INDICE
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
MEDICINA
DEMOCRATICA PER IL SI AL REFERENDUM CONTRO LE TRIVELLE
M.D. Alessandria movimentodilottaperlasalute@medicinademocraticaalessandria.it
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA ALESSANDRIA
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
PUBBLICATO IL NUOVO
REGOLAMENTO UE SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
RITMO INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO
Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
CAMPAGNA NAZIONALE ISDE "COMBUSTIONI ZERO"
AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
16 APRILE: INIZIATIVA PER LA GIORNATA MONDIALE
VITTIME AMIANTO
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
PUBBLICO IMPIEGO SUDDIVISO IN 4 AREE: I SINDACATI CEDONO AL
GOVERNO E ALL'ARAN
Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
LA QUESTIONE ILVA:
LIBRO/PRESENTAZIONE
Mario Murgia murgia.mario50@virgilio.it
MINISTRO ALFANO: GIUSTIZIA PER LA BASILICATA!
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
COSI’ VANNO AVANTI LE INTIMIDAZIONI AI NO TAV
Posta Resistenze posta@resistenze.org
USB: I "MILLE A MILANO" PER
L'OCCUPAZIONE E IL WELFARE E CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI
ILVA,
LE VERITÀ CHE GALLETTI NON DICE
Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
PER NON
DIMENTICARE: A 25 ANNI DAL MOBY PRINCE
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
TRIVELLA SELVAGGIA
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From: Medicina
Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent:
Sunday, April 03, 2016 2:41 PM
Subject: MEDICINA DEMOCRATICA
PER IL SI AL REFERENDUM CONTRO LE TRIVELLE
Proponiamo un
documento che contiene una corretta e completa presentazione dell’appuntamento
referendario No Triv.
Medicina Democratica,
sostiene il SI al quesito referendario pur conoscendo i limiti legati allo
strumento referendario e allo specifico quesito sottoposto ai cittadini.
I referendum sono
sempre e comunque un momento di democrazia che deve essere partecipata (e lo è
a partire dalla raccolta delle firme) e in quanto e se riesce a focalizzare
l’attenzione sul tema sottoposto che, in questo caso, non è semplicemente la
regolamentazione dei permessi di sfruttamento dei giacimenti marini già
rilasciati, ma la politica energetica italiana.
Su questo ben più
ampio e importante obiettivo Medicina Democratica mette a disposizione due
strumenti.
Un primo contributo
risale a 20 anni fa, all’inizio del 1996, quando la rivista Medicina
Democratica n 101-103 ha
ospitato un dossier dedicato alla esplosione del pozzo petrolifero di Trecate
(Novara) esaminando nel dettaglio le criticità tecniche e ambientali di tale
pratica, inquinante a terra come nel mare.
Si riportano a
seguire i link ai vari articoli del dossier.
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 01
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 02
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 03
Medicina Democratica
Numero 101-103 articoli 04 e 05
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 06
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 07
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 08
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 09
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 10
Medicina Democratica
Numero 101-103 articolo 11
Come secondo
contributo, segnaliamo che è’ uscito in questi giorni il numero della nostra
rivista (n.222-224) dedicato al “ciclo” del carbone: un altrettanto
importante approfondimento a disposizione dei comitati e per chi
vuole informarsi che potete richiedere alla nostra mail.
Di
seguito l’intervento sul tema referendario a firma di Marco Pezzoni.
PER UNA CORRETTA INFORMAZIONE
E’ il primo
Referendum promosso dalle Regioni italiane nell’intera storia repubblicana.
Riguarda il privilegio o la possibilità, dipende dai punti di vista, di
sfruttare i giacimenti in mare senza limiti di tempo da parte delle Compagnie
del gas e del petrolio.
Se vince il Sì viene cancellato
questo privilegio e le Compagnie possono continuare a estrarre gas o petrolio
fino al termine di tempo previsto dalla loro concessione.
Se vincono i No o se il quorum non viene raggiunto le Compagnie
potranno ottenere di prorogare lo sfruttamento del giacimento oltre il limite
di tempo previsto dalla loro concessione e fino al suo esaurimento.
PICCOLO APPROFONDIMENTO SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE
In base all’articolo
75 della nostra Costituzione i referendum sono di tipo
abrogativo, cioè cancellano Leggi o parti di Leggi e hanno efficacia solo se al voto partecipa il 50% più uno degli elettori
aventi diritto e vincono i Sì, cioè i favorevoli
all’abrogazione.
Nel caso del quesito
del 17 aprile, il referendum propone l’abrogazione, cioè la cancellazione, del
comma 17 dell’articolo 6 del Codice dell’Ambiente. Tale comma prevede la
prosecuzione dell’estrazione degli idrocarburi dai giacimenti già operativi ed
entro le 12 miglia
dalle nostre coste, fino a esaurimento del giacimento.
Per la precisione il
testo del comma 17 recita “I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi
per la durata di vita utile del giacimento”.
Il Referendum intende cancellare le parole “per la
durata di vita utile del giacimento”.
Pertanto se vincono i Sì le Compagnie petrolifere e di gas metano non potranno né
chiedere né ottenere il prolungamento dei tempi di sfruttamento del giacimento
una volta scaduta la concessione. Le concessioni in vigore in Italia durano
almeno 30 anni. Dunque se vincono i Sì le piattaforme in mare non sono
costrette a chiudere subito, é a lasciare a casa i lavoratori; semplicemente
portano a compimento il tempo della concessione già ottenuta dallo Stato
italiano.
Se vincono i No le Compagnie potranno chiedere un
prolungamento della concessione fino ad esaurimento del giacimento. Se non si
raggiunge il quorum è come se vincessero i No e il comma 17 rimane in piedi e
operativo.
Per ragioni di tecnica legislativa e per essere
accettati dalla Corte, i Referendum di tipo abrogativo devono riferirsi a
precise Leggi o parti di Legge. In questo caso il quesito accettato si
limita a intervenire su concessioni già in essere nei nostri mari entro le 12 miglia dalla costa,
mentre sono escluse le concessioni in terraferma e le concessioni in mare oltre
le 12 miglia
dalla costa (circa 22,2
chilometri). E’ evidente che una eventuale vittoria dei
Sì assumerebbe un valore politico e democratico più ampio e indicherebbe un
orientamento di fondo dell’elettorato italiano.
Per questo giornalisticamente è passata la
definizione di referendum sulle trivelle, in realtà il quesito referendario in
senso stretto riguarda il tempo di vita delle piattaforme in mare, le trivelle
essendo servite solo nella fase iniziale di ricerca dei giacimenti e successive
perforazioni.
I quesiti inizialmente erano 6. Solo 1 è stato accolto dalla Corte e il Governo ha fissato la data al 17 aprile 2016, con l’evidente intento di non favorire la partecipazione e il raggiungimento del quorum. Sul piano formale però la scelta è rispettosa del Decreto 98 del 2011 che prevede che le elezioni amministrative o politiche non siano abbinate ai referendum. Per decidere questo abbinamento il Parlamento italiano avrebbe dovuto votare una nuova Legge ad hoc.
