NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA
DEI LAVORATORI
INDICE
INFORTUNIO
SUL LAVORO E LESIONI: IL DIPENDENTE HA DIRITTO A ESSERE PROTETTO E ALLA
FORMAZIONE SUI RISCHI
Da Studio Cataldi
14/11/16
Nota di commento alla
sentenza della Corte di Cassazione penale n. 34782/2016.
Nell’ambito di un
rapporto di lavoro subordinato, il datore ha specifici obblighi nei confronti
del dipendente: valutare i rischi, fornire i dispositivi di protezione
individuale, formare il lavoratore sui rischi specifici derivanti dalle
mansioni svolte.
La materia, che
riguarda la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, viene affrontata
nella sentenza della Cassazione in commento (la n. 34782/2016), dove
all’amministratore di una società viene ascritto il reato di lesioni colpose
perché metteva a disposizione e faceva utilizzare al personale dipendente una
scala metallica non conforme a determinati requisiti, provocando tra l’altro al
dipendente lesioni personali con malattia di lunga durata. Lo si rimproverava
inoltre in quanto non aveva valutato i rischi di scivolamento e di caduta dei
lavoratori che utilizzavano la scala fissa a gradini; non aveva fornito al
dipendente i necessari dispositivi di protezione individuale (scarpe
antinfortunistiche); non aveva formato il lavoratore circa i rischi derivanti
dalle mansioni svolte.
Si tratta di
circostanze delicate, dove sono in gioco diritti di rango primario delle
persone che lavorano.
La Corte, in
occasione del processo qui commentato, è stata molto chiara.
Dalla documentazione
acquisita agli atti nelle fasi precedenti della causa non risulta la consegna
di scarpe antinfortunistiche, ma di scarpe semplici (stivali). Solo
successivamente al sinistro la ditta ha messo a disposizione del personale le
previste scarpe e la dotazione antinfortunistica completa.
La norma è rigida e
non si accontenta di prevedere un obbligo generico di fornire al dipendente
questo materiale, ma chiede in aggiunta una vigilanza sul rispetto delle regole
antinfortunistiche, potendo ricorrere al limite a provvedimenti disciplinari
nel caso i lavoratori non le rispettino e non si adeguino.
Sul fronte della
formazione del dipendente, la sentenza tratteggia altri nodi critici della vicenda.
Il datore, in pratica,
ha trascurato l’adempimento del proprio dovere di vigilanza e controllo,
affidando o delegando tale onere ad un’altra figura: il Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione.
Così facendo ha
finito però per scambiare la semplice “funzione ausiliaria” del Responsabile di
tale Servizio con una “funzione sostitutiva” dei suoi compiti. Il che non è
ammissibile.
Infine, la sentenza
spiega in modo chiaro che non si può assegnare alcuna colpa (o concorso di
colpa) al dipendente per aver trascurato anche lui le regole della sicurezza al
lavoro.
Il rispetto pieno
delle norme antinfortunistiche implica che esse sono destinate a garantire la
sicurezza delle condizioni di lavoro anche se si verifica una disattenzione del
lavoratore.
La sicurezza sul lavoro
implica, in definitiva, che gli obblighi di vigilanza gravanti sul datore sono
congegnati in modo tale da prevedere anche la possibile imprudenza o negligenza
del dipendente.
Come comportarsi in
casi simili.
Prevenire il
contenzioso: il rispetto assoluto delle norme sulla sicurezza in ambiente di
lavoro garantisce la protezione della propria salute e della vita stessa.
Gestire il
contenzioso: il datore dovrà dimostrare di aver osservato scrupolosamente le
norme di settore in materia di tutela della salute e della sicurezza sul posto
di lavoro; nel caso quella prova non venga raggiunta, il dipendente potrà
proporre domanda di risarcimento del danno.
Altre informazioni su
questo argomento?
