Riportiamo la dichiarazione del Collettivo Gkn, che in larga parte
sosteniamo. E' importante che la classe operaia via via assuma il suo
posto centrale, con la posizione politica e con l'azione, nello
scontro con gli imperialismi, contro il nostro governo guerrafondaio.
Questa guerra in Ucraina è parte ma anche
differente dalle tante guerre in corso in tanti angoli della terra;
essa è una guerra interimperialista, ed è dentro la tendenza
accelerata alla guerra inter imperialista mondiale per una nuova
spartizione del mondo, difesa e accaparramento delle fonti
energetiche, materie prime, mercati; dalla tragedia di oggi, in
primis per le masse popolari e i proletari ucraini, ci vogliono
trascinare in una estensione della guerra avviata con l'invasione
della Russia, ma alimentata con armi, soldi, propaganda bellica,
sostegno al governo di Zelensky e al suo esercito formato da
nazifascisti, dagli Usa/Nato (il capo della Nato ha dichiarato che
durerà anni), dalla Gran Bretagna, come dagli altri paesi
imperialisti europei; ci vogliono trascinare in una nuova catastrofe
mondiale per i profitti delle borghesie imperialiste e dei loro
interessi economici e geostrategici. La guerra è la continuazione
della politica di oppressione, sfruttamento, miseria, repressione dei
padroni del mondo, degli Stati e governi imperialisti con altri
mezzi. Nel nostro paese è la continuazione delle gravissimi effetti
già in corso per l'intreccio di crisi/pandemia, dell’attacco ai
posti di lavoro con le chiusure di fabbriche, le delocalizzazioni, le
mega cassintegrazioni permanenti, l’attacco ai salari, la
continuazione delle morti sul lavoro, da lavoro e da inquinamento, la
continuazione della negazione dei diritti ai giovani, alle donne,
agli immigrati, al sud.
Ma la guerra in corso non è solo una
"continuazione", è un salto di qualità dell'azione dei
nemici dei lavoratori e delle masse; basta vedere come la nuova
corsa agli armamenti, l'aumento delle spese militari, di cui il
governo Draghi vuole essere in prima fila, sta portando ad un
ulteriore rapido peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita
già pesanti, in cui avvelenano la vita nel presente, con un carovita
impossibile che taglia i nostri salari e butta nella povertà altre
migliaia di persone, e ci negano il futuro - come denunciano gli
operai della Gkn - dalla sanità, alla scuola, all'ambiente.
A questo salto della
borghesia imperialista, dobbiamo rispondere con un salto della nostra
azione di lotta, e fare la nostra guerra di classe. Il miglior
sostegno che possiamo dare ai proletari e alle masse popolari ucraine
è lottare contro il nostro imperialismo, fermare la sua azione volta
ad alimentare la guerra. Scioperi veri che blocchino le fabbriche e
il paese; in ogni fabbrica, posto di lavoro che i lavoratori, i
delegati sindacali si schierino, prendano posizione chiara e aperta
con assemblee, mozioni, ecc; sosteniamo e allarghiamo le azioni di
contrasto alla guerra e all'invio delle armi (da Coltano a Genova, a
Taranto, a Niscemi, ecc.), facciamo manifestazioni vere unitarie e di
massa. Aumentiamo le lotte quotidiane, a partire dalla centralità
oggi della lotta per aumenti salariali, contro il carovita,
carobenzina - come indicano gli operai Gkn - una lotta continua sul
salario per risultati concreti.
In questa fase,
queste lotte sono da un lato una necessità vitale di difesa delle
condizioni dei proletari e delle masse, dall'altro una necessità per
indebolire il fronte sempre più stretto tra padroni che pretendono
tutto e governo che toglie a noi per dare ai padroni e alla loro
guerra.
Ma chiaramente, come Mao Tse tung ci ha insegnato:
“il mezzo per opporsi ad una guerra di questo genere è fare
tutto il possibile per impedirla prima che scoppi, ma una volta
scoppiata bisogna opporsi alla guerra con la guerra, opporsi alla
guerra ingiusta con la guerra giusta ogni volta che sia possibile”.
Portando avanti la nostra guerra di classe
dobbiamo attrezzarci per la nostra guerra rivoluzionaria per porre
fine a questo sistema barbaro imperialista di morte, profitti
sullo sfruttamento, attacco ai diritti fondamentali, cancellazione
della democrazia (a partire in Italia dal mettere sotto i piedi
l'art. 11 della Costituzione), ecc.
Dobbiamo ricostruire per questa guerra
rivoluzionaria gli strumenti necessari un Partito della classe
operaia per il potere dei lavoratori, un sindacato di classe nelle
mani dei lavoratori, un Fronte unito popolare come ai tempi della
Resistenza e dell’Autunno caldo; dobbiamo costruire la Forza
militante proletaria combattiva che risponda alla violenza diretta e
indiretta dello Stato del capitale, alla repressione, alla dittatura
di oggi travestita da democrazia. E in questo cammino gli operai più
coscienti della partita generale in gioco, come gli operai del
Collettivo di fabbrica della Gkn, hanno un compito d'avanguardia e
responsabilità.
