L’analisi
delle condizioni di lavoro in questo settore, ci dimostra senza
dubbi, che l’adempimento dei protocolli di sicurezza anticontagio,
per i padroni è una pura formalità.
I
padroni sono sempre quelli delle fabbriche aperte a tutti i costi, a
qualsiasi condizione.
Senza
una effettiva mobilitazione dei lavoratori non c’è sicurezza,
efficace, reale, tutti i giorni. I provvedimenti formalmente riconosciuti
non trovano applicazione o vengono vanificati dalle condizioni reali
di lavoro.
Soprattutto
con la riapertura delle fabbriche, le misure di prevenzione devranno
intervenire sull’organizzazione del lavoro.
Ritmi
alti, organici ridotti, giornate di 12 ore e più, un settore completamente
nelle mani del sistema neoschiavista delle cooperative, QUESTE
CONDIZIONI NELLE FABBRICHE DELL’INSALATA, NON POSSONO GARANTIRE
ALCUNA SICUREZZA DAL CONTAGIO. Le mascherine, come sotto spiegato,
per qualità e quantità ne sono un esempio. Sono solo una misera foglia di fico.
La
produzione essenziale deve essere mantenuta anche in tempo di
emergenza sanitaria, ma a partire dal rispetto delle norme di
sicurezza per i lavoratori.
I
padroni spingono per riaprire le fabbriche, l’assenza dal contagio
non si può garantire con una formale mascherina. Serve la lotta, la ribellione, non siamo carne da macello.
Nel
settore cosiddetto della IV gamma, quello della trasformazione e
confezionamento dell’insalata, i lavoratori continuano a lavorare
con mascherine già in dotazione, non per il virus, ma previste per
evitare la contaminazione delle verdure trattate. Si tratta di
mascherine monouso di tipo chirurgico. Dal momento che gli ambienti
sono a bassa temperatura e umidi e le mascherine si bagnano presto.
Per
mantenere, nel corso dell’intera giornata lavorativa l’efficacia
della mascherina, secondo una pratica comune a tutte le fabbriche del
settore, l’operaio le sostituiva più volte al giorno, secondo il
bisogno. Fino a febbraio. Oggi le mascherine, nelle principali
fabbriche della provincia come Bonduelle di S. Paolo d’Argon, Mio
Orto di Carobbio degli Angeli, Sab/il Tricolore di Telgate, Belgravia
di Azzano S.Paolo, vengono razionate, obbligando gli operai ad
indossare la stessa per tutto il giorno. O addirittura, vengono
assegnate per più giorni, con il ‘consiglio’ di sanificarla.
Già
da solo, il TU 81.08, indica come prioritaria la tutela della salute
e della sicurezza dei lavoratori,
l’adeguamento
del ciclo produttivo alle
misure di sicurezza,
l’aggiornamento delle
valutazioni di rischio nel
DVRI, alla luce di
eventuali nuovi fattori di rischio, la necessaria informazione ai
lavoratori.
Trattandosi
di DPI che proteggono le vie respiratore e che rientrano nel gruppo
dei cosiddetti DPI “salvavita” il lavoratore deve essere
informato e “addestrato”.
Invece
questi lavoratori, che ricevono una mascherina sfusa, non conoscono
quali indicazioni il produttore abbia rilasciato in merito al tipo di
protezione garantito dalla mascherina, quali siano le sue
caratteristiche, le condizioni d’uso consigliate e la durata.
Non
c’è quindi certezza tra i lavoratori, sul livello effettivo di
protezione che hanno, per quanto tempo questa protezione sia
garantita, date le condizioni specifiche dei reparti e l’uso
prolungato.
L’alterarsi
della mascherina durante il turno di lavoro, crea un potenziale
pericolo per i lavoratori. Ma riduce anche la protezione per il
rischio biologico verso gli alimenti?
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