martedì 30 maggio 2017

29 maggio - da tarantocontro: La vendita/svendita dell'Ilva - 1° parte


LE INFORMAZIONI STAMPA 


Con la decisione presentata venerdì 26, in cui ArcelorMittal ha messo sul piatto altri 600 milioni, per acquisire l'Ilva, la cordata capeggiata da questa multinazionale franco-indiana, primo produttore d’acciaio del mondo, sembra che sarà quella preferita.

Le ragioni sarebbero: il prezzo d'acquisto, che dovrebbe essere di 1,8 miliardi, l'impatto ambientale e il piano industriale in relazione alla produzione e ai livelli occupazionali.
La marcia di avvicinamento all’Ilva potrà durare al massimo fino al 31 marzo dell’anno prossimo, nella cordata, oltre ad ArcelorMittal, che possiede l’85%, anche Marcegaglia, con il 15%, e IntesaSanpaolo, che entrerà nei prossimi giorni ad aggiudicazione avvenuta.
Oggi è previsto il parere di competenza del Comitato di sorveglianza sull’istanza presentata dai tre commissari; entro la giornata il Comitato consegnerà al ministro dello Sviluppo Carlo Calenda le risultanze della gara. Martedì in tarda mattinata è fissato l’incontro tra Calenda e i rappresentanti sindacali: a valle di questo vertice si collocheranno le valutazioni del Mise e l’aggiudicazione, che avverrà per decreto.
Una volta sancito questo passaggio formale, ArcelorMittal avrà trenta giorni per fare richiesta di una
nuova Aia, sulla base del piano ambientale presentato con l’offerta definitiva: da lì in poi si dovrà attendere un massimo di altri sessanta giorni per pubblicare (non oltre il 30 settembre) il decreto ambientale della presidenza del consiglio dei ministri che fisserà la nuova Autorizzazione.
Per quanto riguarda la produzione, si prevede un tetto all'inizio a 6 milioni, utilizzando i 3 altoforni attualmente in servizio, ma l'obiettivo è di arrivare a circa 10 milioni di tonnellate all'anno (di cui 8 dall'area a caldo) con l'apporto di lastre e coils laminati a caldo da altri impianti posseduti da ArcelorMittal in Europa.
Sul piano occupazionale i commissari hanno scritto che il piano AM comporterebbe un esubero di 2mila operai per l'assenza dell'altoforno 2 (che produce 1,85-2milioni di tonnellate di acciaio) nel periodo 2018-2023; ma anche dagli investimenti di Mittal per il rifacimento dell'Afo1 verrebbe una riduzione dei lavoratori tra 1800 e 2000 persone; non solo, poi il sottoutilizzo di tubifici può portare ad un ulteriore calo dell'occupazione.
Sul piano ambientale AM prevede una spesa superiore a 1 miliardo, con la previsione della completa copertura dei parchi minerali. 1,3 miliardi dovrebbero essere messi per il recupero della ritardata manutenzione, oltre investimenti in altoforni e impianti di produzione, come il rifacimento del rivestimento interno dell'Afo 5. L'attuazione delle prescrizioni ambientali sarà ad agosto 2023
Prima dell’acquisto andrà anche definito l’accordo con i rappresentanti dei lavoratori, serve un’intesa sindacale e una sottoscrizione individuale di ogni dipendente per il passaggio dall’amministrazione straordinaria al nuovo proprietario).
Il vero e proprio contratto di cessione in una prima fase sarà in affitto. 
Tutto quello che è stato proposto in sede di offerta dovrà essere disciplinato all’interno del contratto, comprese le garanzie concesse da AM nelle ultime settimane connesse al «rischio antitrust», passaggio che investe direttamente l’istruttoria europea, per cui la direzione generale Competition della Commissione europea sottolinea il rischio di tempi lunghi per l’indagine su un’eventuale posizione dominante. ArcelorMittal, aggiungono poi i funzionari Ue, ha numerose attività in Europa, e non è possibile escludere a priori che con l’acquisizione di Ilva possa aumentare la sua posizione in alcuni mercati. I vertici del gruppo hanno a più riprese escluso il rischio di concentrazione, pur riconoscendo di essere vicini alla soglia in alcuni segmenti, come per esempio nello zincato. Spetterà all’Ue definire con esattezza il grado di concentrazione del gruppo nel «freddo» e stabilire se saranno necessari «rimedi» (e soprattutto se la «clausola di salvaguardia» ottenuta dai commissari, legata al perimetro di Ilva, comprenda anche asset già detenuti in Italia, come per esempio la Magona di Piombino, o controllati dai partner della cordata, come per esempio il sito di Ravenna del gruppo Marcegaglia). AM ha affermato, comunque, che se ci sarà bisogno “dimagrirà” altrove e non in Italia.

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