venerdì 12 maggio 2023

12 maggio - ORE 12 - Controinformazione Rossoperaia - 2 - Testi

 

Parliamo di: Incontro Meloni/opposizioni - La battaglia delle nomine - Anniversario della vittoria dell'Armata rossa sul nazismo - Rapporto inflazione/salari - Che succede sul fronte delle lotte

             "ORE 12" esce in audio il lunedi/mercoledì/venerdi
              il Martedi/Giovedì/Sabato pubblichiamo la trascrizione dei testi audio



Quella che segue è la trascrizione dell'audio di mercoledi 10

Su l'incontro Meloni/opposizioni

Le questioni odierne trattate dalla stampa borghese e al centro del dibattito sia nel Palazzo sia tramite la stampa borghese, imposte all’opinione pubblica sono particolarmente importanti dal punto di vista non tanto immediato quanto di prospettiva, sui temi principali che sono lo Stato e la guerra.

Oggi si incontrano Meloni con la cosiddetta “opposizione” PD-5Stelle, per verificare se esiste la possibilità di concordare le riforme istituzionali.

Si tratta di un dibattito in parte fasullo. Meloni ha detto nelle interviste televisive che se l’opposizione non ci starà, procederà da sola. “Procedere da sola” significa marciare in forme aperte verso presidenzialismo, semipresidenzialismo. Qualunque sia la natura dell’esito finale si va verso una riforma delle istituzioni ancora più reazionaria, autoritaria, dittatoriale nella sostanza.

Nonostante non sembrerebbe esserci questa necessità, visto che finora questo governo ha legiferato per decreto e non ha avuto alcuna difficoltà ad imporre a questo Parlamento la sostanza dei suoi provvedimenti reazionari, sia quelli che hanno riguardato la repressione, dal decreto NO rave, al Decreto Cutro, per non dire tutte le altre decisioni che questo governo ha fatto al di sopra o con il consenso del Parlamento in materia di guerra; sia le ultime, in materia dell’economia. Quindi, perché

insistere in una riforma istituzionale se non nell’intenzione di rendere organico questo sistema di governo in cui la maggioranza che governa può attuare il suo programma senza alcuna opposizione?

A questo si aggiungerebbe la dimensione plebiscitaria con cui il potere verrebbe investito, sia se fosse il presidente della Repubblica sia se fosse il capo del governo, a seconda dei diversi modelli.

Questa riforma reazionaria dello Stato in senso dittatoriale è un dibattito che va avanti da diversi anni e tutti i governi hanno in qualche maniera inserito nel loro programma un passo in avanti in questa direzione.
Il governo di stampo moderno fascista Meloni vorrà marciare a tappe forzate verso un modello di Stato e di governo che va nella direzione che diciamo.

Le motivazioni per cui, come la Meloni ha detto in televisione, ci sarebbe bisogno di questa riforma istituzionale è perché altrimenti i governi non sarebbero legittimati. Ma innanzitutto dovrebbe pensare che il primo governo a non essere legittimato è proprio il suo governo. Infatti il sistema elettorale le ha permesso con il solo 17% dei voti di avere la quasi totalità del governo e del Parlamento, sia pure in un quadro di coalizione in cui gli altri sono soci minori.

Questi governi non sono legittimati dal voto popolare per il processo di trasformazione reazionaria della legge elettorale che li ha creati. E la soluzione non è certo una maggiore legittimazione del voto popolare, quanto i pieni poteri, il governo forte, che permettano a questo governo di rispondere in maniera organica, sistematica, senza opposizione - neanche parlamentare - ai diktat della borghesia imperialista italiana, i padroni, la finanza, che sono poi, a loro volta, la classe dominante, i soci di maggioranza di qualsiasi governo in questo paese così come negli altri paesi imperialisti.

