Khaled, morto smontando il
palco dei Kiss: paga solo chi lo reclutò la sera
L’incidente ad Assago il 18 giugno 2013. Farouk era
entrato al Forum con altri tre facchini «privi di un qualsivoglia rapporto
contrattuale regolare». Assolti gli organizzatori
Capire come il 34enne egiziano Khaled Farouk Abd Elhamid
fosse andato a morire il 18 giugno
2013, mentre con altri facchini smontava il palco del concerto dei Kiss al
Forum di Assago, non è
stato così complicato: l’avevano reclutato al volo, chiamato a lavorare
all’ultimo momento la sera e convocato per le ore 22 ad Assago, «non avevo idea
per chi dovessi lavorare né chi e quanto mi dovesse pagare – ha testimoniato il
compagno che era andato con lui -: sapevo solo che c’era un lavoro per quella
notte, ma non sapevo quale». Molto complicato in Tribunale è stato invece
orientarsi nella babele di subappalti sfociati nello schiacciamento
dell’operaio tra la parete del montacarichi e uno dei 6 (anziché 4) pesanti
carrelli con ruote che vi stava caricando. Una catena lunga.
Perché c’era la
Gapp 2002, la società americana degli artisti dei Kiss, partecipe
all’organizzazione. Che però per l’allestimento del palco aveva stipulato un
contratto con la Barley Arts Promotion dell’impresario Claudio Trotta. Che però
per la fornitura della manodopera per il palco aveva firmato un contratto con
la cooperativa Working Crew. Che però per la «somministrazione» di altri operai
aveva fatto un contratto con la cooperativa Work In Progress. Farouk era
entrato al Forum con altri tre facchini «privi di un qualsivoglia rapporto
contrattuale regolare», poi «gli era stato consegnato un braccialetto giallo e
erano state impartite direttive da un uomo alto e tatuato. Nessuna formazione e
informazione relativa ai rischi». E del resto uno dei compagni ha ammesso
nell’inchiesta del pm Nicola Balice: «Non conosco la sede della cooperativa,
non ci sono mai stato, non ho mai parlato con nessuno. Un amico mi telefona
quando c’è qualche lavoro da fare, mi dice dove andare e dopo un po’ di tempo
che ho lavorato mi fa avere i soldi». Il Tribunale premette che
«l’inquadramento della società (di diritto straniero) degli artisti si
rivela in concreto molto problematica all’interno della normativa di
riferimento, rivestendo il ruolo sostanziale di committenti ma non venendo
nella realtà qualificati come tali». Assolti poi il promoter Trotta e la sua
società Barley Arts: un po’ perché rivoltisi comunque a imprese e a
professionisti in teoria adeguati (compresa l’architetto nominata coordinatrice
dei lavori, che patteggia 10 mesi e 20 giorni); e un po’ perché nel 2014, in
adempimento di una modifica operata nel 2013 su una norma del 2008, il
Ministero del Lavoro ha emanato il cosiddetto «decreto palchi», che «ha inciso
sui contenuti minimi del Piano operativo di sicurezza e ne ha ridotto
l’estensione», traducendosi in una «parziale depenalizzazione di fatto» della
mancata valutazione del rischio tipico nell’utilizzo del montacarichi. Si
smarca anche Work In Progress, perché per contratto il personale da essa
fornito operava invece «sotto l’esclusiva responsabilità, controllo e direzione
di Working Crew». Ai cui due amministratori (uno patteggia 22 mesi e una è
condannata a 9 mesi) il Tribunale infine addebita di «non aver effettuato la
valutazione di tutti i rischi per la sicurezza» e «non aver adeguatamente
formato i lavoratori in relazione alla specifica mansione». Per la giudice Anna
Zamagni, infatti, la condotta del lavoratore, «certamente imprudente proprio
per l’esiguità dello spazio libero» nel montacarichi, «rappresenta la
conseguenza diretta della mancata formazione». Al punto che «può essere affermato
con alto grado di credibilità razionale che, ove Farouk fosse stato
adeguatamente informato dei rischi legati all’errato posizionamento dei carichi
su impianti oltretutto non dotati di fotocellule, l’evento non si sarebbe
verificato». La coop Working Crew, sprovvista dei modelli organizzativi
previsti dalla legge 231/2001, è condannata per l’illecito amministrativo
dell’ente alla sanzione di 350 quote, cioè 90.300 euro, per aver «usufruito di
una somministrazione irregolare di lavoro» da cui ha tratto il «vantaggio
economico» del «non sostenere i costi della regolare assunzione dei lavoratori
e della loro formazione».
24 maggio
2017 | 21:10
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