INSORGIAMO PER IL POTERE OPERAIO!
*****
Insorgiamo con i lavoratori GKN
🔴 Dichiarazione del Collettivo di fabbrica sulla guerra.
La guerra è contro noi
tutte/i. Noi tutte/i contro la guerra.
1. La guerra un giorno scoppia,
ma non scoppia in un giorno. E’ un processo: la prosecuzione con
altri mezzi dello scontro economico e politico tra blocchi
imperialisti.
Troppo spesso ci accorgiamo della “guerra” e
del suo “inizio” solo quando la società del mainstream decide di
mediatizzarla, fuori da ogni contesto e accantonando ogni analisi
sulle cause: dallo Yemen alla Siria passando per il Rojava fino a
Iraq e Palestina, nel totale silenzio mediatico nel mondo ci sono
almeno 59 conflitti militari “ufficiali” e un numero non
quantificabile di invasioni nemmeno dichiarate.
2. La stessa guerra in Ucraina è iniziata dal
2014, con tanto di conflitto bellico nel Donbass e di accordi di pace
non rispettati. Da decenni di fatto lo spazio fisico dell'Ucraina è
stato trasformato in spazio di contesa tra imperialismi e l'invasione
da parte dell'esercito russo, che condanniamo senza esitazione, è
solo l'ultimo passaggio di tale processo. Non siamo noi ad avere un
doppio standard di valutazione sulle bombe e sui civili uccisi, ma
l'intero mondo mediatico arruolato in questa guerra che ignora ad
esempio le sofferenze e i bombardamenti turchi sulla Siria del nord
est.
3. Ancora una volta, come già accaduto in
pandemia, rischiamo di rimanere schiacciati nelle posizioni e negli
schieramenti che questo sistema ci propone. Con la guerra arriva il
tentativo di arruolarci dietro o uno o all'altro nazionalismo. Come
lavoratori del Collettivo di Fabbrica dei lavoratori GKN rifiutiamo
questa logica: la nostra opposizione alla guerra, la difesa dei
civili, la solidarietà verso i lavoratori e le lavoratrici si
esercita dichiarando guerra alla guerra. E tanto più tardiamo a
dichiarare “guerra alla guerra”, tanto più il futuro dei civili
di tutto il mondo è in pericolo. La guerra crea masse migratorie, o
possiamo anche dire fughe di massa. Lo abbiamo sempre saputo e per
questo siamo sempre stati per accogliere chi scappa da guerra e fame,
fuori da ogni logica del profitto e di sfruttamento, come per esempio
sperimentato a Riace da Mimmo Lucano. Oggi invece prendiamo atto
dell'incredibile ipocrisia di “Stati fortezza” che dividono i
profughi in migranti di serie “A” e di serie “B”.
4. Noi dichiariamo guerra alla guerra non solo
quando essa diventa “guerreggiata” ed esplode in superficie. La
nostra è una posizione radicale, che va cioè alle radici del
meccanismo e che ne coglie le conseguenze complessive. L’attuale
conflitto avviene sull’onda lunga della crisi del 2008, del 2011,
della crisi pandemica e dei cambiamenti climatici. Ogni giorno
diventa sempre più forte lo scontro economico, per chi ripaga il
debito, per chi usufruisce dell'enorme liquidità finanziaria, per il
controllo dei mercati in regime di sovrapproduzione, per le fonti
energetiche, materie prime, industria estrattiva, porti, per gli
spazi vivibili con la crescente desertificazione.
5. Tale scontro economico è tra chi sta in alto e
chi sta in basso nella società, tra noi e loro, tra chi domina
l'economia e chi ne è dominato. Ma lo scontro attraversa e divide
anche coloro che dominano l’economia e che si spartiscono il mondo.
Tra questa guerra “verticale” e guerra “orizzontale” c'è un
rapporto stretto: tanto più veniamo arruolati nello scontro tra
capitali, tanto meno riusciamo a difenderci dalla guerra che il
capitale muove nei nostri confronti.
6. Il risorgere delle ideologie fasciste, xenofobe
e nazionaliste diventa il motore e la copertura ideologica di questo
processo: non a caso il conflitto ucraino è diventato un laboratorio
mondiale del riarmo per gruppi nazifascisti e paramilitari. Questi
rappresentano sul terreno quello che il fondamentalismo islamico ha
rappresentato nella guerra di procura in Siria. Se qualcuno aveva
dubbi, mai come oggi l’antifascismo e l’antirazzismo tornano ad
avere centralità. Fuori dall’antifascismo radicale non vi è
salvezza.
