Siamo lavoratrici del commercio
Siamo quelle che devono far sempre buon viso a cattivo
gioco
Se voi sapeste quanto è pesante il gioco!
Siamo quelle che il sabato e la domenica devono
lavorare sempre di più e per forza
Se voi sapeste quanto ci costa rinunciare ad un sabato
di lotta o a una domenica coi nostri cari!
Siamo quelle per cui le feste comandate non esistono
Esiste solo il comando e il controllo!
Siamo quelle che non possono chiedere ferie a luglio,
agosto, dicembre
E tutte le volte che all’azienda non conviene!
Siamo lavoratrici del commercio e in commercio
l’ipocrisia è d’obbligo
Sapeste quanto ci costa disobbedire a quest’obbligo!
Siamo quelle che devono dire sempre di sì ai capi,
anche se analfabeti, razzisti, sessisti e incapaci
Perché per l’azienda, più che la competenza di chi la
dirige, conta il servilismo, l’ignoranza e la discriminazione
Perché ciò che interessa all’azienda è l’umiliazione
totale e plateale della nostra intelligenza e il controllo sui nostri corpi,
sui nostri bi/sogni
Che non devono pensare e non devono esprimersi
Scomodo è il nostro pensiero, “polemica” è definita la
nostra espressione
Siamo quelle che se dicono No o non sono carine coi
capi, “dicono tutte cazzate” o meritano di essere perseguitate, mobbizzate,
licenziate
Siamo le cenerentole del negozio, che se alzano la
testa vanno in punizione a far le pulizie
Siamo quelle che non hanno un ruolo, se non lo
decidono i capi, ma che rispondono degli errori dei capi
Siamo quelle che, per un salario, devono vendere anche
sorrisi, tolleranza e l’immagine del proprio corpo, quello che anche il cliente
più fetente si sente in diritto di frugare con gli occhi e a volte con le mani,
perché “il cliente ha sempre ragione” e si sente in diritto di comprare, con la
merce, anche la nostra intimità, quasi fosse anche lui il padrone dell’azienda
Siamo quelle che devono regalare comprensione a chi
non comprende, sorrisi a chi non sorride, saluti a chi non saluta… siano essi
padroni siano essi clienti, che si sentono padroni per proprietà transitiva
Siamo quelle che l’unica volta che si sono sentite
unite contro il terrore aziendale, è stato quando hanno scioperato insieme il
25 novembre 2013, nel primo sciopero delle donne in Italia, contro la violenza
sulle donne
Da quel giorno al negozio sbocciò una rosa: la
solidarietà di noi lavoratrici a una giovane Rosa, vittima di stupro. Fu
stuprata da un militare, che fu difeso da un avvocato, che era amico del
padrone.
Le rose sono belle, ma pungono e noi pungemmo con la
nostra solidarietà militari, avvocati e padroni
La loro repressione non si fece attendere: prima
isolate e licenziate, con l’immobilismo complice dei sindacati confederali, poi
mobbizzate, denunciate per aver detto la verità.
E’ ora che queste rose diventino un cespuglio di rovi,
un groviglio di spine a difendere la verità
Chi attacca noi donne proletarie, non sono solo gli
uomini, ma anche certe donne…
Chi attacca noi donne proletarie sono i padroni e i
loro lacchè
Sono gli uomini e le donne in doppio petto, quelli che
fanno le leggi contro di noi, quelli che le usano contro di noi
Sono i burattini e le burattine che si vendono per un
livello in più o solo per un brandello di potere
Sono i burattinai ed è a loro che vogliamo arrivare
questo 25 novembre.
Perciò saremo in piazza il 18 novembre contro gli
stupratori e chi li difende
Perciò saremo in piazza il 25 novembre contro i
padroni e chi li difende
Lavoratrici
del commercio aderenti allo Slai cobas per il sindacato di classe di L’Aquila
Nessun commento:
Posta un commento