sabato 4 novembre 2017

2 novembre - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 31/10/17



Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul lavoro: Know Your Rights!”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
 INDICE
LE RAGIONI DEL NO ALL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
 Posta Resistenze posta@resistenze.org
LA MODERNA CONDIZIONE OPERAIA NEL 2017: SFRUTTAMENTO, LICENZIAMENTI E MORTI SUL LAVORO
 Posta Resistenze posta@resistenze.org
LOTTARE CONTRO L’ALTERNANZA PER NON ESSERE GLI SCHIAVI DEL FUTURO


PCARC Sezione Massa carcsezionemassa@gmail.com
CONTINUA LA BATTAGLIA PER MARCO, ACCUSATO DI AVER PROMOSSO UNA MOBILITAZIONE CONTRO IL JOBS ACT

NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

La Città Futura noreply@lacittafutura.it
ALTERNANZA SCUOLA LAVORO: SFRUTTAMENTO, IGNORANZA E SOTTOMISSIONE AL PROFITTO

Federazione Toscana PCARC federazionetoscana@gmail.com
PER UN LAVORO UTILE E DIGNITOSO PER TUTTI!

Posta Resistenze posta@resistenze.org
VOGLIONO FARCI MORIRE PRIMA? SERVE UNA “OPERAZIONE VERITA’”

AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
FORUM INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE

---------------------

From: MicroMega newsletter@micromega.net
To:
Sent: Monday, October 16, 2017 4:54 PM
Subject: LE RAGIONI DEL NO ALL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

di Marina Boscaino
04/10/17
Ci verranno a dire che è meglio occupare gli spazi per evitare che li occupino altri. Aggiungeranno che si tratta di un intervento per curvare il processo nella direzione giusta. Non voglio, con questo mio intervento, rischiare di essere annoverata tra gli odierni detrattori del sindacalismo, la cui fondamentali presenza e libertà organizzativa sono garantite dall’articolo 39 della Costituzione. Eppure la notizia che la CGIL in alcune regioni di Italia stia scendendo in campo per proporsi come partner di alternanza scuola-lavoro non può che lasciare sbigottiti ed interdetti. E’ di questi giorni la presentazione di un progetto che coinvolgerà in Lombardia circa 200 ragazzi. Ma, basta guardare rapidamente sulla rete, le proposte in questo senso coinvolgono evidentemente altre regioni di Italia, dal Veneto alla Puglia.
Del resto, Susanna Camusso, intervistata da Ferruccio de Bortoli a metà di settembre, aveva affermato: “Il tema non è il posto fisso, ma condizioni di lavoro senza sfruttamento”. Lo stesso discorso vale per l’alternanza scuola-lavoro, che “sarebbe uno strumento buono, ma fatto nel modo in cui è stato fatto ha provocato solo disastri”. E’ invece “il momento di lavorare insieme affinché funzioni, affinché non sia un tappabuchi ma un percorso formativo per gli studenti, e che li prepari alla trasformazione permanente che li attende nel mondo del lavoro”. Non vogliamo certo rubare il mestiere al segretario nazionale della CGIL. Ma qualche dubbio ci è venuto: siamo sicuri che la “trasformazione permanente” vada necessariamente nella direzione dell’interesse generale e dello sviluppo del paese o non sia piuttosto un fattore di crescita o di garanzia dei profitti di impresa? Siamo convinti davvero che l’espressione “mondo del lavoro” sia ancora utilizzabile sul piano dei diritti e delle relazioni e non debba essere invece sostituita con l’espressione “mercato del lavoro” o non debba prevedere l’inserimento dell’aggettivo “neoliberista”?
Il tema (usando questo abusato intercalare) è, invece, per molti di noi che lavoriamo a scuola, l’inaccettabilità di questo provvedimento. Non solo (come ha affermato Francesco Sinopoli, segretario della FLC-CGIL) perché “L’alternanza scuola lavoro introdotta con la Legge 107/15 anche ai licei e per 200 ore nell’ultimo triennio, distoglie gli studenti dallo studio curriculare e si è rivelata, in qualche circostanza, una perdita di tempo ed anche peggio (…). La scuola della Legge 107, voluta da Renzi e dalla ministra Giannini, e confermata dalla Fedeli, non è buona affatto. Per trovare una conferma, basta tornare alle parole della ministra Fedeli al Sole 24 Ore nella lunga intervista di domenica 20 agosto. L’ideologia della formazione del capitale umano di cui parla la Ministra non solo non mette al centro gli apprendimenti, ma piega la scuola all’interesse di brevissimo periodo del sistema produttivo italiano con tutti i suoi attuali limiti: specializzazione produttiva su beni a basso valore aggiunto e ricerca costante di realizzare il profitto giocando su costo del lavoro e orari. Di questa deriva è figlia anche l’alternanza scuola lavoro nelle modalità con cui è stata concepita ed attuata. Si sta costruendo un alibi affinché le aziende continuino a disinvestire in formazione assecondando l’idea folle che la scuola possa assolvere ad un compito che spetta alle imprese”; ma anche perché l’alternanza costituisce uno degli strumenti che questo governo ha ideato per creare e riprodurre in vitro il modello antropologico del lavoratore-Jobs Act: totalmente inconsapevole dell’esistenza del sindacato, della sua storia, della sua funzione costituzionale; pertanto, inconsapevole dei propri diritti, della funzione del contratto, della dignità del lavoro. Di una storia di decenni e decenni di lotte operaie e sindacali, di conquiste e sacrifici, di scioperi, cortei, presidi, repressione, carcere: identità.
