Pezzi di scarto
“Noi, operai della Punto,
trattati come robot da rottamare”
Parlano alcuni cassintegrati di Melfi. Denunciano la
“discriminazione” operata da Marchionne nei loro confronti
di Eugenio
Bonanata
“Vorremmo che fosse applicato un
principio di rotazione”, spiegano. Invece gli ammortizzatori sociali e le
settimane di stop hanno colpito solo i mille operai della Punto. Il loro
futuro, alla fabbrica integrata di Melfi, appare sempre più incerto.
Lavorano alla Fiat di Melfi, ma si
sentono un po' come i loro colleghi di Pomigliano spediti in 'confino' a Nola.
Sono i cassintegrati della Punto. Oltre un migliaio di operai che da settembre
a oggi a S.Nicola di Melfi hanno già fatto quattro settimane di
cassintegrazione e ne faranno altre tre, dal 21 novembre al 9 dicembre. “Ci
sentiamo come dei vecchi robot ormai destinati alla rottamazione – sbotta
Teresa – La Fiat ci ha sfruttato per 20 anni e ora non sa più cosa farsene
della nostra forza lavoro”. Con il job act di Renzi e con le nuove linee
Renegade e 500 x, c'è una categoria di operai che si sente discriminata. Sono
quelli della vecchia Punto, un modello ritenuto ormai obsoleto e quasi fuori
mercato. E fuori mercato sembrano andare anche i tanti metalmeccanici che per
molti anni hanno operato su quella linea. “Se c'è cassa integrazione da fare,
ci saremmo aspettati almeno un principio di rotazione con gli altri colleghi
che lavorano alle nuove linee”. E invece ad andare in standby sono solo loro.
“Eppure – spiega Mimmo – due anni fa facemmo tutti insieme i corsi di
formazione per operare sulle nuove linee produttive, ma evidentemente qualcuno
ci ritiene già vecchi e incapaci di reggere il passo”. Ormai, aggiunge, è come
se “ai nuovi operai sia stato destinato il cancello d'ingresso, mentre a noi
tocca uscire dalle finestre laterali”. Una sorta di guerra tra poveri, quella
tra vecchi operai della Punto e nuovi di Renegade e 500x. Ad alimentare dubbi è
la strategia aziendale. Spiega Mimmo: “Gli altri operai fanno 20 turni a
settimana, a volte operano anche sulla nostra linea, mentre noi siamo costretti
alla cassa integrazione”. E a partire da mercoledi prossimo per gli operai
Punto aumenterà anche l'impostato, cioè il numero di auto da produrre su ogni
turno. Segno che di lavoro ce n'è ma “evidentemente all'azienda conviene
collocarci in cassa perché tanto paga lo Stato”. E a confermare che la
strategia discriminatoria sia già in corso, è anche Pina, che lavora in
verniciatura, sia sulle vecchie che sulle nuove linee. “Anche se il problema
non mi tocca personalmente – afferma la lavoratrice – non posso che
solidarizzare con i miei colleghi”. Col prossimo anno, inoltre, sono state già
annunciate altre settimane di cassa integrazione per gli addetti alla Punto. Il
“confino” e la “discriminazione” appaiono sempre più come uno spettro
possibile. “Siamo operai di “scarto”, conclude Mimmo. Un po' “come quei
pomodori di scarsa qualità che possono essere utilizzati solo per la passata.”
Non una mera metafora, ma una triste realtà. Venti anni fa loro erano la
speranza, erano il “prato verde” su cui poggiava il futuro degli Agnelli. Ora,
su quel prato verde, si sentono come foglie secche in procinto di staccarsi dal
ramo. Loro però non ci stanno. Con un'anagrafe che segna poco più di 40 anni,
si sentono ancora forti e con un futuro lavorativo tutto da spendere. Per
questo alzano la voce e ci mettono la faccia. Non vogliono arrendersi al
destino che Marchionne pare aver loro preparato. “Vorremmo sensibilizzare anche
gli altri colleghi”, concludono, perché “quello che sta accadendo oggi a noi,
non è detto che domani non possa accadere anche a loro”.
Mar,
08/11/2016 - 16:08
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