I governi dei paesi imperialisti tendono già ad anticipare con la pratica dei fatti questo sistema. Basti pensare che un tipo di riforma può essere quella francese, e tutti stiamo vedendo cosa significa questo potere in Francia: Macron è contestato da scioperi, da manifestazioni e perfino da larghe fette del parlamento che potrebbero addirittura mettere in minoranza il suo governo, che, però, attraverso lo stesso sistema parlamentare, il famigerato art. 49.3, riesce a fare passare una riforma come la vuole Macron, in contrasto non solo con le masse popolari, con i lavoratori che sono in lotta, ma anche in contrasto con una parte rilevante dello stesso Parlamento.
La riforma francese fa sì che anche se il governo venisse messo in crisi, Macron non corre nessun pericolo. Macron come presidente è una sorta di monarca senza corona che tranquillamente può sostituire quel governo con un altro, sia pure votato dall’opposizione.

Tutte le riforme vanno in un’unica direzione: una dittatura aperta del Capitale. Dittatura personale? Dittatura collettiva come "comitato d’affari"? Queste sono sfumature. Nel nostro paese, erede del fascismo e con una componente del governo che si rifà storicamente al fascismo è facile pensare che si pensi ad una dittatura personale, anche se si fa fatica a vedere la fascistella della Garbatella come dittatrice.

Questo passaggio della riforma istituzionale è inevitabile ed è importante dal punto di vista dei lavoratori, delle forze d’opposizione proletaria, democratica, considerare che i mezzi parlamentari, perfino referendari, sono del tutto inadeguati per fermare questa riforma e per contrastarne l’esito. L’unica forma è la lotta di massa che metta in discussione il potere di questo governo e la forma di questo Stato con una opposizione di tipo rivoluzionario.

Bisogna preparare i lavoratori non tanto a una opposizione, che certamente vogliamo che si sviluppi, ma all’esito di questo tipo di trasformazione. E questo è il compito dei comunisti e di tutti coloro che pure a parole dicono NO alle riforme reazionarie che vanno a delineare con la riunione di oggi.

E’ inutile parlare dell’opposizione. Il PD è in larga parte impregnato delle posizioni di Renzi, una minoranza rilevante sta oggettivamente con Renzi che, nel contesto attuale, sta con la maggioranza di centrodestra. La Boschi lo ha dichiarato quasi apertamente su il Giornale e Renzi, come sappiamo, tentò la stessa operazione senza dichiararsi fascista. Ma il popolo, in quell’occasione, rispose con un NO referendario che provocò la caduta del suo governo.
Anche in quest’occasione il voto referendario potrà provocare la caduta di questo governo? Pensiamo di NO, perché il sistema che ha prodotto l’attuale compagine governativa non è nelle stesse condizioni di Renzi dell’epoca.

Su la battaglia delle nomine

Le istituzioni, però, sono già nelle mani dei fascisti, dei fascisti dichiarati, eredi o non eredi, dei dissociantesi o dei non dissociantesi. E lo stiamo vedendo ad occhio nudo: non solo nelle cariche istituzionali di due loschi figuri come il leghista Fontana, clerico reazionario o La Russa che ha già dimostrato come interpreta il suo ruolo nelle istituzioni, ma siamo in piena guerra tra bande, di un’occupazione di tutti gli anelli delle istituzioni e del potere statale. Della battaglia sulle nomine che è in corso e che riempie le pagine dei giornali, al di là dei nomi, è chiaro il segno: il partito dominante nella nuova maggioranza, il suo alleato “vociante”, Salvini, sostituiscono tutti i manager e i capi delle aziende, dell’Inps, dell’Inail, così come l’attuale battaglia sul comandante della Guardia di Finanza…; sostituiscono tutte queste cariche con uomini propri che, non solo sono parte di questa occupazione del potere, ma che questa occupazione la traducono in una pratica obiettivamente golpista nel caso in cui questo tipo di governo trovasse difficoltà a fare passare il suo programma.

