martedì 12 aprile 2016

11 aprile - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 11/04/16 di M. Spezia



INDICE

MEDICINA DEMOCRATICA PER IL SI AL REFERENDUM CONTRO LE TRIVELLE

NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA ALESSANDRIA

Muglia la Furia fmuglia@tin.it
PUBBLICATO IL NUOVO REGOLAMENTO UE SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
RITMO INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO

CAMPAGNA NAZIONALE ISDE "COMBUSTIONI ZERO"

AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
16 APRILE: INIZIATIVA PER LA GIORNATA MONDIALE VITTIME AMIANTO

PUBBLICO IMPIEGO SUDDIVISO IN 4 AREE: I SINDACATI CEDONO AL GOVERNO E ALL'ARAN

Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
LA QUESTIONE ILVA: LIBRO/PRESENTAZIONE


MINISTRO ALFANO: GIUSTIZIA PER LA BASILICATA!

Posta Resistenze posta@resistenze.org
COSI’ VANNO AVANTI LE INTIMIDAZIONI AI NO TAV

Posta Resistenze posta@resistenze.org
USB: I "MILLE A MILANO" PER L'OCCUPAZIONE E IL WELFARE E CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI
ILVA, LE VERITÀ CHE GALLETTI NON DICE

Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
PER NON DIMENTICARE: A 25 ANNI DAL MOBY PRINCE

Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
TRIVELLA SELVAGGIA

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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Sunday, April 03, 2016 2:41 PM
Subject: MEDICINA DEMOCRATICA PER IL SI AL REFERENDUM CONTRO LE TRIVELLE

Proponiamo un documento che contiene una corretta e completa presentazione dell’appuntamento referendario No Triv.
Medicina Democratica, sostiene il SI al quesito referendario pur conoscendo i limiti legati allo strumento referendario e allo specifico quesito sottoposto ai cittadini.
I referendum sono sempre e comunque un momento di democrazia che deve essere partecipata (e lo è a partire dalla raccolta delle firme) e in quanto e se riesce a focalizzare l’attenzione sul tema sottoposto che, in questo caso, non è semplicemente la regolamentazione dei permessi di sfruttamento dei giacimenti marini già rilasciati, ma la politica energetica italiana.
Su questo ben più ampio e importante obiettivo Medicina Democratica mette a disposizione due strumenti.
Un primo contributo risale a 20 anni fa, all’inizio del 1996, quando la rivista Medicina Democratica n 101-103 ha ospitato un dossier dedicato alla esplosione del pozzo petrolifero di Trecate (Novara) esaminando nel dettaglio le criticità tecniche e ambientali di tale pratica, inquinante a terra come nel mare.
Si riportano a seguire i link ai vari articoli del dossier.
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 01
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 02
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 03
Medicina Democratica Numero 101-103 articoli 04 e 05
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 06
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 07
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 08
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 09
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 10
Medicina Democratica Numero 101-103 articolo 11
Come secondo contributo, segnaliamo che è’ uscito in questi giorni il numero della nostra rivista (n.222-224) dedicato al “ciclo” del carbone: un altrettanto importante approfondimento a disposizione dei comitati e per chi vuole informarsi che potete richiedere alla nostra mail.
Di seguito l’intervento sul tema referendario a firma di Marco Pezzoni.

PER UNA CORRETTA INFORMAZIONE

E’ il primo Referendum promosso dalle Regioni italiane nell’intera storia repubblicana. Riguarda il privilegio o la possibilità, dipende dai punti di vista, di sfruttare i giacimenti in mare senza limiti di tempo da parte delle Compagnie del gas e del petrolio.
Se vince il Sì viene cancellato questo privilegio e le Compagnie possono continuare a estrarre gas o petrolio fino al termine di tempo previsto dalla loro concessione.
Se vincono i No o se il quorum non viene raggiunto le Compagnie potranno ottenere di prorogare lo sfruttamento del giacimento oltre il limite di tempo previsto dalla loro concessione e fino al suo esaurimento.

