Eternit, processo bis a
Schmidheiny. Ma il gup derubrica l’accusa: “È omicidio colposo, non volontario”
La decisione
del giudice infatti viene salutata con soddisfazione dalla difesa
dell'imputato: "Una grossa vittoria" dice l'avvocato l'avvocato
Astolfo Di Amato. Il gup ha dichiarato già prescritti molti casi e trasmesso
gli atti a tre procure
Quando la Cassazione dichiarò la prescrizione
del processo Eternit in cui
era contestato il disastro. Il pm Raffaele Guariniello commentò: “Il reato c’è,
ora apriamo il capitolo omicidi”. Volontari. Però l’accusa della Procura di
Torino non ha retto davanti al giudice per l’udienza preliminare che ha
derubricato il reato in omicidio colposo. L’imprenditore svizzero
Stephan Schmidheiny, imputato per la morte da amianto di 258 persone
al processo Eternit bis, quindi affronterà il processo con la
prospettiva che anche questo giudizio – considerato il numero delle parti
civili e considerato il fatto che il giudice ha trasmesso gli atti ad altre tre
procure Reggio Emilia, Vercelli e Napoli – potrebbe dissolversi in una
prescrizione. Prescrizione che è stata dichiarata dal gup Federica Bompieri
oggi già per un centinaio di casi. A Torino restano soltanto due
casi per i quali il processo si aprirà il 14 giugno. I reati
contestati coprono un arco temporale che va dal fra il 1989 e il 2014.
La decisione del giudice infatti viene salutata
con soddisfazione dalla difesa dell’imputato: “Una grossa vittoria” dice
l’avvocato l’avvocato Astolfo Di Amato.
La vicenda giudiziaria
di Eternit è lunga e complicata: condannato in primo
grado a 16 anni per disastro ambientale, Schmidheiny fu condannato
a 18 in appello, ma
prosciolto in Cassazione per prescrizione, esattamente due anni fa.
Prescrizione intervenuta per gli ermellini ancora prima che fosse chiesto il rinvio a
giudizio e che di conseguenza negò alle parti civili la possibilità di essere
risarcite. Il
procuratore generale della Cassazione, Francesco Iacoviello, nella sua
requisitoria in cui chiedeva la prescrizione per l’imputato aveva detto: “La
prescrizione non risponde a esigenze di giustizia ma ci sono momenti in cui
diritto e giustizia vanno da parti opposte”. La sentenza della Suprema
Corte suscitò reazioni anche politiche per mettere mano alla riforma della
prescrizione che però ancora giace ancora al Senato. Il primo processo era
partito con un’azione legale collettiva promossa da circa 6mila persone
chiedevano il risarcimento per la morte di circa 3mila persone tra lavoratori e
abitanti vicino agli stabilimenti Eternit in Italia. Dopo anni di indagini
il procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello ottenne il rinvio a
giudizio di Schmidheiny e il barone belga Jean-Louis Marie Ghislain de
Cartier de Marchienne (che nel frattempo è morto). Come parti civili furono
ammessi 2619 ex dipendenti degli stabilimenti di Casale Monferrato, Rubiera
e Bagnoli oltre a 270 tra parenti e abitanti. “Dobbiamo avere una visione
positiva: i processi si faranno. L’Italia sarà l’unico Paese al mondo in
cui Schmidheiny verrà portato in tribunale. E in quattro posti diversi” ha
Guariniello, ora in pensione. Guariniello che da pubblico ministero a Torino
aveva condotto le indagini insieme al collega Gianfranco Colace, ha
sottolineato il fatto che il ne bis in idem non sussiste: “Questo vale
per i casi del presente e di quelli che purtroppo ci saranno in futuro”. “Amarezza,
profonda amarezza, per ciò che è venuto fuori dal tribunale di Torino.
Nonostante tutto credo ancora nella Giustizia e posso affermare che ci
batteremo per coloro che nel Processo ci sono rimasti, per cercare di includere
tutte le parti lese dal 2000 in poi” è il primo commento a caldo di Giuliana
Busto, presidente e portavoce di Afeva, l’Associazione familiari e vittime
amianto di Casale Monferrato.
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