I quesiti inizialmente erano 6. Solo 1 è stato accolto dalla Corte e il Governo ha fissato la data al 17 aprile 2016, con l’evidente intento di non favorire la partecipazione e il raggiungimento del quorum. Sul piano formale però la scelta è rispettosa del Decreto 98 del 2011 che prevede che le elezioni amministrative o politiche non siano abbinate ai referendum. Per decidere questo abbinamento il Parlamento italiano avrebbe dovuto votare una nuova Legge ad hoc.
Il tipo di quesito
specifico per le trivellazioni in mare risente anche dei soggetti che, comunque
meritoriamente, lo hanno promosso: sono 9 Consigli regionali di Regioni
italiane (per l’articolo 75 ne bastano 5 per avere diritto a promuovere un
referendum) che hanno questo specifico problema di fronte alle loro coste e
ritengono di correre gravi rischi ambientali. Sono Basilicata come capofila,
Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto.
Però la salvaguardia
dei mari italiani è un bene comune che dovrebbe interessare tutti, anche chi
abita in pianura padana!
Il Parlamento
italiano e soprattutto il Governo avrebbero avuto tutto il tempo per modificare
il comma 17 dell’articolo 6, accogliendo le specifiche proposte delle 9
Regioni, come del resto hanno fatto in altri 2 casi, modificando almeno
parzialmente la legislazione così da rendere ancora incerto lo svolgimento di
altri 2 referendum sui quali è stato presentato ricorso.
Se il quesito del
referendum sopravvissuto ha così poca consistenza, perchè il Governo non ne ha
recepito il contenuto e adesso si appresta a cavalcare la tesi dei 300 milioni
di euro buttati per il costo di un referendum che giudica inutile?
Delle due l’una: o il
Governo vuole dare una lezione alle Regioni che hanno osato differenziarsi,
operando per far mancare il quorum al Referendum e così poter gettare su di
loro e sugli ambientalisti la colpa dei 300 milioni di euro buttati, oppure gli
interessi delle Società di gas metano e petrolio pesano e contano ancora tantissimo.
Tra le Società di
trivellazione interessate, perchè hanno concessioni nei nostri mari, figurano
ENI, ENI-Edison Gas, Shell Italia, Po Valley OP, Appennine Energy... che hanno
ottenuto dal Governo la possibilità di prolungare la loro presenza nei nostri
mari con il vecchio ma sempre efficace ricatto dell’occupazione. Altro che
“decarbonizzazione” della nostra economia, le fonti fossili continuano a essere
protette e privilegiate perchè in mano a poteri forti.
Nei nostri mari la
grande maggioranza dei giacimenti è di gas metano, solo una piccola parte
riguarda l’estrazione di oil o petrolio. Tralasciando i gravi rischi
ambientali, l’estrazione di queste fonti fossili è sempre meno conveniente sia
sul terreno economico che su quello occupazionale: basti pensare che il
rapporto investimenti/occupazione mettendo a confronto il settore gas e
petrolio con il settore delle energie rinnovabili è di 1 a 7: cioè con la stessa
quantità di investimento le energie rinnovabili creano 7 volte più occupati.
E non si dica che le
energie rinnovabili sono state avvantaggiate rispetto alle fonti fossili, gas e
petrolio: nello stesso periodo di tempo i sussidi per le fonti rinnovabili in
Italia sono state di 6 miliardi di euro, mentre le fonti fossili ne hanno
beneficiato per 14,6 miliardi di euro.
Il fatto è che dal 2008 a oggi il fotovoltaico
nell’economia mondiale globale è diminuito del 70% in forza della sua capacità
di innovazione e quindi è sempre più competitivo, malgrado il prezzo delle
fonti fossili, in particolare del petrolio, sia stato ribassato su spinta
dell’Arabia Saudita del 60%.
Con il Vertice
mondiale sul clima di Parigi si sta voltando pagina e iniziando a scrivere una
pagina nuova di portata storica: finisce l’era delle fonti fossili, inizia
quella della decarbonizzazione dell’economia, che valorizza il solare, le fonti
rinnovabili e l’economia circolare.
Per questo Gianni
Silvestrini ha definito antistorica la scelta del Governo italiano di insistere
con il prolungamento delle concessioni per le piattaforme in mare.
Ma forse chi sta
giocando con la democrazia e l’economia italiana ha mire più raffinate:
utilizzare il fallimento del referendum del 17 aprile per riaffermare che
esiste un unico potere efficace in grado di mettere ordine alle spinte più
diverse che agitano il nostro Paese: quello centrale del Governo.
Forse non sono solo
le lobby del gas, del petrolio, delle multiutility come A2A ad essere
aggrappate al vecchio modello delle fonti fossili, forse chi sta al Governo
predilige il modello centralistico di un’energia prodotta, distribuita e
controllata da grandi imprese piuttosto che il modello diffuso e partecipato di
migliaia di cittadini produttori e insieme consumatori di energia attraverso la
rete delle rinnovabili.
Forse c’è chi pensa
al referendum del 17 aprile come a una tappa, anzi a un monito per piegare la
volontà dei territori e ridurli a quell’uniformità che tanto piace alle
“maggioranze silenziose”, quelle che potrebbero risultare decisive nel
referendum più importante, quello di ottobre sulla riforma della Costituzione
che, non a caso, ricentralizza molti poteri e riduce quello dei territori.
Marco Pezzoni
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To:
Sent:
Monday, April 04, 2016 3:08 AM
Subject: NEWSLETTER
MEDICINA DEMOCRATICA ALESSANDRIA
"Ambiente, il grande infermo": il notiziario
con numerosi articoli perchè votare Sì al referendum Trivelle.
Indagine epidemiologica nei Comuni della Valle Scrivia.
L'Osservatorio ambientale della Fraschetta è una rivendicazione storica di
Medicina democratica: è stato realizzato solo a Tortona e ha avviato lo studio
epidemiologico.
No a inceneritori e impianti di pirolisi per il
recupero dei materiali da rifiuti. Il documento redatto da Carmelo Ciniglio, presidente
dell'Osservatorio ambientale di Tortona.
1.200 manifestanti davanti alla Provincia. No alla
discarica di Sezzadio sulla falda acquifera a rischio amianto.
Non c'è rimasto più niente da demolire ad Alessandria.
La furia demolitrice è costretta a rivolgersi alle garitte militari.
http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it/2016/03/non-ce-rimasto-piu-niente-da-demolire.html
In “Ambiente Delitto Perfetto” ci siamo posti
l’angoscioso storico quesito: chi aveva ragione fra Umberto Eco e il papa
Alessandro III?
