martedì 1 ottobre 2013

Cambio TUTA

Punti principali della sentenza cambio tuta - I bastardi di Cgil, cisl e uil
TEMPO CONSIDERATO E RETRIBUZIONE: La sentenza della Cassazione considera
"tempo di lavoro il tempo necessario alla vestizione (e alla svestizione)
nello spogliatoio, della tuta e dei dispositivi di protezione individuale,
nonchè il tempo di percorrenza dallo spogliatoio al reparto (e viceversa)".
Questo è importante perchè chiarisce definitivamente quale tempo va preso in
considerazione; non solo, pertanto, i minuti della vestizione come alcuni
giudici in passato hanno fatto (ndr)
Per quanto riguarda la quantificazione del tempo e la retribuzione la
sentenza ha stabilito per tutti gli operai, 20 minuti ("non  sforbiciabili")
e il loro pagamento come da retribuzione prevista dal CCNL secondo il
livello degli operai, con la maggiorazione dello straordinario, nonchè
l'incidenza di tale retribuzione sulla 13° (mentre no sulle ferie).

OBBLIGATORIETA': "se un lavoratore pretendesse di svolgere le sue mansioni
in reparto senza aver indossato tuta e dpi sarebbe esposto al potere
disciplinare della società. Di conseguenza, indossare tali indumenti e
dispositivi di protezione è un obbligo per il lavoratore e svolgere le
relative operazioni fa parte della prestazione cui egli è tenuto nei
confronti del datore di lavoro".
Quindi, nel momento in cui il lavoratore entrato in azienda è soggetto al
potere dispositivo del padrone, da quel momento va considerato l'inizio
dell'orario di lavoro (ndr)

IL CAMBIO TUTA PUO' AVVENIRE SOLO IN AZIENDA NON A CASA: "Nè è ragionevole
ipotizzare che i lavoratori possano effettuare dette operazioni prima di
recarsi sul posto di lavoro... possono sì essere indossate prima
dell'ingresso nello stabilimento, ma in condizioni di disagio tale da 


escluderne ragionevolmente l'esigibilità: si pensi alla tuta ignifuga,
antitaglio, repellente e, soprattutto, agli scarponcini antinfortunistici,
al casco, ai guanti, il tutto da portare in strada magari nella stagione
estiva"
Apprezziamo anche l'ironia di quest'ultime parole. Questa precisazione della
Cassazione è importante perchè l'Ilva nella sua difesa dice invece che gli
operai possono benissimo portarsi fuori dalla fabbrica la tuta e i Dpi e di
conseguenza metterseli da casa (cosa tra l'altro falsa perchè ogni operaio è
obbligato a lasciare tuta e Dpi nel suo armadietto e dove volesse portarsi a
casa solo la tuta deve avere prima tanto di autorizzazione).

