martedì 27 giugno 2023

27 giugno - Acciaierie d'Italia /appalto Taranto -- noi lavoriamo per la scintilla che accenda la prateria. La posizione dello Slai Cobas sc

 

Lincontro a Roma del 19 giugno che ha riguardato anche la vertenza di Acciaierie d’Italia. ha dimostrato che i padroni possono fare quello che vogliono e l'azione del governo è di loro mero supporto.

Il governo ha ripetuto le stesse cose di sempre. “Abbiamo chiesto - dice Urso - agli investitori di scommettere sul rilancio industriale delle Acciaierie. Ma il rilancio industriale delle Acciaierie di cui parlano e a cui ArcelorMittal pensa è un rilancio produttivo sulla pelle dei lavoratori, un rilancio in cui i padroni avranno mano libera in materia di condizioni di lavoro, di gestione della cassa integrazione, con tutti gli effetti che questo ha sul salario e sui diritti dei lavoratori, come sulle condizioni di salute e sicurezza.

I piani di Acciaierie d'Italia sono tuttora sempre nelle mani di ArcelorMittal, che ciò che vuole fare lo fa - con lo stile della Ad Morselli -, vale a dire andando avanti per la sua strada, e questo sul fronte della cassa integrazione si traduce in cassa integrazione unilaterale, di cui strada facendo si cambiano anche le motivazioni ma che hanno il solo scopo di permettere all'azienda di fare quello che vuole.

L'alternativa posta dai sindacati, che trova sponda in Federacciai e anche nello stesso governo - almeno a parole - è quella che lo Stato vada avanti nel cambio di una governance, con la salita al 60%. Ma lo stesso governo chiarisce che si tratta di una salita solo temporanea per poter riconsegnare l'intero stabilimento ai padroni. Se non sarà ArcelorMittal - che però ha detto di essere già intenzionata ad esercitare il suo diritto di prelazione - sarebbe un altro padrone dell'acciaio.

Quindi il passaggio nelle mani temporanee dello Stato attraverso la salita al 60% da parte di Invitalia non avrebbe altro scopo che il solito: socializzare le perdite per permettere una piena ripresa della produzione per il profitto dei padroni, chiunque siano. Il governo mette i soldi pubblici e i privati dovrebbero continuare ad esercitare il controllo effettivo dell'azienda.

Su questo ArcelorMittal insiste, attraverso la questione della Morselli che, peraltro, ha un buonissimo rapporto con il governo (ogni volta che la Morselli ha occasione di parlare della Meloni ne fa un elogio sperticato fino all'ammirazione e viceversa; tanto che – come scrive la stampa – nel caso dovesse passare la mano nella gestione delle Acciaierie d'Italia, sarebbe per incarichi superiori, sempre all'interno dei piani dei padroni e governo).

Gli effetti sui lavoratori continuano e continueranno ad essere gli stessi: una cassa integrazione unilaterale e permanente che taglia i salari, con numeri che saranno i futuri esuberi.

Soprattutto la questione dei salari è grave. Lo Slai Cobas psc fin dal primo momento, consapevole che questa è la strada scelta da padrone, ha sostenuto la linea della difesa del salario attraverso l'integrazione della cassa integrazione che dovrebbe riguardare tutti i lavoratori in cigs, sia di Acciaierie sia dell’Appalto.

Ma solo lo Slai Cobas psc ha sostenuto questo! Mai sui tavoli effettivi delle trattative questa rivendicazione è stata posta, salvo poi lamentarsi che i salari sono scesi tra 900 e 1000 euro al mese.

A fronte della drammaticità della situazione non c'è nessuna risposta di lotta all'altezza. Anche quando viene alzata la voce sulla denuncia di quello che avviene, vedi in questi ultimi giorni sulla cassa integrazione, la risposta dei sindacati confederali - USB compresa - non è mai lo sciopero, il blocco della produzione.

Il grande sciopero, quello del 6 maggio dello scorso anno, che si sviluppò con una forte partecipazione e soprattutto contestazione diretta alla Morselli, è rimasto un fatto episodico. Eppure lo sciopero del 6 maggio era la strada giusta, è la risposta anche per oggi: il blocco generale della produzione, effettivo, i cortei all'interno all'esterno, il blocco delle strade, il blocco della città.

Ma predichiamo nel deserto. Anche rispetto all'utilizzo della cassa integrazione unilaterale, i sindacati parlano ancora - e solo - al massimo di un'impugnativa legale per i giorni eventualmente scoperti che ne rimangono tra la decisione del governo di estendere la cassa integrazione fino a fine dicembre contenuta in un nuovo decreto - che peraltro non è ancora effettivo - e la decisione dell'azienda di procedere comunque alla cassa integrazione da subito anche senza il provvedimento di copertura.

Quindi che senso hanno rispetto a questa situazione gli scioperi pilotati (del 7 e 10 luglio) dichiarati da Fim-Fiom-Uilm? Peraltro lasciati all'autogestione delle organizzazioni sindacali territoriali che non hanno pressoché mai dato dimostrazione di voler effettivamente una lotta dura? Poi, di quale lotta si parla, quando nelle Acciaierie di Taranto Fiom e Fim hanno firmato un accordo separato che dava questa possibilità all'azienda, ma i sindacati che non l'hanno firmato non sono stati conseguenti, non hanno aperto lo scontro, anzi hanno usato le assemblee per cercare di ricucire, invece di chiamare i lavoratori a scioperare, a isolare i sindacati che avevano firmato l'accordo-bidone..

Nelle fabbriche è evidente che conta solo riuscire a far ripartire gli scioperi dal basso, una strada difficile in una condizione di ricatto e di disorganizzazione dei lavoratori. Ma se non si intraprende questa strada, aumenterà il ricatto, aumenterà la disorganizzazione dei lavoratori. Meglio uno sciopero dal basso minoritario che rompa la pace sociale e apra una strada che gli scioperi pilotati su piattaforme concertative di Fim-Fiom-Uilm.

Acciaieria, Appalto, Stellantis ecc contengono tutte le contraddizioni del sistema capitalista, dello scontro tra padroni e classe operaia, tra classe e Stato del Capitale. Questa è una prateria e questa prateria ha bisogno di una scintilla che l'accenda. In questo senso gli scioperi come quelli fatti a Pomigliano possono essere la scintilla che accenda la prateria.

Noi lavoriamo innanzitutto per la scintilla che accenda tutta la prateria, non per accompagnare con alte grida i piani dei padroni e il governo verso la fine che è nota, ma per sviluppare una nuova fase dello scontro di classe, dell'organizzazione degli operai adatta allo stadio attuale dello scontro di classe.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

27 giugno 2027


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