Cosa farà Medicina democratica al processo di appello
Solvay. Cosa faranno invece Comune, Provincia, CGIL, Ministero dell'Ambiente,
WWF, Legambiente, ProNatura? Che fine faranno le gatte da pelare del Pubblico
Ministero?
Solvay querela Medicina democratica. Nell'atto di
citazione si apprende "il passato
turbolento di Medicina Democratica non nuova ad attacchi mediatici a danno di
Solvay sempre al limite della legalità, in base ad una concezione della libertà
di espressione assoluta e talebana".
Solvay, non ci sono solo Bussi e Spinetta, c'è anche
Rosignano. Maurizio Marchi da Livorno ricorda " A noi Seveso ci fa un
baffo .... le bonifiche si rimandano sine die" e ci aggiorna la
cronostoria degli incidenti e impatti rilevanti sulla salute dei lavoratori e
della popolazione.
Solvay a tutto campo. Si incrociano in questi giorni i
processi gemelli di Spinetta Marengo e Bussi. A Chieti la Procura ha chiesto
l’annullamento della sentenza e la riapertura del processo perché “è stata
stravolta la lettera e la ratio della norma incriminatrice di avvelenamento
delle acque”. Ad Alessandria la
Procura farà altrettanto dopo aver preso atto delle
motivazioni?
E' uscito il numero di marzo di "Lavoro e
salute". A pagina 35 il processo Solvay.
E' uscito l'ultimo numero della rivista di Medicina Democratica.
http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it/2016/04/e-uscito-lultimo-numero-della-rivista.html
E' tempo di travasare i sogni: un anno dalla morte di
Gabriella Bertini. Ricordiamo l'indimenticabile compagna di Medicina Democratica.
I due volti della Sanità italiana. Da una parte le
(tante) situazioni di spreco, dall’altra le buone pratiche, pure numerose, che
contraddistinguono la significativa fotografia del Servizio Sanitario Nazionale.
Associazione Medici per l'ambiente: il notiziario di
marzo.
Messaggio di pace e salute inviato a
14.963 destinatari da:
Barbara Tartaglione b.tartaglione@tiscali.it
MEDICINA DEMOCRATICA - MOVIMENTO DI
LOTTA PER LA SALUTE
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20100 Milano
5 x mille 97349700159
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To:
Sent: Monday,
April 04, 2016 6:02 PM
Subject: PUBBLICATO IL NUOVO REGOLAMENTO
UE SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALI
Niente paura,
questo non è un pesce d'aprile...
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione
europea del 31 marzo 2016 (L 81/51), è stato pubblicato il nuovo Regolamento
(UE) 2016/425 sui Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che abroga la Direttiva 89/686/CEE.
Il Regolamento, composto da 48 articoli e
10 allegati, all’articolo 1 stabilisce i requisiti per la progettazione e la
fabbricazione dei DPI che devono essere messi a disposizione sul mercato, al
fine di garantire la protezione della salute e della sicurezza degli
utilizzatori. Stabilisce inoltre norme sulla libera circolazione dei DPI
nell'Unione.
Prima di entrare nel merito della nuova
regolamentazione vale la pena ricordare che due sono state le principali
Direttive europee sui DPI emanate a livello comunitario e recepite anche
dall’Italia:
-
la Direttiva 89/686/CEE sull’armonizzazione
delle leggi sui DPI recepita con il D.Lgs. 475/92, che viene per l’appunto
abrogata dal nuovo Regolamento;
-
la Direttiva 89/656/CEE suul’utilizzo
dei DPI nell’ambiente di lavoro, recepita in Italia dal D.Lgs. 626/94 e
successivamente nel D.Lgs. 81/08 che non viene modificata.
Lo stesso punto 23) della Premessa al
Regolamento, individua la necessità di specificare chiaramente il rapporto e
l'ambito di applicazione rispetto al diritto degli Stati membri al fine di
stabilire prescrizioni per l'uso dei DPI sul luogo di lavoro (Direttiva
89/656/CEE) del Consiglio, al fine di evitare qualunque confusione e ambiguità
e dunque di garantire la libera circolazione dei DPI conformi. L'articolo 4 di
tale Direttiva obbliga infatti i datori di lavoro a fornire DPI conformi alle
relative disposizioni dell'Unione concernenti la progettazione e la
fabbricazione in materia di sicurezza e salute. A norma di tale articolo, i
fabbricanti di DPI che li forniscono ai loro dipendenti devono assicurare che
tali DPI ottemperino ai requisiti di cui al presente regolamento.
Ancora una volta ci troviamo di fronte al possibile contrasto tra una “noma di prodotto” che detta regole per la circolazione nel mercato dell’UE, ed una “norma sociale” quale quella per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che tali DPI devono utilizzare nei luoghi di lavoro. Eventuali contrasti dovranno essere evitati e risolti dal Legislatore nazionale.
Ancora una volta ci troviamo di fronte al possibile contrasto tra una “noma di prodotto” che detta regole per la circolazione nel mercato dell’UE, ed una “norma sociale” quale quella per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che tali DPI devono utilizzare nei luoghi di lavoro. Eventuali contrasti dovranno essere evitati e risolti dal Legislatore nazionale.
Sempre in premessa va sottolineato il
fatto che il Legislatore comunitario, per dettare le nuove regole sui DPI, ha
fatto uso del Regolamento e non di una Direttiva. Ricordo che il Regolamento è
un atto legislativo vincolante, che deve essere applicato in tutti i suoi
elementi nell'intera Unione europea senza bisogno di recepimento.
Al contrario, la Direttiva è un atto
legislativo che stabilisce un obiettivo che tutti i Paesi dell'UE devono
realizzare. Tuttavia, spetta ai singoli Paesi definire attraverso disposizioni
nazionali come tali obiettivi vadano raggiunti.
Un
importante rinvio al Legislatore nazionale vi è però anche in questo
Regolamento e, precisamente, quello che attribuisce agli Stati membri il
compito di stabilire le sanzioni da imporre in caso di violazione delle
disposizioni contenute e che, come previsto dal legislatore comunitario,
potranno includere anche sanzioni penali nel caso di gravi violazioni.
Per proseguire nella lettura
dell'interessante analisi del nuovo regolamento e scaricare l'intero
Regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, il
link è:
Franco Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Tuesday, April 05, 2016 9:00 AM
Subject: RITMO
INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO
RITMO INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO: LA
"GARA" REGIONALE E PROVINCIALE PER CHI RIESCE AD AVERE PIÙ MORTI PER
INFORTUNI SI STA FACENDO AVVINCENTE
L'URLO SILENZIOSO DI CHI MUORE LAVORANDO SENZA AVERE
NEPPURE ESSERE RICORDATI
4 aprile 2016
Anche oggi
c'è stata una mattanza di lavoratori, sono stati 3, due in edilizia e un altro
caduto da un pino.
Sono stati
dodici i morti sui luoghi di lavoro
in questi primi 4 giorni di aprile. Una sequenza impressionante.