PICCOLO APPROFONDIMENTO SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE

In base all’articolo 75 della nostra Costituzione i referendum sono di tipo abrogativo, cioè cancellano Leggi o parti di Leggi e hanno efficacia solo se al voto partecipa il 50% più uno degli elettori aventi diritto e vincono i Sì, cioè i favorevoli all’abrogazione.
Nel caso del quesito del 17 aprile, il referendum propone l’abrogazione, cioè la cancellazione, del comma 17 dell’articolo 6 del Codice dell’Ambiente. Tale comma prevede la prosecuzione dell’estrazione degli idrocarburi dai giacimenti già operativi ed entro le 12 miglia dalle nostre coste, fino a esaurimento del giacimento.
Per la precisione il testo del comma 17 recita “I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento”.
Il Referendum intende cancellare le parole “per la durata di vita utile del giacimento”.
Pertanto se vincono i Sì le Compagnie petrolifere e di gas metano non potranno né chiedere né ottenere il prolungamento dei tempi di sfruttamento del giacimento una volta scaduta la concessione. Le concessioni in vigore in Italia durano almeno 30 anni. Dunque se vincono i Sì le piattaforme in mare non sono costrette a chiudere subito, é a lasciare a casa i lavoratori; semplicemente portano a compimento il tempo della concessione già ottenuta dallo Stato italiano.
Se vincono i No le Compagnie potranno chiedere un prolungamento della concessione fino ad esaurimento del giacimento. Se non si raggiunge il quorum è come se vincessero i No e il comma 17 rimane in piedi e operativo.
Per ragioni di tecnica legislativa e per essere accettati dalla Corte, i Referendum di tipo abrogativo devono riferirsi a precise Leggi o parti di Legge. In questo caso il quesito accettato si limita a intervenire su concessioni già in essere nei nostri mari entro le 12 miglia dalla costa, mentre sono escluse le concessioni in terraferma e le concessioni in mare oltre le 12 miglia dalla costa (circa 22,2 chilometri). E’ evidente che una eventuale vittoria dei Sì assumerebbe un valore politico e democratico più ampio e indicherebbe un orientamento di fondo dell’elettorato italiano.
Per questo giornalisticamente è passata la definizione di referendum sulle trivelle, in realtà il quesito referendario in senso stretto riguarda il tempo di vita delle piattaforme in mare, le trivelle essendo servite solo nella fase iniziale di ricerca dei giacimenti e successive perforazioni.
I quesiti inizialmente erano 6. Solo 1 è stato accolto dalla Corte e il Governo ha fissato la data al 17 aprile 2016, con l’evidente intento di non favorire la partecipazione e il raggiungimento del quorum. Sul piano formale però la scelta è rispettosa del Decreto 98 del 2011 che prevede che le elezioni amministrative o politiche non siano abbinate ai referendum. Per decidere questo abbinamento il Parlamento italiano avrebbe dovuto votare una nuova Legge ad hoc.
Il tipo di quesito specifico per le trivellazioni in mare risente anche dei soggetti che, comunque meritoriamente, lo hanno promosso: sono 9 Consigli regionali di Regioni italiane (per l’articolo 75 ne bastano 5 per avere diritto a promuovere un referendum) che hanno questo specifico problema di fronte alle loro coste e ritengono di correre gravi rischi ambientali. Sono Basilicata come capofila, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto.
Però la salvaguardia dei mari italiani è un bene comune che dovrebbe interessare tutti, anche chi abita in pianura padana!
Il Parlamento italiano e soprattutto il Governo avrebbero avuto tutto il tempo per modificare il comma 17 dell’articolo 6, accogliendo le specifiche proposte delle 9 Regioni, come del resto hanno fatto in altri 2 casi, modificando almeno parzialmente la legislazione così da rendere ancora incerto lo svolgimento di altri 2 referendum sui quali è stato presentato ricorso.
Se il quesito del referendum sopravvissuto ha così poca consistenza, perchè il Governo non ne ha recepito il contenuto e adesso si appresta a cavalcare la tesi dei 300 milioni di euro buttati per il costo di un referendum che giudica inutile?
Delle due l’una: o il Governo vuole dare una lezione alle Regioni che hanno osato differenziarsi, operando per far mancare il quorum al Referendum e così poter gettare su di loro e sugli ambientalisti la colpa dei 300 milioni di euro buttati, oppure gli interessi delle Società di gas metano e petrolio pesano e contano ancora tantissimo.
Tra le Società di trivellazione interessate, perchè hanno concessioni nei nostri mari, figurano ENI, ENI-Edison Gas, Shell Italia, Po Valley OP, Appennine Energy... che hanno ottenuto dal Governo la possibilità di prolungare la loro presenza nei nostri mari con il vecchio ma sempre efficace ricatto dell’occupazione. Altro che “decarbonizzazione” della nostra economia, le fonti fossili continuano a essere protette e privilegiate perchè in mano a poteri forti.
Nei nostri mari la grande maggioranza dei giacimenti è di gas metano, solo una piccola parte riguarda l’estrazione di oil o petrolio. Tralasciando i gravi rischi ambientali, l’estrazione di queste fonti fossili è sempre meno conveniente sia sul terreno economico che su quello occupazionale: basti pensare che il rapporto investimenti/occupazione mettendo a confronto il settore gas e petrolio con il settore delle energie rinnovabili è di 1 a 7: cioè con la stessa quantità di investimento le energie rinnovabili creano 7 volte più occupati.
E non si dica che le energie rinnovabili sono state avvantaggiate rispetto alle fonti fossili, gas e petrolio: nello stesso periodo di tempo i sussidi per le fonti rinnovabili in Italia sono state di 6 miliardi di euro, mentre le fonti fossili ne hanno beneficiato per 14,6 miliardi di euro.
Il fatto è che dal 2008 a oggi il fotovoltaico nell’economia mondiale globale è diminuito del 70% in forza della sua capacità di innovazione e quindi è sempre più competitivo, malgrado il prezzo delle fonti fossili, in particolare del petrolio, sia stato ribassato su spinta dell’Arabia Saudita del 60%.
Con il Vertice mondiale sul clima di Parigi si sta voltando pagina e iniziando a scrivere una pagina nuova di portata storica: finisce l’era delle fonti fossili, inizia quella della decarbonizzazione dell’economia, che valorizza il solare, le fonti rinnovabili e l’economia circolare.
Per questo Gianni Silvestrini ha definito antistorica la scelta del Governo italiano di insistere con il prolungamento delle concessioni per le piattaforme in mare.
Ma forse chi sta giocando con la democrazia e l’economia italiana ha mire più raffinate: utilizzare il fallimento del referendum del 17 aprile per riaffermare che esiste un unico potere efficace in grado di mettere ordine alle spinte più diverse che agitano il nostro Paese: quello centrale del Governo.
Forse non sono solo le lobby del gas, del petrolio, delle multiutility come A2A ad essere aggrappate al vecchio modello delle fonti fossili, forse chi sta al Governo predilige il modello centralistico di un’energia prodotta, distribuita e controllata da grandi imprese piuttosto che il modello diffuso e partecipato di migliaia di cittadini produttori e insieme consumatori di energia attraverso la rete delle rinnovabili.
Forse c’è chi pensa al referendum del 17 aprile come a una tappa, anzi a un monito per piegare la volontà dei territori e ridurli a quell’uniformità che tanto piace alle “maggioranze silenziose”, quelle che potrebbero risultare decisive nel referendum più importante, quello di ottobre sulla riforma della Costituzione che, non a caso, ricentralizza molti poteri e riduce quello dei territori.

Marco Pezzoni

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To:
Sent: Monday, April 04, 2016 3:08 AM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA ALESSANDRIA

"Ambiente, il grande infermo": il notiziario con numerosi articoli perchè votare Sì al referendum Trivelle.
Indagine epidemiologica nei Comuni della Valle Scrivia. L'Osservatorio ambientale della Fraschetta è una rivendicazione storica di Medicina democratica: è stato realizzato solo a Tortona e ha avviato lo studio epidemiologico.
No a inceneritori e impianti di pirolisi per il recupero dei materiali da rifiuti. Il documento redatto da Carmelo Ciniglio, presidente dell'Osservatorio ambientale di Tortona.
1.200 manifestanti davanti alla Provincia. No alla discarica di Sezzadio sulla falda acquifera a rischio amianto.
Non c'è rimasto più niente da demolire ad Alessandria. La furia demolitrice è costretta a rivolgersi alle garitte militari.
In “Ambiente Delitto Perfetto” ci siamo posti l’angoscioso storico quesito: chi aveva ragione fra Umberto Eco e il papa Alessandro III?
Cosa farà Medicina democratica al processo di appello Solvay. Cosa faranno invece Comune, Provincia, CGIL, Ministero dell'Ambiente, WWF, Legambiente, ProNatura? Che fine faranno le gatte da pelare del Pubblico Ministero?
Solvay querela Medicina democratica. Nell'atto di citazione si apprende "il passato turbolento di Medicina Democratica non nuova ad attacchi mediatici a danno di Solvay sempre al limite della legalità, in base ad una concezione della libertà di espressione assoluta e talebana".
Solvay, non ci sono solo Bussi e Spinetta, c'è anche Rosignano. Maurizio Marchi da Livorno ricorda " A noi Seveso ci fa un baffo .... le bonifiche si rimandano sine die" e ci aggiorna la cronostoria degli incidenti e impatti rilevanti sulla salute dei lavoratori e della popolazione.
Solvay a tutto campo. Si incrociano in questi giorni i processi gemelli di Spinetta Marengo e Bussi. A Chieti la Procura ha chiesto l’annullamento della sentenza e la riapertura del processo perché “è stata stravolta la lettera e la ratio della norma incriminatrice di avvelenamento delle acque”. Ad Alessandria la Procura farà altrettanto dopo aver preso atto delle motivazioni?
E' uscito il numero di marzo di "Lavoro e salute". A pagina 35 il processo Solvay.
E' uscito l'ultimo numero della rivista di Medicina Democratica.
E' tempo di travasare i sogni: un anno dalla morte di Gabriella Bertini. Ricordiamo l'indimenticabile compagna di Medicina Democratica.
I due volti della Sanità italiana. Da una parte le (tante) situazioni di spreco, dall’altra le buone pratiche, pure numerose, che contraddistinguono la significativa fotografia del Servizio Sanitario Nazionale.

