mercoledì 8 aprile 2020

08 aprile - ALLARME PER LE CONDIZIONI DEGLI OPERAI NELLE FABBRICHE ‘DELL’INSALATA’ DI BERGAMO UN SETTORE ESSENZIALE CHE LAVORA ALLE STESSE CONDIZIONI DI SEMPRE QUINDI CON UN ALTO POTENZIALE DI RISCHIO CONTAGIO PER I GLI OPERA




L’analisi delle condizioni di lavoro in questo settore, ci dimostra senza dubbi, che l’adempimento dei protocolli di sicurezza anticontagio, per i padroni è una pura formalità. 
 
I padroni sono sempre quelli delle fabbriche aperte a tutti i costi, a qualsiasi condizione.
Senza una effettiva mobilitazione dei lavoratori non c’è sicurezza, efficace, reale, tutti i giorni. I provvedimenti formalmente riconosciuti non trovano applicazione o vengono vanificati dalle condizioni reali di lavoro.
Soprattutto con la riapertura delle fabbriche, le misure di prevenzione devranno intervenire sull’organizzazione del lavoro.
Ritmi alti, organici ridotti, giornate di 12 ore  e più, un settore completamente nelle mani del sistema neoschiavista delle cooperative, QUESTE CONDIZIONI NELLE FABBRICHE DELL’INSALATA, NON POSSONO GARANTIRE ALCUNA SICUREZZA DAL CONTAGIO. Le mascherine, come sotto spiegato, per qualità e quantità ne sono un esempio. Sono solo una misera foglia di fico.
La produzione essenziale deve essere mantenuta anche in tempo di emergenza sanitaria, ma a partire dal rispetto delle norme di sicurezza per i lavoratori.
I padroni spingono per riaprire le fabbriche, l’assenza dal contagio non si può garantire con una formale mascherina. Serve la lotta, la ribellione, non siamo carne da macello.

Nel settore cosiddetto della IV gamma, quello della trasformazione e confezionamento dell’insalata, i lavoratori continuano a lavorare con mascherine già in dotazione, non per il virus, ma previste per evitare la contaminazione delle verdure trattate. Si tratta di mascherine monouso di tipo chirurgico. Dal momento che gli ambienti sono a bassa temperatura e umidi e le mascherine si bagnano presto.
Per mantenere, nel corso dell’intera giornata lavorativa l’efficacia della mascherina, secondo una pratica comune a tutte le fabbriche del settore, l’operaio le sostituiva più volte al giorno, secondo il bisogno. Fino a febbraio. Oggi le mascherine, nelle principali fabbriche della provincia come Bonduelle di S. Paolo d’Argon, Mio Orto di Carobbio degli Angeli, Sab/il Tricolore di Telgate, Belgravia di Azzano S.Paolo, vengono razionate, obbligando gli operai ad indossare la stessa per tutto il giorno. O addirittura, vengono assegnate per più giorni, con il ‘consiglio’ di sanificarla.
Già da solo, il TU 81.08, indica come prioritaria la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’adeguamento del ciclo produttivo alle misure di sicurezza, l’aggiornamento delle valutazioni di rischio nel DVRI, alla luce di eventuali nuovi fattori di rischio, la necessaria informazione ai lavoratori.
Trattandosi di DPI che proteggono le vie respiratore e che rientrano nel gruppo dei cosiddetti DPI “salvavita” il lavoratore deve essere informato e “addestrato”.
Invece questi lavoratori, che ricevono una mascherina sfusa, non conoscono quali indicazioni il produttore abbia rilasciato in merito al tipo di protezione garantito dalla mascherina, quali siano le sue caratteristiche, le condizioni d’uso consigliate e la durata.
Non c’è quindi certezza tra i lavoratori, sul livello effettivo di protezione che hanno, per quanto tempo questa protezione sia garantita, date le condizioni specifiche dei reparti e l’uso prolungato.

L’alterarsi della mascherina durante il turno di lavoro, crea un potenziale pericolo per i lavoratori. Ma riduce anche la protezione per il rischio biologico verso gli alimenti?

Nessun commento:

Posta un commento