La
presentazione del libro Ilva a Catania, organizzata dai compagni del Centro
Sociale Experia ha innanzitutto un merito fondamentale, quello di aver inserito
questa iniziativa nel quadro della preparazione del 25 aprile. Per questo il
primo intervento è stato quello di una compagna dei collettivi studenteschi e
delle strutture che stavano preparando il 25 aprile: Punteruolo, Experia.
I compagni,
così, hanno dimostrato di comprendere la natura effettiva del libro: uno
strumento della lotta di classe, della lotta nelle fabbriche, nelle città, di
operai e popolazione, facente parte della battaglia per la “liberazione” dai
padroni e dal sistema capitalista che nella sua logica distrugge, come lo
stesso libro sostiene, diritti, uomini e territori.
Così si è
dato un senso al 25 aprile legandolo alla lotta di oggi e alla condizione della
classe operaia e delle masse popolari in alcune vicende importanti di lotta in
questa fase, in questo paese.
Importante è
stato che l'intervento di apertura all'assemblea ha dato voce ai compagni di
Siracusa che si stanno misurando con le morti sul lavoro e i territori inquinati
della vicina Gela, altra vicenda
esemplare che meriterebbe un libro a sé. 3 operai morti al Petrolchimico hanno attivato un movimento raguseo contro le morti sul lavoro che, partito come movimento di giovani e territoriale, poi, come ha detto il compagno, “la componente operaia ha preso il sopravvento”, ed era anche parte determinante del concerto organizzato per il 24 aprile.
esemplare che meriterebbe un libro a sé. 3 operai morti al Petrolchimico hanno attivato un movimento raguseo contro le morti sul lavoro che, partito come movimento di giovani e territoriale, poi, come ha detto il compagno, “la componente operaia ha preso il sopravvento”, ed era anche parte determinante del concerto organizzato per il 24 aprile.
Questo ha
messo in luce che c'è un mondo operaio di cui nessuno parla più e a cui nessuno
parla più. Quindi è divenuto naturale parlare a Gela di quello che succede a
Taranto.
Per questo
la presentazione dei compagni di Taranto si è legata subito a questo intervento
per spiegare, come fa il libro, che l'Ilva è il riepilogo generale di tutte le
vicende di questo genere messe insieme, con una particolarità però. Primo,
l'Ilva è la più grande fabbrica italiana oggi ed è una fabbrica pienamente in
vita, in cui lavorano tuttora 15 mila operai tra diretti e appalto, operai su
cui è stata scaricata la “tempesta perfetta”, nella quale tutti i soggetti e
tutte le logiche sono confluite e sono state portate all'estremo, facendo della
vicenda Ilva un paradigma del sistema in cui viviamo.
Innanzitutto,
però, il compagno di Taranto ha raccontato cosa è successo prima dello
scatenarsi degli eventi Ilva di questi ultimi anni, sfatando un luogo comune,
quello che dice che la classe operaia non ha lottato ed ha accettato per il
ricatto del lavoro tutto quello che era successo prima.
Non è vero.
Negli anni dell'Italsider, azienda di Stato “nazionalizzata”, gli operai hanno
avuto consapevolezza del problema dei morti sul lavoro e dell'inquinamento,
hanno animato lotte. Esiste una piattaforma Flm di quegli anni che, analizzando
dettagliatamente impianti, ciclo produttivo, organizzazione del lavoro,
rapporto fabbrica/territorio, individuava le rivendicazione e le modifiche
necessarie per difendere la sicurezza dei lavoratori, per attaccare e ridurre
nocività e inquinamento.
Ma questa
lotta degli operai ha perso all'Ilva, come hanno perso le lotte operaie
successivamente agli anni 70. Si è perso all'Ilva come in tutte le fabbriche
italiane, per la causa fondamentale del cambio di natura del sindacato e
dell'organizzazione sindacale interna alle fabbriche, la fine dei Consigli di
fabbrica, ecc., che conteneva al suo interno il cambio di natura del Partito
comunista, che sul piano ideologico e strategico era già avvenuto diversi anni
prima, ma che poi aveva degenerato nella base e nelle organizzazioni di massa
del mondo del lavoro.
I due anni,
quindi, di cui il libro parla rappresentano in queste condizioni date il tipo
di risposta, ora ribelle, ora confusa, ma comunque di massa degli operai e di
settori delle masse popolari della città, all'emergere chiaro e netto che
quella che era la fabbrica delle morti sul lavoro (45 negli anni di Riva) si
era trasformata in una fabbrica dell'inquinamento massivo, compreso il terreno
circostante e le falde acquifere, e della produzione di morti da tumori, da
malattie professionali, ecc..
Il libro – è
stato detto – racconta queste lotte di questi due anni, rappresentandone ora la
forza ora le potenzialità. Soprattutto la lotta fatta dagli operai che è la
meno conosciuta e la più denigrata, o almeno deformata.
