Si ferma la rinascita Innse
Operai in cassa integrazione
In crisi l’azienda al Rubattino. «Ma nessuno sarà
licenziato» Accuse della proprietà ai sindacati: bloccato lo schema di rilancio
di Rita Querzé
Duro colpo per la Innse di Rubattino. L’azienda- dei
miracoli salvata in extremis nel 2009 dalla caparbietà dei suoi dipendenti e
dalla visione di un imprenditore bresciano, Attilio Camozzi. Era stata una vera
epopea con lieto fine quella dei cinque che erano saliti in pieno agosto su un
carroponte, a 20 metri d’altezza. Notte e giorno, giorno e notte. Pronti a
tutto pur di ottenere il salvataggio di un’azienda che sentivano davvero loro.
Sforzi vani. Lunedì la Camozzi ha comunicato l’attivazione delle procedure per
lo stato di crisi e la messa in cassa integrazione straordinaria dei
dipendenti. «Non faremo licenziamenti, useremo tutti gli ammortizzatori sociali
che la legge di consente». Questa l’unica rassicurazione che è in grado di dare
Lodovico Camozzi, a capo del gruppo bresciano dopo la morte del padre Attilio,
lo scorso ottobre. «Sono amareggiato perché ci viene impedito di realizzare il
piano investimenti da 8 milioni che avevamo preventivato - dice Camozzi -. Per
noi crescere in una città come Milano sarebbe stato importante. L’amarezza,
poi, è aggravata dal fatto di non poter portare a termine un progetto in cui
aveva creduto mio padre». Dal 2009 a oggi Camozzi ha già investito sulla Innse
12,6 milioni. Il rilancio vero dell’azienda (oggi 36 dipendenti) è stato
ritardato perché il gruppo bresciano ha potuto perfezionare l’acquisizione
dell’area solo pochi mesi fa. Quello che si prospetta ora per la storica
azienda (la Innse altro non è che la ex Innocenti) è una lenta agonia. Ma come
si è arrivati a questo punto? Il gruppo Camozzi ha presentato il piano
industriale subito dopo l’acquisizione dell’area. Il 9 novembre si è tenuto un
incontro in Comune a cui la rappresentanza sindacale non ha partecipato. Il
confronto sul piano si è arenato prima ancora di partire. Sul seguente punto:
l’azienda intende riorganizzarsi e concentrare la produzione in una parte
dell’area per ridurre i costi. Il sindacato si oppone. Altro punto delicato: la
sostituzione dei macchinari. Per l’azienda alcuni sono obsoleti e andrebbero
rimpiazzati con attrezzature diverse. In realtà Camozzi chiederebbe anche
altro. Il terzo turno notturno come previsto dal contratto dei metalmeccanici,
per esempio. Ma di questo negli ultimi mesi non si è nemmeno arrivati a
discutere. Raggiunti al telefono, i rappresentanti della Rsu hanno preferito
non esprimersi. Dal canto suo la Fiom Cgil, primo sindacato in azienda, ha
risposto a Camozzi con una lettera in cui chiede di non ritenere chiuso il
confronto purché non vengano poste pregiudiziali sul ridotto utilizzo del sito.
Ma Lodovico Camozzi sembra davvero aver abbandonato la partita. Pare difficile
che la trattativa possa avere un tempo supplementare. A meno di un altro
miracolo.
19 gennaio
2016 | 10:18
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