Anche la mia
regione quest'anno sembra stia avendo tantissimi morti sul lavoro. L'Emilia
Romagna è prima a "pari merito" con la Toscana. sono tallonate
dal Veneto che ne ha 12, seguono distaccate di un solo morto il Piemonte e la Campania che ne hanno 11.
Ma a breve
sarà la Lombardia
a staccare tutti, come del resto tutti gli anni. Ma la Lombardia a il doppio
degli abitanti di qualsiasi altra regione italiana, e ha sempre, e comunque una
situazione migliore rispetto alle altre regioni.
L'indice
occupazionale non ha nessun valore statistico visto che a morire sono
soprattutto lavoratori che non sono assicurati all'INAIL, che ricordiamo
monitora solo i propri assicurati e tantissimi non lo sono.
Tanti i
morti in nero in questo periodo.
A morire
oggi Francesco Marabito a Cantù in provincia di Como: è stato travolto da
un escavatore, aveva solo 39 anni.
E' caduto in
una buca con l'escavatore in provincia di Reggio Emilia un altro edile di cui
non si conosce l'identità.
In provincia
di Avellino è morto P.N. cadendo da un pino.
Poi occorre
ricordare gli 8 agricoltori schiacciati dal trattore nell'ultima settimana,
senza che nessuno "lassù” se ne accorga.
Una
carneficina infinita che non tocca i cuori di chi dovrebbe occuparsene, sono
tutti impegnati in cose ben più importanti della vita di chi lavora. Si
potrebbe far tanto, ma la vita di chi lavoro di questi tempi non interessa
nessuno. Stiamo in silenzio e preghiamo per loro, sperando che Papa Francesco
l'unico tra i "potenti"che s'interessa dei lavoratori faccia sentire
la sua voce e risvegli le coscienze dei nostri governanti.
Naturalmente
ci sono tanti, in ordine sparso che si occupano di sicurezza sul lavoro. ma
anche le loro sono voci nel deserto dell'anima che sembra aver colpito il
nostro Paese.
Alcuni
sindacati come per esempio gli edili della CGIL sono sempre sul problema, ma
anche loro "urlano" in un vuoto spaventoso.
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From: Patrizia
Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
To:
Sent:
Tuesday, April 05, 2016 12:39 PM
Subject: CAMPAGNA
NAZIONALE ISDE "COMBUSTIONI ZERO"
Segnalo
questa iniziativa di ISDE che spero possiate condividere
Saluti
Patrizia
CAMPAGNA
NAZIONALE ISDE “COMBUSTIONI ZERO”
In
vista del referendum sul quesito abrogativo dell’articolo 35 dello Sblocca
Italia, ISDE Italia ha attivato la campagna nazionale “Combustioni Zero”.
Il documento
messo a punto da Ugo Corrieri, Valerio Gennaro, Patrizia Gentilini, Ernesto
Burgio, Agostino Di Ciaula e Vincenzo Migaleddu è scaricabile al link:
Questo
documento è stato inviato anche al Comitato “Sì blocca inceneritori” come
strumento di supporto scientifico nella promozione della raccolta firme ai fini
del referendum che si dovrebbe svolgere il prossimo anno.
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From: AIEA Paderno
Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent:
Tuesday, April 05, 2016 4:28 PM
Subject: 16
APRILE: INIZIATIVA PER LA
GIORNATA MONDIALE VITTIME AMIANTO
Buongiorno,
in occasione
della Giornata Mondiale delle Vittime dell'Amianto (28 aprile), l’Associazione
Italiana Esposti Amianto (AIEA) di Paderno Dugnano e Medicina
Democratica organizzano per sabato
16 aprile un evento nell'Auditorium Tilane in piazza della Divina
Commedia, 3 a
Paderno.
L'iniziativa
comincerà alle ore 17:00 con un convegno sulle tematiche
dell'amianto e delle Vittime nei luoghi di lavoro.
Seguirà una "apericena"
e la proiezione del film "I Vajont" prodotto dall'AIEA e da Medicina
Democratica.
Al termine
della serata ci saranno gli interventi della sceneggiatrice e regista del film.
Vi
aspettiamo!
Saluti Cordiali
Lorena Tacco
AIEA Paderno
Dugnano
Pagina Facebook
dell'evento: https://www.facebook.com/events/988451101191019
“I Vajont” Official Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=SS61V81T7gs
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To:
Sent:
Wednesday, April 06, 2016 3:01 AM
Subject: PUBBLICO IMPIEGO SUDDIVISO IN 4
AREE: I SINDACATI CEDONO AL GOVERNO E ALL'ARAN
Era nell'aria la firma dell'accordo che riduce a 4 i comparti contrattuali nel pubblico impiego.
La CGIL dichiara che il Governo, ora, non
avrebbe più alibi per sottoscrivere i contratti dimenticando che tra pochi
giorni sarà pubblicato il documento di programmazione economica, dentro cui
troveremo le cifre per il prossimo triennio contrattuali senza dimenticare che la Legge di Stabilità ha
stabilito l'importo per il 2016: 8 euro mensili.
I comparti
contrattuali passano da 11 a
4 comparti così suddivisi
-
Funzioni centrali;
-
Funzioni locali;
-
Sanità;
-
Istruzione e ricerca.
Le
operazioni di accorpamento hanno riguardato il primo (ministeri, agenzie
fiscali, enti pubblici non economici) e l'ultimo settore (fino
ad oggi scuola, ricerca, università e Afam erano invece
ben distinte).
Perché ridurre a 4 i comparti?
-
Si applica,
dopo anni, la
Legge Brunetta che prevede tra l'altro le fasce di
merito attraverso cui erogare la produttività (lasciando il 25% del personale
senza un euro); con il rinnovo dei contratti sarà possibile applicare le
famigerate fasce che alimenteranno iniquità e ingiustizie destinando i soldi di
tutti ad una minoranza;
-
si riduce il
numero non solo dei dirigenti, ma anche del personale della pubblica amministrazione;
-
si
taglieranno numerose voci del salario accessorio andando verso quella
semplificazione che nel linguaggio Renziano significa perdita economica per i
lavoratori;
-
si va verso
un nuovo modello contrattuale con una parte comune a tutto il settore pubblico
e una parte cosiddetta speciale di comparto, magari demandando, tra una deroga
e l'altra, alla contrattazione di secondo livello: in questo modo sarà più
facile equiparare stipendi e promuovere in futuro la mobilità tra comparti
rinunciando a stabilizzare i precari e a bandire nuovi concorsi.
Per
salvaguardare specifiche professionalità all'interno dei comparti, ognuno avrà
il suo contratto, a una parte "comune" potranno essere affiancate
parti "speciali". Quanto alla rappresentatività sindacale all'interno
dei nuovi comparti è prevista una fase transitoria, che fa salve le ultime
elezioni delle RSU, ma resta ferma la soglia del 5% di deleghe e voti.
