I
PADRONI VOGLIONO RIAPRIRE AD OGNI COSTO
-DUE
-
ANCORA
PROTOCOLLI E ACCORDI SINDACALI CHE SPALANCANO LE PORTE DELLA BREMBO:
MA NON SCRIVONO COME SI CONCILIA DIFESA DA CONTAGIO CON I RITMI E LA
PRODUTTIVITÀ.
ALLE
CONDIZIONI DEI PADRONI NON CI PUÒ ESSERE SICUREZZA
Brembo spa, dischi e
sistemi frenanti, multinazionale presente con importanti impianti
anche in Cina. Una delle aziende che ha preso atto direttamente sul
campo degli effetti del coronavirus in Cina all’inizio della
pandemia, ma che ha continuato a produrre in Italia senza protezioni
fino a metà marzo.
Questo lo ricordiamo
agli operai ammaliati dalle strisce per terra nuove di zecca, dagli
opuscoli informativi, dalle mascherine apparentemente in abbondanza
dall’anticipo per la Cigo. Nessuna fiducia.
Oggi anche Brembo
spinge per riaprire. Parole d’ordine: protocolli, accordi
sindacali, misure di protezione individuali, indicazioni stringenti
ai lavoratori per comportamenti ‘responsabili’.
(questo metodo per i
padroni equivale a definire futuri responsabili)
Un vademecum
aziendale, comunicati della direzione e delle Rsu confederali, che
vorrebbero essere convincenti.
Ma in tutti, si
parla di mascherine, ben vengano, si parla di distanziamento in
entrata e in uscita, in mensa, delle modalità per le aree ristoro e
per gli spogliatoi; si descrivono tutti i punti dove si possono
trovare saponi, gel e tutte le circostanza che li rendono necessari e
come smaltire responsabilmente fazzoletti guanti mascherine.
Le misure sanitarie
sono importanti e vanno applicate e rispettate.
In questo caso sono
però tutte a senso unico.
Nessun opuscolo,
nessun accordo spiega agli operai, una volta che sono entrati in fila
indiana, che hanno disciplinatamente preso posto al lavoro, come sia
possibile conciliare le misure di sicurezza con la produzione, con i
ritmi di produzione.
Come possono essere
conciliate le misure di sicurezza individuali nelle linee o alle
macchine, con la fatica, con il caldo dei reparti, con la polvere e
fumi comunque presenti in fabbrica?
Lavarsi le mani ogni
volta che si starnutisce, ben venga. Ma sulle linee di montaggio
Brembo ogni secondo è codificato. Ogni pausa ha una causale e un
tempo di fermo macchina, giustificato o sanzionato.
Quanto è valutato
il ‘fermo per lavaggio mani, fermo per sostituzione mascherina
bagnata dal sudore, tempo di attesa al bagno per l’accesso senza
assembramento…’. Nei vademecum aziendali leggiamo che l’accesso
al bagno è invece contingentato!!!
Nei vademecum, negli
accordi sindacali scritti per aprire le porte della fabbrica, non si
legge che la produzione deve essere ridotta del 10, 20, 30, 40%(?)
per tenere conto delle difficoltà lavorative derivanti dal rispetto
delle misure di sicurezza, sempre.
Quello che non hanno
scritto è che in queste condizioni l’operaio si dovrà abituare,
dovrà convivere con il disagio dei mezzi di protezione, ovvero
produrre e non andare troppo per il sottile, perché le buone norme,
servono per entrare e uscire dalla fabbrica. La produttività sulle
macchine è un’altra cosa.
Non
vogliamo gli operai eroi. Come gli infermieri. Osannati mentre si
ammalavano e morivano in trincea senza protezioni.
Riaprire
le fabbriche ora è una forzatura di Confindustria.
Ma
il problema si pone tale e quale anche il 4 di maggio e anche più
avanti. Nulla dal fronte scientifico ci da una garanzia su una fine
certa del rischio contagio.
Gli
operai devono partecipare direttamente alla definizione delle norme
di sicurezza.
Serve
organizzare nei reparti delegazioni liberamente decise per trattare i
tempi, le condizioni di rientro, le condizioni di lavoro con il
coronavirus.
Perché
tutti suonano la musica di Confindustria: mascherine come passpartout
per spalancare le porte senza condizioni. Porte che si richiuderanno
inevitabilmente sul profitto.
GLI
OPERAI DEVONO TROVARE DA SE LA PROPRIA STRADA, DECIDERE IN AUTONOMIA,
RIBELLARSI.
SENZA
LOTTA E ORGANIZZAZIONE NON C’È SICUREZZA
Nessun commento:
Posta un commento