Quindi quello che è in corso non è un normale ricambio di manager e di poltrone, è anche un’occupazione del potere che prefigura una possibilità di fronteggiare situazioni di emergenza con uno stato di emergenza, che darebbe a tutto questo apparato poteri speciali in grado di imporre comunque la conservazione del loro potere, che poi è il potere della classe dominante.

Su Anniversario della vittoria dell'Armata rossa sul nazismo

L’altro fronte su cui è importante segnalare l’attenzione è che oggi è il 9 maggio, è l’anniversario della grandiosa vittoria dell’Armata Rossa nella seconda guerra mondiale che è stato l’anello determinante, insieme alle contraddizioni interimperialiste e alla lotta partigiana là dove c‘è stata, per la caduta del fascismo e del nazismo.

E anche questa data oggi è stravolta dal corpo vivo della guerra interimperialista in corso in Ucraina. I giornali soprattutto domani daranno molto spazio a questa notizia perché queste sono ormai celebrazioni di guerra, non hanno più un legame stretto con la storia gloriosa della sconfitta del nazifascismo e del ruolo della Russia sovietica, del ruolo che ebbe l’Armata Rossa vera forza di liberazione mondiale, in sintonia con la lotta antifascista interna ai diversi paesi. Nel nostro, la gloriosa Resistenza Antifascista.

La dissociazione di Zelensky da questa data è la sua celebrazione dell’Europa. Tenendo conto che si tratta di un esponente di una Ucraina legata alla rivalutazione del nazismo, è facile pensare che si tratta di una contro-celebrazione in cui cerca di influire anche nella posizione più generali degli USA e dell’Europa per mettere in discussione il ruolo storico della Russia sovietica. E’ quindi una forma del revisionismo storico rispetto a questo evento mondiale, di carattere assolutamente di destra.

Il discorso di Putin oggi, celebrato in diretta, che fa leva sul patriottismo nazionale che è molto sentito dalle masse russe, è fatto da un potere che è l’ultimo approdo del rovesciamento del socialismo e della Russia socialista e di rinnegamento dei meriti storici del socialismo come baluardo della lotta contro il nazismo e della vittoria celebrata il 9 maggio. Questa data non può essere incarnata dalla Russia imperialista di oggi con l’invasione di stampo neozarista dell’Ucraina. La Russia di Putin non è certo l’erede della grande Russia sovietica e della guerra patriottica, componente nella 2^ guerra mondiale, della lotta di Liberazione antinazista. Anzi, il suo rinnegamento, il suo uso strumentale, il suo prendere quella parte patriottica per metterla al servizio neoimperialista di stampo neozarista costituisce oggi il potere in Russia.

Su Rapporto inflazione/salari 

Torniamo su un altro tema, quello del rapporto inflazione/salari e le cause dell’inflazione che già abbiamo toccato nel primo numero di questo strumento di controstampa e di orientamento.

E’ consigliabile leggere l’inserto economico de la Repubblica di ieri che ha dedicato a questo tema diverse pagine. E’ importante affermare che le cose scritte in quest’inserto, seppur con un punto di vista diametralmente opposto al nostro, confermano esattamente le questioni che avevamo detto ieri.
L’inflazione – si dice in un titolo – si è insinuata nell’economia e nella vita delle famiglie. I fattori che l'avevano provocata sono ormai superati. I rincari dell'energia sono rientrati. Eppure la corsa dei prezzi non si arresta, in Europa come negli Stati Uniti”.

E’ esattamente la tesi che abbiamo sostenuto nel precedente intervento quando abbiamo detto che la componente energetica e il legame tra la componente energetica e la guerra che in parte l’aveva accentuata sono un fattore secondario dell’inflazione e, quindi, del rialzo dei prezzi e del carovita. Quindi legare unicamente la lotta al carovita alla guerra, utilizzare slogan come “abbassare le armi ed alzare i salari” se sul piano propagandistico, per orientare la lotta dei lavoratori, può essere anche utile, nella realtà non è così: il carovita è interno al modo di produzione capitalista, al sistema che lo sta producendo, al rapporto salari/prezzi e profitti, così come vivono nella dinamica dell’economia e come ricadono nelle famiglie. Centrare tutta la battaglia contro il carovita con il riferimento agli effetti della guerra è deviante, è una forma di pacifismo ingenuo che nasconde la natura effettiva del carovita e della riduzione dei salari nel nostro paese ed è un modo falsamente coinvolgente nella più generale lotta contro la guerra.