Per alcune
sigle sindacali più piccole, che magari erano rappresentative in un comparto
ora diluito in uno più grande, ciò può determinare il rischio di scomparire.
Per questo nell'accordo è stata stabilita la possibilità di alleanza, fusioni,
con altri sindacati, da portare a termine entro tempi precisi.
Il Governo
per sedersi al tavolo e discutere del rinnovo dei contratti (è obbligato a
farlo da una sentenza della Corte Costituzionale che risale a luglio 2015,
ossia 9 mesi fa) voleva prima i 4 comparti per avviare quel processo di
ridimensionamento dei servizi e del lavoro pubblico richiesto a suo tempo dalla
Troika. E puntualmente i sindacati CGIL, CISL e UIL hanno servito al Governo,
sul solito piatto di argento, quanto richiesto.
Di motivi
per esultare ce ne sono ben pochi, se leggiamo le note stampa sindacali si
capisce bene quali siano i loro intenti, per esempio la difesa dei dirigenti e
delle posizioni organizzative, la salvaguardia del loro monopolio
contrattuale, l'assenza di una visione complessiva che tenga insieme i settori
pubblici con le partecipate e gli appalti.
Definire
poi, come fa la CGIL, innovativo
questo accordo significa sposarne l'impianto e la filosofia di fondo che è
quella di indebolire il potere di acquisto e di contrattazione dei settori
pubblici per poi passare a una nuova stagione privatizzatrice, affermare un
modello di contrattazione al ribasso magari presentando tanti accordi di
secondo livello come privilegi da abbattere
Ricordiamo
che allo stato attuale, i finanziamenti stanziati dalla Legge di stabilità
prevedono aumenti ridicoli pari a 8 euro al mese e se aggiungeranno risorse per
i prossimi anni saremo a noi a pagarceli con la mancata stabilizzazione dei
precari, il mancato turn over, l'aumento dei carichi di lavoro e il saccheggio
del salario accessorio.
Come
accaduto con le tutele crescenti del Jobs Act, gli sgravi alle imprese non
servono a costruire posti di lavoro, gli sgravi e la decontribuzione
accordate alle imprese, lungi dal creare i posti di lavoro annunciati, si
ripercuotono negativamente sulle pensioni future soprattutto di quanti/e
avranno pochi anni di contributi.
Da chi ha
creato il Jobs Act possiamo forse attenderci contratti favorevoli ai
lavoratori? Chi crede a queste storielle è complice del Governo e artefice
della sconfitta dei lavoratori
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From: Rete
Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, April 06, 2016 8:35 AM
Subject: LA QUESTIONE ILVA:
LIBRO/PRESENTAZIONE
VENERDI 15 APRILE
PRESENTAZIONE DEL LIBRO “ILVA: LA
TEMPESTA PERFETTA. TUTTI GLI AVVENIMENTI DELLA FASE CALDA
2012-2013”
Il volume
ripercorre, attraverso articoli, materiali, documenti, la vicenda ILVA di
Taranto nella fase calda dal 2012 al 2013, per restituire agli operai una
lettura ricca e complessa della “guerra” che si gioca all’Ilva, e per indicare
le “armi” politiche, sindacali, teoriche di cui devono dotarsi gli operai per
fare la loro battaglia di classe.
Contiene
anche gli atti giudiziari che hanno portato al processo ILVA in corso, “madre
di tutti i processi”.
Saranno presenti gli
autori del volume.
L’iniziativa si terrà
nella sala superiore del Circolo operaio di Magrè (Schio)
Organizza il Comitato
di solidarietà con le lotte dei lavoratori.
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To:
Sent: Wednesday, April 06, 2016 7:43 PM
Subject: MINISTRO ALFANO: GIUSTIZIA PER LA BASILICATA!
Da
Giornalemio.it
Un
blog partecipativo, il giornale fatto da te
Per un Renzi che preferisce non commentare l’ennesimo rinvio della
visita a Matera, visto il clima incandescente che l’inchiesta petrolifera sta
avendo sul governo e nel PD, è annunciata per sabato 9 quella (recuperata dopo
un precedente rinvio) del Ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Sarà a Palazzo Viceconte per presentare, alle 17.00, il libro “Chi ha
paura non è libero”.
E’ inevitabile che il discorso cadrà, ma forse sarà un po’ attenuato,
sulle critiche di “inconcludenza” che il Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteo Renzi ha rivolto alle inchieste sul filone petrolifero, avviate in
passato dalla Magistratura potentina. Critiche che hanno procurato
l’inevitabile presa di posizione dell’Associazione Nazionale Magistrati e di
varie forze politiche.
Un copione già visto con altro Presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi, sommerso di inchieste dall’esito differente, ma che serviva a radicalizzare
posizioni e lo scontro tra poteri dello Stato. Il risultato è sotto gli occhi
di tutti: riforme senza risorse e rallentamenti inevitabili delle attività
inquirenti e decisionali. Ci risiamo? Cui Prodest?
Renzi ha chiesto di far presto, ma ha dimostrato di non avere senso
dello Stato per quanto detto prima. E poi dopo l’interrogatorio a Roma, come
persona informata dei fatti del Ministro per i rapporti con il Parlamento,
Maria Elena Boschi, toccherà giovedì 7 aprile all’ex ministra per lo Sviluppo
Economico Federica Guidi raggiungere Potenza per essere interrogata.
E potrebbe non essere la sola. Lo stesso Matteo Renzi, che alla
trasmissione “In mezz’ora” di Lucia Annunziata ha rivendicato la paternità e la
volontà di portare avanti il chiacchierato emendamento per Tempa Rossa,
potrebbe essere sentito. Lui stesso l’ha chiesto: ma sono ipotesi, calma è
gesso.
La fretta e il protagonismo irruento di taglio social alla lunga non
paga. Si lavori sui fatti e sui riscontri, come sta venendo fuori. Dentro questa
pagina nera come il petrolio o come il “cancro”, per usare un termine brutale
ma luttuoso che coinvolge molte famiglie, c’è la Basilicata che chiede
trasparenza, giustizia per quanti hanno perso affetti o soffrono con tanti
punti interrogativi alla scoperta che si sono ammalati per un’ambiente
avvelenato, ai piedi del Sacro Monte della Val D’Agri. Lo diciamo ai devoti di
circostanza, che dovrebbero recitare un vibrato “mea culpa” per quanto non
fatto pur di mandare avanti ambizioni e interessi.
E questa è stata una pugnalata al cuore della Basilicata verde. Il resto
è storia...giudiziaria d’oggi. Chi l’avrebbe immaginato? Dalla Basilicata un
effetto domino sui binari della Giustizia che sta coinvolgendo e sconvolgendo
le tante facce toste, abituate a vendere fumo, sorrisi ipocriti e a
sottovalutare in nome del lobbismo affaristico e delle cambiali elettorali da
onorare, quelle sullo sfruttamento petrolifero a tutti i costi, la salute dei
cittadini e quella del territorio.