Associazione Medici per l'ambiente: il notiziario di marzo.

Messaggio di pace e salute inviato a 14.963 destinatari da:
Barbara Tartaglione b.tartaglione@tiscali.it
MEDICINA DEMOCRATICA - MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE onlus 
via dei Carracci 2
20100 Milano
5 x mille 97349700159
Sottoscrizione (Socio+Rivista) ordinaria 35€ o sostenitrice 50€
Bollettino bancario IBAN IT48U0558401708000000018273
bollettino postale CCP1016620211-IBAN POSTE IT02K0760110800001016620211
entrambi intestati a Medicina Democratica onlus
Sezione provinciale Alessandria
via Dante, 86
15121 Alessandria
telefoni: 347 01 82 679, 338 27 93 381
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From: Muglia la Furia fmuglia@tin.it
To:
Sent: Monday, April 04, 2016 6:02 PM
Subject: PUBBLICATO IL NUOVO REGOLAMENTO UE SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
Niente paura, questo non è un pesce d'aprile...
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 31 marzo 2016 (L 81/51), è stato pubblicato il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 sui Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che abroga la Direttiva 89/686/CEE.
Il Regolamento, composto da 48 articoli e 10 allegati, all’articolo 1 stabilisce i requisiti per la progettazione e la fabbricazione dei DPI che devono essere messi a disposizione sul mercato, al fine di garantire la protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori. Stabilisce inoltre norme sulla libera circolazione dei DPI nell'Unione.
Prima di entrare nel merito della nuova regolamentazione vale la pena ricordare che due sono state le principali Direttive europee sui DPI emanate a livello comunitario e recepite anche dall’Italia:
-         la Direttiva 89/686/CEE sull’armonizzazione delle leggi sui DPI recepita con il D.Lgs. 475/92, che viene per l’appunto abrogata dal nuovo Regolamento;
-         la Direttiva 89/656/CEE suul’utilizzo dei DPI nell’ambiente di lavoro, recepita in Italia dal D.Lgs. 626/94 e successivamente nel D.Lgs. 81/08 che non viene modificata.  
Lo stesso punto 23) della Premessa al Regolamento, individua la necessità di specificare chiaramente il rapporto e l'ambito di applicazione rispetto al diritto degli Stati membri al fine di stabilire prescrizioni per l'uso dei DPI sul luogo di lavoro (Direttiva 89/656/CEE) del Consiglio, al fine di evitare qualunque confusione e ambiguità e dunque di garantire la libera circolazione dei DPI conformi. L'articolo 4 di tale Direttiva obbliga infatti i datori di lavoro a fornire DPI conformi alle relative disposizioni dell'Unione concernenti la progettazione e la fabbricazione in materia di sicurezza e salute. A norma di tale articolo, i fabbricanti di DPI che li forniscono ai loro dipendenti devono assicurare che tali DPI ottemperino ai requisiti di cui al presente regolamento.
Ancora una volta ci troviamo di fronte al possibile contrasto tra una “noma di prodotto” che detta regole per la circolazione nel mercato dell’UE, ed una “norma sociale” quale quella per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che tali DPI devono utilizzare nei luoghi di lavoro.  Eventuali contrasti dovranno essere evitati e risolti dal Legislatore nazionale.
Sempre in premessa va sottolineato il fatto che il Legislatore comunitario, per dettare le nuove regole sui DPI, ha fatto uso del Regolamento e non di una Direttiva. Ricordo che il Regolamento è un atto legislativo vincolante, che deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell'intera Unione europea senza bisogno di recepimento.
Al contrario, la Direttiva è un atto legislativo che stabilisce un obiettivo che tutti i Paesi dell'UE devono realizzare. Tuttavia, spetta ai singoli Paesi definire attraverso disposizioni nazionali come tali obiettivi vadano raggiunti.
Un importante rinvio al Legislatore nazionale vi è però anche in questo Regolamento e, precisamente, quello che attribuisce agli Stati membri il compito di stabilire le sanzioni da imporre in caso di violazione delle disposizioni contenute e che, come previsto dal legislatore comunitario, potranno includere anche sanzioni penali nel caso di gravi violazioni.
Per proseguire nella lettura dell'interessante analisi del nuovo regolamento e scaricare l'intero Regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, il link è:

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, April 05, 2016 9:00 AM
Subject: RITMO INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO

RITMO INFERNALE DELLE MORTI SUL LAVORO: LA "GARA" REGIONALE E PROVINCIALE PER CHI RIESCE AD AVERE PIÙ MORTI PER INFORTUNI SI STA FACENDO AVVINCENTE
L'URLO SILENZIOSO DI CHI MUORE LAVORANDO SENZA AVERE NEPPURE ESSERE RICORDATI

