Il 12 settembre scorso nei telegiornali di Tg4 e Studio Aperto le giornaliste hanno indossato una t-shirt con su scritta la frase "No More Feminicide". Questo slogan è stato adoperato e diffuso dal Ministro degli Interni italiano al G6, e l'argomento della violenza contro le donne è stato introdotto al forum, aprire bene le orecchie, dal fascista Alfano.
Questa visione ci ha fatto venire il voltastomaco.
Come compagne in lotta del MFPR da tempo denunciamo e lottiamo contro la violenza sulle donne e i femminicidi, quotidianamente, così come altre compagne, collettivi... e siamo giunte questa estate alla positiva e significativa manifestazione del 6 luglio a Roma, in cui abbiamo denunciato la vera natura del femminicidio, il perché degli abusi e delle violenze sessuali perpetrate alle donne in qualsiasi angolo del mondo, per dire che questi sono il frutto più marcio della società capitalista in cui siamo costrette a vivere, con quelle doppie catene che rendono la nostra vita un incubo, anche all'interno delle nostre stesse case, in cui abbiamo riparlato con forza di "sciopero delle donne" e siamo state contente che in questi ultimi tempi questa parola d'ordine sia stata meglio compresa e venga raccolta anche da altre, sebbene lo sciopero delle donne deve essere inteso come una risposta di lotta complessiva della maggioranza delle donne contro una condizione di oppressione che è complessiva.
Non accettiamo, invece, che certe parole d'ordine vengano strumentalizzate dai padroni, dai loro rappresentanti al governo come Alfano, da donne che non appartengono alle nostre "file", dalle donne borghesi delle organizzazioni istituzionali e anche in questo caso da alcune giornaliste che, a braccetto col direttore di Rete4, indossano una maglietta con una frase così carica di contenuto e contemporaneamente trattano argomenti banali che rincarano la dose di maschilismo e oppressione verso le donne (il giornale di quel giorno comprendeva servizi da vero e proprio gossip sul matrimonio di Belen Rodriguez e altre notizie di questo genere); telegiornali al servizio dei padroni che parlano dei femminicidi interpretandoli solo come "casi di follia estrema"da parte di alcuni uomini.
Parole importanti e l'idea dell'opporsi al femminicidio vengono annullati da tutto questo banalizzare una questione così seria e delicata, una questione di vita o di morte per le donne che non può trasformarsi in un evento mediatico col fine di suscitare curiosità sterile tra i telespettatori, o in un evento dedicato a creare profitto tramite il merchandising di magliette, spillette eccetera, o ancora in un'occasione per ampliare il consenso degli elettori verso la politica servendosi dell'emergenza violenze.
Gli sproloqui di Alfano al G6 sulla violenza contro le donne sono inaccettabili, così come a Roma abbiamo denunciato con forza la nomina di Isabella Rauti come Consigliera per le politiche di contrasto ai femminicidi, perché essi stessi sono i fautori delle nostre catene, i quali non fanno altro che peggiorare la condizione di genere e di classe delle maggioranza delle donne tramite retifiche a convenzioni di Istanbul, task force, decreti legge che non possono neanche sanare ferite precedenti, piuttosto ne creano di nuove perché si traducono in misure volte all'attacco della libertà delle donne viste non come soggetti ma come “oggetti” da custodire all'interno delle mura casalinghe, attraverso l'impiego massiccio delle forze dell'ordine e della macchina repressiva (decreti securitari che poi legittimano l'utilizzo delle stesse misure repressive anche nelle lotte sociali).
L'unico strumento valido per spezzare tutto questo è la lotta autorganizzata delle donne che nelle piazze devono fare sentire forte tutta la ribellione.
Come compagne in lotta del MFPR da tempo denunciamo e lottiamo contro la violenza sulle donne e i femminicidi, quotidianamente, così come altre compagne, collettivi... e siamo giunte questa estate alla positiva e significativa manifestazione del 6 luglio a Roma, in cui abbiamo denunciato la vera natura del femminicidio, il perché degli abusi e delle violenze sessuali perpetrate alle donne in qualsiasi angolo del mondo, per dire che questi sono il frutto più marcio della società capitalista in cui siamo costrette a vivere, con quelle doppie catene che rendono la nostra vita un incubo, anche all'interno delle nostre stesse case, in cui abbiamo riparlato con forza di "sciopero delle donne" e siamo state contente che in questi ultimi tempi questa parola d'ordine sia stata meglio compresa e venga raccolta anche da altre, sebbene lo sciopero delle donne deve essere inteso come una risposta di lotta complessiva della maggioranza delle donne contro una condizione di oppressione che è complessiva.
Non accettiamo, invece, che certe parole d'ordine vengano strumentalizzate dai padroni, dai loro rappresentanti al governo come Alfano, da donne che non appartengono alle nostre "file", dalle donne borghesi delle organizzazioni istituzionali e anche in questo caso da alcune giornaliste che, a braccetto col direttore di Rete4, indossano una maglietta con una frase così carica di contenuto e contemporaneamente trattano argomenti banali che rincarano la dose di maschilismo e oppressione verso le donne (il giornale di quel giorno comprendeva servizi da vero e proprio gossip sul matrimonio di Belen Rodriguez e altre notizie di questo genere); telegiornali al servizio dei padroni che parlano dei femminicidi interpretandoli solo come "casi di follia estrema"da parte di alcuni uomini.
Parole importanti e l'idea dell'opporsi al femminicidio vengono annullati da tutto questo banalizzare una questione così seria e delicata, una questione di vita o di morte per le donne che non può trasformarsi in un evento mediatico col fine di suscitare curiosità sterile tra i telespettatori, o in un evento dedicato a creare profitto tramite il merchandising di magliette, spillette eccetera, o ancora in un'occasione per ampliare il consenso degli elettori verso la politica servendosi dell'emergenza violenze.
Gli sproloqui di Alfano al G6 sulla violenza contro le donne sono inaccettabili, così come a Roma abbiamo denunciato con forza la nomina di Isabella Rauti come Consigliera per le politiche di contrasto ai femminicidi, perché essi stessi sono i fautori delle nostre catene, i quali non fanno altro che peggiorare la condizione di genere e di classe delle maggioranza delle donne tramite retifiche a convenzioni di Istanbul, task force, decreti legge che non possono neanche sanare ferite precedenti, piuttosto ne creano di nuove perché si traducono in misure volte all'attacco della libertà delle donne viste non come soggetti ma come “oggetti” da custodire all'interno delle mura casalinghe, attraverso l'impiego massiccio delle forze dell'ordine e della macchina repressiva (decreti securitari che poi legittimano l'utilizzo delle stesse misure repressive anche nelle lotte sociali).
L'unico strumento valido per spezzare tutto questo è la lotta autorganizzata delle donne che nelle piazze devono fare sentire forte tutta la ribellione.
Sabina mfpr Palermo
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