Il sequestro di carte cliniche da parte del Nucleo Operativo Ecologico
(NOE) dei Carabinieri in vari ospedali della regione lo confermano. Una
decisione (che rientra nel filone d’inchiesta della Procura di Potenza sulle
attività di smaltimento dei rifiuti prodotti dal Centro Oli dell’Eni) e
finalizzata a verificare le patologie più diffuse, e tra queste i tumori.
E come se non bastasse, in relazione ai dati del Registro regionali
riferiti al 2007 e all’insufficiente monitoraggio ambientale che continua ad
alimentare le polemiche, si aggiunge la precisa denuncia del presidente
dell’Associazione medici per l’ambiente Roberto Romizi, che segnala in Val
d’Agri un aumento di mortalità per tumori del sangue (leucemie) e allo stomaco.
Un commento che giunge dopo l’indagine dell’Ufficio statistica dell’Istituto
superiore di sanità e trasmesso alla Regione Basilicata, e che mette in
relazione quanto appurato dagli organismi inquirenti.
Lo studio, che fa riferimento a dati su mortalità e ricoveri, nel
periodo 2003-2010, ha
riguardato 20 comuni delle Valli del Sauro e dell’Agri e ha accertato un
eccesso di mortalità di tumori maligni allo stomaco, del sistema respiratori,
dell’apparato digerente. Segnalati anche aumenti di morti per infarto.
Finita? Macchè. C’è sempre il problema per esposizioni da amianto e
altre sostanze chimiche della Valbasento, portato avanti con ostinazione
dall’Associazione Italiana Esposti Amianto Basento, e che preoccupa non poco.
Lo stillicidio di persone colpite da neoplasie è periodico. Ma quanto
all’accertamento e al pagamento di responsabilità occorrerebbe una svolta
giudiziaria, che ancora non si vede. Si susseguono gli esposti, le audizioni
del caparbio Mario Murgia e di altri volontari, ma finora si è mosso poco. Si
attende la visita dell’ennesima commissione parlamentare d’inchiesta o la messa
in mora del nostro Paese da parte dell’Unione Europea. Su tutto questo c’è una
coltre di silenzio a vari livelli.
La Giustizia fa il suo corso, ha i suoi tempi per accertare laddove possibile
eventuali responsabilità. Questa volta, accanto all’inchiesta tra malapolitica
e malaffare, c’è quello più importante della salute e su questo i “Governi”
tacciono e parlano di poteri forti che pressano e strumentalizzano per evitare
che si prosegua nelle riforme o nel rilancio economico del Paese.
Che ipocrisia! Questa gente in Basilicata non la vogliamo, a meno che
non scelgano l’Agri, il Bradano o il Basento, anzi che l’Arno, il Po’, il
Tevere, per compiere un gesto estremo riparatore per i tanti danni procurati
alle genti lucane.
Un “pietrone” al collo per vedere affondare le tante “facce toste” che
continuano a ripetere che è “Tutto a posto” e che “hanno fatto fino in fondo il
proprio dovere”.
Hanno fatto soldi, beh...per la legge del contrappasso dovrebbero
spenderle tutte in medicinali, come ripete un antico detto meridionale.
La Basilicata chiede giustizia e non passarelle di VIP. Non ne abbiamo bisogno, anzi.
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, April 07, 2016 3:29 AM
Subject: COSI’ VANNO AVANTI LE INTIMIDAZIONI AI NO TAV
Ci sono fatti, pur all'apparenza minori, che consentono di cogliere in modo plastico il senso di alcune vicende giudiziarie. Sono accaduti di nuovo, nei giorni scorsi, in Val Susa (sempre più cartina di tornasole delle peggiori derive istituzionali). Non si è trattato, questa volta, di contestazioni, tanto drammatiche quanto fantasiose, di terrorismo e neppure del tentativo di ridurre al silenzio voci fuori dal coro. Si è trattato “soltanto” di una, a dir poco anomala, applicazione di arresti domiciliari e di obblighi di presentazione a otto attivisti No TAV imputati di resistenza a pubblico ufficiale per un episodio non dissimile, quanto a rilevanza penale, da un banale diverbio stradale.
Nei giorni
scorsi il Tribunale del riesame, revocando tutti gli arresti domiciliari e
alcuni obblighi di firma, ha, ancora una volta, ridimensionato l'impostazione
della Procura torinese (che avrebbe voluto addirittura gli imputati in carcere),
ma ciò non toglie, anzi sottolinea ulteriormente, la gravità e il segno
dell'operazione.
I fatti,
dunque, come descritti nell'ordinanza cautelare. Il 17 settembre 2015
un'autopattuglia dei Carabinieri di Susa ferma un furgone con a bordo due
attivisti No TAV che rientrano da una “estemporanea iniziativa di contestazione
svoltasi al cantiere di Chiomonte”. Il conducente del furgone, pur noto ai Carabinieri
operanti, esibisce carta di identità e documenti di circolazione del mezzo
mentre il passeggero rifiuta di declinare le generalità. Durante il controllo
sopraggiunge un'auto con quattro attivisti che ingaggiano un'accesa discussione
con i Carabinieri nel corso della quale uno dei presenti afferra per un braccio
e strattona il maresciallo dell'autopattuglia. Nulla di più e nulla di meno.
Sei mesi
dopo, le misure cautelari. Eseguite in modo spettacolare e con il corredo di
perquisizioni domiciliari e personali a raffica. Si legge in uno dei Decreti
autorizzativi che le perquisizioni, finalizzate alla ricerca di “materiali e
documentazione anche su supporto informatico inerenti i fatti per cui si
procede”, non devono riguardare solo gli imputati ma “qualunque altro soggetto
anche solo temporaneamente presente nei luoghi perquisendi” e possono avvenire
anche in ora notturna (“stanti le ragioni di urgenza dovute al pericolo che si
disperdano ovvero deteriorino in tutto o in parte le prove e tracce relative ai
reati contestati”).
C'è da non
crederci. La discussione tra attivisti e Carabinieri era incontestata e
descritta da subito sui siti del movimento, il fatto era di evidente modestia,
i partecipanti erano tutti valligiani conosciuti dai Carabinieri e da essi
identificati (come precisato nell'annotazione di Polizia Giudiziaria), cinque
di loro erano incensurati. C'erano dunque, a tutto concedere, le condizioni per
un ordinario processo a piede libero in cui discutere di molte cose: delle
reali modalità del fatto, delle responsabilità dei singoli (posto che alcuni
degli imputati non risultano neppure essere intervenuti nella discussione), di
eventuali reazioni ad atti arbitrari dei Pubblici Ufficiali (alcuni dei quali
usi rimpiangere i metodi del fascismo) e via elencando.
