INDICE
Enzo Ferrara
e.ferrara@inrim.it
TROPPE
MORTI IN ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
NELLA
PASTA PER MODELLARE DAS C’ERA L’AMIANTO
Orizzonte
degli Eventi orizzontedeglieventi79@gmail.com
CONVEGNO
SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE A GESTIONE DEL RISCHIO PSICOSOCIALE TRA
OSTACOLI E OPPORTUNITA’
Slai Cobas
per il Sindacato di classe slaicobasta@gmail.com
OPERAI
LOGISTICA IN LOTTA BRIGNANO BERGAMO
NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
PRESIDENTE ‘HO UCCISO UN UOMO’: LETTERA APERTA AL
CAPO DELLO STATO
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
FCA,
PIU’ LAVORO E MENO PAUSE FIOM SI MOBILITA
Medicina Democratica ONLUS medicina.democratica.onlus@gmail.com
CONVEGNO “DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”
Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
LE MORTI “MISTERIOSE” CHE PARLANO AL NOSTRO FUTURO
Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
SMOG E RISCHI PER LA SALUTE: NEMMENO
RISPETTANDO I LIMITI SAREMMO AL SICURO
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
STORIA DEL LICENZIAMENTO DI SANDRO
GIULIANI, CAPOTRENO NELL’EUROPA DEL XXI SECOLO
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From: Enzo
Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Monday, December 28,
2015 1:44 PM
Subject: TROPPE MORTI IN
ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?
Per
mantenere l’attenzione sul tema dell’eccesso di mortalità in Italia nel 2015
rispetto al 2014, riporto quanto scritto sul “Il foglietto” relativamente alla
ricerca.
Saluti
Enzo
Enzo
Da Il
Foglietto
TROPPE
MORTI IN ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?
di Franco Mostacci
Nel 2015, si
stanno verificando in Italia troppi decessi. A lanciare l’allarme dalle colonne
di Neodemos (vedi a seguire) è stato il professor Gian Carlo Blangiardo dell’università
Bicocca di Milano.
Il bilancio
demografico mensile dell’ISTAT rivela, infatti, che dall’inizio dell’anno i morti
stanno aumentando in misura abnorme. Tra gennaio e agosto, si sono avuti 445.000
decessi, ben 45.000 in
più dello scorso anno (+11,3%).
L’inquietante
fenomeno si sta verificando maggiormente al Nord (Valle d’Aosta +20,1%,
Lombardia +13,1%, Piemonte +13%), con l’unica eccezione della Campania
(+13,3%).
Tra le
grandi città, il triste primato spetta a Napoli (+18,1%), ma la situazione è
critica anche a Torino (+15,6%) e Milano (+14,7%).
Oltre a non
avere riscontri nel recente passato, la moria che starebbe interessando la
popolazione italiana è anche caratterizzata dal fatto che colpisce maggiormente
le donne (+13,5%) rispetto agli uomini (+9%).
La
demografia è una scienza che, in genere, fa pochi scherzi. Soprattutto quando
si guarda alla componente naturale della dinamica di una popolazione (le
nascite e le morti) che non possono improvvisamente mutare il loro corso senza
che ci sia una specifica causa scatenante, che al momento nessuno sembra aver
individuato.
Sarebbe
assai grave se, a fronte di un numero talmente impressionante di maggiori
decessi, l’Istituto Superiore di Sanità si stesse disinteressando della vicenda
o fosse a conoscenza delle cause ma non le divulgasse. Lo stesso dicasi per il
Governo, che si appresta, invece, a tracciare un quadro positivo del 2015,
reclamando i meriti di una fragile ripresa economica.
Al mondo
dell’informazione non sarebbe certo sfuggito in questi mesi il tutto esaurito
negli ospedali, un’impennata delle spese sanitarie con relativo allarme da
parte delle Regioni, un proliferare di agenzie funebri con fatturati alle
stelle. E’ impensabile, poi, che l’aumento della mortalità possa aver
dispiegato i suoi effetti solo al di qua delle Alpi.
Per una
volta, sembrerebbero sussistere diverse ragioni per sperare che la statistica
ci tragga in inganno.
Anche se
potrebbe trattarsi solo di una coincidenza che nulla a che vedere con l’aumento
dei decessi, si deve considerare che il 10 novembre 2014 è stato varato il
regolamento che contiene le modalità di attuazione e funzionamento dell’Anagrafe
Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).
Secondo
quanto si apprende dall’Agenzia per l’Italia digitale, l’ANPR sostituirà entro
il 2016 le oltre 8.000 anagrafi dei Comuni italiani, con un’unica banca dati
contenente le informazioni anagrafiche della popolazione residente, a cui
faranno riferimento non solo i Comuni, ma l’intera Pubblica amministrazione,
inclusi i gestori di pubblici servizi.
Il D.P.C.M.194/14
prevede anche che l’ANPR renda disponibili all’Istituto nazionale di statistica
i dati concernenti la popolazione, il movimento naturale e i trasferimenti di
residenza, necessari alla produzione delle statistiche ufficiali sulla
popolazione e sulla dinamica demografica, nel rispetto della normativa nazionale
e della legislazione dell’Unione Europea.
Si tratta
del cosiddetto censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, che
dovrebbe mandare definitivamente in soffitta la conta che ora viene effettuata
ogni dieci anni, con enorme dispiego di energie.
E’ in corso,
insomma, una vera e propria rivoluzione informatica, con a capo la
Sogei SpA, la società che gestisce i
servizi informativi, anche di natura tributaria, per conto del Ministero dell’economia
e delle finanze.
In vista
della transizione all’anagrafe unica nazionale, i Comuni potrebbero aver dato
luogo nel 2015 a
una pulizia straordinaria degli archivi, cancellando definitivamente persone
defunte da tempo.
Si tratta di
un’ipotesi tutta da verificare ma, se confermata, spiegherebbe non solo l’impennata
dei decessi, ma anche la maggiore concentrazione al Nord (dove le operazioni
procederebbero in maniera più spedita) e nella componente femminile, che è di
gran lunga più presente nelle classi di età più anziane.
Ma, se fosse
tutto così semplice, perché dopo l’allarme lanciato dal professor Blangiardo,
che sta alimentando giustificati timori e preoccupazioni, nessuno si sente in
dovere di fornire chiarimenti e rassicurazioni?
L’assenza di
risposte potrebbe essere legata anche alle conseguenze in materia previdenziale
di una non corretta valutazione dei tassi pregressi di sopravvivenza, che
potrebbero aver sfavorito pensionandi e pensionati nei requisiti anagrafici
richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia e nel calcolo del
coefficiente di trasformazione del montante contributivo.
Una cosa è
certa. Che si tratti di un allarme sanitario o di una semplice anomalia
statistica, l’aumento della mortalità in Italia nel 2015 è un argomento fin
troppo serio per poter rimanere senza una valida spiegazione.
* * * * *
Da Neodemos
68
MILA MORTI IN PIÙ NEL 2015?
di Gian
Carlo Blangiardo
CRESCE IL NUMERO DI MORTI IN ITALIA
Dai bilanci
demografici mensili forniti dall’ISTAT si rileva come il totale dei morti in
Italia nei primi otto mesi del 2015 (ultimo aggiornamento a tutt’oggi
disponibile) sia aumentato di 45.000 unità rispetto agli stessi primi otto mesi
del 2014.