Contatta l’avvocato
Francesco Pandolfi
cellulare: 328 60 90
590
La
Sentenza n. 34782 della Corte di Cassazione Penale Sezione Feriale del 10/08/16
è consultabile all’indirizzo:
CASSAZIONE: SI’ AL
RISARCIMENTO PER IL MILITARE MORTO PER L’URANIO IMPOVERITO
Da
Studio Cataldi
21/11/16
Per
le sezioni unite, sono vittime del dovere i militari morti per le malattie
contratte dopo la missione in Bosnia
Le
Sezioni Unite della Cassazione hanno disposto, con la sentenza n. 23300/2016,
che il militare colpito da patologia fatale causata dal contatto con l’uranio
impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), fa parte della categoria delle
“vittime del dovere”.
La
vicenda vede protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni
in Somalia e Bosnia nell’anno 2000, muore a causa di un tumore. I giudici di
secondo grado hanno riconosciuto la richiesta di risarcimento addotta dagli
eredi del giovane militare ai sensi della Legge 266/05.
Il
Ministero della Difesa contesta tale decisione e propone ricorso sostenendo che
nella fattispecie si esclude il diritto soggettivo in ragione di ciò che si
evince dalle valutazioni del comitato di verifica per le cause di servizio.
La
Corte precisa, invece, che nel caso in specie i benefici accordati in favore
alle vittime del terrorismo e della criminalità si estendono alle cosiddette
“vittime del dovere”; detta estensione è dovuta alla disciplina dell’articolo 1
nei commi 562-565 della Legge 266/05.
Inoltre,
viene sottolineato che si considerano “vittime del dovere” i soggetti indicati
nell’articolo 3 della Legge 466/80 come disposto dal comma 563 della legge
sopracitata del 2005.
In
particolare si fa riferimento ai dipendenti pubblici deceduti o invalidi in
maniera permanente a seguito di attività di servizio o nell’esercizio di
funzioni di istituto conseguenti a lesioni derivanti da eventi verificatisi:
-
nel
contrasto a ogni tipo di criminalità;
-
nello
svolgimento di servizi di ordine pubblico;
-
nella
vigilanza a infrastrutture civili e militari;
-
in
operazioni di soccorso;
-
in
attività di tutela della pubblica incolumità;
-
a
causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale
non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità.
Altresì,
i soggetti beneficiari sono, oltre ai soggetti di cui al comma 563, anche chi a
seguito di missioni nazionali o internazionali, muoia o sia colpito da
infermità permanente e ciò sia causato dalle condizioni ambientali e operative
peculiari del servizio. Quindi, il comma 564 equipara tali soggetti a quelli di
cui il comma precedente ampliando la categoria dei beneficiari.
Il
giovane militare durante le missioni alle quali aveva preso parte era venuto a
contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della
patologia e della relativa morte.
Orbene,
il ricorso del Ministero della Difesa viene respinto proprio in ragione del
nesso di causalità tra la sostanza ritenuta cancerogena e la patologia che ha
causato la morte del militare.
Al
rigetto del ricorso segue la condanna in capo al Ministero al pagamento delle
spese giudiziarie.
Avvocato
Gioia Fragiotta
AMIANTO: OBBLIGO DI
DENUNCIA E BONIFICA ANCHE PER PRIVATI E CONDOMINI
Da
Studio Cataldi
05/12/16
di
Marina Crisafi
Presentato
il Testo Unico sull’amianto di 128 articoli. Ecco le novità introdotte.
128
articoli, suddivisi in 8 titoli. Sono questi i numeri del nuovo Testo Unico
sull’amianto presentato oggi in occasione della II Assemblea Nazionale sul
tema. Testo che estende, innanzitutto, l’obbligo di denuncia e di bonifica a
tutti gli edifici, compresi quelli privati, per poter garantire una mappatura
affidabile da parte di Regioni e ASL e l’obbligo di trasmissione da parte del
medico e dell’ASL ai Centri Operativi Regionali (COR) delle informazioni
relative ai pazienti, in caso di accertamento della malattia, ai fini
dell’inserimento nel registro tumori presso l’INAIL (ReNaM). Queste le novità
più importanti illustrate nel corso della presentazione dalla Presidente della
Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni e delle
malattie professionali e prima firmataria del Disegno di Legge (2602)
presentato al Senato, Camilla Fabbri.