Perché,
dunque, le misure cautelari? E perché le perquisizioni, all'evidenza inutili ai
fini dichiarati (per la natura del fatto contestato e per il tempo da esso
trascorso)? E ancora: perché perquisire le persone temporaneamente (e magari
casualmente) presenti nei luoghi in cui si trovavano gli imputati? Perché costringere
a denudarsi, con l'accompagnamento di commenti volgari e umilianti, tutte le
donne presenti? Quali materiali inerenti un episodio di resistenza potevano
trovarsi nei computer o nei telefoni sequestrati a persone non gravate da alcun
indizio di partecipazione al reato? Perché sequestrare (come puntualmente
accaduto) oggetti del tutto privi di significato con riferimento alla
resistenza? Quali ragioni di urgenza imponevano, sei mesi dopo i fatti, di
procedere in tempo di notte?
La risposta
è tanto semplice quanto preoccupante. Per anni magistrati autorevoli e meno
autorevoli (supportati da schiere di giornalisti e commentatori) hanno gridato
ai quattro venti che gli interventi repressivi disposti non riguardavano il
movimento No TAV, ma solo reati specifici commessi da frange estremiste e
violente, per lo più estranee alla Val Susa. Così cercando di dividere e di
isolare.
Ora anche la
maschera è caduta. I destinatari delle misure cautelari sono stati vecchi e
giovani valligiani imputati per fatti che in ogni altra parte d'Italia
avrebbero meritato, al massimo, un dibattimento di routine al di fuori da ogni “corsia
preferenziale”. E le perquisizioni effettuate, nella loro inutilità e
improprietà, evocano un intento persecutorio e intimidatorio e una prassi di
indagine senza limiti alla ricerca di non si sa che cosa. Bersaglio
dell'intervento repressivo è sempre più chiaramente, in altri termini, il
movimento No TAV in quanto tale (e, dunque, l'attività di opposizione da esso
svolta).
A conferma (se
ce ne fosse bisogno) di quanto accertato dal Tribunale permanente dei popoli
nella sentenza 8 novembre 2015 nella quale si segnalano, in Val Susa, “risposte
istituzionali che spesso hanno superato la soglia fisiologica del mantenimento
dell'ordine democratico e dell'equilibrato perseguimento dei reati, inducendo (per
le loro modalità, distorsioni o eccessi) significative violazioni di diritti
costituzionalmente garantiti”.
E’ un
segnale da non sottovalutare, non solo per la Val Susa.
Da Il
Manifesto
Livio Pepino
03/04/16
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, April 07, 2016
3:29 AM
Subject: USB:
I "MILLE A MILANO" PER
L'OCCUPAZIONE E IL WELFARE E CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI
Da USB
04/04/16
La Piattaforma programmatica di USB sarà sostenuta anche da una grande raccolta di firme.
La Piattaforma programmatica di USB sarà sostenuta anche da una grande raccolta di firme.
L'Assemblea
nazionale di Milano del 3 aprile ha visto oltre 1.000 delegati USB provenienti
da tutte le regioni italiane confrontarsi sui temi del lavoro,
dell'occupazione, del welfare, del reddito e del salario, delle pensioni e
della previdenza, della scuola e della sanità, del diritto alla casa e di
uguali diritti per tutti. Una iniziativa anche interna alla
"giornata" internazionale del 4 aprile indetta dal Sindacato
Internazionale dei Lavoratori Pubblici (TUI PS&A) della FSM/WFTU
contro le privatizzazioni e a difesa del pubblico.
Un clima
determinato e sereno, emozionante e coinvolgente quello che si è vissuto in
Assemblea e che da nuovo slancio all'intero sindacato.
Dall'Assemblea
emergono senza dubbio alcuni elementi importanti non soltanto per il sindacato
e i suoi iscritti, ma per l'intero mondo del lavoro.
I temi
centrali discussi in Assemblea sono quelli che vivono tutti i giorni i
lavoratori e le lavoratrici, ma anche quelli che oggi investono l'intera
società: avere almeno un disoccupato in famiglia, non riuscire ad arrivare a
fine mese e non avere un reddito minimo sufficiente neanche per sopravvivere,
rinunciare a curarsi o aspettare mesi e mesi per un esame diagnostico, non
avere un tetto sulla testa o non riuscire a pagare più il mutuo, mandare i
figli in una scuola ormai allo sbando e affidata sempre più agli interessi
privati, vivere città sempre meno vivibili e sempre più inquinate, vivere la
condizione di migrante come cittadino di serie B, ecc. ecc.
Questa
situazione provoca un disagio complessivo della società e nella società che non
può essere più affrontato dal sindacato soltanto con la lotta sui posti di
lavoro, ma al quale deve corrispondere un intervento generale a livello
nazionale e anche europeo e internazionale.
Non è più
sufficiente essere un buon e onesto sindacato di base che lotta per difendere
le condizioni ed il salario sul proprio posto di lavoro. USB deve partire
certamente da queste certezze, ma per affrontare le sfide dei prossimi mesi e
dei prossimi anni deve sempre più rapidamente tendere a essere un sindacato
generale, di massa, di classe.
USB cresce
numericamente e qualitativamente ogni giorno di più e questa grande Assemblea
di Milano lo dimostra concretamente. Ci sono tanti giovani, ci sono donne e
uomini coscienti della propria condizione e convinti del progetto che si sta
portando avanti. Ci sono tutti i settori produttivi del paese, dall'industria
al lavoro pubblico, dai servizi ai trasporti, dal commercio alle
telecomunicazioni e alla logistica. USB è ormai un sindacato maturo e pronto ad
assumersi le grandi responsabilità che le competono.
La Piattaforma emersa dall'Assemblea non è il
libro dei sogni ma un percorso di lotta, un processo di acquisizione e
accumulazione della forza e delle energie necessarie a contrapporsi al mondo
delle privatizzazioni, della finanziarizzazione della società, dell'arroganza
del potere, della forza dei grandi gruppi economici...per dirla in una sola
parola, del capitale.
La
differenza tra USB e CGIL, CISL e UIL sono ormai così evidenti che risulta
quasi inutile ribadirle. Queste ex organizzazioni sindacali non rappresentano
più gli interessi dei lavoratori e gli interessi generali delle classi
subalterne. Serve scalzarle, sradicare il loro sistema di potere e costruire
l'alternativa. Un'alternativa che non può che partire oggi da USB e svilupparsi
nei prossimi anni attraverso la crescita e la condivisione di obiettivi e
pratiche che non sono certo quelle proposte da CGIL, CISL e UIL.
Le
iniziative da mettere in campo sono tante e tutte rilevanti. Soltanto
l'organizzazione e una rinnovata militanza potranno tenere testa alle
necessità, dare forza alle mobilitazioni, dare seguito alle vertenze ed alle
lotte, rappresentare al meglio gli obiettivi e gli strumenti per realizzarli.
Esiste una Piattaforma programmatica di USB che deve essere fatta vivere giorno
per giorno, deve essere arricchita del contributo di tutti, deve essere fatta
propria sui posti di lavoro, nelle città e nelle strade, in ogni vertenza e in
ogni occasione.