La cosa non
è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde ad un aumento dell’11,3% e
che, se confermato su base annua, porterebbe a 666.000 morti nel 2015 contro i
598.000 dello scorso anno. Si tratta di un incremento di ben 68.000 unità che
appare in gran parte concentrato nella componente femminile (+41.000) e che
verosimilmente coinvolge soprattutto la fascia più anziana della popolazione
residente nel nostro Paese.
Il dato è
impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per
trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza
comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre
risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia
segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo.
Viceversa,
in un’epoca come quella attuale, in condizioni di pace e con uno stato di
benessere che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato,
come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni?
E’ solo la
naturale conseguenza del progressivo marcato invecchiamento della popolazione
italiana o è (anche) un segnale di allarme? Il sistema socio-sanitario, che
finora ha permesso un continuo allungamento della vita anche alle età anziane,
inizia forse a subire gli effetti di una congiuntura economica meno favorevole?
In altre parole ci chiediamo se i tagli alla sanità pubblica, dovuti alla
crisi, abbiano accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità nei gruppi
tipicamente più fragili: i vecchi e i “grandi vecchi”.
NON BASTA EVOCARE L’INVECCHIAMENTO DEMOGRAFICO
Non potendo
ancora disporre dei dati puntuali sull’incidenza dei decessi per singola età e
per genere nel corso del 2015 (dati che ci consentirebbero di valutare gli
eventuali cambiamenti del rischio di morte) possiamo sin da ora cercare almeno
di capire se, e soprattutto in quale misura, l’impennata di mortalità del 2015
sia ascrivibile al semplice processo di invecchiamento della popolazione
italiana o se invece abbia altre cause.
Osservando
come è cambiata la composizione per età dei residenti tra il 1° gennaio del
2014 e alla stessa data del 2015 scopriamo subito che, a fronte di 159.000
unità in meno nella fascia d’età fino a 60 anni, se ne contano in più 70.000 in età tra 61 e 70
anni, 40.000 tra 71 e 85 anni e 62.000 con oltre 85 anni.
Lo
spostamento verso le età più “mature” è ben evidente, ma è sufficiente a
spiegare un aumento della mortalità nell’ordine dei 68.000 casi annui di cui si
è detto? La risposta è no. Le modifiche nella struttura della popolazione
spiegano solo in minima parte la maggior frequenza di decessi. Infatti, se i
rischi di morte fossero restati invariati rispetto a quelli osservati di
recente (ISTAT 2014), l’aumento del numero di persone anziane avrebbe dato
luogo solo a 16.000 decessi in più rispetto al 2014. E le altre 52.000 unità
aggiuntive a cosa sono dovute?
ASPETTANDO NUOVI ELEMENTI
La questione
resta dunque aperta.
Tra qualche
mese avremo certamente dati più completi che, ci si augura, consentiranno spiegazioni
esaurienti. Oggi resta comunque il dubbio, e forse anche la paura, nel
constatare l’improvviso e inspiegabile cambiamento di rotta di una delle due
componenti che determinano il corso della dinamica naturale della popolazione
italiana in un’epoca in cui l’altra componente, le nascite, segna pesantemente
il passo.
La presenza
di 68.000 morti in più, se confermata dal resoconto di fine anno, rappresenta
un segnale importante che la demografia consegna alla riflessione sia del mondo
scientifico sia di quello della politica, della pubblica amministrazione e del welfare.
E’ un evento
“straordinario” che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi
dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato: un “déjà
vu” che non vorremmo certo rivivere.
Il controllo
della spesa sanitaria sempre e a
qualunque costo (in un momento di recessione economica) può avere
effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne
consapevoli.
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To:
Sent: Monday,
December 28, 2015 4:37 PM
RICONOSCIUTO L’INFORTUNIO IN
ITINERE PER CHI VA AL LAVORO IN BICICLETTA
LO PREVEDE IL COLLEGATO
AMBIENTALE ALLA LEGGE DI STABILITA’ 2016
Molte sono le misure a
favore di chi si muove in bicicletta contenute nella la Legge appena approvata (non
ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale) e che apre finalmente la strada anche
nel nostro paese al buono mobilità,
un incentivo fiscale per i cittadini che decidono di rinunciare all’uso dell’automobile
privilegiando mezzi di trasporto sostenibili.
Ma, al di là del finanziamento, l’altra
grande novità introdotta da questo provvedimento è quella del riconoscimento dell’infortunio in
itinere per chi si reca al lavoro in bicicletta.
Fino ad oggi, infatti, chi si recava al
lavoro in bici non godeva automaticamente della copertura INAIL e quindi, in
caso di incidente, doveva dimostrare che il ricorso alla bicicletta fosse
necessitato dalla mancanza di mezzi pubblici utili allo spostamento.
Si conclude con una vittoria, quindi, la storica
battaglia della FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) supportata anche da altre associazioni e da molte amministrazioni
comunali, alla luce del dato che vede come, nell’ultimo anno, sia stata proprio
la categoria dei ciclisti quella con un incremento maggiore di morti con il +8,8
per cento (variazione 2014/2013), seguita dai pedoni (+4,9 per cento) e dagli
occupanti di autovetture (+0,3 per cento).
A tale proposito si veda il precedente
post:
Con l’entrata in vigore del
provvedimento, la bicicletta in caso di incidente sarà
considerata sempre “mezzo necessitato” e il rimborso dell’infortunio da
parte dell’INAIL potrà scattare in automatico, contrariamente a quanto accade
oggi.
“Ci auguriamo
che questo sia solo l’inizio di una vera politica strategica per lo sviluppo
della mobilità ciclistica e l’infortunio in itinere è un tassello importante
per dare dignità e sicurezza a chi compie un gesto straordinario come andare in
bici al lavoro” - ha commentato il presidente della FIAB -
“Gesto ancor più straordinario in
questi giorni di massima allerta per l’inquinamento atmosferico: usare la
bicicletta quotidianamente è la vera risposta per i problemi di inquinamento
dell’aria”.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, December 29, 2015 6:23 PM
Subject: NELLA PASTA PER MODELLARE DAS C’ERA
L’AMIANTO
Era uno dei giochi più diffusi negli anni ‘70.
Lo rivela uno studio dall’Azienda Sanitaria e dell’Università di
Firenze e pubblicato sulla rivista scientifica “Scandinavian Journal of Work
Environment and Health”.
Fibre
di amianto utilizzate in passato in una pasta per modellare, il celebre DAS
possono aver causato esposizione alle fibre pericolose a un’ampia varietà di
utenti di 40 anni fa, compresi i bambini, insegnanti, artigiani e per coloro
che erano addetti alla produzione.
Lo
studio, rende noto la ASL
10 di Firenze, è stato condotto da ricercatori italiani dell’Istituto per lo
studio e la prevenzione oncologica (ISPO), dell’Azienda Sanitaria e dell’Università
di Firenze, che hanno rilevato tra il 1963 e il 1975, la presenza di amianto
nel DAS, la pasta per modellare a suo tempo prodotta dalla ditta Adica Pongo di
Lastra a Signa (Firenze), chiusa ormai dal 1993.