L’obiettivo
del nuovo testo, è quello di mappare tutto l’amianto presente a livello
nazionale e censire le patologie, senza più discrepanze regionali, oltre che riconvertire
le aree dismesse e istituire un’Agenzia Nazionale. In sostanza, spiega la Fabbri, “riordinare e
integrare tutta la complessa e contraddittoria normativa, garantendo efficacia
all’azione legislativa e amministrativa, ma anche certezza di giustizia alle
vittime e alle loro famiglie”.
A
24 anni dalla Legge 257/92, con la quale è stato bandito l’amianto, infatti, ad
oggi, “ci sono ancora oltre 55.000 (al momento della mappatura) siti
contaminati in tutta Italia” ha rincarato nel suo intervento il Ministro
dell’Ambiente Gian Luca Galletti; perciò, ha confermato il guardasigilli Andrea
Orlando all’incontro, “il quadro normativo si è dimostrato inadeguato per contraddittorietà,
sovrapposizioni, discontinuità”.
Da
qui l’esigenza non più derogabile di un Testo Unico che rappresenta un “punto
di partenza”, a disposizione delle associazioni e delle diverse realtà per
eventuali suggerimenti e che tocca, ha concluso la Fabbri, “diverse materie:
dall’ambiente alla sicurezza del lavoro, dallo sviluppo alla giustizia”.
A
seguire si riportano, sinteticamente, i punti chiave del Disegno di Legge.
CAMPO
DI APPLICAZIONE
Il
Testo Unico individua quale campo di applicazione tutte le strutture edilizie,
sia pubbliche che private, nonché i siti industriali dismessi, i mezzi di
trasporto e i macchinari.
Si
tratta di una novità rispetto alla Legge che governa attualmente la materia (la
257/92) che si occupa soprattutto di edifici pubblici.
OBBLIGO
DI DENUNCIA
Il
Disegno di Legge individua, innanzitutto, il soggetto titolare degli obblighi
di bonifica nel proprietario dell’edificio (o dei beni da bonificare) e, nel
caso di condomini, nell’amministratore.
Viene
introdotto quindi per la prima volta un soggetto “obbligato” a bonificare non
solo il luogo di lavoro ma anche l’”ambiente di vita”.
Un’altra
importante novità è l’introduzione dell’obbligo di valutazione del rischio e di
denuncia degli edifici (o dei beni) che possono emanare fibre di amianto ai
fini della mappatura da parte delle regioni e delle ASL che dovranno formulare
il piano regionale ad hoc.
SICUREZZA
SUL LAVORO E MISURE PREVIDENZIALI
Si
allarga la platea delle attività lavorative oggetto di tutela. La stessa viene
estesa infatti anche a quelle che espongono ad un rischio indiretto e a quelle
che possono causare un rischio per l’ambiente esterno. Viene stabilito
l’obbligo per il datore di lavoro di occuparsi non soltanto dei dipendenti, ma
anche della collettività.
Quanto
alle misure previdenziali, viene stabilito che ai fini del beneficio
pensionistico per i lavoratori esposti all’amianto (per un periodo non
inferiore a 10 anni), l’INAIL debba computare altresì i permessi, le ferie, le
festività, la malattia, l’infortunio o la cassa integrazione.
SANZIONI
PER CHI NON TUTELA LA SALUTE
Il
Disegno di Legge prevede altresì l’obbligo di trasmissione (da parte di medici
e ASL) ai Centri Operativi Regionali (COR) delle informazioni acquisite, nel
caso di accertamento di patologia, ai fini dell’inserimento nel registro tumori
presso l’INAIL (ReNaM).
Le
violazioni saranno sanzionate severamente. Viene introdotta, infatti,
l’omissione di referto per il sanitario che non segnala e quella di atti
d’ufficio per il centro che non registra.
NASCE
L’AGENZIA NAZIONALE AMIANTO
Il
Testo Unico istituisce anche un nuovo soggetto, l’Agenzia Nazionale
dell’Amianto che dovrà occuparsi dell’acquisizione dei censimenti e dei piani
regionali; della formazione del personale ispettivo e tecnico (anche delle ASL,
dell’Ispettorato Nazionale, dell’INPS e dell’INAIL); del coordinamento nazionale
della vigilanza nonché della costituzione dell’albo dei consulenti tecnici e
dei periti.