Si aggiunga l’obsolescenza lavorativa: che senso ha formare oggi diciassettenni per 400 ore, sottraendoli alla scuola (soprattutto quelli del liceo, destinati ancora a molti anni di studio), quando probabilmente tra un lustro molti di quei lavori non esisteranno più? Qualcuno, poi, ha ventilato a più riprese la necessità di richiedere una certificazione anti-mafie ai soggetti accreditati. A che punto siamo con l’attivazione di tale necessaria precauzione? Temiamo che il percorso non sia mai stato avviato.
Analfabeti della cultura della dignità del lavoro, ecco cosa stanno tentando di inserire nel futuro mercato del lavoro; ai quali sarà più facile imporre condizioni e sottrarre diritti; che sarà possibile flessibilizzare oltre la flessibilità, precarizzare oltre la precarietà. E’ qui che il più grande sindacato italiano potrebbe interrompermi, sostenendo che proprio per questo è necessario l’intervento concreto: infliggere una sterzata al processo di degenerazione che l’alternanza sta producendo. La CGIL non può certamente ignorare che l’alternanza oggi si sta configurando come lavoro desalariato, decontrattualizzato, spesso privo di qualsiasi seppur remota contiguità con il percorso di studio: bassa o bassissima manovalanza a tempo determinato; come sfruttamento precoce di ragazzi vincolati dall’obbligo di svolgimento di un monte ore enorme (200 ore per i licei, 400 per l’istruzione tecnico-professionale). Abbiamo giustamente gridato allo scandalo per l’alternanza spesa presso McDonalds, presso gli autogrill, nelle parrocchie e (persino) alle feste del PD. L’alternanza scuola-lavoro presso la CGIL, però, è davvero la più drammatica concretizzazione di una triste contraddizione (e non sarà la prima, né l’ultima) profonda: politica, culturale, sindacale.
Inoltre, il più grande sindacato italiano dovrebbe tenere a mente quanto è accaduto poco più di un anno fa: la promozione da parte di FLC-CGIL (insieme a Cobas e Unicobas) di una raccolta di firme per un referendum contro i punti più odiosi della Legge 107 (la cosiddetta “Buona Scuola”); 4 quesiti, uno dei quali proprio contro il vincolo orario obbligatorio di alternanza scuola-lavoro. Ancora Sinopoli: “Ricordo che come FLC abbiamo cercato di raccogliere le firme per un referendum che abrogasse proprio l’alternanza obbligatoria. Avevamo ragione come sulle altre materie oggetto dei nostri quesiti. Battaglie che nei contenuti vanno tutte rilanciate” (sic!). La raccolta fallì per pochissime firme; certamente non fu estranea al fallimento (tra le altre cause) la forte frattura interna tra la confederazione e il comparto scuola e, nell’ambito di quest’ultimo, tra favorevoli e contrari a quella campagna referendaria. Eppure, io (che ho trascorso i 3 mesi della campagna, giorno dopo giorno, ai banchetti per la raccolta firme) ho visto con i miei occhi amici e compagni della FLC di Roma e del Lazio dare l’anima affinché la raccolta stessa riuscisse, come in altre zone di Italia: mi chiedo cosa pensino adesso.
Chiunque, infatti, faccia riferimento alla CGIL (a prescindere dalla categoria di appartenenza) dovrebbe essere d’accordo sul fatto che la scuola sia luogo di emancipazione; è innegabile che un lavoratore più colto (anche un giovane diplomato) sarà un lavoratore e un cittadino migliore. Da qualche decennio, invece, l’offensiva dell’ideologia dell’impresa sta pervicacemente (e non senza risultati, a quanto pare) tentando di ridurre i diritti del lavoro e quindi l’emancipazione dei lavoratori. Il lavoro, oggi più che mai, è ridotto a merce, deprivato di quella valenza nobile che il primo comma del primo articolo della Costituzione repubblicana gli assegna. Che senso ha, di conseguenza, pensare di contribuire a preparare gli studenti a un rapporto con il lavoro sapendo che (nella stragrande maggioranza dei casi, oltre che nelle intenzioni del legislatore) essi verranno inseriti in un contesto che ha lo scopo evidente di renderli acquiescenti alla violenta egemonia della cultura di impresa? Che senso ha contribuire a radicare ancora di più l’idea che il sapere del III millennio non possa essere arricchimento disinteressato per il pieno sviluppo della persona umana e per la partecipazione, ma debba essere a sua volta merce, variabile dipendente esclusivamente dal mercato del lavoro contingente (opzione che, peraltro, non interesserebbe nemmeno a quelle famiglie legittimamente preoccupate per il futuro dei figli e, quindi, non contrarie all’ingresso nel percorso di istruzione di esperienze lavorative)? Perché, infine, avallare la peggiore legge inflitta all’istruzione italiana e al diritto all’apprendimento degli studenti?