La
ricostruzione storica del prodotto ha permesso di stabilire che circa 55
milioni di confezioni di DAS contenenti amianto sono stati prodotti e venduti
sul mercato interno sia internazionale in 13 anni, con un numero di utenti nell’ordine
dei milioni.
Il DAS
veniva esportato in Olanda, Inghilterra, Norvegia e Germania.
Per i
primi tre anni DAS è stato commercializzato in polvere da miscelare con acqua e
successivamente in pasta pronta all’uso. Dal 1976 in poi l’amianto fu
sostituito con la cellulosa.
La
ricerca è stata resa possibile grazie al contributo fornito da alcuni ex
dipendenti di Adica Pongo. Inoltre, i ricercatori sono riusciti a reperire le
fatture dell’acquisto dell’amianto, oggi depositate nell’Archivio di Stato di
Torino insieme alla documentazione del produttore, l’Amiantifera di
Balangero.
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To:
Sent: Thursday,
December 31, 2015 3:15 AM
Subject: CONVEGNO SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE A GESTIONE
DEL RISCHIO PSICOSOCIALE TRA OSTACOLI E OPPORTUNITA’
Orizzonte
degli Eventi insieme al Servizio Prevenzione e Protezione dell’Università degli
Studi di Firenze vi invita a partecipare al convegno multidisciplinare “Sicurezza
e Salute nelle aziende: la gestione del rischio psicosociale tra ostacoli e
opportunità”.
Il convegno
avrà luogo il 22 gennaio prossimo presso l’aula Magna dell’Università, la
partecipazione è gratuita, ma è necessaria l’iscrizione.
Orizzonte degli Eventi
Università
degli Studi di Firenze Servizio
Prevenzione e Protezione
Orizzonte
degli Eventi
Ricerca intervento sul Benessere e
la Salubrità nelle Organizzazioni
Convegno multidisciplinare
Firenze 22 Gennaio
2016
Aula Magna, Piazza San
Marco 4
Il Responsabile del Servizio
Prevenzione e Protezione dell’Università
degli Studi di Firenze in collaborazione con l’Associazione Orizzonte degli
Eventi vi invita a partecipare al convegno sul tema della Campagna Europea,
appena conclusa “Ambienti di lavoro
sani e sicuri 2014-2015: insieme per la prevenzione e la gestione del rischio
psicosociale e dello stress lavoro correlato”.
EU-OSHA ha realizzato questa
Campagna per sensibilizzare le imprese e le istituzioni sull’importanza della
costruzione di sistemi di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro, in particolare sul rischio psicosociale riconosciuto come fondamentale
espressione dei rischi residui assieme al muscoloscheletrico.
Lo stesso Commissario Europeo per
l’Occupazione László Andor afferma:
“La gestione dello stress correlato al lavoro è uno dei cardini per
garantire la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori europei. I
posti di lavoro non possono permettersi di ignorare lo stress correlato al
lavoro, che aumenta l’assenteismo e riduce la produttività. Il futuro Quadro
strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-20 sottolineerà
che una migliore tutela della salute mentale dei lavoratori è un fattore chiave
nella prevenzione delle malattie legate al lavoro. Il quadro proporrà una serie
di azioni, come la condivisione di buone pratiche, per la promozione della
salute mentale sul lavoro”.
Negli anni 50’, del secolo
scorso, i modelli organizzativi emergenti dall’interpretazione meccanicistica
della realtà credevano di esprimere una razionalità superiore che si articolava
nella parcellizzazione dei ruoli, specializzazione dei compiti, coordinamento
attraverso regole impersonali, nell’autorità legittima della responsabilità
gerarchica.
Oggi la nuova visione delle
culture organizzative ammette che le capacità simboliche dell’uomo si possono
esprimere oltre l’organizzazione formale, costruendo spazi di informalità dove
si manifestano espressioni di diversità soggettiva, aspetti ideativi, creazione
di significati. Per questi ricercatori
la ricchezza della vita organizzativa si “scopre” utilizzando modelli olistici,
interpretativi e interattivi.
Il linguaggio metaforico e le “storie”
rivelano la loro importanza nell’interpretazione, definizione e classificazione
delle manifestazioni culturali di ogni organizzazione produttiva. Il benessere
organizzativo dipende dalle interazioni tra individui, dalla produzione di
culture in grado di indentificare gruppi che condividono interessi comuni.
Queste collettività esprimono, per necessità, contenuti simbolici costituiti da
metafore e miti che funzionano da collante per ogni elemento appartenente al
proprio “contorno utile” (per esempio
posti di lavoro vicini che rendono possibile l’interazione tra lavoratori).
I contenuti simbolici
ricombinandosi non producono il fare dell’impresa,
ma l’essere impresa.
Già dal 1985 Schein sostiene che
per decifrare la cultura di una organizzazione dobbiamo usare un approccio
complesso comprendente interviste, osservazione ed analisi congiunta, nel corso
della quale membri selezionati del gruppo lavorino insieme all’osservatore
esterno per scoprire gli assunti inconsci che si ipotizza costituiscano l’essenza
della cultura.
In questo modo soltanto potranno
essere messe in relazione le variabili culturali con quelle strategiche,
strutturali, l’efficacia e l’efficienza organizzativa, definendo di conseguenza
la capacità dell’organizzazione di prevenire e proteggere la salute e la
sicurezza dei lavoratori.
“In definitiva, la comprensione della cultura organizzativa deve divenire
parte integrante del processo di gestione”.