In realtà siamo in un intreccio tra inflazione e recessione che produce contemporaneamente disoccupazione ed abbassamento dei salari. E’ su questo fronte che ha senso la lotta dei lavoratori.

Tutti i governi insistono – e anche questo numero di Repubblica lo fa – sui rischi della spirale tra carovita e salari. E’ l’eterna propaganda della borghesia imperialista e dei suoi funzionari che ci dicono: “è inutile che chiedete un aumento dei salari, tanto poi aumentano i prezzi”, quando, in realtà, l’aumento dei salari è l’unico strumento per fronteggiare il carovita. In questo senso la rivendicazione di 300 € di aumento come base di un rilancio di una lotta operaia “alla francese”, che possa partire dalle fabbriche e dai posti di lavoro, è l’unica, vera risposta alla ricaduta dell’inflazione sulle condizioni degli operai e dei lavoratori, così come la forte opposizione e resistenza all’attacco a quelle forme di salario garantito che potrebbero essere rappresentate dal reddito di cittadinanza e, soprattutto, da una legge sul salario minimo di 10€ netti all’ora che aumenterebbe, di fatto, i salari di 5 milioni di lavoratori poveri e precari nel nostro paese.

I governi sono assolutamente inconseguenti, fanno demagogia, come ad esempio nel nostro paese. In altri paesi come il Portogallo c’è stato il generale congelamento dell’Iva su tutti i prezzi, che è una misura di carattere socialdemocratico elementare che ha lo scopo di contenere i prezzi in forma molto ridotta.

Sempre in questo inserto si insiste: “lo schock energetico è già passato, i picchi sono superati.” Il gas non è la causa dell’inflazione. Insistere su questo è fondamentale per indirizzare correttamente non solo l’analisi sul carovita e sul perché i salari calano ma anche su come i salari possono aumentare. E’ indispensabile la lotta per il salario, è la forma principale per difendersi.

D’altra parte, sempre in questo inserto che sembra fatto ad hoc, si dice: “salari fermi e superinflazione – si amplia l’area dei dipendenti a basso reddito. L'Italia è il Paese con le retribuzioni più basse in Europa e una produttività vicina a zero. I contratti nazionali non si rinnovano, le aziende aspettano che passi la tempesta dei prezzi”. In realtà li aumentano, soprattutto quelli dei beni di prima necessità, nelle catene commerciali. E, quindi, si unisce l’impoverimento del taglio dei salari ed il lavoro sempre più precario, sempre più povero.
Questo governo, con i suoi provvedimenti, sta continuando su questa strada: la manovra sul cuneo fiscale è pura demagogia assolutamente ininfluente sull’aumento reale dei salari. E questo rende del tutto ininfluente l’azione dei sindacati confederali che sul rendere strutturale il cuneo fiscale stanno costruendo una mobilitazione, un falso movimento, che non corrisponde agli interessi reali dei lavoratori che invece dovrebbero riprendere nelle proprie mani la lotta sindacale di classe all’insegna di aumenti salariali di almeno 300€, salario minimo a 10€ all’ora, difesa del reddito di cittadinanza.

D’altra parte non è vero che l’inflazione colpisce tutti – altra demagogia diffusa. Più utili per le aziende: “Anche l’Italia scopre l’effetto "greedflation”: nomi inglesi per nascondere che le imprese sono riuscite a scaricare sui listini gli aumenti dei costi, ingrassando i margini e quindi hanno sviluppato i profitti, hanno fatto più utili, mentre i lavoratori hanno meno salari.

