costruire
il sindacato di classe di massa per condurre una guerra di classe
fuori
e contro il sindacalismo confederale e alternativo a posizioni e prassi del
‘sindacalismo di base’
proletari
comunisti –PCm italia
IL MERCATO NON TIRA E SI CHIEDONO I TAVOLI ISTITUZIONALI IN VERITA’
VOGLIONO CONTINUARE A MUNGERE LA REGIONE BASILICATA E GLI OPERAI CHE CONTINUANO
A LAVORARE E AD ESSERE SFRUTTATI
,
Alla Fiat di Melfi oltre mille operai sono stati posti di nuovo in cassa
integrazione. La punto si vende di meno e il mercato non tira.
Anche la produzione della Cinquecento e della Jeep è calata, i 21 turni
sono stati effettivamente applicati per poco, la Domenica pomeriggio si sta
quasi sempre a casa, per la copertura della giornata lavorativa vengono
utilizzati i permessi individuali retribuiti, se ce ne sono, altrimenti non
retribuiti, e a tanti operai è stato chiesto di andare in trasferta nei diversi
stabilimenti del gruppo Fiat, sparsi per il paese.
La Punto dopo diverse modifiche che ci sono state negli anni trascorsi,
andrà via definitivamente, non sarà più prodotta a Melfi e la cassa
integrazione aumenterà. Si intravedono tre settimane di cassa integrazione al
mese e sembrano non siano solo voci in fabbrica.
Gli operai più penalizzati dalla cassa integrazione e che restano più
spesso a casa sono quelli che fruiscono di varie leggi, dalla 104 alla 53,
oppure quelli con problemi di salute. La Fiat a Melfi, e non solo, ha bisogno
di operai sani, che lavorano e non hanno problemi di salute. Gli operai devono
produrre, piegare la testa e non protestare, altrimenti possono stare in cassa
integrazione e a casa, i piazzali sono pieni.
Molti operai non ce la fanno con i ritmi ed i carichi di lavoro accettano
ben volentieri periodi di riposo tramite la cassa integrazione anche se la paga
è ridotta. Altri conciliano i periodi di cassa con la raccolta dell’uva e delle
olive, quando i giorni di cassa sono pochi ci si può fare qualche servizio nei
propri terreni della Lucania e della vicina Puglia.
Alcuni operai sono passati dalla linea della Punto, alla linea della
Cinquecento e della Jeep per cercare di restare in fabbrica e guadagnare
l’intero salario. Altri operai invece preferiscono farsi la cassa integrazione,
almeno adesso che è poca, e si riposano. Quelli che lavorano sulla linea della cinquecento
e della Jeep, su quattro turni A-B-C-D, sono stati invogliati ad una perenne
gara, vengono classificati più bravi quelli che fanno più auto, si è raggiunta
la soglia di 470 auto a turno prodotte.
Il sindacato tergiversa, cerca soluzioni, molte volte cerca di sostituirsi
al padrone e dà consigli arrivando addirittura a proporre il tipo di vettura da
produrre in sostituzione della Punto. La Uilm in testa chiede tavoli e incontri
istituzionali con la Regione Basilicata come se la stessa Regione dovesse
acquistare auto. In realtà alcuni sindacati hanno intenzione di fare sborsare
alla Regione Basilicata altri soldini, magari quelli provenienti dalle royalty
del petrolio. Altri sindacati forse inconsciamente a ruota vanno appresso. Quelli
più rappresentativi non si interessano della rotazione della cassa
integrazione, affinché tutti gli operai abbiano lo stesso salario,
vogliono solo sedersi ai vari tavoli e continuare a contare e vivacchiare,
magari partecipando e organizzando anche altri carrozzoni definiti
“Osservatori”, e suggerendo altri esborsi da parte della Regione Basilicata,
come è successo per il famoso “Campus”, costato un sacco di soldi alla
collettività.
I problemi si porranno sicuramente se i periodi di cassa si faranno più
lunghi e se la Fiat con il silenzio dei sindacati filopadronali, gratificati
dalle precedenti assunzioni con il Jobs Act, tenderà a portare avanti
operazioni discriminatorie. Si deve intervenire per imporre alla Fiat la
rotazione della cassa integrazione, altrimenti per alcuni operai sempre posti
in cassa integrazione ci sarà già su un misero salario, un’altro taglio netto e
consistente.
Inoltre ci si darà la possibilità alla Fiat di creare i presupposti
per potersi organizzare e dividere ulteriormente gli operai, anche con nuove
forme di lavoro. Non è escluso come è successo in altre stabilimenti, come
quello di Pomigliano che ci si arrivi anche ad emarginare operai dalla
fabbrica, con probabili conseguenze anche sullo stato psico-fisico. Anche a
Melfi sono molti gli operai che si lamentano per essere stati confinati in aree
cosiddette di preparazione dove vengono additati come diversi, come quelli che
non fanno niente. Alcuni operai per il momento ancora senza alzare la voce,
iniziano ad esprimere la volontà di organizzarsi se le cose peggioreranno, la
speranza è che i 21 giorni di protesta nel 2004 abbiano fatto scuola e non
tutto si sia
dimenticato.
Un operaio della Fiat di Melfi
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