SCHEMA
DEGLI INTERVENTI
MATTINA
Moderatore:
Franco Simonini
Ore 9.00
Saluti e presentazione convegno
Interverranno:
Magnifico
Rettore dell’Università degli Studi di Firenze
Franco
Simonini, Ricercatore
Indipendente Scienze Umane, Lavoro e Organizzazione e fondatore di Orizzonte
degli Eventi
Mario
Papani, Dirigente
Ufficio Pianificazione Organizzazione Attività Istituzionali e vicario del
Direttore Regionale INAIL Toscana
Ore 10.00 Silvano
Tagliagambe, Professore emerito di Filosofia della Scienza, Università degli
Studi di Sassari “Origami del mondo: le
innumerevoli pieghe della realtà”
Ore 10.30 Giuseppe
Vitiello, Professore ordinario di Fisica Teorica, Università degli Studi di
Salerno “Connessioni tra l’organizzazione della materia vivente e l’organizzazione
dei sistemi produttivi”
Ore 11.00 Rodolfo
Buselli, Responsabile Centro per lo Studio dei Disturbi da Disadattamento
Lavorativo, Medicina del lavoro, Università di Pisa “Le malattie
professionali da stress lavoro correlato: alla ricerca delle basi biologiche”
Ore 11.30 Break
Ore 12.00 Vincenza
Bruno, Psicologa del lavoro e delle organizzazioni. Fondatrice di Orizzonte
degli Eventi “La salute mentale nelle
organizzazioni del lavoro”
Ore 12.30 Francesca
Tosi, Presidente del corso di laurea in
Disegno Industriale, Università degli Studi di Firenze. Presidente della
Società Italiana di Ergonomia e Fattori Umani “L’approccio Human centred
design nella progettazione degli ambienti di lavoro”
Ore 13.00 Discussione
e pausa pranzo
POMERIGGIO
Moderatore:
Giovanni Francalanza, Ingegnere, Analista di rischio
Ore
14.30 Introduzione alla sessione pomeridiana
Ore 14.45 Gabriele
Corbizzi Fattori, U.F. PISLL Firenze, Ergonomo Europeo “Il rispetto dei
principi ergonomici nelle organizzazioni del lavoro”
Ore 15.15 Laura
Belloni, Responsabile del Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità
Relazionali e Direttore della SODC Clinica delle Organizzazioni “La
mente nell’organizzazione e l’organizzazione come mente”
Ore 15.45
Roberto Codebò, Avvocato in Torino “Lo stress lavoro correlato
nell’esperienza legislativa e applicativa Europea”
Ore 16.15 Esperienze culturali
-
ACLI Associazione Cattolica Lavoratori Italiani, Mario Ringressi, Presidenza Provinciale Firenze
-
RESAS Rete
Scuole e Agenzie per la sicurezza della provincia di Firenze, Vincenzo Passarello,
Coordinatore della rete
-
RLS UNIFI
-
GE
OIL & GAS, Marco Marilli, Denise Avanzati, Florence EHS Plant Managers
-
GEST, Elisabetta Marini, RSPP
Ore 17.30 Discussione e conclusione dei lavori
Per informazioni e iscrizioni
--------------------
From: Slai Cobas
per il Sindacato di classe slaicobasta@gmail.com
To:
Sent: Thursday, December 31,
2015 9:20 AM
Subject: OPERAI LOGISTICA IN
LOTTA BRIGNANO BERGAMO
GARANZIA
DEL POSTO DI LAVORO E DIRITTI PER TUTTI
I
lavoratori della logistica del magazzino di Brignano della cooperativa Lotharservice,
lottano per la garanzia del posto di lavoro, perchè le società che attraverso
appalti e subappalti gestiscono il magazzino logistico (Kamilaitaltrans/Consorzio/Cooperativa)
anche davanti ad aumenti di lavoro e di affari, vogliono tenersi le mani
libere, per poter sostituire arbitrariamente i lavoratori, come spesso accade
in questo settore, approfittando dei cambi appalto e della totale assenza di
garanzie nel Contratto Nazionale firmato da CGIL-CISL-UIL.
I
lavoratori lottano anche facendo intervenire la Direzione Provinciale
del Lavoro e la ASL.
E
hanno ragione. Nell’ispezione del 18 dicembre, la ASL ha accertato porte d’emergenza
bloccate, carichi sospesi, scaffalature pericolosi, carrelli elevatori inefficienti,
viabilità interna inefficace, bagni, mensa e spogliatoi indecenti.
Ma
nonostante questo continuano a lavorare con grave rischio per la vita perché nessuno
ha il coraggio di ordinare la messa in sicurezza immediata del magazzino andando
contro i guadagni dei padroni delle merci del magazzino.
Anche
la Prefettura,
che è intervenuta rapidissimamente per far cessare uno sciopero totale a
Brignano il 28 ottobre, non ha ancora fatto, nonostante le richieste, niente di
concreto.
Per
tutti vale più la libertà dell’impresa di fare profitti, in linea con la politica
sul lavoro del governo Renzi-Poletti (Jobs Act = libertà di licenziamento) che punta
a rendere legge, in ogni posto di lavoro, il sistema neo-schiavista delle cooperative
logistiche.
Ma
i lavoratori, in maggioranza immigrati, non sono disposti ad essere trattati come
schiavi “usa e getta” e lottano per non perdere il lavoro, dopo 15 anni che si
sono spaccati la schiena nel magazzino movimentando pesi ogni giorno.
Né
tanto meno sono disposti a perdere diritti sindacali e un lavoro dignitoso che hanno
conquistato con il sindacato attraverso gli scioperi del 2011, nemmeno di fronte
alle minacce e soprusi quotidiani.
STOP
AL RAZZISMO!
LOTTIAMO
UNITI PER UN LAVORO DIGNITOSO PER TUTTI!
Slai
Cobas per il Sindacato di Classe
via
Marconi, 1
Dalmine
(BG)
cellulare:
335 52 44 902
---------------------
From: NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 10:09 AM
Subject: PRESIDENTE ‘HO UCCISO UN UOMO’: LETTERA APERTA AL CAPO DELLO STATO
SIGNOR PRESIDENTE, HO UCCISO UN UOMO, LAVORANDO
LETTERA APERTA AL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA SERGIO MATTARELLA
Signor
Presidente,
chi
Le scrive, lo scorso 20 dicembre ha ucciso un uomo lavorando: aveva poggiato il
collo sulla rotaia in attesa che io passassi guidando un treno nella stazione
di Roma Nomentana.
Per
me è stata la seconda volta e credo che l’80% dei macchinisti abbia avuto
almeno un episodio di questo tipo. Si passano alcune ore di intenso stress
che tolgono anni di vita, condizionano il tuo modo di lavorare, per anni,
rendendolo sicuramente più “faticoso”.
A
questo si aggiunga lo stress di venire indagati con quel che ne consegue: atti
giudiziari che arrivano a casa, contatti con avvocati, tutte cose che coinvolgono
anche la famiglia condizionandone l’armonia.
Signor
Presidente,
chi
Le scrive, lo ha già fatto lo scorso 9 febbraio 2015, per chiedere un Suo
intervento atto a correggere una palese ingiustizia: l’errore contenuto nell’articolo
24, comma 18, della Legge Fornero (erroneo utilizzo della parola “articolo”
anziché “comma”) a causa del quale l’età pensionabile del personale mobile
delle Ferrovie è stato aumentato di ben nove anni, unico caso al mondo.
Prima
di allora, questa categoria di ferrovieri andava in pensione all’età di 58 anni
e, si badi bene, non per un privilegio di casta, ma per il riconoscimento al
disagio e all’usura che la salute e la vita sociale di questi lavoratori ha
sempre subito e ancora subisce durante l’intera loro vita.
Probabilmente
anche per una tutela nei confronti dell’utenza, tenuto conto di quale possa essere
la garanzia che, in materia di sicurezza pubblica, dei lavoratori anziani
possano offrire all’utenza ferroviaria soprattutto in caso di emergenza.
Forse
Lei non è a conoscenza che l’aspettativa di vita dei macchinisti sia di 64,5
anni e siamo certi che Lei sia d’accordo col fatto che pretendere che chi è
stato spremuto notte e giorno, ha mangiato quando e dove ha potuto, ha
sacrificato amici, famiglia e salute, vada in pensione a 67 anni, sia indegno
di un Paese europeo, di un Paese civile, di un Paese la cui Costituzione
definisca il diritto alla salute come l’unico “fondamentale”, essendo il
presupposto del godimento di tutti gli altri.
