L’Interporto, puntando sulla 146, studia come impedire scioperi e fermi dei sindacati di base. Lo conferma l’intramontabile Alberani, paracadutato da Lepore nel management dell’hub: l’obiettivo è dire “no alle forze sociali che promuovono blocchi improvvisi e selvaggi, che hanno meno senso di responsabilità di altri”. Eccola, l’etica: decidere come le/i lavoratrici/i devono combattere lo sfruttamento.
08 Giugno 2022 - 14:01
All’Interporto di Bologna si studia una manovra appositamente pensata per arginare gli scioperi e i blocchi con cui i sindacati di base, negli ultimi anni, hanno lottato per migliorare le condizioni delle/i facchine/i: proprio queste forme radicali di lotta hanno scoperchiato le enormi sacche di sfruttamento, illegalità e mancanza di sicurezza sul lavoro che caratterizzano i magazzini della logistica e che sono andate avanti indisturbate per anni, nel silenzio della politica. In particolare, l’intento sarebbe quello di garantire le imprese del settore “fresco” che trattano prodotti deperibili. Se ne è parlato ieri alla firma con la Prefettura del nuovo protocollo di legalità per il mega-hub di Bentivoglio. L’idea, in base a quanto circolato, è quella di far ricadere anche la logistica nella legge 146, che riguarda le misure a tutela del lavoro nei settori essenziali, aggiornata nel decreto di fine 2021, che prevede ad esempio tempi più lunghi e procedure più articolate per organizzare gli scioperi. L’Interporto vorrebbe far partire l’iniziativa da Bologna, aprendola a livello nazionale con l’aiuto della Regione, direttamente all’attenzione del ministro del Lavoro, Andrea Orlando.
La conferma di tutto ciò arriva dall’intramontabile Alessandro Alberani, già segretario Cisl, poi proposto dall’ex sindaco Virginio Merola per la presidenza di Acer, ruolo in cui si è distinto come amante dei muri “anti-degrado” attorno ai caseggiati Acer e delle ruspe di salviniana memoria da sfoggiare negli sgomberi, tanto per dirne un paio. All’inizio della campagna elettorale, Alberani ha detto di volersi candidare a sindaco, poi si è ritirato e il passaggio successivo ha visto l’attuale primo cittadino Matteo Lepore paracadutarlo, con un ruolo nuovo di zecca, sulla poltrona di “direttore della logistica etica” dell’Interporto. E lui, molto eticamente, ora dichiara che l’obiettivo è dire “no alle forze sociali che promuovono blocchi improvvisi e selvaggi, che hanno meno senso di responsabilità di altri” sindacati.
Vale la pena ricordare, a questo punto, che in piena campagna elettorale fu l’allora candidato Lepore a dire di voler rendere Bologna “la prima città d’Italia a stipulare un accordo metropolitano per una logistica etica”. Perchè, disse Lepore, “La logistica oggi ha bisogno di etica, ha bisogno di imprese che insieme alle istituzioni e ai sindacati, questo è il modello emiliano, accettino di autoregolamentarsi finchè non ci sarà una legislazione nazionale degna di questo nome”. A Bologna “noi vogliamo lavorare con le imprese che investono sulla logistica perchè è un settore industriale strategico e la pandemia lo ha dimostrato”, continuava l’aspirante sindaco, “ma vogliamo investimenti buoni, non cattivi. E quali strumenti mettiamo in campo a livello istituzionale per far sì che ci siano la tutela del lavoro e buoni investimenti?”. Ecco, qualche risposta comincia ad arrivare. La “logistica etica”, a quanto pare, secondo la maggioranza che governa questa città è quella in cui manager di nomina pubblica scelgono i sindacati a cui dire “no” e immaginano provvedimenti ad hoc per contrastare le forme di lotta più determinate e, di conseguenza, più efficaci. Come se ad attuarle fossero astratte “forze sociali”, non facchine e facchini in carne ed ossa che si spezzano la schiena e rischiano la vita – sì, la vita – nella jungla degli appalti che governa i magazzini o lungo le strade buie che portano all’Interporto. Senza queste lotte, la verità su cosa si nasconde dietro la logistica bolognese non sarebbe mai venuta a galla e i sindacati “responsabili”, quelli che piacciono ad Alberani, dormirebbero ancora della grossa.
Eccola qua, allora, la logistica etica: padroni, multinazionali, grandi piattaforme, coop spurie e caporali sentitamente ringraziano.
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