4 aprile 2016
Anche oggi c'è stata una mattanza di lavoratori, sono stati 3, due in edilizia e un altro caduto da un pino.
Sono stati dodici i morti sui luoghi di lavoro in questi primi 4 giorni di aprile. Una sequenza impressionante.
Anche la mia regione quest'anno sembra stia avendo tantissimi morti sul lavoro. L'Emilia Romagna è prima a "pari merito" con la Toscana. sono tallonate dal Veneto che ne ha 12, seguono distaccate di un solo morto il Piemonte e la Campania che ne hanno 11.
Ma a breve sarà la Lombardia a staccare tutti, come del resto tutti gli anni. Ma la Lombardia a il doppio degli abitanti di qualsiasi altra regione italiana, e ha sempre, e comunque una situazione migliore rispetto alle altre regioni.
L'indice occupazionale non ha nessun valore statistico visto che a morire sono soprattutto lavoratori che non sono assicurati all'INAIL, che ricordiamo monitora solo i propri assicurati e tantissimi non lo sono.
Tanti i morti in nero in questo periodo.
A morire oggi Francesco Marabito a Cantù in provincia di Como: è stato travolto da un escavatore, aveva solo 39 anni.
E' caduto in una buca con l'escavatore in provincia di Reggio Emilia un altro edile di cui non si conosce l'identità.
In provincia di Avellino è morto P.N. cadendo da un pino.
Poi occorre ricordare gli 8 agricoltori schiacciati dal trattore nell'ultima settimana, senza che nessuno "lassù” se ne accorga.
Una carneficina infinita che non tocca i cuori di chi dovrebbe occuparsene, sono tutti impegnati in cose ben più importanti della vita di chi lavora. Si potrebbe far tanto, ma la vita di chi lavoro di questi tempi non interessa nessuno. Stiamo in silenzio e preghiamo per loro, sperando che Papa Francesco l'unico tra i "potenti"che s'interessa dei lavoratori faccia sentire la sua voce e risvegli le coscienze dei nostri governanti.
Naturalmente ci sono tanti, in ordine sparso che si occupano di sicurezza sul lavoro. ma anche le loro sono voci nel deserto dell'anima che sembra aver colpito il nostro Paese.
Alcuni sindacati come per esempio gli edili della CGIL sono sempre sul problema, ma anche loro "urlano" in un vuoto spaventoso.

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From: Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
To:
Sent: Tuesday, April 05, 2016 12:39 PM
Subject: CAMPAGNA NAZIONALE ISDE "COMBUSTIONI ZERO"

Segnalo questa iniziativa di ISDE che spero possiate condividere
Saluti
Patrizia

CAMPAGNA NAZIONALE ISDE “COMBUSTIONI ZERO”
In vista del referendum sul quesito abrogativo dell’articolo 35 dello Sblocca Italia, ISDE Italia ha attivato la campagna nazionale “Combustioni Zero”.
Il documento messo a punto da Ugo Corrieri, Valerio Gennaro, Patrizia Gentilini, Ernesto Burgio, Agostino Di Ciaula e Vincenzo Migaleddu è scaricabile al link:
Questo documento è stato inviato anche al Comitato “Sì blocca inceneritori” come strumento di supporto scientifico nella promozione della raccolta firme ai fini del referendum che si dovrebbe svolgere il prossimo anno.

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From: AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, April 05, 2016 4:28 PM
Subject: 16 APRILE: INIZIATIVA PER LA GIORNATA MONDIALE VITTIME AMIANTO

Buongiorno,
in occasione della Giornata Mondiale delle Vittime dell'Amianto (28 aprile), l’Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) di Paderno Dugnano e Medicina Democratica organizzano per sabato 16 aprile un evento nell'Auditorium Tilane in piazza della Divina Commedia, 3 a Paderno.
L'iniziativa comincerà alle ore 17:00 con un convegno sulle tematiche dell'amianto e delle Vittime nei luoghi di lavoro.
Seguirà una "apericena" e la proiezione del film "I Vajont" prodotto dall'AIEA e da Medicina Democratica.
Al termine della serata ci saranno gli interventi della sceneggiatrice e regista del film.
Vi aspettiamo!
Saluti Cordiali

Lorena Tacco
AIEA Paderno Dugnano
“I Vajont” Official Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=SS61V81T7gs

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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Wednesday, April 06, 2016 3:01 AM
Subject: PUBBLICO IMPIEGO SUDDIVISO IN 4 AREE: I SINDACATI CEDONO AL GOVERNO E ALL'ARAN

Era nell'aria la firma dell'accordo che riduce a 4 i comparti contrattuali nel pubblico impiego.
La CGIL dichiara che il Governo, ora, non avrebbe più alibi per sottoscrivere i contratti dimenticando che tra pochi giorni sarà pubblicato il documento di programmazione economica, dentro cui troveremo le cifre per il prossimo triennio contrattuali senza dimenticare che la Legge di Stabilità ha stabilito l'importo per il 2016: 8 euro mensili.
I comparti contrattuali passano da 11 a 4 comparti così suddivisi
-         Funzioni centrali;
-         Funzioni locali;
-         Sanità;
-         Istruzione e ricerca.
Le operazioni di accorpamento hanno riguardato il primo (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici) e l'ultimo settore (fino ad oggi scuola, ricerca, università e Afam erano invece ben distinte).
Perché ridurre a 4 i comparti?
-         Si applica, dopo anni, la Legge Brunetta che prevede tra l'altro le fasce di merito attraverso cui erogare la produttività (lasciando il 25% del personale senza un euro); con il rinnovo dei contratti sarà possibile applicare le famigerate fasce che alimenteranno iniquità e ingiustizie destinando i soldi di tutti ad una minoranza;
-         si riduce il numero non solo dei dirigenti, ma anche del personale della pubblica amministrazione;
-         si taglieranno numerose voci del salario accessorio andando verso quella semplificazione che nel linguaggio Renziano significa perdita economica per i lavoratori;
-         si va verso un nuovo modello contrattuale con una parte comune a tutto il settore pubblico e una parte cosiddetta speciale di comparto, magari demandando, tra una deroga e l'altra, alla contrattazione di secondo livello: in questo modo sarà più facile equiparare stipendi e promuovere in futuro la mobilità tra comparti rinunciando a stabilizzare i precari e a bandire nuovi concorsi.
Per salvaguardare specifiche professionalità all'interno dei comparti, ognuno avrà il suo contratto, a una parte "comune" potranno essere affiancate parti "speciali". Quanto alla rappresentatività sindacale all'interno dei nuovi comparti è prevista una fase transitoria, che fa salve le ultime elezioni delle RSU, ma resta ferma la soglia del 5% di deleghe e voti.
Per alcune sigle sindacali più piccole, che magari erano rappresentative in un comparto ora diluito in uno più grande, ciò può determinare il rischio di scomparire. Per questo nell'accordo è stata stabilita la possibilità di alleanza, fusioni, con altri sindacati, da portare a termine entro tempi precisi.
Il Governo per sedersi al tavolo e discutere del rinnovo dei contratti (è obbligato a farlo da una sentenza della Corte Costituzionale che risale a luglio 2015, ossia 9 mesi fa) voleva prima i 4 comparti per avviare quel processo di ridimensionamento dei servizi e del lavoro pubblico richiesto a suo tempo dalla Troika. E puntualmente i sindacati CGIL, CISL e UIL hanno servito al Governo, sul solito piatto di argento, quanto richiesto.
Di motivi per esultare ce ne sono ben pochi, se leggiamo le note stampa sindacali si capisce bene quali siano i loro intenti, per esempio la difesa dei dirigenti e delle posizioni organizzative, la salvaguardia del loro monopolio contrattuale, l'assenza di una visione complessiva che tenga insieme i settori pubblici con le partecipate e gli appalti.
Definire poi, come fa la CGIL, innovativo questo accordo significa sposarne l'impianto e la filosofia di fondo che è quella di indebolire il potere di acquisto e di contrattazione dei settori pubblici per poi passare a una nuova stagione privatizzatrice, affermare un modello di contrattazione al ribasso magari presentando tanti accordi di secondo livello come privilegi da abbattere
Ricordiamo che allo stato attuale, i finanziamenti stanziati dalla Legge di stabilità prevedono aumenti ridicoli pari a 8 euro al mese e se aggiungeranno risorse per i prossimi anni saremo a noi a pagarceli con la mancata stabilizzazione dei precari, il mancato turn over, l'aumento dei carichi di lavoro e il saccheggio del salario accessorio.
Come accaduto con le tutele crescenti del Jobs Act, gli sgravi alle imprese non servono a costruire posti di lavoro, gli sgravi e la decontribuzione accordate alle imprese, lungi dal creare i posti di lavoro annunciati, si ripercuotono negativamente sulle pensioni future soprattutto di quanti/e avranno pochi anni di contributi.
Da chi ha creato il Jobs Act possiamo forse attenderci contratti favorevoli ai lavoratori? Chi crede a queste storielle è complice del Governo e artefice della sconfitta dei lavoratori

