mercoledì 8 giugno 2022

8 giugno - “APPALTO ex ILVA, ACCORDO ANTISINDACALE”

 

https://www.corriereditaranto.it/2022/06/07/appalto-ex-ilva-accordo-antisindacale/

 

Lo Slai Cobas contesta l'intesa con l'azienda Pellegrini sottoscritto da Usb e Cisl

Redazione

pubblicato il 07 Giugno 2022, 19:07 

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe, presente nell’appalto Acciaierie d’Italia, interviene in merito all’accordo sottoscritto il 23 marzo tra l’azienda Pellegrini Spa e le organizzazioni sindacali Fim Cisl ed Usb.

Nella denuncia dello Slai Cobas si legge che “tale accordo prevede che solo per una parte dei lavoratori part time venga confermato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le 24 ore settimanali; per tutti gli altri no. Tutti gli operai e le operaie in questi quasi tre anni di pandemia hanno ugualmente lavorato intensamente, anche a rischio di prendersi il covid. Pertanto, escludere vari lavoratori e lavoratrici sulla base di un arbitrario tetto massimo di assenze è una oggettiva discriminazione e divisione tra i lavoratori e lavoratrici“.

“Questo accordo – prosegue lo Slai Cobas – invece che riconoscere a tutti gli stessi criteri, stabiliti tra l’altro da leggi e normative contrattuali, “punisce” lavoratori e lavoratrici che, non certo per loro “colpa“, sono stati in malattia o hanno dovuto per motivi familiari assentarsi. Questo accordo colpisce soprattutto le donne. Per le lavoratrici solo la “maternità obbligatoria o facoltativa” non viene definita “assenza”, ma tutto il resto sì: problemi di salute che le lavoratrici hanno per dover fare il doppio lavoro, in fabbrica e in casa, problemi familiari, con i figli, problemi di assistenza anziani (che vengono scaricati,come si sa, sempre sulle donne), ricoveri ospedalieri, fino anche ad assenze imposte dalla legge per quarantena covid sia propria che di familiari”.

“Si fa presente, inoltre, che questa parte dell’accordo viola anche norme dello Statuto dei Lavoratori – proseguono dallo Slai Cobas -. Infatti, nella sua applicazione si sta aggiungendo un altro sopruso. Si costringe di fatto i lavoratori che non rientrano nella stabilizzazione a presentare all’azienda cartelle cliniche, certificazione medica attestante il motivo della loro infermità; ma codesta azienda sa benissimo che non è un’azienda che può decidere se quella patologia e il livello di malattia sia riconosciuta o meno nei criteri fissati dall’accordo, violando in questo modo sia la privacy di donne e uomini, sia la normativa sanitaria che impedisce che l’azienda sia “giudice” della patologia del lavoratore”.

“Riportiamo a questo proposito due articoli dello Statuto dei LavoratoriART. 5. – Accertamenti sanitari. Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico. ART. 6. – Visite personali di controllo. ART. 16. – Trattamenti economici collettivi discriminatori. È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio. Per tutto quanto sopra evidenziato, chiediamo che l’accordo del 23 marzo vada rettificato e quindi vada riconosciuto per tutte le lavoratrici e lavoratori la stabilizzazione dell’aumento dell’orario di lavoro. In caso contrario faremo ricorso” concludono dallo Slai Cobas per il sindacato di classe.


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