Signor
Presidente,
in
occasione del recente scambio di auguri con i rappresentanti delle istituzioni,
Lei ha giustamente voluto ricordare che “sono di importanza primaria la
trasparenza, la correttezza e l’etica”.
Tali
requisiti sono infatti le basi irrinunciabili e insostituibili di un Governo e
un Parlamento che intendano garantire una credibilità all’interno di un Paese.
Oggi,
a causa di un banale errore contenuto nella legge Fornero, che lo stesso
Parlamento ha formalmente riconosciuto nei propri atti, ma anche
volontariamente ignorato coi governi Letta e Renzi, noi lavoratori e le nostre
famiglie subiamo questa grave ingiustizia.
Siamo
dunque a rivolgerci a Lei come garante di tutti i cittadini e della correttezza
delle nostre Istituzioni affinché intervenga sul nostro caso per restituirci ciò
che dovrebbe semplicemente essere già nostro, non elemosinato, avendolo sudato
col garantire la mobilità altrui senza mai obiettare nulla davanti alla
pioggia, al freddo, al sonno, alla fame, all’impossibilità di essere presenti
alle feste coi propri cari.
Solo
Lei può restituirci quanto ci è stato finora ingiustamente negato senza una
spiegazione.
Con
l’occasione Le auguriamo un felice anno nuovo.
30 dicembre 2015
Da Marco Crociati
ancora
IN MARCIA !
GIORNALE DI CULTURA,
TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 6:42 PM
Subject: FCA,
PIU’ LAVORO E MENO PAUSE FIOM SI MOBILITA
di Carmine
Tomeo
Scioperi come quelli dei giorni scorsi alla Sevel di Atessa non si vedevano da anni. Nello stabilimento del gruppo FCA che fa record di produzione di veicoli commerciali e impiega oltre 6.000 lavoratori in provincia di Chieti, è stato deciso di tagliare la pausa di 10 minuti. La decisione si inserisce nell’ambito dell’applicazione dell’Ergo-UAS, la metrica del lavoro prevista nel contratto collettivo specifico Fiat. Il sistema, perciò, è applicato già in altri stabilimenti FCA, mentre in Sevel è in fase di sperimentazione dal 2011; ma solo lo scorso settembre l’accordo è stato ratificato “senza il coinvolgimento dei lavoratori nella decisione ed escludendo la FIOM dal percorso”, afferma Michele De Palma, responsabile FIOM del settore auto, ma per decisione di “direzione aziendale e sindacati firmatari il contratto Fiat”; “senza neanche un’attenta discussione con i rappresentanti della sicurezza”, aggiunge il segretario provinciale FIOM, Davide Labbrozzi.
L’aumento dei ritmi
di lavoro, gli straordinari comandati, il taglio della pausa, la turnistica
passata a 18 turni settimanali e oltre, sono tratti comuni degli stabilimenti
del gruppo FCA. Saturazione degli impianti e riempimento di ogni porosità del
ciclo produttivo è la filosofia applicata in FCA anche attraverso l’Ergo-UAS.
La tesi è che eliminando ogni movimento inutile alla produzione si elimina la
fatica di tali movimenti, ma l’aggravio è proprio sul maggiore carico di
lavoro, visto che ogni gesto è dedicato esclusivamente alla produzione. “Si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e
pagata senza produrre valore”, scriveva Gallino in un articolo del
2010. L’ideale, in questo scenario, è il robot e pertanto “con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il
più possibile come robot”. Intanto l’applicazione di questi metodi
l’azienda ci guadagna molto.
Uno studio del 2011
della Snop (Società italiana degli operatori della prevenzione) afferma che “Con la metodologia Ergo-UAS” si ottiene un “aumento del 6% della velocità dei ritmi di lavoro”. A
conti fatti, mediamente “con Ergo-UAS la Fiat ottiene, in un turno di
lavoro e per ogni lavoratore, un aumento del 6% della velocità dei ritmi di
lavoro e circa 27 minuti di lavoro in più con lo stesso salario”,
concludono gli esperti della Snop.
In sostanza, ogni
giorno FCA si appropria di quasi mezz’ora di lavoro non retribuito per ognuno
dei lavoratori sottoposti alla nuova metrica, più il taglio della pausa. Si
tratta, quindi, di un totale di decine di migliaia di ore di lavoro che
complessivamente gli operai degli stabilimenti FCA prestano in più con lo
stesso salario. E per quanto Marchionne affermi che i nuovi contratti potranno
superare il conflitto tra capitale e lavoro, quello descritto altro non è che
il prolungamento della giornata lavorativa attraverso l’aumento della
produttività. Come già spiegava Marx: “Questo si ottiene attraverso la
cosiddetta condensazione del tempo di lavoro, un fenomeno grazie al quale ogni
frazione di tempo viene riempita di lavoro più che in passato e cresce l’intensificazione
del lavoro”.
Ma “l’aumento (del 4-7%) della velocità dei ritmi di lavoro previsto dal
sistema Ergo-UAS, associato alla riduzione di 10 minuti delle pause e allo
spostamento della mensa a fine turno, produrranno un aumento delle malattie”,
si legge infine nel citato studio della Snop. Probabilmente è presto per una
valutazione esaustiva degli effetti della metrica applicata negli stabilimenti FCA,
ma è certo, come afferma l’OSHA (Agenzia europea per la sicurezza e la salute
del lavoro), che i “carichi di lavoro eccessivi”
sono tra le “condizioni di lavoro che comportano rischi
psicosociali”. Lo stress correlato al lavoro non va sottovalutato,
continua l’OSHA, “Oltre ai problemi di salute
mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono sviluppare gravi
problemi di salute fisica come le malattie cardiovascolari o i disturbi
muscoloscheletrici”, con costi sociali che “vengono valutati in miliardi di euro a livello nazionale”.
Intanto, la FIOM “conferma che in assenza di uno stop sul taglio delle pause manterrà le
iniziative in corso e che tutte le decisioni saranno prese con il consenso dei
lavoratori”. I metalmeccanici CGIL proseguiranno la protesta e
sottolineano che “oggi si apre una nuova stagione
di lotta sindacale, le lavoratrici ed i lavoratori stanno con noi, non li
deluderemo. Le percentuali di adesioni di oggi non si vedevano da secoli,
saranno lo strumento di riconquista e di contrasto”.
Ma il tema dovrebbe
trovare un più ampio coinvolgimento politico, perché la questione mostra a che
punto è arrivata la mobilitazione delle classi dominanti nell’erosione di
salari e diritti, e dimostra la necessità di rilanciare il tema complesso della
riduzione dell’orario di lavoro migliorando le condizioni di lavoro.
Ragionando, quindi, sulla riduzione di orario di lavoro a parità di utilizzo
della forza lavoro, prima ancora che a parità di salario.