---------------------

From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 19, 2017 1:57 AM
Subject: LA MODERNA CONDIZIONE OPERAIA NEL 2017: SFRUTTAMENTO, LICENZIAMENTI E MORTI SUL LAVORO

di Michele Michelino
16/10/17
IL CAPITALISMO E’ BARBARIE E MORTE
IL CASO ILVA
Per anni i sindacati FIOM (CGIL), FIM (CISL), UILM (UIL) e UGL hanno garantito pace sociale e profitti ai vari padroni pubblici e privati, barattando il lavoro e il salario con la salute degli operai della fabbrica e dei cittadini di Taranto e dintorni. Non si lottava contro la nocività in fabbrica e col padrone di turno, si accettava invece tranquillamente la politica padronale della monetizzazione della salute. La concertazione e la complicità hanno portato i sindacati a essere complici dei vari “piani industriali”, che avevano l’unico scopo di realizzare il massimo profitto sulla pelle degli operai. Invece di lottare per eliminare la nocività e rivendicare nelle piattaforme contrattuali condizioni e ambienti di lavoro salubri, hanno accettato condizioni che hanno avvelenato prima i lavoratori e poi il territorio.
Oggi la nuova proprietà della fabbrica dichiara che a livello nazionale è previsto un organico totale di 9.885 dipendenti tra quadri, impiegati e operai rispetto ai circa 14.000 attuali. Circa 3.300 dei 4.000 esuberi, su un totale di 14.200 lavoratori del gruppo ILVA, riguarderebbero la sede di Taranto, 599 quella di Genova.
Il governo, dopo essere intervenuto con soldi pubblici (di tutti i cittadini) per sanare le perdite della vecchia proprietà di ILVA (di padron Riva), socializzando i debiti e privatizzando il profitto, ora regala la fabbrica (che sorge su 15 milioni di metri quadri di area, 200 kilometri interni di ferrovie, altri 50 di treni-nastri) ai nuovi padroni della ArcelorMittal-Marcegaglia, azienda che da subito ha preso il controllo di ILVA annunciando che il piano di “risanamento” dell’azienda consiste semplicemente in licenziamenti e tagli dei salari.
Immediate le reazioni dei lavoratori, con proteste e scioperi compatti che hanno costretto a scendere in campo anche il governo.”Quello che oggi manca rispetto all’offerta non sono i numeri degli esuberi, su cui si può discutere, fanno parte della trattativa sindacale” - ha spiegato il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda – “ma il pezzo sugli impegni che l’acquirente ha preso nei confronti del Governo che riguarda i livelli salariali e di scatti di anzianità”. Gli esuberi per ILVA “erano noti a partire dall’offerta”, e “il tavolo con i sindacati ha l’obiettivo di ridurli” ma “non possiamo accettare alcun passo indietro, come Governo, per quanto riguarda le retribuzioni e gli scatti acquisiti”, ha detto. In sostanza per il Ministro si può ridurre il personale e licenziare a patto che il conflitto sia contenuto.
Una decisione accolta con favore da Maurizio Landini: “Il governo ha fatto bene a sospendere il tavolo sull’ILVA, ma ora l’esecutivo deve occuparsi di tutti gli altri temi”. Secondo l’ex leader FIOM potrebbe esserci un “ruolo di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), e di altre forme che il Governo può garantire, dentro l’assetto societario che viene definito”.
Nella società capitalista il sindacato ha lo scopo di contrattare al meglio la condizione della forza lavoro e anche un sindacato di classe, oggi inesistente nel regime del lavoro salariato, non può andare oltre questo obiettivo.
La lotta sindacale contro gli attacchi del capitale è necessaria e indispensabile per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro. Tuttavia gli operai non devono mai delegare al sindacato la difesa dei loro interessi. Mai dimenticare che l’unico obiettivo dei vertici sindacali, o unico scopo, è di farsi riconoscere e sedere al tavolo delle trattative con i padroni.
Infatti, le trattative, i mercanteggiamenti e i loro risultati sono alla fine destinati a colpire comunque i lavoratori, a gettare fumo negli occhi alle masse proletarie salvaguardando sempre e in definitiva gli interessi del capitale. Anche se temporaneamente in alcune circostanze favorevoli è possibile “vincere”, difendersi, arginare gli attacchi dei padroni, il modo di produzione capitalista non può in alcun modo essere riformato e migliorato.
Il futuro, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro duraturo può avvenire solo nel socialismo, dopo aver definitivamente distrutto dalle fondamenta il sistema capitalista. Lottare e battersi per ridurre il margine dello sfruttamento, contrapponendosi al capitale e allo stato dei padroni, è necessario per non morire di fame, ma non bisogna dimenticare che finché esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il potere, la forza è ancora tutta dalla parte del capitale.
Non basta lottare contro gli effetti del capitale (licenziamenti, fame, miseria e guerre) bisogna lottare anche e soprattutto contro le cause dello sfruttamento.
Fino a quando le lotte del proletariato non riacquisteranno la necessaria centralizzazione e solidarietà di classe attorno a obiettivi socialisti, ponendosi l’obiettivo del potere operaio e proletario (interessi contrapposti e antagonistica a quelli del capitalismo e della classe borghese che detiene il potere economico e politico) la barbarie continuerà a incombere e colpire la classe operaia e le masse popolari.
MORTI SUL LAVORO: AL LAVORO COME IN GUERRA
Aumentano gli infortuni sul lavoro. 682 incidenti mortali nel 2017.
Secondo i dati INAIL pubblicati a fine agosto, nei primi 8 mesi gli infortuni sul lavoro sono stati 422.000, con un aumento dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2016. Quelli mortali denunciati sono stati 682, con un incremento addirittura del 4,7%. Un fatto che non accadeva nel nostro Paese da anni.
In Italia gli operai e i lavoratori continuano a morire più che in guerra, fra l’indifferenza e l’ipocrisia del governo e delle istituzioni.
Davanti a questa guerra di classe dei padroni contro i proletari, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si limita a sottolineare come sia “inconcepibile” registrare tutte queste morti sul lavoro, specialmente tra i giovanissimi, senza fare nulla in proposito per fermare questa mattanza operaia.
Dai dati INAIL si evidenzia che l’aumento degli infortuni riguarda soprattutto l’industria e servizi (+2%) e i dipendenti pubblici (+3,3%), dimostrando così che la sicurezza sui posti di lavoro è inesistente e l’obiettivo del massimo profitto realizzato sulla pelle dei lavoratori non ha nessun rispetto della salute e della vita dei lavoratori.
Di lavoro si continua ogni giorno a morire.
Al 10 ottobre, secondo il report dell’Osservatorio Indipendente di Bologna sui morti sul lavoro, nei primi 9 mesi del 2017 i morti sul lavoro, compresi quelli in itinere superano invece i 1.100.
L’anno scorso in Europa sono stati 10.000 i lavoratori morti mentre andavano o tornavano dal lavoro (indagine europea).
Oltre ai lavoratori regolarmente assicurati dall’INAIL esistono anche milioni di lavoratori in nero che non entrano dei conteggi, come quelli che subiscono diverse forme di sfruttamento nelle cooperative, nella logistica e in “stage”.
Ogni giorno decine di migliaia di persone (uomini e donne, un esercito silenzioso e spesso disperato) legge gli annunci sui quotidiani e su internet, manda il proprio curriculum sperando, se non in un contratto, quantomeno in un colloquio, ma alla fine la stragrande maggioranza resta senza lavoro e senza salario.
Una parte della forza lavoro che forma questo esercito è fatta dai 3.127.000 disoccupati che compongono la giungla degli stagisti.
Da anni le aziende usano giovani nell’industria e nei servizi per coprire mancanze di manodopera nel proprio organico, spendendo poco o addirittura a costo zero (si tratta del cosiddetto “stage rolling”, cioè la rotazione continua e senza speranza di assunzione), oppure per individuare un futuro dipendente (e questo è il caso dello stage volto ad assunzione).
Secondo il rapporto Excelsior redatto da UnionCamere e Ministero del Lavoro, nel 2011 sono stati attivati 307.000 tirocini in 215.000 aziende private. Di questi soltanto il 10,6% ha dato poi luogo a un rapporto di lavoro. Le aziende li usano per sostituire ogni sei-dieci mesi un dipendente con uno o più stagisti a ciclo continuo. E questo non riguarda soltanto il settore privato, ma anche quello pubblico: ad esempio avviene ampiamente negli uffici giudiziari. In questo settore gli infortuni sono completamente ignorati e solo in casi estremi vengono denunciati.
Lampante l’ultimo esempio. Vittima dell’infortunio, accaduto a Spezia il 6 ottobre, è uno studente di un istituto superiore di 17 anni, impegnato in un progetto di alternanza scuola-lavoro all’interno di una ditta specializzata nella revisione e riparazione di motori nautici e industriali. Senza alcuna formazione, il giovane è stato costretto a salire su un muletto. Il ragazzo è rimasto schiacciato sotto il carrello elevatore quando questo, all’improvviso, si è capovolto nel piazzale dell’azienda. Il ragazzo è stato soccorso dai lavoratori della ditta che l’hanno estratto dal mezzo e hanno chiamato il 118. Trasportato in ospedale, lo studente (lavoratore) ne avrà per almeno 40 giorni secondo la prognosi.
Se non cambiamo, e presto, la realtà di oggi, questo non è solo il presente, ma il futuro che spetterà alle prossime generazioni.

---------------------

From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 19, 2017 1:57 AM
Subject: LOTTARE CONTRO L’ALTERNANZA PER NON ESSERE GLI SCHIAVI DEL FUTURO

