K-Flex, l'azienda attacca i
licenziati in presidio: "Siete senza lavoro, per voi non c'è diritto di
sciopero"
Sono 187 le
persone che hanno perso il posto dopo la decisione di delocalizzare, da mesi
sono davanti ai cancelli della multinazionale colosso degli isolanti. Il
presidente della multinazionale parla di "azienda sequestrata" e
"comportamenti penalmente rilevanti"
10 maggio
2017
Non avete
più un lavoro, non potete scioperare. Il presidente di K-Flex, Amedeo Spinelli,
torna ad attaccare i lavoratori licenziati che continuano a presidiare
l'azienda di Rocello, in Brianza, per impedire la delocalizzazione degli
impianti in Polonia della multinazionale leader degli isolanti, che detiene il
35 per cento del mercato mondiale. "Non possiamo più tollerare che la
nostra azienda venga, di fatto, sequestrata oltre quanto già non lo è stata in
questi ultimi mesi" si legge in una nota di Spinelli, in cui afferma che
"il presidio davanti alla sede e il blocco delle attività, se prima poteva
essere considerata una forma - estrema e che in molteplici episodi si è spinta
oltre il lecito - di esercitare il diritto di sciopero, oggi non ha più alcuna
legittimazione ed espone i partecipanti al perdurare di comportamenti
penalmente rilevanti".
Nei giorni
scorsi la famiglia Spinelli, proprietaria di K-Flex, aveva sostenuto che i 187
dipendenti licenziati "non avendo più un lavoro, non hanno diritto di
scioperare". Le lettere di
licenziamento sono partite
lo scorso 28 aprile, via telegramma. Ma gli operai del colosso della gomma
plastica sono rimasti in presidio davanti ai cancelli di via Leonardo da Vinci,
nella zona industriale di Roncello, contestando l'operazione e accusando la
multinazionale di licenziare e investire
all'estero con i soldi
pubblici".
Dopo il fallimento delle trattative che hanno coinvolto anche il ministero dello Sviluppo economico, l'ultima parola sulla vicenda spetta al giudice del lavoro, cui i lavoratori si sono rivolti per il mancato rispetto degli accordi sindacali. L'udienza è fissata per domani, giovedì 4 maggio. L'azienda si era infatti impeganata lo scorso 28 dicembre a mantenere invariati i livelli occupazionali per un anno e a non spostare la produzione dallo stabilimento brianzolo, ma il patto fu cancellato pochi giorni dopo dalla proprietà. Da lì partì la protesta dei lavoratori, da mesi in presidio davanti ai cancelli dello stabilimento.
"Non abbiamo preso questa decisione dalla sera alla mattina e non lo abbiamo fatto a cuor leggero - spiega Spinelli - siamo diventati un caso emblematico perché, come tanti altri imprenditori italiani in questi anni di crisi, ci stiamo comportando da imprenditori responsabili che pensano alla globalità della propria azienda e dei propri dipendenti. Stiamo vivendo una situazione che ha dell'assurdo - dice ancora Spinelli - non ci siamo sottratti al percorso di confronto che ha coinvolto le massime autorità politiche e istituzionali, nazionali e regionali, e che si è concluso con un nulla di fatto non certo per nostra indisponibilità o mancanza di proposte. Un lungo percorso che è stato impugnato da parte delle organizzazioni sindacali soltanto quando ormai era giunto alla fine. Stiamo attendendo un giudizio dal tribunale ma la procedura di licenziamento ha dovuto seguire il proprio corso come legittimamente siamo tenuti a fare".
Dopo il fallimento delle trattative che hanno coinvolto anche il ministero dello Sviluppo economico, l'ultima parola sulla vicenda spetta al giudice del lavoro, cui i lavoratori si sono rivolti per il mancato rispetto degli accordi sindacali. L'udienza è fissata per domani, giovedì 4 maggio. L'azienda si era infatti impeganata lo scorso 28 dicembre a mantenere invariati i livelli occupazionali per un anno e a non spostare la produzione dallo stabilimento brianzolo, ma il patto fu cancellato pochi giorni dopo dalla proprietà. Da lì partì la protesta dei lavoratori, da mesi in presidio davanti ai cancelli dello stabilimento.
"Non abbiamo preso questa decisione dalla sera alla mattina e non lo abbiamo fatto a cuor leggero - spiega Spinelli - siamo diventati un caso emblematico perché, come tanti altri imprenditori italiani in questi anni di crisi, ci stiamo comportando da imprenditori responsabili che pensano alla globalità della propria azienda e dei propri dipendenti. Stiamo vivendo una situazione che ha dell'assurdo - dice ancora Spinelli - non ci siamo sottratti al percorso di confronto che ha coinvolto le massime autorità politiche e istituzionali, nazionali e regionali, e che si è concluso con un nulla di fatto non certo per nostra indisponibilità o mancanza di proposte. Un lungo percorso che è stato impugnato da parte delle organizzazioni sindacali soltanto quando ormai era giunto alla fine. Stiamo attendendo un giudizio dal tribunale ma la procedura di licenziamento ha dovuto seguire il proprio corso come legittimamente siamo tenuti a fare".
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