogni
lavoratore cosciente può e deve usare per mobilitare il resto delle masse
popolari: chi un lavoro ce l’ha e lo deve difendere da chiusure e
delocalizzazioni, dai contratti di solidarietà (spartirsi la miseria mentre chi
ci governa guadagna stipendi d’oro, campa con pensioni e vitalizi da nababbi),
chi cerca di sopravvivere nella precarietà degli ammortizzatori sociali), i
disoccupati, gli inoccupati, chi vive nelle zone d’ombra della precarietà di
contratti a progetto e lavoro a chiamata. Oppure diventeremo terreno di
conquista per la propaganda reazionaria e razzista, una manovra in cui
sguazzano i fomentatori della guerra fra poveri e alcuni sindacati che invece
di unire, dividono.
Questa è la
strada per invertire il catastrofico corso delle cose, sono gli operai che
devono occuparsi dello stato della produzione e spingere alla nazionalizzazione
delle aziende un governo diretto e organizzato dalla classe operaia. E’ la via
più rapida e meno dolorosa per difendere e rilanciare un settore strategico come
quello della siderurgia; dobbiamo essere consapevoli che quella della ex
Lucchini, delle ILVA di Genova e Taranto, della AST di Terni è una battaglia
all’interno di una guerra, condotta (per ora) con mezzi economici e politici ma
non troppo lontano dal nostro paese (Libia, Siria, Ucraina) la parola è già
alle armi.
Esiste
un’alternativa e cambiare il corso delle cose è possibile. Sono i lavoratori
organizzati e il resto delle masse popolari che lo possono fare, con un loro
Governo d’Emergenza Popolare che rimedi da subito almeno agli effetti più gravi
della crisi applicando misure di emergenza e avanzare nella costruzione della
rivoluzione socialista: l’umanità ha urgente bisogno di una società socialista.
Il Governo di Blocco Popolare e il socialismo non solo sono possibili, ma anche
necessari per fermare il corso disastroso delle cose fatto di miseria,
devastazione dell’ambiente e guerra e invertire la rotta, costruendo una
società dove non esistono esuberi, dove i giovani hanno una prospettiva concreta,
dove tutti hanno un ruolo e condizioni di vita dignitose.
Continuiamo a
rimboccarci le maniche, come sempre, lavoriamo per unire quello che i padroni e
i loro governi vogliono dividere!
Diamoci da
fare perché il futuro nostro e dei nostri figli dipende da noi!
Rilanciare il
Coordinamento Nazionale della Siderurgia contro il fronte della classe
dominante che vuole fare di Piombino l’ennesimo cimitero industriale del nostro
paese!
Federazione
Toscana del Partito dei CARC
Facebook:
Partito dei CARC Toscana
telefono: 333
10 65 972
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 26, 2017 2:24 AM
Subject: VOGLIONO FARCI MORIRE PRIMA? SERVE UNA “OPERAZIONE VERITA’”
Sergio Cararo
21/10/017
Le parole del
Ministro dell’Economia Padoan sono rivelatrici e non casuali. Quando il
Ministro che ha in mano i rubinetti dell’economia afferma che: “Gli Italiani
muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’INPS”, è chiaro
che ci troviamo di fronte al nocciolo del problema.
Al di là
degli scongiuri e degli improperi che possono scattare in automatico (e
pienamente giustificati), Padoan ha solo dato voce a una dottrina che è
diventata strategia di comportamento in molti paesi a capitalismo avanzato. Ne
abbiamo scritto su questo giornale spesso e anche recentemente.
Il processo
di disumanizzazione delle persone, ormai declinate nella migliore delle ipotesi
come risorse umane o capitale umano, a fronte delle esigenze dei mercati, della
ossessione della competitività e del dogma del pareggio di bilancio, da tempo
sta producendo una eugenetica concreta e dal sapore un po’ nazista.
Aveva
cominciato il FMI nel settembre del 2014 affermando in un documento che
“ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le
pensioni”. La spesa pubblica per le pensioni, afferma il Fondo, “è la più alta
nell’area euro e rappresenta il 30% del totale della spesa”. Non solo, con una
assonanza diabolica il FMI sottolineava che: “le riforme hanno aiutato a
invertire il rapido aumento della spesa sanitaria nell’ultimo decennio, ma ci
sono spazi per migliorare”.
Nello stesso
periodo in Italia si avviava una inquietante controtendenza: la mortalità
cominciava ad aumentare e l’aspettativa di vita a diminuire. “L’Italia, entrata
nel 2015 nella recessione demografica, anche l’anno scorso ha proseguito il
trend negativo: la popolazione residente è infatti calata di 76.000 unità
(-0.13%)” sottolineava l’Infodata de il Sole 24 Ore del 21 agosto.
E perché si
muore di più? La spesa sanitaria sostenuta di tasca propria dai cittadini
italiani è salita a 34,5 miliardi di euro, mentre sono ormai diventati 11
milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a
prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non
riuscendo a pagarle di tasca propria. Sono 2 milioni in più rispetto al 2012.
E’ quanto emerge da una ricerca Censis del 2017. Tra questa drastica
diminuzione delle persone che si curano o che hanno i soldi per curarsi e
l’aumento dell’età pensionabile c’è una relazione? Certamente sì. E’ evidente
che un organismo umano tenuto al lavoro per un tempo più lungo ne venga
inevitabilmente logorato sul piano fisico e psicologico. Ed è altrettanto
evidente che il combinato disposto tra un organismo umano più logorato e la
diminuzione delle cure produca un accorciamento delle aspettative di vita.