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From: Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, April 06, 2016 8:35 AM
Subject: LA QUESTIONE ILVA: LIBRO/PRESENTAZIONE

VENERDI 15 APRILE
PRESENTAZIONE DEL LIBRO “ILVA: LA TEMPESTA PERFETTA. TUTTI GLI AVVENIMENTI DELLA FASE CALDA 2012-2013”
Il volume ripercorre, attraverso articoli, materiali, documenti, la vicenda ILVA di Taranto nella fase calda dal 2012 al 2013, per restituire agli operai una lettura ricca e complessa della “guerra” che si gioca all’Ilva, e per indicare le “armi” politiche, sindacali, teoriche di cui devono dotarsi gli operai per fare la loro battaglia di classe.
Contiene anche gli atti giudiziari che hanno portato al processo ILVA in corso, “madre di tutti i processi”.
Saranno presenti gli autori del volume.
L’iniziativa si terrà nella sala superiore del Circolo operaio di Magrè (Schio)
Organizza il Comitato di solidarietà con le lotte dei lavoratori.

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From: Mario Murgia murgia.mario50@virgilio.it
To:
Sent: Wednesday, April 06, 2016 7:43 PM

Subject: MINISTRO ALFANO: GIUSTIZIA PER LA BASILICATA!

Da Giornalemio.it
Un blog partecipativo, il giornale fatto da te

Per un Renzi che preferisce non commentare l’ennesimo rinvio della visita a Matera, visto il clima incandescente che l’inchiesta petrolifera sta avendo sul governo e nel PD, è annunciata per sabato 9 quella (recuperata dopo un precedente rinvio) del Ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Sarà a Palazzo Viceconte per presentare, alle 17.00, il libro “Chi ha paura non è libero”.
E’ inevitabile che il discorso cadrà, ma forse sarà un po’ attenuato, sulle critiche di “inconcludenza” che il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ha rivolto alle inchieste sul filone petrolifero, avviate in passato dalla Magistratura potentina. Critiche che hanno procurato l’inevitabile presa di posizione dell’Associazione Nazionale Magistrati e di varie forze politiche.
Un copione già visto con altro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sommerso di inchieste dall’esito differente, ma che serviva a radicalizzare posizioni e lo scontro tra poteri dello Stato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: riforme senza risorse e rallentamenti inevitabili delle attività inquirenti e decisionali. Ci risiamo? Cui Prodest?
Renzi ha chiesto di far presto, ma ha dimostrato di non avere senso dello Stato per quanto detto prima. E poi dopo l’interrogatorio a Roma, come persona informata dei fatti del Ministro per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, toccherà giovedì 7 aprile all’ex ministra per lo Sviluppo Economico Federica Guidi raggiungere Potenza per essere interrogata.
E potrebbe non essere la sola. Lo stesso Matteo Renzi, che alla trasmissione “In mezz’ora” di Lucia Annunziata ha rivendicato la paternità e la volontà di portare avanti il chiacchierato emendamento per Tempa Rossa, potrebbe essere sentito. Lui stesso l’ha chiesto: ma sono ipotesi, calma è gesso.
La fretta e il protagonismo irruento di taglio social alla lunga non paga. Si lavori sui fatti e sui riscontri, come sta venendo fuori. Dentro questa pagina nera come il petrolio o come il “cancro”, per usare un termine brutale ma luttuoso che coinvolge molte famiglie, c’è la Basilicata che chiede trasparenza, giustizia per quanti hanno perso affetti o soffrono con tanti punti interrogativi alla scoperta che si sono ammalati per un’ambiente avvelenato, ai piedi del Sacro Monte della Val D’Agri. Lo diciamo ai devoti di circostanza, che dovrebbero recitare un vibrato “mea culpa” per quanto non fatto pur di mandare avanti ambizioni e interessi.
E questa è stata una pugnalata al cuore della Basilicata verde. Il resto è storia...giudiziaria d’oggi. Chi l’avrebbe immaginato? Dalla Basilicata un effetto domino sui binari della Giustizia che sta coinvolgendo e sconvolgendo le tante facce toste, abituate a vendere fumo, sorrisi ipocriti e a sottovalutare in nome del lobbismo affaristico e delle cambiali elettorali da onorare, quelle sullo sfruttamento petrolifero a tutti i costi, la salute dei cittadini e quella del territorio.
Il sequestro di carte cliniche da parte del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) dei Carabinieri in vari ospedali della regione lo confermano. Una decisione (che rientra nel filone d’inchiesta della Procura di Potenza sulle attività di smaltimento dei rifiuti prodotti dal Centro Oli dell’Eni) e finalizzata a verificare le patologie più diffuse, e tra queste i tumori.
E come se non bastasse, in relazione ai dati del Registro regionali riferiti al 2007 e all’insufficiente monitoraggio ambientale che continua ad alimentare le polemiche, si aggiunge la precisa denuncia del presidente dell’Associazione medici per l’ambiente Roberto Romizi, che segnala in Val d’Agri un aumento di mortalità per tumori del sangue (leucemie) e allo stomaco. Un commento che giunge dopo l’indagine dell’Ufficio statistica dell’Istituto superiore di sanità e trasmesso alla Regione Basilicata, e che mette in relazione quanto appurato dagli organismi inquirenti.
Lo studio, che fa riferimento a dati su mortalità e ricoveri, nel periodo 2003-2010, ha riguardato 20 comuni delle Valli del Sauro e dell’Agri e ha accertato un eccesso di mortalità di tumori maligni allo stomaco, del sistema respiratori, dell’apparato digerente. Segnalati anche aumenti di morti per infarto.
Finita? Macchè. C’è sempre il problema per esposizioni da amianto e altre sostanze chimiche della Valbasento, portato avanti con ostinazione dall’Associazione Italiana Esposti Amianto Basento, e che preoccupa non poco.
Lo stillicidio di persone colpite da neoplasie è periodico. Ma quanto all’accertamento e al pagamento di responsabilità occorrerebbe una svolta giudiziaria, che ancora non si vede. Si susseguono gli esposti, le audizioni del caparbio Mario Murgia e di altri volontari, ma finora si è mosso poco. Si attende la visita dell’ennesima commissione parlamentare d’inchiesta o la messa in mora del nostro Paese da parte dell’Unione Europea. Su tutto questo c’è una coltre di silenzio a vari livelli.
La Giustizia fa il suo corso, ha i suoi tempi per accertare laddove possibile eventuali responsabilità. Questa volta, accanto all’inchiesta tra malapolitica e malaffare, c’è quello più importante della salute e su questo i “Governi” tacciono e parlano di poteri forti che pressano e strumentalizzano per evitare che si prosegua nelle riforme o nel rilancio economico del Paese.
Che ipocrisia! Questa gente in Basilicata non la vogliamo, a meno che non scelgano l’Agri, il Bradano o il Basento, anzi che l’Arno, il Po’, il Tevere, per compiere un gesto estremo riparatore per i tanti danni procurati alle genti lucane.
Un “pietrone” al collo per vedere affondare le tante “facce toste” che continuano a ripetere che è “Tutto a posto” e che “hanno fatto fino in fondo il proprio dovere”.
Hanno fatto soldi, beh...per la legge del contrappasso dovrebbero spenderle tutte in medicinali, come ripete un antico detto meridionale.
La Basilicata chiede giustizia e non passarelle di VIP. Non ne abbiamo bisogno, anzi.