7. L'industria bellica è strumento di guerra e la
guerra è strumento dell'industria bellica. La spesa militare è in
aumento da tempo a livello mondiale. Un sistema che costruisce armi
per non usarle è irrazionale. Un sistema che costruisce armi per
usarle è criminale. Le basi e le servitù militari, la spesa
militare e l’industria bellica sono l’elefante nella stanza di
cui nessuno parla. La guerra si disinnesca attraverso una enorme
riconversione produttiva di tutto l'apparato di produzione bellico e
smilitarizzando i territori. E tale obiettivo è impensabile senza un
programma sociale adeguato, fatto da un intervento pubblico diretto
dai bisogni collettivi e dalla riduzione d'orario a parità di
salario per assorbire tutti gli occupati in uscita dalla produzione
bellica.
8. La guerra è una enorme sottrazione di risorse
a ospedali, sanità, istruzione e trasporti pubblici. E' una
ulteriore giustificazione del carovita e della moderazione salariale.
Dichiarare guerra alla guerra significa scendere in lotta per il
nostro stato sociale e per i nostri salari, per il salario minimo
intercategoriale e il ritorno alla scala mobile dei salari.
9. La guerra è per definizione uno dei fenomeni
più inquinanti. Inquina l’informazione, la verità, le menti.
Inquina ovviamente il pianeta. Parlare di “transizione ambientale”
e tollerare l’escalation militare è una forma estrema di
ipocrisia. Per questo il movimento contro la guerra non può che
essere radicalmente ambientalista, trasversale e questo tipo di
movimento non può che essere contro la guerra.
10. Lo Stato sa che per portare la guerra “fuori”,
devi vincere la guerra “dentro”. Per portare in guerra un paese,
lo devi pacificare internamente. Per questo non può esistere
contesto di guerra senza un contemporaneo contesto di repressione del
dissenso. Non ci riferiamo a un generico “dissenso” di opinione.
Ci riferiamo al dissenso reale, quello che si può organizzare,
dispiegarsi e modificare l’esistente. Riteniamo quindi non casuale
l’aumento della repressione: ricordiamo solo ad esempio gli ultimi
episodi, l'accusa formulata sulla base di reati prescrivibili con
ammende di associazione per delinquere al CALP per bloccare il
traffico di armi nei Porti, le denunce nei confronti delle
studentesse e studenti di Torino o i provvedimenti contro Fridays for
Future. Dentro il contesto di guerra e le sue ideologie, non c'è
spazio per il nostro modello sindacale, per i movimenti siano essi
sociali, ambientali o per i diritti civili. La guerra è contro noi
tutte/i e noi tutte/i contro la guerra.
La guerra è un fenomeno complessivo e la
necessità di contrastarla ci toglie ogni diritto al particolarismo,
alla ristrettezza mentale, alla settorializzazione. Fuori dalla
convergenza di lotte e pratiche, operaie, transfemministe,
antifasciste, ambientaliste, antimilitariste, nessuno si salva,
nessuno regge. L'opposizione alla guerra deve ripartire dalla critica
alla materialità della guerra, deve smascherare ogni finta copertura
ideologica del conflitto per disvelare i meccanismi economici e
sistemici alla base della guerra. Con queste idee attraverseremo ogni
scadenza e discussione contro la guerra. Per discutere di questa idea
convochiamo in fabbrica una assemblea pubblica del gruppo supporto
per giovedì 23 sera. Genova è oggi una delle piazze dove si pratica
la critica materiale alla guerra, contrastando la logistica bellica.
Genova dove il cielo ogni volta che una nave carica di armi entra in
porto si tinge di rosso oggi si sviluppa la lotto contro il traffico
d'armi nel porto, per via dell'opposizione dei portuali al traffico
d'armi. Genova dove la guerra la fecero a noi nel 2001 caricandoci
per strada, sparandoci i lacrimogeni dagli elicotteri, pestandoci
dentro la Diaz, sparandoci addosso in Piazza Alimonda, uccidendo
Carlo, torturandoci a Bolzaneto. Genova città antifascista che
insorge nel 1960 contro il congresso del Msi e del Governo Tambroni
nel 1960.
Genova, città di Porto e industriale, dove da
sempre è forte il rischio di ricatto tra lavoro e ambiente. Genova,
città del cattolicesimo sociale e impegnato di Don Gallo.
Genova città che con il crollo del Ponte Morandi
porta le ferite della stagione devastante delle privatizzazioni.
Genova sarebbe stata forse la meta naturale per un
tenetevi libere e liberi di luglio che unisse tutti i temi che
abbiamo citato. Ma questo evidentemente non lo decide il Collettivo
di Fabbrica Gkn di Firenze. Il quale può solamente rimettersi in
marcia e provare ad attraversare tutte le scadenze che ogni
territorio saprà darsi e costruire.
Per questo, per altro, per tutto
Fuori dall'emergenza, dentro l'urgenza
Senza convergenza, non c'è insorgenza