Le minacce
terroristiche di Ministri come Padoan o dei tecnocrati del FMI o dell’OCSE
sulla insostenibilità dei sistemi previdenziali, sanitari e di welfare di fronte
all’invecchiamento della popolazione (una volta ritenuto un indicatore di
benessere mentre oggi lo fanno apparire una jattura), nasconde il fallimento
del modello capitalista ipercompetitivo come modello ideale di società e
manipola l’attenzione pubblica in una direzione estremamente inquietante: una
volta che il capitale umano ha esaurito la sua funzione produttiva (portata
magari fino a 70 anni), deve togliersi di torno il prima possibile per evitare
che diventi “un costo insostenibile”.
Marx parlava
profeticamente dell’esito della lotta di classe come “vittoria di una classe
sull’altra” o della “rovina comune delle classi in lotta”. Il ministro Padoan,
come il miliardario Warren Buffet, lavorano attivamente all’inveramento
permanente del primo scenario, perché al momento dispongono di tutte le regole
e gli apparati per imporlo. Spetta a coloro che essi vorrebbero togliere di
torno il prima possibile ingaggiare la sfida, per l’uguaglianza e la giustizia
sociale sicuramente, ma a questo punto anche per la sopravvivenza. Questo paese
ha urgenza di una “operazione verità”.
Il 10 e 11
novembre c’è uno sciopero generale e una manifestazione a Roma per cominciare a
raccontarla in tanti, senza sconti per nessuno.
---------------------
From: AIEA
Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent: Friday,
October 27, 2017 12:51 PM
Subject:
FORUM INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE
Buongiorno,
siete tutti
invitati alla diffusione e partecipazione al Forum Internazionale per il
Diritto alla Salute e l’Accesso alle Cure, che si terrà nei giorni 4 e 5
novembre prossimi presso lo “Spazio Base” in via Borgognone, 34 a Milano.
A seguire il
programma dell’evento.
Per
propagandare l’iniziativa martedì 31 ottobre dalle 11:00 alle 13:00 si terrà
una conferenza stampa davanti alla sede del Comune di Milano.
Il
5-6-novembre si riunirà a Milano il G7 sulla salute. I potenti della terra
discuteranno su come trarre ulteriore profitto dalla nostra salute e dalla
devastazione del pianeta.
Sabato 4
novembre 2017 si terrà il Forum Internazionale per il diritto alla salute e
l’accesso alle cure, presso lo spazio “Base” in via Bergognone 34, Milano
PROGRAMMA
APERTURA DEI
LAVORI 9.00
Basilio
Rizzo, gruppo consiliare Milano in Comune
RELAZIONE
INTRODUTTIVA 9.30
Vittorio
Agnoletto, medico, docente universitario, comitato “Salute senza padroni e
senza confini”
Prima
sessione 10.00- 11.15
Disuguaglianze
sociali e povertà come cause di malattia
Coordinatore
sessione: Piergiorgio Duca, medico, Università di Milano
Relatori
Franco
Cavalli, oncologo, Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), già
Presidente Unione Internazionale contro il Cancro (UICC)
Matthew Roberts, European Coordinating Committee
of Universities Allied for Essential Medicines (UAEM), PHM (People’s Health
Movement)
Seconda
sessione 11.15 – 12.30
L’accesso
alle terapie, i brevetti e gli accordi TRIPS
Coordinatore
sessione: Gavino Maciocco, medico, Università di Firenze, direttore di
saluteinternazionale, esperto in salute globale
Relatori:
Gianni
Tognoni, medico, Istituto. Mario Negri, Milano
Sarojini Nadimpally, Executive Director, Sama
Resource Group for Women and Health Steering Committee, Member of PHM
Lavori di
gruppo 13.30 -15.00
Gruppo 1:
Disuguaglianze sociali e povertà come cause di malattia
Coordinatore
del gruppo: Pierfranco Olivani, medico, già presidente del NAGA, Milano
Gruppo 2:
L’accesso alle terapie e gli accordi TRIPS
Coordinatore
del gruppo: Fulvio Aurora, Medicina Democratica, responsabile nazionale
vertenze, Milano
Gruppo 3: La
privatizzazione dell’assistenza sanitaria
Coordinatrice
del gruppo: Chiara Bodini, medico, PHM Europe
Gruppo 4: I
cambiamenti climatici e le ricadute sulla salute, la difesa dell’acqua e della
terra, i beni comuni
Coordinatrice
del gruppo: Ilaria Sesana, giornalista Altraeconomia
Sintesi dei
gruppi di lavoro 15.00 - 15.30
Coordina:
Alessandro Braga, “37e2” Radio Popolare
Interventi
dei coordinatori dei gruppi di lavoro
Terza sessione
15.30 -16.45
La
privatizzazione dell’assistenza sanitaria
Coordinatrice
sessione: Nicoletta Dentico, Coordinatrice della coalizione Democratising
Global Health (DGH)
Relatori
Zeynep Varol, Medico, Turkish Academics for
Peace, PHM
Yves Hellendorff,
Segretario nazionale del Secteur Non Marchand de la CNE (Santè-social-culture)
sindacato belga, francofono
Jean Vignes,
Segretario generale della Federation SUD Santè Sociauz
Louise
O’Reilly, Relatore sulla salute, Parliament, Sinn Féin Ireland
Quarta
sessione 16.45 - 18,00
I cambiamenti
climatici e le ricadute sulla salute: la difesa dell’acqua e della terra come
beni comuni
Coordinatore
sessione: Gianni Tamino, biologo, già professore Università di Padova
Relatori:
Emilio
Molinari, Contratto mondiale dell’acqua, Milano
Estefania
Torres Martinez, Europarlamentare GUE-NGL, Commissione Ambiente, Podemos Spagna
Conclusioni
18.00- 18.30
Estefania
Torres Martinez, MEP GUE-NGL , Commissione Ambiente
Lettura della
dichiarazione finale: “Salute senza padroni e senza confini”
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