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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, April 07, 2016 3:29 AM
Subject: COSI’ VANNO AVANTI LE INTIMIDAZIONI AI NO TAV

Ci sono fatti, pur all'apparenza minori, che consentono di cogliere in modo plastico il senso di alcune vicende giudiziarie. Sono accaduti di nuovo, nei giorni scorsi, in Val Susa (sempre più cartina di tornasole delle peggiori derive istituzionali). Non si è trattato, questa volta, di contestazioni, tanto drammatiche quanto fantasiose, di terrorismo e neppure del tentativo di ridurre al silenzio voci fuori dal coro. Si è trattato “soltanto” di una, a dir poco anomala, applicazione di arresti domiciliari e di obblighi di presentazione a otto attivisti No TAV imputati di resistenza a pubblico ufficiale per un episodio non dissimile, quanto a rilevanza penale, da un banale diverbio stradale.
Nei giorni scorsi il Tribunale del riesame, revocando tutti gli arresti domiciliari e alcuni obblighi di firma, ha, ancora una volta, ridimensionato l'impostazione della Procura torinese (che avrebbe voluto addirittura gli imputati in carcere), ma ciò non toglie, anzi sottolinea ulteriormente, la gravità e il segno dell'operazione.
I fatti, dunque, come descritti nell'ordinanza cautelare. Il 17 settembre 2015 un'autopattuglia dei Carabinieri di Susa ferma un furgone con a bordo due attivisti No TAV che rientrano da una “estemporanea iniziativa di contestazione svoltasi al cantiere di Chiomonte”. Il conducente del furgone, pur noto ai Carabinieri operanti, esibisce carta di identità e documenti di circolazione del mezzo mentre il passeggero rifiuta di declinare le generalità. Durante il controllo sopraggiunge un'auto con quattro attivisti che ingaggiano un'accesa discussione con i Carabinieri nel corso della quale uno dei presenti afferra per un braccio e strattona il maresciallo dell'autopattuglia. Nulla di più e nulla di meno.
Sei mesi dopo, le misure cautelari. Eseguite in modo spettacolare e con il corredo di perquisizioni domiciliari e personali a raffica. Si legge in uno dei Decreti autorizzativi che le perquisizioni, finalizzate alla ricerca di “materiali e documentazione anche su supporto informatico inerenti i fatti per cui si procede”, non devono riguardare solo gli imputati ma “qualunque altro soggetto anche solo temporaneamente presente nei luoghi perquisendi” e possono avvenire anche in ora notturna (“stanti le ragioni di urgenza dovute al pericolo che si disperdano ovvero deteriorino in tutto o in parte le prove e tracce relative ai reati contestati”).
C'è da non crederci. La discussione tra attivisti e Carabinieri era incontestata e descritta da subito sui siti del movimento, il fatto era di evidente modestia, i partecipanti erano tutti valligiani conosciuti dai Carabinieri e da essi identificati (come precisato nell'annotazione di Polizia Giudiziaria), cinque di loro erano incensurati. C'erano dunque, a tutto concedere, le condizioni per un ordinario processo a piede libero in cui discutere di molte cose: delle reali modalità del fatto, delle responsabilità dei singoli (posto che alcuni degli imputati non risultano neppure essere intervenuti nella discussione), di eventuali reazioni ad atti arbitrari dei Pubblici Ufficiali (alcuni dei quali usi rimpiangere i metodi del fascismo) e via elencando.
Perché, dunque, le misure cautelari? E perché le perquisizioni, all'evidenza inutili ai fini dichiarati (per la natura del fatto contestato e per il tempo da esso trascorso)? E ancora: perché perquisire le persone temporaneamente (e magari casualmente) presenti nei luoghi in cui si trovavano gli imputati? Perché costringere a denudarsi, con l'accompagnamento di commenti volgari e umilianti, tutte le donne presenti? Quali materiali inerenti un episodio di resistenza potevano trovarsi nei computer o nei telefoni sequestrati a persone non gravate da alcun indizio di partecipazione al reato? Perché sequestrare (come puntualmente accaduto) oggetti del tutto privi di significato con riferimento alla resistenza? Quali ragioni di urgenza imponevano, sei mesi dopo i fatti, di procedere in tempo di notte?
La risposta è tanto semplice quanto preoccupante. Per anni magistrati autorevoli e meno autorevoli (supportati da schiere di giornalisti e commentatori) hanno gridato ai quattro venti che gli interventi repressivi disposti non riguardavano il movimento No TAV, ma solo reati specifici commessi da frange estremiste e violente, per lo più estranee alla Val Susa. Così cercando di dividere e di isolare.
Ora anche la maschera è caduta. I destinatari delle misure cautelari sono stati vecchi e giovani valligiani imputati per fatti che in ogni altra parte d'Italia avrebbero meritato, al massimo, un dibattimento di routine al di fuori da ogni “corsia preferenziale”. E le perquisizioni effettuate, nella loro inutilità e improprietà, evocano un intento persecutorio e intimidatorio e una prassi di indagine senza limiti alla ricerca di non si sa che cosa. Bersaglio dell'intervento repressivo è sempre più chiaramente, in altri termini, il movimento No TAV in quanto tale (e, dunque, l'attività di opposizione da esso svolta).
A conferma (se ce ne fosse bisogno) di quanto accertato dal Tribunale permanente dei popoli nella sentenza 8 novembre 2015 nella quale si segnalano, in Val Susa, “risposte istituzionali che spesso hanno superato la soglia fisiologica del mantenimento dell'ordine democratico e dell'equilibrato perseguimento dei reati, inducendo (per le loro modalità, distorsioni o eccessi) significative violazioni di diritti costituzionalmente garantiti”.
E’ un segnale da non sottovalutare, non solo per la Val Susa.

