domenica 7 aprile 2019

5 aprile - Interventi al Convegno del 13 marzo della Rete sicurezza - Il compagno della Rete di Palermo

In questi interventi ci si chiede di essere lucidi… ma non è facile dopo aver ascoltato quello che è stato detto qui dai presenti, ’emozione sale come per quello che abbiamo ascoltato al processo di Gela, il 21 febbraio scorso, per il disastro ambientale in cui sono incriminati 23 dirigenti dell’Eni… per inquinamento "innominato" ambientale. Qui gli avvocati ci diranno cosa intendono, perché sarà "innominato" ma i nomi dei morti, di bambini, uomini, donne, operai li conosciamo bene... come le lapidi sparse qui e là… Essere lucidi non è la cosa più facile.
Al processo a Gela a cui abbiamo assistito, e in questo senso vengono in testa le cose che ha detto l’operaio prima rispetto alle poche presenze, non c’erano molte persone. Oltre agli avvocati della difesa e dell’accusa, c’era un gruppo di operai anziani che stanno subendo i danni dell’inquinamento; come molti qui, tanti avevano difficoltà a respirare, ci hanno raccontato che altri compagni di lavoro erano morti e non potevano più nemmeno seguire il processo…
Ecco, il legame tra Taranto e Gela che si crea è quello degli operai che lavorano nelle stesse condizioni… lavoro che produce morti… L’industria produce sì quintali di acciaio ma anche migliaia di morti e non solo in fabbrica ma anche attorno. Anche il processo di Gela è incentrato non solo sui morti della fabbrica.
Gli operai ci raccontavano di come lavoravano e quello che vedevano direttamente. Sono cose che certe volte non si possono denunciare in momenti particolari della vita lavorativa ma che si vedono benissimo, per esempio lo sversamento di tutte le schifezze industriali fatto di notte e di nascosto in maniera tale che all’indomani al momento dei controlli non si potessero rilevare i fumi, ecc., per cui l’azienda veniva salvaguardata. O ci hanno raccontato del sotterramento sotto la superficie di tutto lo stabilimento Enichem di Gela che è una bomba a orologeria… anzi, non tanto a orologeria vista che gli effetti si vedono già ora.