Sul tema Ergo-UAS
la federazione abruzzese di Rifondazione Comunista è intervenuta con un
opuscolo dal titolo emblematico: “Ergo-UAS, la metrica del lavoro
che fa male”. Così si legge nella sua presentazione: “L’intento dell’opuscolo è e rimane quello di far capire la logica dell’Ergo-UAS
e gli obiettivi che chi lo applica vuole raggiungere. Purtroppo non senza possibili
ricadute sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo opuscolo vuole
spiegare in maniera semplice ma esaustiva il sistema Ergo-UAS, pur senza
pretesa di divulgazione scientifica e valutazione definitiva sugli aspetti
tecnici. L’intento di questo opuscolo non è
quello di inserirsi nel dibattito tecnico-scientifico; semmai di porre all’attenzione
delle lavoratrici e dei lavoratori il sistema Ergo-UAS, come sono considerati i
rischi per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori e cosa ci guadagna FIAT
nell’applicarlo”.
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To:
Sent:
Friday, January 01, 2016 10:58 PM
Subject: CONVEGNO
“DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”
INVITO ALL’INCONTRO
ORGANIZZATO DA MEDICINA DEMOCRATICA ONLUS A MILANO IL 16 GENNAIO 2016 -
PARTECIPAZIONE GRATUITA.
MILANO SABATO 16 GENNAIO 2016: CONVEGNO PUBBLICO - TAVOLA
ROTONDA “DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”
Siamo
convinti che in questi ultimi anni si stia mettendo progressivamente in crisi
il diritto alla salute. Negli ultimi mesi abbiamo visto prendere misure di
tagli (con o senza spending review) al finanziamento del servizio sanitario
nazionale e altre misure volte al controllo delle prescrizioni mediche. Non
solo ma vengono stabilite limitazioni al diritto di ricevere prestazioni e
servizi per le categorie più deboli (anziani cronici, disabili gravi, malati
mentali, tossicodipendenti).
Mentre il Servizio
Sanitario Nazionale si ritira, vengono proposte polizze assicurative, servizi
privati sanitari low cost, più in generale si sta spingendo i cittadini verso
la sanità integrativa, anche tramite accordi sindacali. Tutto ciò tradisce lo
spirito e la lettera della Costituzione e ribalta i principi della legge
istitutiva del Servizi Sanitario Nazionale del 1978.
Vogliamo
discutere per capire, ma anche per opporci, quindi per affermare la necessità
di mantenere e sostenere un servizio sanitario pubblico efficace, basato sulla
prevenzione, con le fondamentali caratteristiche, dell’universalità, la
gratuità e la partecipazione.
L’appuntamento
è per il 16 gennaio alle ore 9,30 (fino alle 14) presso la Casa delle Associazioni del
Comune di Milano via Marsala 8 (MM linea 2 Moscova).
Interverranno:
-
professor
Giorgio Cosmacini, docente di storia della medicina e della Sanità dell’Università
Vita e Pensiero “La nascita della sanità pubblica e la sua evoluzione ai giorni
nostri”
-
professor
Piergiorgio Duca, docente di biometria e statistica medica Università di Milano
“L’Università serve per la formazione di operatori sanitari e sociali preparati
per affermare il diritto alla salute?”
-
dottor
Alberto Donzelli, esperto di sanità pubblica “Dal mito della prestazione sanitaria
alla sanità integrativa”
-
Aldo
Gazzetti, esperto di sanità pubblica “La sanità integrativa minaccia la
copertura sanitaria di tipo universale (esempio spagna da universale ad
assicurativa obbligatoria, modello francese e tedesco)? Forme di copertura sostitutiva”.
Verranno
invitati i sindacati per conoscere le ragioni delle richieste di sanità
integrativa nei contratti di lavoro.
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From: Vittorio
Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
To:
Sent:
Saturday, January 02, 2016 6:37 PM
Subject: LE MORTI “MISTERIOSE”
CHE PARLANO AL NOSTRO FUTURO
di Vittorio Agnoletto
La notizia è una di quelle che non può scivolare via in silenzio: secondo l’ISTAT
nei primi otto mesi del 2015
in Italia vi sono stati 45.000 decessi in più di
quelli verificatisi durante lo stesso periodo nel 2014; se questo trend
continuerà il 2015 si concluderà con ben 67.000 morti in più dello scorso anno.
Gli esperti di statistica sostengono che un aumento comparabile si era
verificato, fino ad ora, solo nel 1943 in pieno periodo bellico.
I dati forniti dall’ISTAT risulterebbero, a una prima osservazione, del
tutto incomprensibili anche perché nei due anni precedenti, tra il 2012 e il
2014 il numero dei decessi/anno era diminuito: meno 4.000 tra il 2014 e il
2013. Non solo. Secondo i dati forniti sempre dalla medesima fonte, l’attesa di
vita nel nostro Paese lo scorso anno era ancora aumentata, seppur leggermente,
giungendo per gli uomini a 80,2 anni e per le donne a 84,9; dato confermato da
un recente documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che colloca l’Italia
al secondo posto al mondo con un’ aspettativa di vita media di 83 anni , dietro
al Giappone che raggiunge quota 84.
Di fronte a questi dati, da più parti si è ipotizzato un errore dell’ISTAT;
ma alla vigilia di Natale la
Toscana ha comunicato che fino al 31 agosto i decessi negli
ospedali della regione sono aumentati del 7,5% rispetto a quelli verificatisi
nel medesimo periodo lo scorso anno, senza che contemporaneamente vi sia stata
una diminuzione di quelli extraospedalieri. I decessi ospedalieri sono
utilizzati dall’ISTAT come un indicatore valido per comprendere l’andamento
della mortalità generale e sembrano confermare quanto rilevato dai ricercatori
a livello nazionale.
Per cercare una spiegazione da più parti si sono indicate due ragioni: un
aumento del numero di coloro che, spaventati dalle polemiche su un’ipotetica
pericolosità, lo scorso inverno hanno scelto di non sottoporsi alla
vaccinazione contro l’influenza stagionale; e una crescita della mortalità
connessa all’ aumento del numero delle persone anziane viventi. Ma le medesime
fonti attribuiscono, al massimo, alle due ipotetiche cause citate
rispettivamente la responsabilità di 8.000 e 15.000 morti/anno in più; la loro
somma arriverebbe a giustificare circa un terzo dell’aumento totale di decessi
previsto al 31 dicembre 2015. Rimarrebbe quindi il mistero.
Ma forse è possibile trovare qualche spiegazione per comprendere quanto si
sta verificando e se queste fossero vere non ne discenderebbero buone nuove per
il nostro futuro.
Infatti, secondo il rapporto dell’OCSE ”Health at Glance 2015” (“Uno
sguardo sulla salute nel 2015”) in Italia “l’aspettativa di vita in buona salute
per la popolazione sopra i 65 anni” è tra le più basse tra i Paesi analizzati.
Questo indicatore, utilizzato da tutte le principali agenzie internazionali
attive nel settore della salute, indica gli anni che una persona
ultrasessantacinquenne può vivere senza avere limitazioni significative nelle
attività quotidiane; in sostanza ci dice per quanto tempo una persona, superati
i 65 anni, è ancora autonoma. In Italia per l’OCSE non solo questo indicatore è
estremamente basso, ma il suo trend nell’ultimo anno risulta in caduta libera;
dato confermato da altre recenti ricerche svolte a livello nazionale.