Da Il Manifesto
Livio Pepino
03/04/16

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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, April 07, 2016 3:29 AM
Subject: USB: I "MILLE A MILANO" PER L'OCCUPAZIONE E IL WELFARE E CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

Da USB
04/04/16

La Piattaforma programmatica di USB sarà sostenuta anche da una grande raccolta di firme.
L'Assemblea nazionale di Milano del 3 aprile ha visto oltre 1.000 delegati USB provenienti da tutte le regioni italiane confrontarsi sui temi del lavoro, dell'occupazione, del welfare, del reddito e del salario, delle pensioni e della previdenza, della scuola e della sanità, del diritto alla casa e di uguali diritti per tutti. Una iniziativa anche interna alla "giornata" internazionale del 4 aprile indetta dal Sindacato Internazionale dei Lavoratori Pubblici (TUI PS&A) della FSM/WFTU contro le privatizzazioni e a difesa del pubblico.
Un clima determinato e sereno, emozionante e coinvolgente quello che si è vissuto in Assemblea e che da nuovo slancio all'intero sindacato.
Dall'Assemblea emergono senza dubbio alcuni elementi importanti non soltanto per il sindacato e i suoi iscritti, ma per l'intero mondo del lavoro.
I temi centrali discussi in Assemblea sono quelli che vivono tutti i giorni i lavoratori e le lavoratrici, ma anche quelli che oggi investono l'intera società: avere almeno un disoccupato in famiglia, non riuscire ad arrivare a fine mese e non avere un reddito minimo sufficiente neanche per sopravvivere, rinunciare a curarsi o aspettare mesi e mesi per un esame diagnostico, non avere un tetto sulla testa o non riuscire a pagare più il mutuo, mandare i figli in una scuola ormai allo sbando e affidata sempre più agli interessi privati, vivere città sempre meno vivibili e sempre più inquinate, vivere la condizione di migrante come cittadino di serie B, ecc. ecc.
Questa situazione provoca un disagio complessivo della società e nella società che non può essere più affrontato dal sindacato soltanto con la lotta sui posti di lavoro, ma al quale deve corrispondere un intervento generale a livello nazionale e anche europeo e internazionale.
Non è più sufficiente essere un buon e onesto sindacato di base che lotta per difendere le condizioni ed il salario sul proprio posto di lavoro. USB deve partire certamente da queste certezze, ma per affrontare le sfide dei prossimi mesi e dei prossimi anni deve sempre più rapidamente tendere a essere un sindacato generale, di massa, di classe.
USB cresce numericamente e qualitativamente ogni giorno di più e questa grande Assemblea di Milano lo dimostra concretamente. Ci sono tanti giovani, ci sono donne e uomini coscienti della propria condizione e convinti del progetto che si sta portando avanti. Ci sono tutti i settori produttivi del paese, dall'industria al lavoro pubblico, dai servizi ai trasporti, dal commercio alle telecomunicazioni e alla logistica. USB è ormai un sindacato maturo e pronto ad assumersi le grandi responsabilità che le competono.
La Piattaforma emersa dall'Assemblea non è il libro dei sogni ma un percorso di lotta, un processo di acquisizione e accumulazione della forza e delle energie necessarie a contrapporsi al mondo delle privatizzazioni, della finanziarizzazione della società, dell'arroganza del potere, della forza dei grandi gruppi economici...per dirla in una sola parola, del capitale.
La differenza tra USB e CGIL, CISL e UIL sono ormai così evidenti che risulta quasi inutile ribadirle. Queste ex organizzazioni sindacali non rappresentano più gli interessi dei lavoratori e gli interessi generali delle classi subalterne. Serve scalzarle, sradicare il loro sistema di potere e costruire l'alternativa. Un'alternativa che non può che partire oggi da USB e svilupparsi nei prossimi anni attraverso la crescita e la condivisione di obiettivi e pratiche che non sono certo quelle proposte da CGIL, CISL e UIL.
Le iniziative da mettere in campo sono tante e tutte rilevanti. Soltanto l'organizzazione e una rinnovata militanza potranno tenere testa alle necessità, dare forza alle mobilitazioni, dare seguito alle vertenze ed alle lotte, rappresentare al meglio gli obiettivi e gli strumenti per realizzarli. Esiste una Piattaforma programmatica di USB che deve essere fatta vivere giorno per giorno, deve essere arricchita del contributo di tutti, deve essere fatta propria sui posti di lavoro, nelle città e nelle strade, in ogni vertenza e in ogni occasione.
Nelle prossime ore si avvierà anche una grande raccolta di firme a sostegno della Piattaforma. Lavoriamoci tutti insieme e facciamo crescere questa iniziativa che dovrà far sviluppare dal basso una mobilitazione sempre più vasta e partecipata, sino ad arrivare a grandi iniziative sociali e sindacali nei prossimi mesi, sino allo sciopero generale. Il governo Renzi e l'attuale maggioranza trasversale di governo stanno continuando ad eseguire le indicazioni sempre più vincolanti dell'Unione europea, hanno di fatto portato l'Italia in guerra, vogliono modificare la Costituzione, hanno peggiorato le condizioni di vita di strati sempre più ampi della società, stanno continuando a spostare ricchezza dalle tasche di tanti a quelle di pochi.
E' necessaria una risposta forte, è necessario mandarli tutti a casa.
Buona lotta e buon lavoro a tutte e tutti!