IL CCNL METALMECCANICO NON PUO' METTERE IN DISCUSSIONE CHE IL TEMPO TUTA E'
PARTE DELL'ORARIO DI LAVORO: "in tema di orario di lavoro è valida la
clausola dell'art. 5 del CCNL per l'industria metalmeccanica, che dispone
che "sono considerate ore di lavoro quelle di effettiva prestazione" potendo
interpretarsi la norma nel senso che siano da ricomprendere nella nozione di
lavoro "effettivo", come tale da retribuire, anche le attività preparatorie
allo svolgimento dell'attività lavorativa e quelle successive alla
prestazione... E' stato altresì precisato che non può ritenersi
incompatibile con tale interpretazione la disposizione contenuta nell'art.
5, secondo la quale le ore di lavoro sono contate con l'orologio dello
stabilimento o reparto", posto che tale clausola non ha una funzione
prescrittiva, ma ha natura meramente ordinatoria e regolativa, ed è
destinata a cedere a fronte dell'eventuale ricomprensione nell'orario di
lavoro di operazioni preparatorie e/o integrative...".
Questo è un punto importantissimo. Si consideri che è stata l'azienda che
aveva portato a sua difesa e ragione la dicitura presente nel CCNL dei
metalmeccanici. Si consideri che anche in altri contratti, come quello
multiservizi, Coop. sociali, Cgil, Cisl e Uil stanno ponendo questa dicitura
"ore di lavoro sono quelle di effettiva prestazione" proprio per escludere
il cambio tuta e il tempo di percorrenza per raggiungere il reparto come ore
di lavoro. Per fortuna la Cassazione ha respinto questa interpretazione e ha
giustamente detto che comunque una interpretazione diversa sindacale deve
essere "destinata a cedere".
Ma questo mostra ancora una volta tutta la bastardità dei sindacati
confederali che sono peggio dei giudici, e i loro contratti sono
peggiorativi delle stesse leggi (che non sono certo normalmente a favore dei
lavoratori). E su questo l'Ilva di Taranto insegna abbondantemente. A
dimostrazione che i sindacati confederali, per servire i padroni, non
servono neanche a difendere ciò che è scontato, ciò che è previsto dalla
legge, ma servono solo a peggiorare la situazione (ndr).
Pubblicato da tarantocontro
Ricorsi Ilva per cambio tuta - nei prossimi giorni banchetti alle portinerie
Nella riunione di ieri di operai Ilva nella sede dello Slai cobas, con la
presenza dell'avvocato che sta seguendo i ricorsi già in essere contro
l'accordo sul cambio tuta del dicembre 2011 e per il riconoscimento della
retribuzione a straordinario per il tempo intercorrente tra il cambio tuta e
l'arrivo in reparto, si sono spiegati i punti principali della nuova
sentenza di Cassazione (proprio sull'Ilva), che mette una parola definitiva
sul diritto degli operai a vedersi considerato il tempo tuta e di arrivo al
reparto a tutti gli effetti "orario di lavoro", e quindi si è vista la sua
utilità nell'azione legale che lo slai cobas ilva sta portando avanti.
(In altro articolo parliamo di questi punti del testo della sentenza)

Nella riunione si sono decise tre cose:

- di rilanciare i ricorsi per il riconoscimento del cambio tuta - su questo
gli operai non devono avere alcun timore di ritorsioni da parte
dell'azienda, sono centinaia anche all'Ilva di Taranto i ricorsi già in
corso;
- di avviare il ricorso anche per quegli operai che hanno firmato la
transazione - dato che l'oggetto di essa era non il "cambio tuta", ma
"l'indennità di presenza", ed inoltre la firma è stata estorta con ricatto e
con modalità illegali che noi possiamo dimostrare e documentare;
- di fare un seguito all'esposto penale per "truffa ed estorsione",
attualmente all'attenzione del giud. Todisco, a fronte di altre denunce
documentate forniteci anche ieri dagli operai;
- di chiedere comunque, alla luce di questa sentenza, che i sindacati
confederali ritirano la firma dall'accordo del 15 dicembre 2011 - questi non
possono far finta di niente o fare gli ipocriti, come la Fiom, che saluta la
sentenza della Cassazione, fa anche i ricorsi individuali, ma poi non dice
niente sulla vera causa di questo non riconoscimento del diritto cambio
tuta: l'accordo del dicembre 2011.

Fare i ricorsi di massa aiuta in questo momento una soluzione più collettiva
e generale, e aiuta lo stesso esposto. Quindi, anche se lo slai cobas agisce
su più piani (compreso appunto, esposto penale, azione sindacale per far
decadere l'accordo), gli operai non devono aspettare l'esito dell'esposto,
ecc. ma fare subito i ricorsi.

Per questo nei prossimi giorni faremo dei banchetti alle portinerie
dell'Ilva.
Per tutti poi ci si può mettere in contatto con lo slai cobas, tramite e
mail: slaicobasta@gmail.com - o tel. 3475301704 - o venendo in sede, via
Rintone 22 Taranto (prima di ple Bestat via Dante) il martedì e giovedì
dalle 17,30 alle 19,30.
Nella riunione è stato denunciato inoltre che la Fiom nei ricorsi
individuali punta a chiudere con conciliazioni che riconoscono più o meno
quanto già l'azienda sta dando.
Lo Slai cobas, invece, andrà avanti legalmente fino a che non si ottiene il
giusto riconoscimento della retribuzione per il tempo tuta (calcolato in
media in mezz'ora al giorno) con la maggiorazione dello straordinario e per
5 anni indietro.

Alla riunione di sabato erano presenti anche operai dell'appalto ENI, perchè
la questione del cambio tuta e di cosa è effettivamente orario di lavoro
interessa tutti i settori, lì dove l'uso della tuta e dei DPI è
obbligatorio.

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