Alessandro Fiorucci
Responsabile Scuola FGC
16/10/17
Lo scorso venerdì gli studenti sono scesi in piazza in tutta Italia per protestare contro il sistema dell’alternanza scuola-lavoro, contro un’istruzione sempre più classista e piegata ai profitti di pochi. Migliaia di studenti delle classi popolari si sono mobilitati, istituti tecnici e professionali per la prima volta hanno aderito alle manifestazioni con una partecipazione di massa, grazie anche al lavoro serrato di discussione e organizzazione da parte della gioventù comunista. Un risultato non scontato, che rompe la ritualità delle lotte studentesche e vede protagonisti i giovani delle scuole di periferia, finora snobbate da un movimento rinchiuso nei licei tradizionalmente attivi.
Quella del 13 ottobre è una giornata che segna un avanzamento nelle posizioni e nelle lotte degli studenti, e rappresenta un passo in avanti in un quadro complessivo di difficoltà per il movimento studentesco. La battaglia contro l’alternanza scuola-lavoro e la parola d’ordine dello sciopero dell’alternanza hanno unito gli studenti a partire da un elemento immediatamente percepibile, che allo stesso tempo rappresenta il fulcro su cui si basa l’asservimento della scuola agli interessi dei padroni. Sono state decine e decine le manifestazioni di piazza, i presidi e le assemblee straordinarie organizzate per questo sciopero studentesco, che ha visto la maturazione di elementi e prospettive di lotta più avanzate che in passato. In special modo le proteste hanno puntato il dito contro le pesantissime responsabilità del Partito Democratico nella costruzione di una scuola su misura del profitto, grazie alle riforme e le misure chieste e applaudite dalla Confindustria.
E mentre migliaia di studenti riempivano le piazze, sui media cominciavano ad arrivare le reazioni politiche. Dalla sua pagina facebook ufficiale il Partito Democratico pubblica un video in cui alcuni giovani raccontano esperienze formative di alternanza. Il Ministro dell’Istruzione Fedeli risponde allo sciopero blaterando di alternanza come “introduzione innovativa” e di sforzi del MIUR per elevarne la qualità ed estenderla in modo ancora più capillare. Insomma, una difesa a spada tratta di tutte le scelte politiche dei governi sulla scuola, uno scontro frontale con le proteste e le richieste degli studenti. La dimostrazione plastica di questo contrasto si è vista a Roma, dove il corteo studentesco ha marciato fin sotto al Ministero. Qui gli studenti hanno chiesto a gran voce che gli esponenti del Governo uscissero a confrontarsi con i giovani in piazza e a rendere conto delle proprie scelte sull’istruzione. Nessuna risposta reale dal palazzo di viale Trastevere, che ha preferito chiudere la discussione nelle proprie stanze.
Nel frattempo, della fantomatica “Carta dei Diritti degli Studenti in Alternanza” non si vede nemmeno l’ombra: da quasi due anni infatti il Ministero temporeggia, accampando scuse improbabili per giustificare questo ritardo. La realtà è molto più semplice, come spesso accade. Se un Governo introduce l’obbligo di svolgere stage obbligatori e non si preoccupa di regolamentare neanche degli aspetti minimi e fondamentali, significa che non c’è alcun interesse nel tutelare gli studenti. Oltretutto, se nella redazione di questa misteriosa Carta il parere dei diretti interessati conta meno di zero, cosa ci si può aspettare se non l’ennesima presa in giro? La verità è che le risposte non arrivano perché non esistono, e non è una questione di incompetenza.
La condizione in cui versa l’istruzione oggi non è frutto di “errori” o incidenti di percorso, ma di precise scelte d’indirizzo politico. In questo senso il problema dell’alternanza scuola-lavoro non sono le sue storture, non sono singoli casi di “mala gestione” o di incapacità organizzativa da parte di scuole e aziende. L’alternanza scuola-lavoro conviene ai padroni quando funziona bene, quando consente alle loro aziende di anticipare la formazione aziendale, di sfruttare il lavoro non pagato degli studenti ed educarli a un futuro senza diritti. Bisogna smetterla di considerare le proteste studentesche come lamentele di fronte all’incapacità dei governi di fare fronte ai problemi della scuola. Se le strutture cadono a pezzi è perché si è deciso di salvare prima le grandi banche o di aumentare le spese militari. È solo una questione di scelte: il governo ha deciso di regalare milioni di giovani alle aziende come lavoratori non pagati, ha consegnato la scuola nelle mani di padroni condannando intere generazioni a un futuro precario e fatto di sfruttamento.
Di fronte a questa situazione non si possono nutrire illusioni, non è possibile aspettarsi svolte o concessioni da parte del Governo. Quella degli studenti che sono scesi nelle piazze di tutta Italia venerdì è una lotta che supera le problematiche specifiche, che individua le responsabilità politiche della costruzione di una scuola asservita ai profitti di banche e grandi imprese. È una lotta che contesta lo sfruttamento in alternanza e rifiuta la competizione al ribasso coi lavoratori, chiedendo un giusto salario e diritti per gli studenti. È una protesta che vuole scardinare il meccanismo su cui si basa il sistema della scuola-lavoro obbligatoria, e che dimostra di avere un potenziale enorme. I ragazzi delle classi popolari hanno alzato la testa, e non chiedono solo di essere ascoltati dalle istituzioni.
Qualcuno ha provato a liquidare la protesta degli studenti come semplice rifiuto di “sporcarsi le mani” con un po’ di lavoro. È ora di capire che le parole d’ordine lanciate da questo sciopero vanno oltre il contesto delle scuole superiori, per chiedere garanzie reali sul proprio futuro lavorativo. Se si vogliono educare i giovani a lavorare gratis e chinare la testa, dire no a questo sistema significa rifiutare ogni forma di ricatto e condizioni peggiorative sul posto di lavoro. In gioco non c’è solo il raggiungimento di soluzioni e obiettivi immediati, ma la conquista di un’istruzione diversa, che sia al servizio dei futuri lavoratori e non degli sfruttatori. Sappiamo bene che le priorità del Governo coincidono con le richieste della Confindustria e non con le aspirazioni e le esigenze degli studenti. Per questo la lotta contro la scuola di classe potrà essere più incisiva solo se riuscirà ad essere più organizzata e capillare: la strada è in salita, ma la direzione intrapresa è quella giusta.

---------------------

From: PCARC Sezione Massa carcsezionemassa@gmail.com
To:
Sent: Thursday, October 19, 2017 6:10 PM
Subject: CONTINUA LA BATTAGLIA PER MARCO, ACCUSATO DI AVER PROMOSSO UNA MOBILITAZIONE CONTRO IL JOBS ACT

