venerdì 25 gennaio 2019

23 gennaio - Moglie di operaio morta per aver pulito la tuta del marito dall'amianto. Eredi risarciti. Una buona notizia, ma la battaglia per la Giustizia è ancora lunga

Il Tribunale di Venezia condanna Fincantieri dopo il decesso della donna entrata in contatto con la sostanza venefica attraverso gli indumenti di lavoro del coniuge. La vittima colpita da un cancro rarissimo di ALDO FONTANAROSA



ROMA - Marilena (il nome è di fantasia, la storia vera) vuole che il marito, quando arriva in cantiere per lavorare, vesta una tuta in ordine. E allora gliela pulisce ogni settimana. Gliela spazzola con forza da quella polvere tenace ad andare via, la lava con cura, la mette ad asciugare. Un atto di premura, come se ne vedono tanti, nelle case operaie. Eppure a Marilena, quel gesto di amore costa caro.
Un giorno Marilena si ammala. Un mesotelioma pleurico, che le viene diagnosticato a Padova, nel 2015. Questo cancro rarissimo e devastante ti arriva addosso perché sei entrata in contatto - non con una polvere, con uno sporco comuni - ma con l'amianto. E ti fa morire, come succede a Marilena nel 2016.

Suo marito lavora come carropontista. Manovra una enorme gru nel cantiere navale Breda di Marghera, poi passato alla Fincantieri. Questo, dal 1973 al 1998. E nell'officina un grande telo, chiamato cotone-amianto, viene sistemato sopra la testa degli operai per proteggerli dalle scintille delle saldature. Il telo viene utilizzato fino al 1989. Solo due anni prima, nel 1987, l'azienda elimina invece i ceppi dei freni della gru, che pure contengono amianto.
Il marito, dunque, lavora tra l'amianto quasi ogni giorno. Ma ad ammalarsi è Marilena, che gli mette in ordine la tuta. E le sofferenze che sopporta sono forti, a giudicare dalla sentenza del Tribunale di Venezia che ora risarcisce gli eredi e i parenti di Marilena.
Scrive il sito Cassazione.net che i giudici del Tribunale, prima di tutto, danno credito alla perizia d'ufficio che dimostra un nesso causa-effetto tra il contatto con l'amianto (sia pure nelle mura domestiche) e il mesotelioma pleurico. Un tumore perfido che ti colpisce dopo 15, dopo trenta, a volte addirittura dopo 50 anni da quando hai maneggiato l'amianto.
Sempre i giudici veneziani notano che, tra il 1973 e il 1998, durante gli anni di lavoro del marito di Marilena, gli scienziati hanno già accertato la pericolosità dell'amianto. Al punto che l'allora Comunità Europea ha emanato delle direttive per mettere in guardia le imprese: come la direttiva 769 del 1976, la 478 del 1983, infine la 610 del 1985. Ma almeno fino a un certo punto, l'azienda del marito di Marilena non ha messo in campo "mezzi di protezione" dall'amianto, "personali e collettivi".
Alla fine il Tribunale di Venezia decide un primo risarcimento nei confronti del marito e della figlia di Marilena, riconoscendo un importo per ognuno dei 200 giorni di malattia e di dolore della vittima. Il risarcimento, che vuole ripagare moglie e figlia del "danno catastrofale" in base ai diritti ereditari, è pari complessivamente a 88 mila 200 euro.
Il Tribunale poi risarcisce parenti e congiunti per la sofferenza che hanno patito alla morte della donna:
- il marito riceve altri 165 mila 960 euro; - anche la figlia altri 165 mila 960;
- la sorella 24 mila 20 euro; - il fratello 32 mila 667 euro; - la nipote 24 mila 20.
A queste cifre vengono aggiunti gli interessi legali.



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