oggi 4 novembre alle 18 conferenza
stampa dello Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto
via Rintone 22 – info 347-5301704
sulla situazione dei migranti a Bel Sit
Paolo VI ecc
sul grave rapporto di Amnesty International
sulle violenze all’Hot Spot di Taranto
adesso basta!
Violenze e torture nell'orribile hot
spot di Taranto. Va chiuso! E i responsabili devono pagare, compreso le
associazioni che in cambio di soldi e appalti sapevano e hanno coperto tutto
questo
Dopo il suo
salvataggio, Salih e altri nuovi arrivati sono stati portati in autobus al
così detto «hotspot» di Taranto. L'approccio hotspot, introdotto nel 2015 su
raccomandazione della Commissione europea, è un sistema creato per identificare
tutti i nuovi arrivati, valutare velocemente i loro bisogni di protezione e
incanalarli nelle procedure d'asilo oppure rinviarli nel loro paese d'origine.
Il punto cruciale è che questo prevede che l'Italia identifichi e rilevi
le impronte digitali di tutti i nuovi arrivati. Ma persone come Salih, che
vogliono chiedere asilo in altri paesi europei dove sono i loro parenti, hanno
un forte interesse a evitare che gli vengano prese le impronte digitali dalle
autorità italiane. Farlo significherebbe poter essere rimandati in Italia paese
di primo ingresso - se tentassero di continuare il viaggio nell'Unione europea.
«Non volevamo
che ci prendessero le impronte digitali ma quattro poliziotti ci hanno
trascinati fuori dall'autobus e fino all'ufficio, dove hanno cominciato a
picchiarmi» mi ha
detto Salih.
«Mi hanno
colpito almeno quattro volte con un manganello e poi ho sentito una scossa
elettrica sulla schiena. Sono collassato e ho iniziato a vomitare. Dopo 10
minuti sul pavimento ho accettato di dare le impronte digitali».
Impronte digitali prese con la forza
L'esperienza
di Salih non è unica. Quest'estate ho incontrato due dozzine di rifugiati e
migranti - uomini, donne e bambini - che mi hanno detto di essere stati
picchiati, colpiti con le scosse dei manganelli elettrici o minacciati
dalla polizia dopo aver rifiutato di farsi prendere le impronte digitali.
Un ragazzo di 16 anni e un uomo di 27 hanno descritto come la polizia
li abbia costretti a spogliarsi e abbia inflitto loro dolore ai genitali.
Una donna di 25 anni mi ha detto che è stata trattenuta a Lampedusa per mesi e
poi schiaffeggiata ripetutamente per spingerla a dare le impronte digitali.
Matteo de Bellis, ricercatore di
Amnesty International
Salih aveva
solo 10 anni quando le milizie hanno attaccato il suo villaggio nella regione
del Nord Darfur, in Sudan. «Era sera. Sparavano e davano fuoco alle nostre
capanne. I miei genitori sono stati uccisi ma io sono riuscito a scappare».
È arrivato
da solo fino a Khartoum, dove è rimasto fino all'inizio di quest'anno, quando
suo zio che vive nel Regno Unito gli ha mandato dei soldi per raggiungerlo.
Ha impiegato
più di un mese per viaggiare attraverso il deserto in Libia e poi verso nord
fino alla costa, dove ha pagato il viaggio attraverso il
Mediterraneo su una barca sovraffollata. «La Croce rossa ci ha salvati
e ci ha portati a terra» mi ha detto Salih, che ora ha 16 anni ed è ancora
un bambino, quando l'ho incontrato a Ventimiglia, a luglio. Ma invece di essere
aiutato a ricongiungersi con lo zio, si è ritrovato intrappolato ai confini
dell'Europa. E invece di trovare sicurezza sulle coste europee, ha detto di
essere stato picchiato dalla polizia italiana, appena poche ore dopo l'arrivo.
Dopo il suo salvataggio, Salih e altri nuovi arrivati sono stati portati in autobus al così detto «hotspot» di Taranto. L'approccio hotspot, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, è un sistema creato per identificare tutti i nuovi arrivati, valutare velocemente i loro bisogni di protezione e incanalarli nelle procedure d'asilo oppure rinviarli nel loro paese d'origine. Il punto cruciale è che questo prevede che l'Italia identifichi e rilevi le impronte digitali di tutti i nuovi arrivati. Ma persone come Salih, che vogliono chiedere asilo in altri paesi europei dove sono i loro parenti, hanno un forte interesse a evitare che gli vengano prese le impronte digitali dalle autorità italiane. Farlo significherebbe poter essere rimandati in Italia paese di primo ingresso - se tentassero di continuare il viaggio nell'Unione europea.
Dopo il suo salvataggio, Salih e altri nuovi arrivati sono stati portati in autobus al così detto «hotspot» di Taranto. L'approccio hotspot, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, è un sistema creato per identificare tutti i nuovi arrivati, valutare velocemente i loro bisogni di protezione e incanalarli nelle procedure d'asilo oppure rinviarli nel loro paese d'origine. Il punto cruciale è che questo prevede che l'Italia identifichi e rilevi le impronte digitali di tutti i nuovi arrivati. Ma persone come Salih, che vogliono chiedere asilo in altri paesi europei dove sono i loro parenti, hanno un forte interesse a evitare che gli vengano prese le impronte digitali dalle autorità italiane. Farlo significherebbe poter essere rimandati in Italia paese di primo ingresso - se tentassero di continuare il viaggio nell'Unione europea.