Continua la battaglia per Marco, accusato di aver promosso una mobilitazione contro il Jobs Act.
Mercoledì 11 ottobre si è tenuta presso il Tribunale di Massa la quarta udienza del processo che ha per imputato il compagno Marco Lenzoni: è accusato di aver promosso un corteo non preavvisato! I fatti si riferiscono al dicembre 2014, periodo in cui era in discussione in Parlamento l’approvazione del Jobs Act di Matteo Renzi. Come nel resto del Paese anche a Massa è stato organizzato un presidio per contestare il Jobs Act e durante questa manifestazione i presenti hanno deciso di spostarsi sotto la sede locale del PD, principale artefice di questa legge che colpisce duramente (di fatto lo annulla) lo Statuto dei lavoratori. Il fatto contestato in questo processo sarebbe proprio questo spostamento sotto la sede del PD.
Ma, come ha ricordato il compagno Marco Lenzoni durante il presidio dell’11 ottobre, nonostante Forza Nuova avesse lanciato, a livello nazionale, una manifestazione non autorizzata per il primo maggio a Massa, il questore ha liquidato la cosa dicendo che non si è trattato di un corteo, ma di uno spostamento da un punto A a un punto B (certo... tutti i cortei consistono in uno spostamento da un punto di partenza ad uno di arrivo!).
Qui il punto è che il questore non ha fatto partire la denuncia verso i fascisti!
Questo ci dimostra chiaramente che la questione è politica e non semplicemente tecnica: il problema, non è il mancato preavviso della protesta, ma che non viene accettata nessuna contestazione alle imposizioni del governo centrale, in questo caso il Jobs Act, e al PD che è al governo del Comune.
Quindi oggi, ad essere sotto attacco, è la libertà di espressione (sancita dall’articolo 21 della nostra Costituzione) e il diritto a lottare contro le leggi ingiuste.
Il Jobs Act, votato nel dicembre 2014 dall’allora governo illegittimo di Matteo Renzi e oggi perpetrato negli intenti dal “governo-pilota” Gentiloni, è un duro attacco alle condizioni di lavoro e di vita delle masse popolari. L’accanimento con cui la borghesia attacca chi si è mobilitato per impedirne l’approvazione non è una prova della sua forza, ma al contrario della sua debolezza. La classe dominante e i suoi governi, temono, infatti, il giudizio delle masse popolari (non possono nemmeno dire “siamo stati votati e ora portiamo avanti il nostro mandato!”), ma nonostante questa paura, devono garantire i profitti ai poteri forti che li hanno installati in Parlamento: devono applicare alla lettera il programma comune della borghesia.
Tuttavia, il sostegno che si è sviluppato intorno al processo contro chi si è opposto all’approvazione del Jobs Act è la dimostrazione del fatto che le masse popolari organizzate possono fare fronte alla repressione ribaltandola contro i suoi mandanti: alimentando il coordinamento tra le varie organizzazioni operaie e popolari (immigrati, studenti operai, ecc.) ed educando le masse popolari alla solidarietà e alla lotta di classe.
Tanti gli organismi, i sindacati, i partiti e i singoli, che hanno espresso la loro solidarietà a Marco. Tra chi ha partecipato al presidio dell’11 ottobre ci sono: RSU FIOM Euro Motor Service (indotto Pignone), RSU CGIL Sanac, lavoratori Rational, RSU FIOM Perini, Si Cobas (Prato), ANPI Carrara, Popolo dell’acqua, Acqua alla gola, Coordinamento Migranti Toscana Nord, Collettivo studenti in lotta, circolo ARCI Il Viandante, Scioperando (lavoratori della Lucchini), Lista Dema, Fabbrica della Sinistra, Claudia Bienaimè, PRC provincia di Massa, Casa Rossa Occupata, PCL e singoli compagni.
Durante l’udienza di mercoledì scorso sono stati sentiti i testimoni dell’accusa (gli agenti Sergio Angelini e Federico Leoni della questura di Massa) ed è stato visionato un video, girato dalla stessa polizia che ha seguito la manifestazione: peccato che nel video manchi proprio la parte che incriminerebbe Marco, cioè quella in cui avrebbe lanciato la proposta di occupare simbolicamente la sede del PD. Evidentemente la magistratura non si fa scrupoli a far partire processi per eventi irrisori e senza prove!
E’ necessario far valere la forza delle masse popolari non solo per resistere alla repressione ma anche per costruire un ordinamento economico, politico e sociale conforme ai loro interessi. La borghesia sa bene che forza possono avere le masse popolari organizzate: quest’anno cade il centesimo anniversario della rivoluzione russa, che ha cambiato la storia dell’umanità e ha aperto la strada a grandi conquiste per la classe operaia ed il resto delle masse popolari.
Oggi il passo da fare è che le organizzazioni operaie e popolari presenti sul territorio si mobilitino per rendere inapplicabili le imposizioni del governo centrale che sono in aperto contrasto con la Costituzione.
La nostra parola d’ordine deve essere: applichiamo dal basso i principi progressisti contenuti nella Costituzione!
Continuiamo la mobilitazione in solidarietà con chi si è mobilitato contro l’approvazione del Jobs Act!
La prossima udienza del processo a Marco Lenzoni si terrà il prossimo 27 ottobre, presso il tribunale di Massa. In questa udienza verranno sentiti i primi testimoni della difesa. È importante partecipare numerosi al presidio perché sicuramente si tratta di una delle ultime udienze e ci stiamo avviando alla conclusione del processo.
Il 27 ottobre, mentre Marco verrà processato, è stato indetto da alcune sigle del sindacalismo di base (CUB, SGB, SI Cobas, USI-AIT, SLAI Cobas) uno sciopero generale: sfruttiamolo per manifestare contro il governo del Jobs Act partecipando al presidio davanti al tribunale di Massa!
Facciamo sentire anche in questa occasione la nostra solidarietà!
La lotta per il diritto al lavoro non si processa!
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (PCARC)
Sezione di Massa “Aldo Salvetti”
presso Spazio Popolare
via San Giuseppe Vecchio, 98
cellulare: 320 29 77 465
profilo Facebook Aldo Salvetti (CARC Massa)
pagina Facebook Sezione Massa PCARC

---------------------

From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Monday, October 23, 2017 12:43 PM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

PROGRAMMA FORUM INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE Milano 4 e 5 novembre 2017
Il 5-6-novembre si riunirà a Milano il G7 sulla salute. I potenti della terra discuteranno su come trarre ulteriore profitto dalla nostra salute e dalla devastazione del pianeta.
In contemporanea si terrà il Forum internazionale per il diritto alla salute e l’accesso alle cure.
Leggi tutto al link:
* * * * *
SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 288 DEL 25/10/17
INDICE
La solitudine dei lavoratori e degli operatori della prevenzione
Pensioni: in vigore le nuove regole per i lavori usuranti
Infortuni sul lavoro: da domani meno sanzioni per la mancata comunicazione
Soluzioni tecniche per la sicurezza dei trattori e patentino
Storie di infortunio: un lavoro due padroni
Imparare dagli errori: incidenti nella conservazione degli alimenti
Luoghi di lavoro: obblighi, notifiche e viabilità
Leggi tutto al link:
* * * * *
Forum di discussione per contattarci discutere e proporre argomenti:
Aiuta Medicina Democratica Onlus devolvendo il tuo 5 per mille firmando nella tua dichiarazione dei redditi nel settore volontariato e indicando il codice fiscale 97349700159
Sito web:
Facebook:

---------------------

From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Monday, October 23, 2017 1:35 PM
Subject: ALTERNANZA SCUOLA LAVORO: SFRUTTAMENTO, IGNORANZA E SOTTOMISSIONE AL PROFITTO