La Piattaforma Programmatica di USB “Voglio lavoro e stato sociale” è scaricabile al link:

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Sent: Thursday, April 07, 2016 6:48 AM
Subject: ILVA, LE VERITÀ CHE GALLETTI NON DICE

Il Ministro dell’Ambiente Galletti ha dichiarato oggi ai microfoni di Radio Capital che la situazione a Taranto è migliorata, “è sotto controllo”. Secondo il Ministro, infatti, quello dell’ILVA è “un piano ambientale molto ambizioso, finora rispettato, che deve andare di pari passo con quello industriale e occupazionale”.
Proprio stamane, tempismo perfetto, Peacelink ha inviato alla Commissione Europea una lettera che chiede che si faccia chiarezza quanto prima sulla questione picchi di diossina, denunciata dalla stessa Peacelink solo qualche settimana fa:
Sulla base dell’ultimo rapporto ISPRA, Peacelink ha potuto realizzare uno studio comparato tra lo stato di attuazione delle prescrizioni dell’autorizzazione ambientale dell’ILVA e la loro concreta realizzazione sul campo.
Ebbene, il piano ambientale ILVA è lontano dall’esser completo, non è assolutamente stato rispettato, come ha affermato il Ministro, ma sono stati cambiati i termini di rispetto della legge attraverso ben NOVE decreti che hanno allungati i tempi di completamento e hanno diluito nel tempo anche il completamento delle prescrizioni più urgenti al fine della protezione della salute umana. Sono stati infatti modificati, con nuove e susseguenti leggi, i termini finali per la messa in atto e per l’eventuale completamento.
La situazione a Taranto non è per niente sotto controllo, né dal punto di vista ambientale, né sanitario, né occupazionale, né industriale.
L’ILVA inquina aria, falda, mare. I dati ed i grafici sulla salute umana rimangono allarmanti. Si sono scoperti di recente dei picchi di diossina (alcuni dei quali di solo qualche mese fa) che catapultano Taranto in una situazione mai registrata prima in Italia! 
L’ILVA è in fallimento, perde circa 50 milioni al mese, non esiste una vision occupazionale né industriale e si sta perdendo tempo mettendo a rischio il futuro di migliaia di persone e utilizzando fondi pubblici per continuare a tenere in vita un’azienda morta.
E’ il momento di guardare in faccia la realtà. Sia fatta chiarezza e venga detta la verità. L’ILVA produce grazie agli aiuti di stato. Inquina ancora, non è competitiva, chiuderà da sola a breve.
E’ arrivato il momento di mettere in campo un progetto di riconversione in altre attività produttive, ci vuole una politica ambiziosa e visionaria, che possa portare Taranto e tutte le realtà vicine, che saranno toccate dalla chiusura dell’ILVA, verso un nuovo sviluppo finalmente tangibile e concreto.
La situazione, caro Ministro, è molto lontana dall’essere sotto controllo, anzi, secondo noi, siamo di fronte al baratro da tutti i punti di vista.

Antonia Battaglia
31 marzo 2016

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From: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Thursday, April 07, 2016 6:34 PM
Subject: PER NON DIMENTICARE: A 25 ANNI DAL MOBY PRINCE

Da Loris Rispoli, presidente del "Comitato 140".
Tra pochi giorni sarà il 25° Anniversario. 25 anni sono tanti per mantenere vivo nella memoria collettiva un evento tragico come quello del Moby Prince: la mente umana è spesso portata a dimenticare ciò che fa male, a noi non è concesso, non vogliamo e non possiamo dimenticare quelle 140 persone, i loro sorrisi, i loro volti, le loro voci.
Il 10 aprile 1991 è una data che abbiamo scolpita dentro, è la ferita che continua incessante a sanguinare, e continuerà a farlo finché non avremo quelle risposte che ci sono state negate.
In questi mesi abbiamo iniziato un viaggio nella memoria aiutati dall’Associazione “Effetto Collaterale”, abbiamo distribuito centinaia di magliette rosse #iosono141 che è diventato il simbolo di chi non si arrende, di chi esige assieme a noi delle risposte.
Nei giorni scorsi un quotidiano locale ha scritto “Livorno in piedi per commentare l’iniziativa delle 140 sedie vuote in piazza”.
Ecco noi vorremmo che il 10 Aprile, le Associazioni, le Organizzazioni Sindacali, gli studenti scendessero in piazza, che quella giornata vedesse finalmente questa città unita nel chiedere Giustizia.
Noi ci saremo come sempre, caparbi, incontenibili, instancabili, lo faremo per Loro perché continuano a vivere nella nostra memoria, ma lo faremo anche per dimostrare che non esistono “destini cinici e bari” che quella maledetta notte quella strage poteva essere evitata, che Sara, Giuseppe, Francesco, Cristina potevano essere ancora tra noi se qualcuno avesse svolto il proprio dovere, se ancora una volta non si fosse risparmiato sulla sicurezza.
Noi vogliamo gridare che non esistono prescrizioni per il dolore e che i reati di strage non devono mai per legge andare in prescrizione.
Noi vogliamo un paese che finalmente possa essere definito civile, ma questa è una battaglia persa se Livorno non sarà al nostro fianco, quindi rinnovo l’appello alla mia città, partecipate, uscite di casa e venite per strada a dire dopo 25 anni basta vogliamo solo sapere PERCHE’.

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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Friday, April 08, 2016 8:52 AM
Subject: TRIVELLA SELVAGGIA

Il documento di Legambiente “Trivella selvaggia. Il mare italiano minacciato dai pirati dell’oro nero” del  luglio 2012 è scaricabile al link:

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