Nelle
prossime ore si avvierà anche una grande raccolta di firme a sostegno della
Piattaforma. Lavoriamoci tutti insieme e facciamo crescere questa iniziativa
che dovrà far sviluppare dal basso una mobilitazione sempre più vasta e
partecipata, sino ad arrivare a grandi iniziative sociali e sindacali nei
prossimi mesi, sino allo sciopero generale. Il governo Renzi e l'attuale
maggioranza trasversale di governo stanno continuando ad eseguire le
indicazioni sempre più vincolanti dell'Unione europea, hanno di fatto portato
l'Italia in guerra, vogliono modificare la Costituzione, hanno
peggiorato le condizioni di vita di strati sempre più ampi della società,
stanno continuando a spostare ricchezza dalle tasche di tanti a quelle di
pochi.
E'
necessaria una risposta forte, è necessario mandarli tutti a casa.
Buona lotta
e buon lavoro a tutte e tutti!
La Piattaforma Programmatica di USB “Voglio lavoro e stato sociale” è scaricabile al link:
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From:
MicroMega kwdirect@newsletter.kataweb.it
To:
Sent:
Thursday, April 07, 2016 6:48 AM
Subject: ILVA, LE VERITÀ CHE
GALLETTI NON DICE
Il Ministro dell’Ambiente Galletti ha dichiarato oggi ai microfoni di Radio Capital che la situazione a Taranto è migliorata, “è sotto controllo”. Secondo il Ministro, infatti, quello dell’ILVA è “un piano ambientale molto ambizioso, finora rispettato, che deve andare di pari passo con quello industriale e occupazionale”.
Proprio
stamane, tempismo perfetto, Peacelink ha inviato alla Commissione Europea una
lettera che chiede che si faccia chiarezza quanto prima sulla questione picchi
di diossina, denunciata dalla stessa Peacelink solo qualche settimana fa:
Sulla
base dell’ultimo rapporto ISPRA, Peacelink ha potuto realizzare uno studio
comparato tra lo stato di attuazione delle prescrizioni dell’autorizzazione
ambientale dell’ILVA e la loro concreta realizzazione sul campo.
Ebbene,
il piano ambientale ILVA è lontano dall’esser completo, non è assolutamente
stato rispettato, come ha affermato il Ministro, ma sono stati cambiati i
termini di rispetto della legge attraverso ben NOVE decreti che hanno allungati
i tempi di completamento e hanno diluito nel tempo anche il completamento delle
prescrizioni più urgenti al fine della protezione della salute umana. Sono
stati infatti modificati, con nuove e susseguenti leggi, i termini finali per
la messa in atto e per l’eventuale completamento.
La
situazione a Taranto non è per niente sotto controllo, né dal punto di vista
ambientale, né sanitario, né occupazionale, né industriale.
L’ILVA
inquina aria, falda, mare. I dati ed i grafici sulla salute umana rimangono
allarmanti. Si sono scoperti di recente dei picchi di diossina (alcuni dei
quali di solo qualche mese fa) che catapultano Taranto in una situazione mai
registrata prima in Italia!
L’ILVA
è in fallimento, perde circa 50 milioni al mese, non esiste una vision
occupazionale né industriale e si sta perdendo tempo mettendo a rischio il
futuro di migliaia di persone e utilizzando fondi pubblici per continuare a
tenere in vita un’azienda morta.
E’
il momento di guardare in faccia la realtà. Sia fatta chiarezza e venga detta
la verità. L’ILVA produce grazie agli aiuti di stato. Inquina ancora, non è
competitiva, chiuderà da sola a breve.
E’
arrivato il momento di mettere in campo un progetto di riconversione in altre
attività produttive, ci vuole una politica ambiziosa e visionaria, che possa
portare Taranto e tutte le realtà vicine, che saranno toccate dalla chiusura
dell’ILVA, verso un nuovo sviluppo finalmente tangibile e concreto.
La
situazione, caro Ministro, è molto lontana dall’essere sotto controllo, anzi,
secondo noi, siamo di fronte al baratro da tutti i punti di vista.
Antonia Battaglia
31 marzo 2016
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From: Assemblea
29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, April 07, 2016 6:34 PM
Subject: PER NON DIMENTICARE: A 25 ANNI DAL
MOBY PRINCE
Da Loris
Rispoli, presidente del "Comitato 140".
Tra pochi
giorni sarà il 25° Anniversario. 25 anni sono tanti per mantenere vivo nella
memoria collettiva un evento tragico come quello del Moby Prince: la mente
umana è spesso portata a dimenticare ciò che fa male, a noi non è concesso, non
vogliamo e non possiamo dimenticare quelle 140 persone, i loro sorrisi, i loro
volti, le loro voci.
Il 10 aprile
1991 è una data che abbiamo scolpita dentro, è la ferita che continua
incessante a sanguinare, e continuerà a farlo finché non avremo quelle risposte
che ci sono state negate.
In questi
mesi abbiamo iniziato un viaggio nella memoria aiutati dall’Associazione “Effetto
Collaterale”, abbiamo distribuito centinaia di magliette rosse #iosono141 che è diventato il simbolo di chi
non si arrende, di chi esige assieme a noi delle risposte.
Nei giorni
scorsi un quotidiano locale ha scritto “Livorno in piedi per commentare
l’iniziativa delle 140 sedie vuote in piazza”.
Ecco noi
vorremmo che il 10 Aprile, le Associazioni, le Organizzazioni Sindacali, gli
studenti scendessero in piazza, che quella giornata vedesse finalmente questa
città unita nel chiedere Giustizia.
Noi ci
saremo come sempre, caparbi, incontenibili, instancabili, lo faremo per Loro
perché continuano a vivere nella nostra memoria, ma lo faremo anche per
dimostrare che non esistono “destini cinici e bari” che quella maledetta notte
quella strage poteva essere evitata, che Sara, Giuseppe, Francesco, Cristina
potevano essere ancora tra noi se qualcuno avesse svolto il proprio dovere, se
ancora una volta non si fosse risparmiato sulla sicurezza.
Noi vogliamo
gridare che non esistono prescrizioni per il dolore e che i reati di strage non
devono mai per legge andare in prescrizione.
Noi vogliamo
un paese che finalmente possa essere definito civile, ma questa è una battaglia
persa se Livorno non sarà al nostro fianco, quindi rinnovo l’appello alla mia
città, partecipate, uscite di casa e venite per strada a dire dopo 25 anni
basta vogliamo solo sapere PERCHE’.
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From:
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent:
Friday, April 08, 2016 8:52 AM
Subject: TRIVELLA SELVAGGIA
Il documento
di Legambiente “Trivella selvaggia. Il
mare italiano minacciato dai pirati dell’oro nero” del luglio 2012 è scaricabile al link:
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