di Federico Giusti e Lorenzo Tamberi
Sindacato Generale di Base Pisa
21/10/17
Si chiama alternanza scuola-lavoro, ma significa incidenti, abusi, sfruttamento, sottrazione di tempo allo studio. I motivi per cui le organizzazioni sindacali dovrebbero occuparsi di questa nuova frontiera dello sfruttamento.
Incidenti, abusi, sfruttamento: questo è quanto incontrano gli studenti e le studentesse nei luoghi di lavoro.
Il 13 ottobre gli studenti scendono in piazza contro l’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) fulcro della svendita dell’istruzione pubblica e della sua definitiva trasformazione nella scuola dei “padroni” dove i figli dei lavoratori devono essere “allenati” ad obbedire, ad adeguarsi alle necessità delle imprese (pubbliche o private che siano).
Il 27 ottobre sarà Sciopero Generale di tutti i lavoratori e lavoratrici, per il diritto al lavoro e alle libertà sindacali, contro le spese militari per il rifinanziamento dei servizi e sostegni pubblici.
Sicuramente le due date di sciopero generale rappresentano un problema ma senza rientrare nel merito delle ragioni di due indizioni distinte possiamo sicuramente asserire che la data del 27 Ottobre è legata a ragioni specificamente sindacali, non si fa da traino a cartelli e opzioni politiche come dimostrato dalla manifestazione di Eurostop il giorno successivo allo sciopero del 10 novembre.
Altro elemento di riflessione è rappresentato dal fatto che USB e Confederazione Cobas non avevano pensato allo sciopero generale e la loro indizione è arrivata a fine settembre senza poi dimenticare che entrambe queste due organizzazioni sindacali sono firmatarie del Testo Unico sulla rappresentanza che costituisce una via di non ritorno per la democrazia nei luoghi di lavoro e la stessa agibilità sindacale. Sulla strada intrapresa dal Testo unico si stanno muovendo le leggi in discussione nel Parlamento, prima tra tutte quelle che cancelleranno il diritto di sciopero.
Il 27 Ottobre rappresenta poi la continuazione del percorso avviato il 16 Giugno quando lo sciopero dei trasporti indette dalle sigle di base registrò adesioni massicce e decisamente superiori a scioperi nel settore di CGIL, CISL e UIL.
Ma torniamo alle ragioni della mobilitazione studentesca, il sostegno sindacale è particolarmente importante se pensiamo al crescente numero degli abbandoni scolastici e al crollo delle immatricolazioni all’università, dati incontrovertibili che confermano come le politiche di austerità abbiano attaccato duramente il diritto alla istruzione di ogni ordine e grado (ricordiamo che i nidi continuano ad essere servizi a domanda individuale, i costi a carico delle famiglie sono elevati e gli investimenti degli enti locali sempre più ridotti; ricordiamo che anche i finanziamenti per l’edilizia scolastica sono stati ridimensionati dopo lo smantellamento delle Province).
A due anni dalla obbligatorietà della ASL siamo ancora agli annunci della “Carta dei Diritti e dei Doveri degli studenti in alternanza”, che dovrebbe dare qualche regola e assicurazione agli studenti in alternanza. Nel frattempo il Ministero a livello nazionale ha stipulato 56 Protocolli d’Intesa con associazioni imprenditoriali e grandi imprese (da Federmeccanica, Confindustria, ENEL fino a McDonald’s) oppure intermediari di manodopera come è l’Adecco (già ispiratrice della politica sul precariato ai tempi della Gelmini), ed Enti pubblici. Siamo in attesa di vedere all’opera la CGIL dopo “l’uso” degli studenti alle Feste del PD denunciato sulla stampa.
Ogni giorno arrivano notizie di abusi sui ragazzi, del vero o proprio sfruttamento che subiscono, prede facili per imprenditori che cosi finalmente si liberano di quelle 4 regole che sono rimaste sui contratti nazionali o dello Statuto dei Lavoratori o peggio della legge sulla Sicurezza. Quando va bene perdono “solo” il 10-20 % delle lezioni, senza contare le ore già tagliate a tutti gli istituti: e non si può fare l’esame di stato se non risultano fatte tutte le 400 ore di ASL! Una settimana fa uno studente è finito in ospedale con 40 giorni di prognosi schiacciato dal muletto che stava guidando. Si sta facendo strada l’economia della promessa, in futuro, con la legge sull’apprendistato, tra sgravi e finanziamenti alle imprese, anche il diploma di scuola secondaria sarà in subordine a forme di lavoro sottopagato nelle aziende.
Tutto il sistema della formazione professionale è stato lasciato negli anni in mano alla gestione di tipo privato con i fondi pubblici, per non parlare dell’Educazione agli Adulti o agli immigrati, la ricetta è la stessa: più tagli al personale, alle ore di lezione più fondi pubblici senza controllo, manutenzione delle scuole assente. Altro che piani Europei per “la formazione tutta la vita” stiamo diventando un popolo ignorante che al 70% non capisce cosa legge!
L’obiettivo oggi è costruire una forza lavoro non retribuita, 1,5 milioni di studenti! E’ così che si materializza l’economia della promessa.
La Legge di Stabilità per il 2018, oltre a prevedere altri tagli alla spesa e un’elemosina per il nostro Contratto Nazionale, finanzia la formazione in azienda perché l’obiettivo è Industria 4.0, riorganizzare il ciclo produttivo a spese dei lavoratori. Jobs Act, formazione aziendale a spese della collettività, distruzione della scuola pubblica statale, aumento dell’età pensionabile, è cosi questi signori fanno crescere il PIL dello 0,001%, mentre si spendono 64 milioni di euro al giorno per le spese militari!
Sosteniamo allora lo sciopero e le rivendicazioni degli studenti del 13 ottobre e rilanciamo la partecipazione allo sciopero generale del 27 ottobre. Sciopero, una data da costruire insieme nelle piazze per la riconquista dei nostri diritti cosi che anche le nuove generazioni abbiano un futuro nel quale ci siano contratti nazionali, retribuzioni adeguate e condizioni di vita dignitose.

---------------------                                      

From: Federazione Toscana PCARC federazionetoscana@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, October 25, 2017 4:23 PM
Subject: PER UN LAVORO UTILE E DIGNITOSO PER TUTTI!

