La partecipazione è stata buona, e c'è tra i lavoratori la volontà
di fare lotte e iniziative serie.
Da loro sono state dette cose
giuste e cose confuse, ma questo è naturale.
Ciò che invece
non cambia è la posizione generale dei sindacati, Usb e Uilm, per
cui la cosa buona è che non hanno firmato l'ultimo accordo sulla
cassintegrazione, a differenza di Fiom e Fim - benché come hanno
spiegato gli stessi sindacalisti non vi era una pregiudiziale a non
firmare, ma la firma era legata al chiarimento delle modifiche, e vi
era essenzialmente una richiesta di spostare al Mimit la trattativa.
Negli interventi finali non ci sono state novità in positivo: la Uilm ha raccolto e rilanciato soprattutto la questione dell'azione legale sulla mancata attuazione dell'accordo del 6 settembre 2018, dicendosi pronta "da oggi" alla mobilitazione ma senza dire quando e come; Usb, rivendicando le mobilitazioni fatte a Bari a Roma, come le varie assemblee, ha centrato sulla richiesta di incontro al Mimit/Urso. E solo alla fine ha lanciato l'iniziativa sotto la prefettura per domani (che è chiaramente all'interno della pressione per questo incontro romano); mentre sui contenuti Rizzo è andato anche peggio.
Un leitmotiv di entrambi i sindacati poi è stata la denuncia dell'accordo del 4 marzo 2020 tra Arcelor/Mittal e l'allora governo Conte, che aveva praticamente archiviato l'accordo del settembre 2018, soprattutto in merito agli impegni per l'assunzione dei lavoratori rimasti in Ilva AS (ma su questi impegni e l'accordo del 2018 vedi nostra nota, a fine articolo), come se di questo accordo 2020 e dei suoi contenuti Uilm e Usb avessero avuto effettiva conoscenza solo ora. Questo non è vero. Come non è vero che non fosse chiaro già allora che l'accordo del 2020 sostituiva quello del 2018 e diceva chiaro che gli operai in Ilva AS non sarebbero entrati al lavoro in Acciaieria. Certo l'accordo 2020 azienda e Mise lo fecero escludendo i sindacati, ma questo non era né la prima né l'ultima volta. Quindi, tutta questa "scoperta", indignazione dei sindacalisti, questo assicurare che faranno "azione legale", non può convincere nessun operaio che ragioni con la propria testa.
La firma della Fiom (in cui ha pesato anche la posizione corporativa della Fiom di Genova, che toccando a loro solo poche decine di operai in cigs non ha problemi a firmare una cassintegrazione che a Taranto invece tocca 2.500 operai) è grave. La spiegazione data dalla Fiom che "lo strumento della CIGS, richiesto da Acciaierie d'Italia per garantire la continuità e il rilancio dell'attività aziendale e, soprattutto, la salvaguardia dei livelli occupazionali, ha un carattere transitorio, definito nel tempo e non prevede esuberi", sposa interamente le motivazioni e gli interessi aziendali ed è falsa, perché è invece chiaro che questi numeri di cassintegrazione sono i futuri esuberi; tant'è che l'azienda ha voluto cassare dal documento finale di accordo dei punti proposti in un documento presentato da tutti i sindacati che dicevano: "I lavoratori interessati dal programma di cigs non sono da considerarsi esuberi strutturali e pertanto rientreranno in azienda al termine della cassa"; "la società conferma la validità del complesso e articolato accordo sottoscritto in data 6 settembre 2018".
Quindi i lavoratori interessati alla cigs SONO ESUBERI STRUTTURALI! Quindi la Fiom, per un "piatto di lenticchie": il pagamento integrale della 13ma e la rotazione dei lavoratori in cigs, firmando la nuova cassintegrazione ha accettato che i lavoratori cassintegrati, tutti, non abbiano alcun futuro!
Ma a chi anche stamattina si lamentava della rottura dell'unita' dei sindacati, noi invece diciamo che occorre ancora di più rompere con le posizioni che fanno solo il gioco dell'azienda e del governo e che indeboliscono la classe operaia.
Anche dall'assemblea di stamattina emergono i 2
aspetti importanti e la loro mancanza:
1) La necessita'
della LOTTA, continua, per strappare dei risultati, una lotta che
dia effettivi problemi a padroni e governo. Come ha detto nel suo
intervento l'operaio rappresentante dello Slai Cobas, facendo
riferimento alla lotta degli operai in Francia, non sono gli operai
che non vogliono lottare, perché quando sono stati chiamati allo
sciopero i lavoratori hanno risposto e con numeri significativi, come
è dimostrato dagli scioperi del 6 maggio e di novembre 2022; se non
rispondono vuol dire che la lotta non c'è; sono i sindacati che non
chiamano alla lotta seria e soprattutto non danno seguito alle
promesse di continuità della mobilitazione, che non dicono agli
operai la verità che la lotta non è facile, o che la frenano quando
c'è (come ha detto anche un operaio in riferimento al corteo fatto a
novembre fino in città e poi miseramente conclusosi appena c'è
stato l'incontro col sindaco Melucci). La lotta è prioritaria perché
la lotta educa (è quando gli operai scioperano che vogliono
continuare a lottare, quando invece da tempo sono fermi si
demoralizzano, si sfiduciano); la lotta separa il giusto dalle idee,
atteggiamenti sbagliati, le chiacchiere dagli obiettivi seri;
chiacchiere che sono presenti anche tra i lavoratori, ma che non si
superano solo con le parole anche giuste (lo Slai Cobas, che porta le
"parole giuste", anch'esso influisce e pesa realmente
soprattutto quando c'è la lotta).