I giovani
studenti, i compagni del Centro, i militanti di Catania presenti hanno
ascoltato con attenzione e partecipazione il racconto del 2 agosto dell'Apecar,
così come la mobilitazione del movimento cittadino che riempiva le piazze dei
quartieri e del centro città, l'occupazione della fabbrica del 27 novembre, ecc..
Tutto questo
preceduto dai momenti in cui la guerra di classe del padrone è riuscita a
mobilitare 8mila operai “burattini” il 30 marzo, o ad alimentare la
contrapposizione tra lavoro e salute, tra fabbrica e città.
Perchè la
lotta e la ribellione di quei due anni non è riuscita a rovesciare la
situazione?
E qui il
compagno ha indicato come nel libro fossero analizzate le posizioni, non solo
di ambientalisti ma di una componente fortemente piena di operai, come il
Comitato Liberi e pensanti.
Come sia mancata
la direzione e l'unità e invece siano dilagate le deformazioni della situazione
e della storia di Taranto, con idee retrograde e passatiste, queste sì
passatiste, delle “cozze e calamari”, della “Taranto spartana”, della
chiacchiere dal bar divenute luoghi comuni imperanti che hanno seminato veleno
tra le masse tarantine e trasformato un grande movimento in un polverone
inconcludente.
Il compagno,
poi, ha mostrato l'importanza della documentazione sull'inchiesta giudiziaria,
contenuta nel libro, in cui l'insieme degli imputati sembra la radiografia di
un sistema, quello del padrone e ancor più quello del capitale, con tutte le
sue figure, compreso Chiesa e Digos. E perfino la richiesta degli avvocati
altolocati dei Riva di trasferire il processo da Taranto è diventata un
documento che descrive, suo malgrado, la Taranto reale e le potenzialità di
ribellione operaia e sociale.
Alla
rappresentazione che il libro offre di questa vicenda, hanno risposto subito i
compagni presenti chiamati a dire la loro e a dare un contributo.
Un compagno
del CS ha ringraziato per aver raccontato una storia vera e propria, esemplare,
dell'Ilva, dello scontro tra capitale e lavoro, delle contraddizioni tra le
fila degli operai.
E' vero – ha
detto il compagno del CS Experia – che l'Ilva è la “tempesta perfetta” del
capitalismo, ma è il modo di produzione capitalista che è nocivo. Così come
sono giuste le critiche a certo ambientalismo che pende purtroppo dalla parte
dei padroni. Non è scomparsa la classe operaia, ci dice la vicenda Ilva, ma è
determinante il suo protagonismo che riesca a smuovere tutto.
Anche in
Francia è in atto una grande protesta sociale contro il Jobs act alla francese,
così come si assiste alla fine della capacità dei dirigenti sindacali
confederali di controllare il movimento.
Ma certo
pesa – ha continuato il compagno – il modo di fare politica, perchè sta
contribuendo a far scomparire la capacità di organizzazione e di dare parole
d'ordini chiare che sono necessarie in questa situazione.
L'intervento
del compagno di Red militant è partito dal valorizzare il libro, che dà una
visione approfondita, è ciò che prima si chiamava inchiesta operaia, del
conflitto capitale-lavoro subito dai lavoratori, e ci dà gli elementi per
vedere quali insegnamenti dobbiamo noi trarre. Innanzitutto la questione della
proprietà: il capitalismo è passato alla fase del capitalismo selvaggio. La
lotta dei lavoratori c'è ma quando c'è manca dell'elemento di direzione della
lotta. C'è ribellione ma non una vera lotta di classe. Ci troviamo di fronte
alla classe sfruttata nel senso ampio del termine, in cui vanno inclusi anche i
giovani. Quando una classe è divisa, il capitalismo riesce ad essere vincente.
Questo è un
importante elemento da cui trarre insegnamenti.
Nelle
conclusioni, i presentatori sono tornati ad usare alcune pagine del libro per
riaffermare il concetto, che viene da Marx, dal 13° capitolo de Il Capitale su
“macchine e grande industria”, per affermare che nocivo è il capitale e non la
fabbrica in sé; così per ribadire che pensare di trasformare le grandi
concentrazioni operaie in città dell'informatica, del turismo e della media
borghesia pulita, non può essere il programma di chi lotta realmente per
rovesciare questo sistema, perchè contribuisce a cancellare l'unica classe,
quella operaia, che lo può fare.
L'assemblea
si è conclusa con una forte unità tra i compagni presenti, impegno e sostegno
reciproco. E' emersa la proposta di fare a Gela una presentazione del libro che
sia anche un incontro dei rappresentanti degli operai, cittadini di Taranto e
quelli della zona del Petrolchimico.
La cena
sociale, con ottimi spaghetti preparati dai compagni e compagne, ha cementato
il clima rosso e proletario, verso il 25 aprile.
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