No alla morte lenta della siderurgia, passare dalle parole ai fatti e mettersi alla testa della mobilitazione di un paese devastato dalla crisi dei padroni!!! Per un lavoro utile e dignitoso per tutti!
Il governo Renzi-Gentiloni tenta di nascondere il disastro economico e politico in cui versa il paese dietro la propaganda di regime e con la propaganda di guerra, ma queste hanno le gambe corte come tutte le bugie. Quella sulla ripresa in corso o che “l’Italia può crescere più degli altri paesi” è una canzone che non inganna più nessuno e si azzittisce definitivamente quando si mette mano ai numeri, seppure falsati col supporto della stampa di regime. I fatti hanno la testa dura, e lo stato comatoso della siderurgia italiana smaschera questo grande bluff che sindacati e governo cercano di nascondere.
Rebrab vuole disfarsi dello stabilimento e procederà per la sua strada. Sappiamo che è questione di tempo e di tattica. Ogni promessa, tavolo di trattativa e accordo diluisce nel tempo e attenua gli effetti negativi sul territorio e sui lavoratori e le loro famiglie, e quindi su tutta l’economia della Val di Cornia e non solo. Hanno già creato divisioni tra la città e gli operai, tra i lavoratori dell’indotto e gli “interni”, una manovra di divisione in categorie che non aiuta certamente la lotta comune contro il comune nemico. Ma sappiamo che queste sono le carte che i padroni giocano in concertazione coi quei sindacati che alimentano la sfiducia nella possibilità della ripresa della produzione di acciaio a Piombino. Dalla FIOM all’UGL, il tentativo di smorzare la determinazione e la capacità di organizzazione è l’arma principale per confondere la situazione e impedire che gli operai del settore si organizzino e diventino protagonisti della lotta come successo lo scorso 29 giugno, assumendo il ruolo di punto di riferimento locale e nazionale.
Lo sviluppo recentissimo della situazione, con le manovre di governo e degli acquirenti indiani per chiudere gli stabilimenti di Genova e Taranto (questo è il loro obiettivo comune, passando per il massacro del Jobs Act) dimostra che quegli operai della ex Lucchini, organizzati in Coordinamento Articolo 1, che hanno la proposto la costruzione di un Coordinamento Nazionale della Siderurgia avevano più che ragione, e oggi è necessario rilanciarlo con urgenza. E’ un segnale positivo ai lavoratori, al sindacalismo conflittuale, ai sindacalisti onesti ai quali viene limitato o impedito il lavoro al fianco dei lavoratori, è la strada per invertire il catastrofico corso delle cose.
Sono infatti gli operai che devono occuparsi della pianificazione della produzione, e sostenere la nazionalizzazione delle aziende strategiche (il criterio vale anche per Alitalia e TIM, a cui devono in futuro legarsi) sostenendo un governo che faccia realmente gli interessi delle masse popolari. E’ la via più rapida e meno dolorosa per difendere e rilanciare un settore strategico come quello della siderurgia; dobbiamo essere consapevoli che quella della ex Lucchini, delle ILVA di Genova e Taranto, della AST di Terni è una battaglia all’interno di una guerra, condotta (per ora) con mezzi economici e politici, ma non troppo lontano dal nostro paese (Libia, Siria, Ucraina) la parola è già alle armi. E’ arrivato il tempo di trasformare le giuste parole che si dicono, delle mille iniziative fatte di presidi e volantinaggi, in azioni concrete e affrontare le “loro” regole non solo mettendole in discussione. Qui si tratta di cambiarle, perché come disse Marchionne, “Siamo in guerra”. La speranza di coloro che speravano che non fossero toccati da tagli e chiusure, che la chiusura di una fabbrica potesse significare la salvezza dell’altra, svanisce come neve al sole e da Taranto a Genova l’urlo della lotta si alza e grida nelle piazze!!! I lavoratori della siderurgia devono far valere la loro forza, tutti insieme!!!
AST, ILVA, Piaggio, Alcoa, Lucchini, Fincantieri, Electrolux... non si salva niente! I padroni stanno smantellando pezzo dopo pezzo l’apparato produttivo, stanno facendo del nostro paese un cimitero di fabbriche. Le aziende che non chiudono, riducono la produzione. Anche dove si riesce a impedire la chiusura, il ricatto è lo stesso: volete mantenere il posto di lavoro? Allora dovete lavorare di più, a un salario più basso, con meno diritti e in condizioni peggiori: è il Jobs Act, è la riforma del mercato del lavoro, è lo smantellamento dei diritti, dei contratti collettivi, è la legalizzazione dello sfruttamento, è la guerra tra padre e figlio, operai e studenti (vedi l’alternanza scuola lavoro)!!! E’ la guerra tra la difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro e chi vuole arricchirsi sulla pelle di milioni di lavoratori!!!!
E’ la crisi del sistema capitalista. Non c’è rimedio? Da dove iniziare?
Di tanti discorsi, cifre, numeri, ragionamenti utili come la forchetta per mangiare il brodo che riempiono giornali, telegiornali, direttive sindacali e dichiarazioni contrite e angosciate, la questione vera e insostituibile è che in questo paese occorre subito, d’urgenza, operare con misure straordinarie per garantire a ognuno un lavoro utile e dignitoso. Utile, cioè finalizzato a soddisfare i bisogni delle masse popolari (beni e servizi). Dignitoso, cioè che sia pagato, regolamentato dalle conquiste che le masse popolari hanno ottenuto con le lotte dei decenni passati e che oggi i padroni vogliono cancellare; che sia inquadrato in una produzione compatibile con l’ambiente, con la salute delle masse popolari e con la salute di chi lavora. Sicuro, cioè lavorare non deve più essere una roulette russa in fabbrica come nei cantieri, negli uffici e negli ospedali. Senza la riduzione drastica del numero dei disoccupati nessuno onesto o sano di mente può parlare di ripresa, uscita dalla crisi.
Un posto di lavoro utile e dignitoso per tutti è un obiettivo che certamente non cade dal cielo, non ce lo regala nessuno, ma nemmeno è una chimera, un’utopia, una cosa “bella e impossibile”; lo dimostra quella Rivoluzione d’Ottobre che celebra il suo Centenario proprio in questi giorni, che ha mostrato la radiosa aurora di una società superiore, che ci fornisce insegnamenti per riprendere quel cammino. Lo dimostrano i mille lavori da fare per mettere in sicurezza i territori, per bonificarli e proteggerli da eventi naturali che diventano calamità non per giudizio divino ma per trascuratezza e sciatteria che discendono dal semplice fatto che non portano soldi nelle tasche di qualcuno.
Lavoro utile e dignitoso è attuare una delle principali parti progressiste della Costituzione antifascista una parola d’ordine e un orientamento che ogni lavoratore cosciente può e deve usare per mobilitare il resto delle masse popolari: chi un lavoro ce l’ha e lo deve difendere da chiusure e delocalizzazioni, dai contratti di solidarietà (spartirsi la miseria mentre chi ci governa guadagna stipendi d’oro, campa con pensioni e vitalizi da nababbi), chi cerca di sopravvivere nella precarietà degli ammortizzatori sociali), i disoccupati, gli inoccupati, chi vive nelle zone d’ombra della precarietà di contratti a progetto e lavoro a chiamata. Oppure diventeremo terreno di conquista per la propaganda reazionaria e razzista, una manovra in cui sguazzano i fomentatori della guerra fra poveri e alcuni sindacati che invece di unire, dividono.
Questa è la strada per invertire il catastrofico corso delle cose, sono gli operai che devono occuparsi dello stato della produzione e spingere alla nazionalizzazione delle aziende un governo diretto e organizzato dalla classe operaia. E’ la via più rapida e meno dolorosa per difendere e rilanciare un settore strategico come quello della siderurgia; dobbiamo essere consapevoli che quella della ex Lucchini, delle ILVA di Genova e Taranto, della AST di Terni è una battaglia all’interno di una guerra, condotta (per ora) con mezzi economici e politici ma non troppo lontano dal nostro paese (Libia, Siria, Ucraina) la parola è già alle armi.
Esiste un’alternativa e cambiare il corso delle cose è possibile. Sono i lavoratori organizzati e il resto delle masse popolari che lo possono fare, con un loro Governo d’Emergenza Popolare che rimedi da subito almeno agli effetti più gravi della crisi applicando misure di emergenza e avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista: l’umanità ha urgente bisogno di una società socialista. Il Governo di Blocco Popolare e il socialismo non solo sono possibili, ma anche necessari per fermare il corso disastroso delle cose fatto di miseria, devastazione dell’ambiente e guerra e invertire la rotta, costruendo una società dove non esistono esuberi, dove i giovani hanno una prospettiva concreta, dove tutti hanno un ruolo e condizioni di vita dignitose.
Continuiamo a rimboccarci le maniche, come sempre, lavoriamo per unire quello che i padroni e i loro governi vogliono dividere!
Diamoci da fare perché il futuro nostro e dei nostri figli dipende da noi!
Rilanciare il Coordinamento Nazionale della Siderurgia contro il fronte della classe dominante che vuole fare di Piombino l’ennesimo cimitero industriale del nostro paese!
Federazione Toscana del Partito dei CARC
Facebook: Partito dei CARC Toscana
telefono: 333 10 65 972

---------------------

From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 26, 2017 2:24 AM
Subject: VOGLIONO FARCI MORIRE PRIMA? SERVE UNA “OPERAZIONE VERITA’”