2) La chiarezza su che cosa si lotta (su cosa ci si batte ai Tavoli); qui un operaio diceva: ok avete detto che volete l'incontro al Mimit ma ancora non ho sentito dire cosa direte quando andrete al Tavolo, chiederete questo, quest'altro...?).
E proprio su questo che la posizione di Usb e di Uilm non va affatto bene e, nel caso di Rizzo, è anche, come dicevamo prima, peggiorata. Mentre alcuni, pochi in realtà, interventi hanno parlato della priorita' del lavoro (simpatico l'intervento di un operaio che, dopo che Fmo/ex Cub, Liberi e Pensanti avevano abboffato sul fatto che la fabbrica deve chiudere, ha detto: fino a poco fa mi sembrava di stare in una riunione del Comitato Liberi e Pensanti...); Rizzo ha dichiarato: io, posso anche non entrare più in quella fabbrica, sono loro che mi devono dare soluzioni, mi devono garantire fino all'ultimo giorno la pensione (proponendo di fatto la stessa cosa che aveva detto Sibilla, segretario della Fmo/ex Cub: una "legge sulla pensione". E poi, chi non è anziano che fa?). La realtà' è che si buttano proposte al vento per non lottare per il rientro al lavoro. Si dice che è impossibile ottenere il rientro in fabbrica, ma si chiede oggi, ad un governo che sta togliendo anche il misero reddito di cittadinanza, che vuole pure allungare l'età' pensionabile, di fare una legge per far andare in pensione anni e anni prima gli operai dell'ex Ilva, una legge per salvaguardare il reddito a tutti. E questo non sarebbe molto più impossibile del rientro in fabbrica?! I Sibilla, i Rizzo sono venditori di fumo.
Quindi c'è il problema, prioritario, della lotta, ma c'è anche il problema per cosa si lotta. E qui la confusione (che è superabile tra i lavoratori) e le cazzate coscienti di sindacalisti (che invece non cambiano e peggiorano; la Uilm, a differenza dell'Usb, pone ai congressi, nelle sue assemblee pure degli obiettivi giusti: integrazione della indennità di cig, riduzione orario di lavoro a paria' salariale, ecc, ma, mai queste richieste vengono portate tra i lavoratori e ai Tavoli...) la fanno da padrona.
Su questo occorre portare chiarezza e lotta aperta alle posizioni sbagliate, al facile populismo, che fanno solo il gioco di Arcelor/Mittal e governo.
NOTA SULL'ACCORDO DEL 6 SETTEMBRE 2018, Questo accordo, rivendicato tutt'oggi dai sindacati confederali e dall'Usb, non salvaguardava affatto l'occupazione di tutti gli operai Ilva e peggiorava le condizioni di lavoro, salariale di quelli assunti da ArcelorMIttal. Sulle varie violazioni di quell'accordo lo Slai Cobas e fece anche un esposto.
Dai punti dell'esposto:
"L'accordo del 6.9.18 ha avuto per oggetto la cessione d'azienda dall'Ilva AS al gruppo Arcelor/Mittal Italia. La “cessione d'azienda” è disciplinata dall'art.2112 che prevede il passaggio alla nuova azienda di tutti i lavoratori occupati presso l'azienda cedente. Nel caso in essere invece l'accordo ha eluso e aggirato la disciplina del 2112.
2.620 LAVORATORI RESTANO NEL CALDERONE DELL’ILVA AS - Questi verranno messi o resteranno in cigs per essere eventualmente usati in non ben chiari lavori di tutela ambientale e sanitaria e di ulteriori interventi di bonifica, o peggio in attività di sostegno assistenziale e sociale alla comunità (mettendoli in concorrenza con la grande platea dei disoccupati a Taranto), e con entrata nel girone inutile dei “corsi di formazione”. Alla cessazione dell’Ilva AS, per i lavoratori restanti, l’AM InvestCo “farà sì che le sue affiliate formulino prima del 23.8.23 e non oltre il 30.9.25 una proposta di assunzione, a condizione che il lavoratore non abbia beneficiato di altre misure ed opportunità...”. Un impegno generico.".
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