«Non
volevamo che ci prendessero le impronte digitali ma quattro poliziotti ci
hanno trascinati fuori dall'autobus e fino all'ufficio, dove hanno cominciato a
picchiarmi» mi ha detto
Salih.
«Mi hanno colpito almeno quattro volte con un manganello e poi ho sentito una scossa elettrica sulla schiena. Sono collassato e ho iniziato a vomitare. Dopo 10 minuti sul pavimento ho accettato di dare le impronte digitali».
«Mi hanno colpito almeno quattro volte con un manganello e poi ho sentito una scossa elettrica sulla schiena. Sono collassato e ho iniziato a vomitare. Dopo 10 minuti sul pavimento ho accettato di dare le impronte digitali».
Questi
abusi, che in alcuni casi costituiscono tortura, sono un aberrante effetto
collaterale della strategia di «condivisione dell'irresponsabilità»
dell'Europa. Mentre la condotta della maggior parte della polizia rimane
professionale e la grande maggioranza dei rilevamenti delle impronte digitali
avviene senza incidenti, i risultati dettagliati nel nuovo rapporto di Amnesty
International pubblicato oggi fanno sorgere gravi preoccupazioni circa il
comportamento di alcuni agenti. Il rapporto mette in luce anche le carenze
fondamentali delle politiche migratorie dell'Europa. Infatti, le impronte
digitali dell'Europa sono ben visibili sulla scena del delitto. Nessuno ha
riassunto questo aspetto più chiaramente di un interprete che lavorava in
un hotspot, citato da un uomo di 22 anni che ho incontrato: «Mi
spiegò che dovevamo dare le impronte digitali altrimenti l'Italia avrebbe
ricevuto una multa. Mi dissero che c'erano altri agenti europei che
controllavano se alle persone erano state rilevate le impronte digitali. E che
quelli che si rifiutavano sarebbero stati picchiati dalla polizia italiana».
L'arrivo di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini, in fuga da conflitti, violazioni dei diritti umani e povertà, grava fortemente sull'Italia, che guida gli sforzi per salvare le vite in mare. In assenza di canali sicuri e legali di accesso in Europa, rifugiati e migranti hanno viaggiato in maniera irregolare e con un alto rischio per le loro vite.
L'arrivo di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini, in fuga da conflitti, violazioni dei diritti umani e povertà, grava fortemente sull'Italia, che guida gli sforzi per salvare le vite in mare. In assenza di canali sicuri e legali di accesso in Europa, rifugiati e migranti hanno viaggiato in maniera irregolare e con un alto rischio per le loro vite.
Nel
tentativo di ridurre la pressione sull'Italia e sugli altri stati in prima
linea, l'approccio hotspot era stato abbinato a un programma di ricollocazione
dei richiedenti asilo in altri paesi dell'Unione europea. Tuttavia, la
componente di solidarietà dell'approccio hotspot si è dimostrata ampiamente
illusoria: a oggi, 1200 persone sono state ricollocate dall'Italia, a fronte
delle 40.000 che erano state promesse, mentre quest'anno oltre 150.000 persone
hanno raggiunto l'Italia via mare.
Sotto la pressione dell'Unione europea, l'Italia ha cercato di aumentare il numero di migranti rinviati nei loro paesi d'origine. Questo ha significato anche la negoziazione di accordi di riammissione con governi che hanno commesso terribili atrocità. In applicazione di uno di questi accordi, lo scorso agosto, 40 persone, identificate come sudanesi, sono state messe su un aereo dall'Italia verso Khartoum. Amnesty International ha parlato con due uomini del Darfur che erano su quel volo e hanno raccontato che le forze di sicurezza li hanno aspettati al loro arrivo a Khartoum per interrogarli.
L'approccio hotspot, progettato a Bruxelles e messo in atto in Italia, ha causato gravi violazioni dei diritti di persone disperate e vulnerabili. Le autorità italiane hanno la responsabilità diretta, i leader europei quella politica. Nel frattempo, orfani come Salih sono lasciati a cavarsela da soli. Dopo quattro giorni nell'hotspot di Taranto, Salih è stato portato alla stazione ferroviaria e lasciato lì.
«Nessuno mi ha chiesto se volevo chiedere asilo o nient'altro» mi ha detto. «Voglio andare via dall'Italia. Voglio stare con mio zio e la sua famiglia, in Inghilterra»
Sotto la pressione dell'Unione europea, l'Italia ha cercato di aumentare il numero di migranti rinviati nei loro paesi d'origine. Questo ha significato anche la negoziazione di accordi di riammissione con governi che hanno commesso terribili atrocità. In applicazione di uno di questi accordi, lo scorso agosto, 40 persone, identificate come sudanesi, sono state messe su un aereo dall'Italia verso Khartoum. Amnesty International ha parlato con due uomini del Darfur che erano su quel volo e hanno raccontato che le forze di sicurezza li hanno aspettati al loro arrivo a Khartoum per interrogarli.
L'approccio hotspot, progettato a Bruxelles e messo in atto in Italia, ha causato gravi violazioni dei diritti di persone disperate e vulnerabili. Le autorità italiane hanno la responsabilità diretta, i leader europei quella politica. Nel frattempo, orfani come Salih sono lasciati a cavarsela da soli. Dopo quattro giorni nell'hotspot di Taranto, Salih è stato portato alla stazione ferroviaria e lasciato lì.
«Nessuno mi ha chiesto se volevo chiedere asilo o nient'altro» mi ha detto. «Voglio andare via dall'Italia. Voglio stare con mio zio e la sua famiglia, in Inghilterra»
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