Sergio Cararo
21/10/017
Le parole del Ministro dell’Economia Padoan sono rivelatrici e non casuali. Quando il Ministro che ha in mano i rubinetti dell’economia afferma che: “Gli Italiani muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’INPS”, è chiaro che ci troviamo di fronte al nocciolo del problema.
Al di là degli scongiuri e degli improperi che possono scattare in automatico (e pienamente giustificati), Padoan ha solo dato voce a una dottrina che è diventata strategia di comportamento in molti paesi a capitalismo avanzato. Ne abbiamo scritto su questo giornale spesso e anche recentemente.
Il processo di disumanizzazione delle persone, ormai declinate nella migliore delle ipotesi come risorse umane o capitale umano, a fronte delle esigenze dei mercati, della ossessione della competitività e del dogma del pareggio di bilancio, da tempo sta producendo una eugenetica concreta e dal sapore un po’ nazista.
Aveva cominciato il FMI nel settembre del 2014 affermando in un documento che “ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. La spesa pubblica per le pensioni, afferma il Fondo, “è la più alta nell’area euro e rappresenta il 30% del totale della spesa”. Non solo, con una assonanza diabolica il FMI sottolineava che: “le riforme hanno aiutato a invertire il rapido aumento della spesa sanitaria nell’ultimo decennio, ma ci sono spazi per migliorare”.
Nello stesso periodo in Italia si avviava una inquietante controtendenza: la mortalità cominciava ad aumentare e l’aspettativa di vita a diminuire. “L’Italia, entrata nel 2015 nella recessione demografica, anche l’anno scorso ha proseguito il trend negativo: la popolazione residente è infatti calata di 76.000 unità (-0.13%)” sottolineava l’Infodata de il Sole 24 Ore del 21 agosto.
E perché si muore di più? La spesa sanitaria sostenuta di tasca propria dai cittadini italiani è salita a 34,5 miliardi di euro, mentre sono ormai diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria. Sono 2 milioni in più rispetto al 2012. E’ quanto emerge da una ricerca Censis del 2017. Tra questa drastica diminuzione delle persone che si curano o che hanno i soldi per curarsi e l’aumento dell’età pensionabile c’è una relazione? Certamente sì. E’ evidente che un organismo umano tenuto al lavoro per un tempo più lungo ne venga inevitabilmente logorato sul piano fisico e psicologico. Ed è altrettanto evidente che il combinato disposto tra un organismo umano più logorato e la diminuzione delle cure produca un accorciamento delle aspettative di vita.
Le minacce terroristiche di Ministri come Padoan o dei tecnocrati del FMI o dell’OCSE sulla insostenibilità dei sistemi previdenziali, sanitari e di welfare di fronte all’invecchiamento della popolazione (una volta ritenuto un indicatore di benessere mentre oggi lo fanno apparire una jattura), nasconde il fallimento del modello capitalista ipercompetitivo come modello ideale di società e manipola l’attenzione pubblica in una direzione estremamente inquietante: una volta che il capitale umano ha esaurito la sua funzione produttiva (portata magari fino a 70 anni), deve togliersi di torno il prima possibile per evitare che diventi “un costo insostenibile”.
Marx parlava profeticamente dell’esito della lotta di classe come “vittoria di una classe sull’altra” o della “rovina comune delle classi in lotta”. Il ministro Padoan, come il miliardario Warren Buffet, lavorano attivamente all’inveramento permanente del primo scenario, perché al momento dispongono di tutte le regole e gli apparati per imporlo. Spetta a coloro che essi vorrebbero togliere di torno il prima possibile ingaggiare la sfida, per l’uguaglianza e la giustizia sociale sicuramente, ma a questo punto anche per la sopravvivenza. Questo paese ha urgenza di una “operazione verità”.
Il 10 e 11 novembre c’è uno sciopero generale e una manifestazione a Roma per cominciare a raccontarla in tanti, senza sconti per nessuno.

---------------------

From: AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent: Friday, October 27, 2017 12:51 PM
Subject: FORUM INTERNAZIONALE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E L’ACCESSO ALLE CURE

Buongiorno,
siete tutti invitati alla diffusione e partecipazione al Forum Internazionale per il Diritto alla Salute e l’Accesso alle Cure, che si terrà nei giorni 4 e 5 novembre prossimi presso lo “Spazio Base” in via Borgognone, 34 a Milano.
A seguire il programma dell’evento.
Per propagandare l’iniziativa martedì 31 ottobre dalle 11:00 alle 13:00 si terrà una conferenza stampa davanti alla sede del Comune di Milano.
Il 5-6-novembre si riunirà a Milano il G7 sulla salute. I potenti della terra discuteranno su come trarre ulteriore profitto dalla nostra salute e dalla devastazione del pianeta.
Sabato 4 novembre 2017 si terrà il Forum Internazionale per il diritto alla salute e l’accesso alle cure, presso lo spazio “Base” in via Bergognone 34, Milano
PROGRAMMA
APERTURA DEI LAVORI 9.00
Basilio Rizzo, gruppo consiliare Milano in Comune
RELAZIONE INTRODUTTIVA 9.30
Vittorio Agnoletto, medico, docente universitario, comitato “Salute senza padroni e senza confini”
Prima sessione 10.00- 11.15
Disuguaglianze sociali e povertà come cause di malattia
Coordinatore sessione: Piergiorgio Duca, medico, Università di Milano
Relatori
Franco Cavalli, oncologo, Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), già Presidente Unione Internazionale contro il Cancro (UICC)
Matthew Roberts, European Coordinating Committee of Universities Allied for Essential Medicines (UAEM), PHM (People’s Health Movement)
Seconda sessione 11.15 – 12.30
L’accesso alle terapie, i brevetti e gli accordi TRIPS
Coordinatore sessione: Gavino Maciocco, medico, Università di Firenze, direttore di saluteinternazionale, esperto in salute globale
Relatori:
Gianni Tognoni, medico, Istituto. Mario Negri, Milano
Sarojini Nadimpally, Executive Director, Sama Resource Group for Women and Health Steering Committee, Member of PHM
Lavori di gruppo 13.30 -15.00
Gruppo 1: Disuguaglianze sociali e povertà come cause di malattia
Coordinatore del gruppo: Pierfranco Olivani, medico, già presidente del NAGA, Milano
Gruppo 2: L’accesso alle terapie e gli accordi TRIPS
Coordinatore del gruppo: Fulvio Aurora, Medicina Democratica, responsabile nazionale vertenze, Milano
Gruppo 3: La privatizzazione dell’assistenza sanitaria
Coordinatrice del gruppo: Chiara Bodini, medico, PHM Europe
Gruppo 4: I cambiamenti climatici e le ricadute sulla salute, la difesa dell’acqua e della terra, i beni comuni
Coordinatrice del gruppo: Ilaria Sesana, giornalista Altraeconomia
Sintesi dei gruppi di lavoro 15.00 - 15.30
Coordina: Alessandro Braga, “37e2” Radio Popolare
Interventi dei coordinatori dei gruppi di lavoro
Terza sessione 15.30 -16.45
La privatizzazione dell’assistenza sanitaria
Coordinatrice sessione: Nicoletta Dentico, Coordinatrice della coalizione Democratising Global Health (DGH)
Relatori
Zeynep Varol, Medico, Turkish Academics for Peace, PHM
Yves Hellendorff, Segretario nazionale del Secteur Non Marchand de la CNE (Santè-social-culture) sindacato belga, francofono
Jean Vignes, Segretario generale della Federation SUD Santè Sociauz
Louise O’Reilly, Relatore sulla salute, Parliament, Sinn Féin Ireland
Quarta sessione 16.45 - 18,00
I cambiamenti climatici e le ricadute sulla salute: la difesa dell’acqua e della terra come beni comuni
Coordinatore sessione: Gianni Tamino, biologo, già professore Università di Padova
Relatori:
Emilio Molinari, Contratto mondiale dell’acqua, Milano
Estefania Torres Martinez, Europarlamentare GUE-NGL, Commissione Ambiente, Podemos Spagna
Conclusioni 18.00- 18.30
Estefania Torres Martinez, MEP GUE-NGL , Commissione Ambiente
Lettura della dichiarazione finale: “Salute senza padroni e senza confini”

Nessun commento:

Posta un commento