lunedì 21 gennaio 2019

19 gennaio - Torino: Raccoglie rifiuti dai cassoni, licenziato dall’Amiat “Ora la mia vita è distrutta”. Effetto del Decreto Sicurezza?

Luigi Panessa si difende: “Non sono un ladro, ho sempre fatto il rigattiere per arrotondare”

19/01/2019
gianni giacomino
Torino 
 Era la sera del 18 febbraio 2017 quando Luigi Panessa, 55 anni, «piantone» del centro di raccolta Amiat di via Arbe venne fermato dai carabinieri del Lingotto e trovato in possesso di un po’ di rifiuti che aveva raccattato dai cassoni: dei lampadari e altrettanti quadretti raffiguranti un borgo e tre stelle alpine, sei bicchieri in vetro, un vecchio orologio a muro, un trapano guasto e della rubinetteria. «Ho sempre fatto il rigattiere per arrotondare un po’, cercavo di aggiustare degli oggetti che venivano buttati e poi li proponevo ai mercatini» - racconta oggi Panessa che, dopo dieci anni in Amiat, è stato licenziato in tronco per quel fatto. Con il giudice del lavoro che ha confermato il provvedimento e Panessa che è stato «liquidato» con cinque mensilità. Mentre il percorso penale per «appropriazione indebita» si è chiuso con una sentenza di non luogo a procedere, preceduta da una richiesta del pm Francesca Traverso di archiviazione per «tenuità del fatto». Al quale per altro l’avvocato Marco Marchio, che difende Panessa, si era opposto: «Perché volevamo andare a processo e dimostrare l’innocenza del mio assistito che non pensava certo di perdere il lavoro per racimolare della cose che nessuno avrebbe più usato, di valore praticamente nullo» - riflette il legale.
Che, per il 55enne, forse ipotizzava una sospensione o un’ammenda, non certo il licenziamento. A casa e in un garage in uso a Panessa gli investigatori sequestrarono poi altri oggetti: orologi a muro, una sedia pieghevole in tela, due radioline, un mulinello da pesca, delle serrature, un ombrello, una lampada, uno sparagraffette, tre pompe per gonfiare le ruote delle biciclette, degli appendiabiti, un calice per pesto e altro ancora. «Si ma non ho preso tutto al centro, quelli erano cose che recuperavo in giro, quando ripulivo delle cantine o, addirittura, me la portavano delle persone sapendo che raccolgo un po’ tutto, è una passione che ho sempre avuto» – ci tiene a precisare il rigattiere. Che, dopo il licenziamento e l’addio allo stipendio indispensabile per pagare un piccolo mutuo, è piombato in una depressione profonda. «Sono in cura alle Molinette, è vero, perché da quel 18 febbraio di due anni fa la mia vita si è stravolta – dice -. Ripeto, io non ho mai pensato di “rubare” ma solo di riutilizzare materiale che altrimenti sarebbe andato al macero. Poi è vero, ho sbagliato ed ero pronto a subire delle sanzioni pesanti, anche restare mesi senza stipendio. Ma il licenziamento no, ora non so più come fare per tirare avanti». L’Amiat - l’azienda che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifuti in città – tutelata dall’avvocato Giovanni Lageard, è stata irremovibile. Anche perché i rifiuti raccolti nei centri di raccolta, come quello di via Arbe (dove è presente un laboratorio artigianale in cui sono recuperati i piccoli oggetti ormai inutilizzati e poi venduti nel mercatino interno), «sono portati ai centri di recupero aderenti ai consorzi nazionali di filiera e ai recuperatori autorizzati, al fine di essere reintrodotti in un nuovo ciclo produttivo o smaltiti nel pieno rispetto dell’ambiente». Nel 2016, nei sette punti di conferimento cittadini, sono state raccolte oltre 7mila tonnellate di rifiuti. «Ma niente di quello che ho preso io – giura Panessa – sarebbe finito nel laboratorio Amiat perché era davvero immondizia».


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