Un peggioramento della qualità di vita degli anziani implica un aumento del
fabbisogno di assistenza, dalla fisioterapia alle cure dentarie alle terapie
farmacologiche in campo neurologico, solo per fare degli esempi; ma secondo
diverse inchieste, non ultima quella realizzata da Altroconsumo, sono
proprio questi gli interventi medico-sanitari ai quali, sotto i colpi
della crisi economica, ha rinunciato il 46% delle famiglie italiane.
Ma non è solo questo; ci troviamo di fronte a un circolo vizioso: infatti
non è difficile immaginare che parte degli ultrasessantacinquenni, che hanno
perso nell’ultimo anno la loro autonomia nella vita quotidiana, non abbiano
avuto la possibilità economica di accedere a terapie che avrebbero permesso
loro di permanere più a lungo in una situazione di autosufficienza. Una
situazione quindi che si autoalimenta e destinata, in assenza di interveni
correttivi, ad aggravarsi.
Se consideriamo che i dati OCSE, sul peggioramento delle condizioni di
salute degli ultrasessantacinquenni, fotografano la situazione del 2014, mentre
quelli ISTAT, sull’aumento della mortalità, si riferiscono ai primi otto mesi
del 2015 non è azzardato, partendo da una successione temporale dei due
rilevamenti, immaginare anche una consequenzialità causale.
L’analisi che l’ISTAT condurrà nei prossimi mesi sulle cause dei decessi e
sulla loro stratificazione per fasce di popolazione ci forniranno
delle spiegazioni più esaurienti , ma, se l’ipotesi qui illustrata fosse
confermata, staremmo assistendo ai primi documentati effetti dell’impatto
della crisi economica sullo stato di salute della popolazione italiana,
effetti destinati a peggiorare ulteriormente e ad aggravarsi sotto l’incedere
dei tagli alla sanità decisi dal governo.
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From: Patrizia
Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
To:
Sent:
Saturday, January 02, 2016 10:36 PM
Subject: SMOG E RISCHI PER LA SALUTE: NEMMENO RISPETTANDO I LIMITI SAREMMO AL SICURO
C’è voluto oltre un
mese di continui sforamenti dei limiti per le polveri sottili perché il
problema dell’inquinamento atmosferico
meritasse le prime pagine dei giornali italiani: ancora una volta però il
problema viene affrontato in modo non esaustivo e soprattutto con soluzioni che
altro non appaiono altro che “pannicelli caldi”
quali quello delle targhe alterne o
dello stesso blocco del traffico.
Ben pochi (se non il Fatto Quotidiano)
ha posto l’attenzione sulla follia dei nuovi inceneritori
che si vanno a realizzare o sull’ampliamento di quelli già esistenti,
vanificando così tutti gli obiettivi di una corretta
gestione dei rifiuti, così pure pochi puntano l’attenzione su
una altrettanto folle politica energetica che invece di incentivare l’utilizzo
dell’energia solare pensa bene di dare il
via libera alle estrazioni petrolifere per terra
e per mare.
Ma da un punto di
vista strettamente medico vorrei ricordare che anche il rispetto dei limiti di
legge non tutela in modo adeguato la
salute perché purtroppo per le polveri sottili, come per altri inquinanti, non
esistono livelli al di sotto dei quali non si verifichino rischi per la salute,
specie per bambini, organismi in accrescimento ed ovviamente per persone
anziane o debilitate.
Gli studi
scientifici ci dimostrano infatti che (al di là degli eventi immediati) l’esposizione
a lungo termine alle polveri sottili comporta per ogni incremento di 10 µg/m3
di PM2.5 un incremento del 6% del rischio di morte per tutte le cause e del 12%
per le malattie cardiovascolari; addirittura nelle donne in età
post-menopausale (escludendo quelle con precedenti patologie
cardio/cerebrovascolari e le fumatrici) l’incremento di rischio si dimostra ben
più elevato: per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un aumento della mortalità per eventi cardiovascolari del
76%.
Nessuno poi ricorda
che nell’ottobre del 2013 la IARC (International Agency for Research on
Cancer), organo di riferimento dell’OMS, ha dichiarato il “particulate matter” come cancerogeno certo per l’uomo
(I), al pari della polluzione aerea (“out air pollution”)
per rischio di cancro al polmone ed alla vescica e che per ogni incremento di
10 µg/m3 di PM2.5 si ha un incremento del 40% di un particolare istotipo: l’adenocarcinoma, correlato quindi più all’inquinamento che all’abitudine al fumo.
Certo, in Cina
stanno peggio di noi e di recente proprio in Cina è stato segnalato il caso di
più precoce insorgenza di cancro al polmone in una bambina di 8 anni, ma
tutto questo non dovrebbe farci riflettere visto che in Italia già si registra una incidenza di cancro in bambini ed adolescenti
purtroppo ben più elevata che in altri paesi occidentali? E che dire dell’azione
neurotossica degli inquinanti presenti nell’aria, del rischio di diabete
di tipo 1 o dell’incremento del 30% di abortività spontanea per
l’esposizione ai livelli più elevati di PM10 nelle madri residenti entro 4 km dagli inceneritori dell’Emilia Romagna, come documentato dallo studio Moniter?
Ancora una volta è
l’infanzia a pagare il prezzo più alto dei nostri dissennati comportamenti e
certamente (più che di regali natalizi) sarebbe molto meglio se lasciassimo ai
nostri bambini almeno la possibilità di respirare, ma purtroppo, come a suo
tempo affermato da un grande pediatra Bruce P. Lanphear:
“A dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i nostri bambini e della
grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è
riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali”.
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From: Maria
Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
January 03, 2016 11:07 AM
Subject: STORIA DEL
LICENZIAMENTO DI SANDRO GIULIANI, CAPOTRENO NELL’EUROPA DEL XXI SECOLO
Il 21
gennaio 2011, Sandro Giuliani, capotreno del trasporto regionale Lazio, veniva
licenziato con l’accusa di aver perso il rapporto di fiducia. Mancavano
riferimenti precisi, invece previsti dal CCNL.
Sandro fu
anche denunciato per interruzione di pubblico servizio dalla PolFer di Roma
Ostiense, da lui chiamata in entrambe le circostanze in cui fu sostituito, ma
il procedimento penale venne archiviato dal Pubblico Ministero che ritenne non
vi fossero gli estremi di un reato e il disservizio non determinato solamente
dal nostro collega.
In primo
grado, il giudice ritenne che Sandro fosse stato insubordinato per il solo
fatto di non aver condiviso formalmente le disposizioni aziendali, considerando
ciò un’aggravante. Aggiunse che si era dimostrato insubordinato intrattenendosi
nell’ufficio PolFer per leggere il giornale, sebbene il fatto fosse stato
negato e mai dimostrato. Inoltre, a sostegno della legittimità del modulo ad
agente solo, il giudice citò l’accordo del 15 maggio 2009, fatto tanto
incredibile quanto grave poiché in nessuna delle memorie di entrambe le parti
vi era questa informazione.
L’agente
solo era o è legittimo? Cosa hanno dichiarato all’ispettore del lavoro i
sindacalisti firmatari dell’accordo del 15/05/09 interrogati su di esso? Solo
ora si sa che nessuno di loro ha mai inteso che il capotreno fosse obbligato ad
andare nella parte rimorchiata, lasciando a lui la facoltà di decidere.