Sul fronte delle lotte che succede? 

Oggi segnaliamo due questioni che ci sembrano importanti.

L’ennesimo uso della repressione poliziesca e squadrista rispetto agli operai in lotta.

Quando gli operai sono in lotta innanzi tutto devono lottare contro i propri padroni e padroncini, poi devono uscire dal silenzio in cui la stampa li relega per isolarli e, infine, devono lottare contro la repressione. Questa è avvenuta con le cariche poliziesche che hanno provocato ben 4 feriti nella giornata di ieri a Pieve Emanuele (Milano), nel magazzino Coop, dei lavoratori che stavano effettuando un blocco davanti ai cancelli da cinque giorni, in uno sciopero organizzato principalmente dal Si.Cobas.
“Stamattina – si scrive nel comunicato – si è verificato uno sgombero brutale del presidio dei lavoratori presso il magazzino della Coop di Pieve Emanuele da parte di reparti di carabinieri in antisommossa”.
E’ quindi la Coop, quella che parla di "valori solidali, di principii etici, di applicazione integrale dei contratti", che, in realtà, a fronte delle lotte dei lavoratori, si comporta come tutti i padroni e padroncini, ed in particolare come i padroni mafiosi della logistica abituati ad usare non solo lo strumento della repressione poliziesca, ma anche lo squadrismo antioperaio e altre forme che hanno prodotto anche la morte un operaio, Adil, a Novara.

Cosa fare rispetto a questo? E’ necessario far conoscere questa notizia e, come sempre, esprimere tutte le forme di solidarietà. Alla violenza antioperaia di padroncini, crumiri, guardie private, forze dell’ordine, deve corrispondere la solidarietà operaia di classe.
Noi da sempre siamo per il fronte unico di classe, per il patto d’azione tra le forze impegnate nelle lotte sindacali e riteniamo che anche in queste occasioni serva quella unità d’azione costante, al di là delle divergenze che vi possano essere nel sindacalismo di base e di classe, nel fronte di lotta che è vicino alle lotte dei lavoratori. Massima solidarietà, massima controinformazione, massima disponibilità a rispondere, anche a questa nuova aggressione ai lavoratori con manifestazioni ed azioni auto-organizzate.

L’altra lotta, piccola ma, secondo noi, molto significativa riguarda gli studenti.

A Milano è partita, per un’iniziativa molto semplice di una studentessa, la lotta sul problema degli alloggi universitari, dove c’è posto solo per il 5% dei fuori sede. I fuori sede si trovano nelle condizioni di pagare affitti assurdi per alloggi assolutamente inadeguati e condivisi, che pesano sulla loro vita quotidiana e pesano pesantemente sul reddito delle famiglie. Su questo nulla è successo da parte di tutti i governi e meno che mai nulla c’è da aspettarsi da parte di questo governo.

Gli universitari fuorisede sono i nuovi “paria” a cui viene negato, di fatto, il diritto allo studio. Non solo si studia all’Università per diventare poi futuri disoccupati, riempire i call center o partecipare alla gara viziata dei dottorati, ma la vita universitaria viene avvelenata anche in corso d'opera. E’ importante che questa lotta partita con un’iniziativa dal basso, anche di una sola studentessa, sia diventata una tendopoli in cui ora gli studenti fuori sede di Milano si stanno raccogliendo e questa lotta si sta estendendo anche in tante citta'  da Roma a Cagliari, e speriamo si estenda in tutta Italia; perché abbiamo bisogno di un movimento studentesco che combatta, che affronti effettivamente la condizione di vita degli studenti, le condizioni di studio e dia una base di massa alla ribellione generale degli studenti, che è un elemento centrale, nel contesto della politica attuale, della nuova mobilitazione di operai/studenti/masse popolari. La Francia lo sta dimostrando anche in questi giorni.


Nessun commento:

Posta un commento