giovedì 26 settembre 2013

4° DECRETO SALVA-RIVA, NEI FATTI SUPERFLUO MA E' IL SEGNALE PRO-PADRONI QUELLO CHE CONTA


Il decreto 'salva Riva Acciaio' del ministro Flavio Zanonato «è pronto»... il premier Enrico Letta... sarà lui a dire l'ultima parola, al ritorno a Roma, giovedì; (ma) in tempo utile per portare il testo in Consiglio dei ministri venerdì prossimo. L'intervento del governo è urgente, anche sulla spinta dell'impatto sociale dei sequestri che hanno portato allo stop della produzione negli stabilimenti Riva. «Con 1.400 addetti senza lavoro, fornitori e clienti sull'orlo della chiusura», come ha ricordato Federacciai...

La linea d'azione decisa da Zanonato è chiara; emerge da un testo snello, in cinque articoli, con due punti chiave: estensione del commissariamento Ilva con più poteri nella gestione, e la possibilità di utilizzare beni e liquidità sotto sequestro preventivo per non fermare la produzione. Un testo che per il ministro è definitivo ma che potrebbe cambiare sulla spinta delle opposizioni interne al governo: due i nodi politici posti dal centrodestra, un no alla retroattività (che tecnicamente è essenziale), ed un no ad un aumento di perimetro e poteri del commissariamento Ilva. «Come Forza Italia, non accetteremo un altro commissariamento che espropri ulteriormente le imprese, che vanno tutelate e difese», ha puntualizzato ieri il ministro Maurizio Lupi...L'ultima stesura del decreto uscita dal ministero, secondo la bozza letta dall'ANSA, prevede l'estensione del Commissariamento Ilva alle società controllate o collegate (quindi agli stabilimenti Riva) con l'eventuale nomina di subcommissari, fino a tre. E più poteri per commissario e subcommissari che «sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società» sotto commissariamento, «e le amministrano al fine di perseguire l'esercizio delle attività d'impresa»...


In realtà tutte le fabbriche di Riva-Acciaio potevano continuare fin dal giorno dopo il sequestro la loro produzione e gli operai continuare a lavorare; così come non è vero che c'era un blocco dei fondi bancari - lo ha dichiarato, dopo il procuratore di Taranto, anche la stessa Giud. Todisco ("Con il decreto di sequestro preventivo di beni per equivalente... al Gruppo Riva, non è stata posta alcuna preclusione all'uso dei beni da parte del soggetto proprietario... Il decreto di sequestro dei beni del Gruppo Riva «non riguarda i crediti» vantati dallo stesso nei confronti dei clienti..."), ma Riva ha usato bene la rappresaglia, Squinzi, gli industriali della Federacciao e tutti i servi dei padroni hanno alzato alte grida, improvvisamente i padroni si sono stracciate le vesti per i poveri 1400 operai, e il governo risponde subito, con un decreto che, neanche a dirlo, ha valore retroattivo. Certo, c'è sempre qualcuno del PdL che dietro il "commissariamento" vede quasi il "socialismo", ma si sà chi sono quelli del PdL e poi come si fa a vedere Bondi non difensore della sacra "proprietà privata"? 

Un'altra mistificazione che si è portata avanti in questi giorni riguarda l'accusa "scandalizzata" dei Riva alla magistratura di Taranto di aver con il sequestro toccato fabbriche che non centrano nulla con l'Ilva spa e quindi con i problemi di messa a norma, inquinamento, ecc. 
Ma ci vuole veramente una "faccia di acciaio"!. L'anno scorso in piena bufera giudiziaria i Riva hanno pensato bene di fare una serie di operazioni straordinarie per rendere più facile disporre del gruppo Riva Fire che controlla all'87% l'Ilva, come controlla Riva Forni Elettrici, ex Riva-Acciaio, o di parti di esso, di fatto isolando Ilva e provando a proteggere il resto del gruppo industriale e finanziario da ogni iniziativa giudiziaria, dopo che con altre operazioni finanziarie i profitti, quelli veri, fatti prevalentemente all'Ilva di Taranto, si erano nascosti nelle casseforti estere, le principali nelle isole Jersey, al riparo di sequestri e per dire poi che i poveri Riva non hanno soldi per la messa a norma dello stabilimento.
Vere e proprie operazioni truffaldine (descritte ne "l'Impero economico della famiglia Riva"), che ora si usano per lanciare ricatti allarmistici, per chiudere 7 fabbriche e mettere fuori 1400 lavoratori, per ottenere, quindi, dal governo un nuovo decreto salva-Riva.

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