E cosa ha
risposto il direttore dell’ANSF, alla domanda “chi ferma il treno in caso di
malore del macchinista?” Che Trenitalia è stata due volte sollecitata
inutilmente a produrre interventi per garantire la sicurezza in mancanza del
dispositivo atto a garantire lo stato di vigilanza del macchinista.
Dopo vari
rinvii della Corte d’Appello, nella penultima udienza i giudici accoglievano la
produzione di alcuni documenti prodotti dal legale di Sandro, tra cui la nota
dell’ANSF del 04/03/15 (in cui l’Agenzia affermava che, in mancanza di
intervento umano, il SCMT (Sistema di Controllo Marcia Treni) non interviene in caso di
emergenza) e la notizia del rischio di rinvio a giudizio per l’Amministratore Delegato
di Trenitalia in merito ai rischi connessi col modulo ad agente solo.
Nello stesso
procedimento penale Sandro risulta “persona offesa” e 5 dirigenti Trenitalia hanno
ammesso il torto pagando ciascuno 8.083 euro, tra cui Natali, “padre” della
DEIF 23.0.
Ma la
lungimiranza della Corte d’Appello si limita ad indicare il dovere di attaccare
l’asino dove vuole il padrone e scrive: “l’insubordinazione consiste nel
rifiuto di adempiere a un ordine legittimo del datore di lavoro; è evidente che
tale ordine può assumere la veste di una specifica e contingente disposizione
ma anche di una direttiva espressa in termini generali e per l’avvenire,
contenuta in un regolamento interno o in una direttiva aziendale”.
Secondo
questi principi diviene assai facile per chiunque licenziare un dipendente:
basterà che non si interpreti una norma nel modo voluto o si sbagli ed ecco
possibile l’accusa di insubordinazione. Per realizzarla occorrerà solo
attendere un po’, per poter scrivere nella lettera di contestazione che il
lavoratore lo faceva in maniera “ripetuta e ravvicinata”.
Un
autista di autobus potrà quindi essere licenziato se preferisce obbedire al
codice della strada piuttosto che a disposizioni interne all’azienda con esso
in contrasto.
Eppure
la stessa Corte d’Appello ha riconosciuto che le norme ANSF sono preminenti
rispetto alle norme aziendali ! Guai a rispettarle però!
Tali
norme rappresentano, secondo quanto indica il punto 2 della circolare 1/2009 “La
normativa di esercizio”, circolare che Sandro non avrebbe rispettato restando
in cabina di guida, ma che contraddittoriamente prevede al punto 2.1 che “il personale di accompagnamento deve rispettare
scrupolosamente la normativa di esercizio nonché le vigenti disposizioni e
prescrizioni di Trenitalia”.
Ma tra le disposizioni di Trenitalia vi è anche la DPC TAF che Sandro ha
rispettato pienamente col prendere posizione in cabina di guida.
La
conoscenza della normativa di esercizio da parte di Sandro è stata poi l’unico
argomento oggetto di domanda nel test di verifica apprendimento
somministratogli il 14/12/10.
Secondo
l’ANSF, tali norme non possono essere integrate né modificate da Trenitalia e
come anche ricorda quest’ultima nella sua risposta del 24/01/12, bensì debbono
solamente essere applicate!
Il
22/07/10 Sandro inviava due comunicazioni via fax informando l’azienda
dettagliatamente del proprio modo di operare e richiedendone un intervento,
senza mai ricevere riscontro.
Anzi,
il 16/10/10 il tutor Mauro Ricci, allora capo deposito e superiore gerarchico,
ordinava al macchinista Di Clemente di ottemperare all’ordine di chiudere le
porte dalla cabina in cui operava Sandro, senza alcuna contestazione.
Nella
prima memoria difensiva sono state citate e prodotte le dichiarazioni dei
responsabili nazionali dei sindacati Fast Ferrovie e OrSA, i quali hanno
affermato senza mezzi termini che Sandro è stato licenziato per aver applicato
il regolamento e al fine di educarne molti.
Solo
a partire dal secondo grado di giudizio Trenitalia ha sostenuto che il modulo
con agente solo è consentito laddove esiste la garanzia del SCMT, cosa che il
collegio giudicante riporta nella sentenza.
Senza
obiettare alcunché circa la mancanza delle stesse affermazioni in primo grado,
fatto invece ritenuto inaccettabile (e peraltro sbagliandosi) per la difesa di
Sandro in merito alla richiesta di mancanza di proporzionalità della sanzione.
Oltre
alla mancanza di proporzionalità vi è una palese discriminazione, dato che per
fatti analoghi, le sanzioni sono sempre state lievi e conservative.
La
memoria difensiva di Sandro in primo grado ricorda che secondo gli articoli 8 e 10 del D.P.R.753/80, “al
personale dell’esercizio è fatto obbligo non solo di osservare le prescrizioni
delle leggi, dei regolamenti ed istruzioni in vigore ma altresì, adoperandosi
con diligenza anche nei casi non previsti dalle norme ai fini della sicurezza”.
E
anche che l’articolo 21 del CCNL di allora riconosceva al capotreno “margini di
autonomia e discrezionalità nell’ambito di procedure e istruzioni ricevute”.
La
suddetta nota ANSF del 04/03/15 afferma, come anche la difesa di Sandro, che il
solo SCMT non serve a nulla per affrontare le emergenze e dovrebbe essere
evidente a tutti che le emergenze sono proprio i pochi, se non gli unici,
momenti in cui è importante avere la garanzia della doppia presenza umana in
cabina di guida.
Si
è citata inutilmente la segnalazione del sindacato Fast all’azienda, che
riferisce che diversi macchinisti, da soli in cabina di guida, si sono
addormentati durante la guida.
A
sostegno delle proprie decisioni, i giudici di entrambi i gradi hanno poi
voluto credere che il comportamento di Sandro fosse legato solo a tre episodi,
quelli descritti nella contestazione disciplinare, potendolo così definire “reiterato
e ravvicinato nel tempo” e credendo evidentemente a una sorta di impazzimento
del nostro collega. Eppure il giudice di primo grado, senza uno straccio di
prova o testimonianza, aveva già scritto nella sentenza che Sandro avrebbe
invece in precedenza subito graduali richiami da parte datoriale “da questi
adottati nella vana speranza di ristabilire un corretto rapporto lavorativo”.
Richiami
del tutto immaginari, ma che, se fossero veri, dimostrerebbero il contrario,
cioè quel suo comportamento abituale, che noi conoscevamo bene. D’altronde ne è
prova incontestata la sua comunicazione all’azienda via fax del 22/07/10.
Dulcis
in fundo: in entrambe le sentenze si parla di insubordinazione, sebbene Sandro
non si sia mai opposto ad alcun ordine scritto o persino verbale e sebbene...l’accusa
di insubordinazione non fosse mai presente nella lettera di contestazione!
Per tali ragioni continueremo a batterci
Comitato per
il reintegro di Sandro Giuliani
Le
spese legali di Sandro sono sostenute dalla Cassa di Solidarietà che
ringraziamo.
Tutti
i ferrovieri possono contribuire.
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