Tra le denunce dei morti e delle malattie che vengono raccontate alcune sono spaventose. I racconti che abbiamo ascoltato lo dicono. Qualcuno ha detto qui che nelle campagne attorno all’Ilva nascono gli animali con le malformazioni, lì ci sono bambini che nascono con le peggiori malattie, ipospadia, labbro leporino, altro che animali… Il livello di inquinamento è spaventoso… Come si fa a rimanere calmi?
Eppure purtroppo in tribunale, a parte qualche caso positivo in cui la gente si incavola, è tutto troppo calmo, troppo! E bisogna pure ascoltare le arroganze dell’avvocato difensore che dice che l’Eni non può essere indagata perché al massimo deve essere considerata una ditta che dava l’appalto ad una azienda che adesso si chiama Raffineria di Gela spa, ma prima era Eni! E si deve ascoltare questo quando nello stesso giorno vengono sequestrate una mezza dozzina di aziende per inquinamento tra Siracusa a Priolo. Si devono ascoltare avvocati che hanno il coraggio di alzarsi e dire una cosa del genere con una calma all’inglese… e poi nell’Espresso di questa settimana dobbiamo leggere invece un’ulteriore indagine sull’Eni che parla dei soldi (non ci sono soldi per i risarcimenti, giusto? Come ha detto Bono, il presidente della Fincantieri in una sua relazione: ad un certo punto si lamenta che il dividendo quest’anno sarà un po’ più basso, “mi dovete scusare, perché abbiamo dovuto pagare i risarcimenti per i malati di tumori”…); non hanno soldi, quindi, però l’Eni distribuisce mazzette in tutto il mondo. 310 milioni sono stati spesi dalla moglie di Descalzi, del presidente, per imbeccare i dirigenti locali africani e fare in modo di continuare ad ammazzare gente non solo nell’Eni di “casa nostra”, ma anche in giro per il mondo.
I tribunali li dobbiamo riempire, siamo qui per questo. Il nostro tentativo, la nostra spinta è ancora una volta mettere insieme chi si occupa seriamente dei problemi gravissimi di cui stiamo discutendo. Da quel che è stato detto qui è chiaro che c’è una fotografia che è brutta, il problema è cambiarla questa fotografia, non può rimanere statica, perché in effetti c’è una contraddizione di fondo, alla vuotezza dei tribunali corrisponde una presenza alle manifestazioni pubbliche. Noi per esempio abbiamo partecipato ad una manifestazione a Siracusa l’anno scorso per operai giovani morti in fabbrica e lì c’erano le persone. Abbiamo fatto un corteo dignitoso, anche se è sembrata una processione di morti - se in tutta la Sicilia  facessimo giorno per giorno per quanti operai sono morti, e per quante lapidi ci sono, faremmo delle processioni quotidianamente, ed è chiaro che fa impressione.
Una contraddizione dunque. Se le persone ci sono nelle piazze invitiamole ad assistere ai processi, a vedere ciò che succede in tribunale, perché ti fa comprendere meglio come agiscono, come sono i giudici stessi, gli avvocati, perché le aziende spendono milioni, hanno stuoli di avvocati per difendersi e neanche risarcire. Come ha detto qui un operaio che si è sentito rispondere nella sostanza “tu puoi anche morire... tanto io non pago”...
Perché loro non pagano, già non pagano con la galera, perché ci sono le prescrizioni che sono una cosa vergognosissima, come è accaduto alla Fincantieri. A Gela il processo è stato avviato e ora è nella fase della ammissione delle parti civili. Abbiamo assistito ad una discussione se dovevano essere accolte o non accolte, una discussione burocratica e lunga da parte di chi decide pure chi deve essere accolto o non accolto, nemmeno questo sta né in cielo né in terra; perché se l’Onu oggi dice che un quarto dei morti a livello mondiale sono dovuti all’inquinamento e tra questo possiamo mettere benissimo l’inquinamento industriale, un motivo ci sarà, e l’Onu non fa gli studi come li vorremmo noi li fa chiaramente come li vogliono loro. Se il presidente Mattarella ieri è stato costretto anche lui a dire che non è più ammissibile morire per queste cose, se… se… Non bisogna però nascondersi dietro le ipocrisie, se lo dici allora bisogna prendere provvedimenti e i provvedimenti non li possono prendere i giudici lasciati da soli. come ha detto chi è intervenuto prima, non esiste; ci vuole questa presenza forte, questo rapporto di forza che bisogna creare perché quello è il dato che costringe chi deve prendere le decisioni importanti a prenderle queste decisioni.
A proposito di dati e tempi. Gli studi dicono che il picco dei morti ci sarà tra il 2020 e il 2025, il picco di morti! Quindi, anche se io smettessi oggi di produrre tutti gli inquinanti il picco di morti comunque me lo becco perché l’incubazione come sappiamo di questo tipo di malattie è lunghissimo e questi sono i dati oggettivi, scientifici. Ma qui si parla di morti! Quali morti quanti morti parenti amici, le mogli. Qualcuno si è chiesto che fine fanno i risarcimenti, ma davvero pensate che arrivano questi soldi? I soldi quando arrivano sono molto dimezzati perché nel tempo i parenti sono costretti ad arrivare ad un accordo pur di avere qualcosa, quindi i titoloni dei giornali ingannano come inganna la parola "emergenza" che qui è stata detta, guardate che è terribile questa parola perché siamo in emergenza continua su tutto. Se si restituisse una immagine veritiera per esempio della Sicilia, abbiamo emergenze di morti, malati in tutta l’area sicuramente di Siracusa, Gela, Priolo che è nota in tutto il mondo, poi c’è la parte di Milazzo, della raffineria di Milazzo e della Sacelit, un’azienda che adesso è chiusa: dei suoi 220 operai ne sono morti oltre 150 tutti per la stessa cosa, per amianto, certificato dai tribunali, 150 su 220 e stiamo aspettando il picco! Quindi se si restituisse sta foto, hai voglia che fuochi dappertutto! Ma questa foto solo noi la possiamo restituire veramente a chi viene colpito, è stato vittima e dare una risposta.
Le condanne poi sono una cosa veramente ridicola. E' stato detto nell’introduzione, ma noi ce l’abbiamo nello specifico, da Gela alla Fincantieri di Palermo, dove già ci sono state condanne. Ma anche qui l’arroganza dei padroni che dicono: “vabbè vediamo in che forme possiamo risarcire…”; perché loro lo sanno che con il tempo galera non se ne fanno per la prescrizione che è avvenuta da poco per tre alti dirigenti che anche loro sono diventati vecchi, perché qua si diventa vecchi! Qualcuno parlava del tempo che passa, ma noi tempo non ne abbiamo oggettivamente, per questo le iniziative bisogna farle qui e ora perché il tempo non c’è, più tempo passa più si muore… e meno succede qualcosa.
A Gela abbiamo parlato con gli operai anche di cosa si sta facendo per la bonifica, per il disinquinamento. Hanno risposto “lo dicono sempre, ce lo dovrebbero comunicare, ma…”; e la battuta è stata "sì, ma anche se si comincia gli effetti reali di un disinquinamento vero ma quando si avrebbero, ammesso che…".
Quindi il problema: la fabbrica chiudiamo o non la chiudiamo non è per noi il problema, non è la chiusura assolutamente delle fabbriche che ci risolve il problema. Ne abbiamo ragionato parlando fra lavoratori che seguono questi processi e quello che succede in fabbrica - se devono essere licenziati oppure no, se chiude o non chiude. Ma se ci deve essere una bonifica deve essere una bonifica fatta dagli operai che conoscono bene il posto, perché io so dove ho sotterrato la schifezza, io lo so quando abbiamo fatto la collinetta “ecologica” dove l’abbiamo messa come l’abbiamo messa e quanta roba ci abbiamo messo dentro. Quindi l’operaio è una garanzia non solo perché sa dov’è quello che si deve bonificare, ma perchè l’occhio dell’operaio che vuole davvero disinquinare ci potrebbe dare un risultato che abbia un senso.


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