sabato 2 marzo 2019

2 marzo - AMIANTO AL TEATRO SCALA MILANO. Il Tribunale di Milano è diventato il centro dell'impunità dei padroni assassini. comunicato

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto San Giovanni (Mi), 26 febbraio 2019

MORTI PER AMIANTO ALLA SCALA: ALTRO RINVIO DEL PROCESSO
Altro rinvio nel processo che vede imputati 5 dirigenti del Teatro alla Scala (oltre alla Fondazione Teatro alla Scala e al Centro Diagnostico Italiano) per la morte di 10 lavoratori (tra cui un direttore d’orchestra e una cantante).
La giudice Mariolina Panasiti oggi era ammalata e così le parti civili dovranno aspettare ancora. Oggi era prevista la deposizione di due testi del PM Maurizio Ascione, il Prof. Luciano Mutti arrivato nella mattinata in aereo dagli Stati Uniti: viaggio inutile perché, alla richiesta del PM e del giudice ‘sostituto temporaneo’ di ascoltarlo comunque, la difesa degli imputati ha rifiutato il consenso.
Rinvio anche per un altro testimone – un lavoratore del Teatro della Scala malato di mesotelioma (e il mesotelioma non è una malattia che ti conceda tanto tempo…), che avrebbe dovuto testimoniare questo pomeriggio.
Quindi tutto rimandato di un mese, la prossima udienza si terrà il 27 marzo. 

La legge sarà – almeno così è scritto nelle aule – uguale per tutti ma la giustizia non lo è per niente. Chi ha soldi e tempo può permettersi di aspettare; chi non li ha e piange i suoi morti vede questa “giustizia” inumana e di parte allontanarsi sempre di più. Aspettando una giustizia che non arriva mai, altri lavoratori si sono ammalati e due sono morti. Intanto avanza anche la prescrizione.
Ormai l’abbiamo capito bene, i processi per le morti di decine e decine di operai e lavoratori per amianto non si devono fare e il Tribunale di Milano è in prima fila nell'applicare questa direttiva assolvendo ogni volta i responsabili, tra l’altro sulla base di argomentazioni antiscientifiche rifiutate anche dalla Suprema Corte in una recente sentenza.
Non ci illudiamo ma non siamo disposti ad arrenderci. Continueremo ovunque, nei tribunali, nelle strade, a pretendere giustizia, non solo per chi non c’è più ma perché altri non debbano percorrere questo calvario.

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