ASPETTI
PROCESSUALI
Il
Disegno di Legge si occupa anche degli aspetti processuali, raddoppiando i
termini delle indagini preliminari e della prescrizione nel caso di processi
per i reati di disastro, lesioni e morti per malattie derivate dall’asbesto.
Viene introdotto anche l’obbligo speciale di ricorrere all’incidente probatorio
per la testimonianza della persona offesa e per la perizia e garantito il
patrocinio a spese dello Stato per le vittime dell’amianto e i familiari
nell’ambito dei processi per disastro, omicidio, lesioni.
COME PREVENIRE GLI
INFORTUNI NELL’USO DEI CARRELLI ELEVATORI
Da:
PuntoSicuro
28
novembre 2016
Indicazioni
per la prevenzione nell’uso dei carrelli elevatori nel comparto metalmeccanico.
I rischi infortunistici, di ribaltamento, di investimento, di caduta materiale,
di esplosione e di inalazione gas o fumi di scarico.
Sappiamo
quanto l’uso dei carrelli elevatori comporti nelle attività lavorative
situazioni di rischio, sia per i carrellisti, sia per gli altri lavoratori che
operano negli ambienti dove queste attrezzature circolano.
Sono
state infatti molte, in questi anni, le puntate della rubrica “Imparare dagli
errori”, dedicata al racconto degli infortuni e alla raccolta di spunti di
prevenzione, dedicate proprio agli incidenti con i carrelli elevatori.
Oggi
torniamo a parlare della prevenzione degli infortuni con queste attrezzature di
lavoro, ma con particolare riferimento al comparto metalmeccanico e a due
tipologie di carrelli: i carrelli elettrici e i carrelli a motore endotermico.
E
lo facciamo attraverso le indicazioni di ImpresaSicura, un progetto multimediale
(elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia Romagna e INAIL), che
è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente come buona prassi
nella seduta del 27 novembre 2013.
Nel
documento dedicato al comparto metalmeccanico sono infatti raccolti
dettagliatamente i rischi correlati all’uso dei carrelli e i possibili
interventi di prevenzione.
Soffermiamoci
inizialmente solo sui fattori di rischio e sulle possibili cause di infortunio:
-
rischio
di ribaltamento/rovesciamento: trasporto carichi con forche sollevate (modalità
d’uso errata); eccessiva velocità e manovre spericolate (modalità d’uso
errata); pavimenti sconnessi (problemi ambientali); errato caricamento
(modalità d’uso errata);
-
rischio
di investimento: non corretta organizzazione del lay-out; manovre o conduzione
del carrello incoerenti; segnaletica carente o mancante; mancanza di
segnalazione acustica e/o luminosa;
-
rischio
di caduta materiale: mancata imbracatura del carico o di idonei contenitori;
manovre errate ed uso improprio come apparecchio di sollevamento; non idonei
sistemi di immagazzinamento;
-
rischi
infortunistici (cesoiamento, schiacciamento, rischi connessi all’avviamento
accidentale): movimento delle catene; scorrimento delle forche sui montanti non
protetti; regolazione manuale e cambio delle forche; comandi non protetti o non
realizzati con sistema di avviamento solo volontario;
-
rischi
di esplosione dovuti al potenziale rilascio di idrogeno nella fase di
caricamento batterie (carrelli elettrici): non sufficiente e adeguata aerazione
naturale;
-
rischi
di inalazione gas o fumi di scarico: uso di carrelli con motore endotermico in
ambienti chiusi.
Posto
che i carrelli devono sempre rispondere a tutte le disposizioni di sicurezza
riportate nelle normative specifiche, veniamo ora alla prevenzione riportando
di seguito le modalità comportamentali che devono essere attivate per eliminare
o ridurre i rischi citati.
Riguardo
alla prevenzione dei rischi di rovesciamento e di investimento:
-
conduzione
attenta e responsabile del carrello;
-
rispetto
della velocità massima stabilita;
-
buona
organizzazione della segnaletica orizzontale/verticale;
-
segnalazione
acustica in prossimità di curve;
-
carico
verso monte durante le discese di dislivelli.
Infatti
la guida dei carrelli deve sempre avvenire nel rispetto delle istruzioni e
della formazione acquisita. Non devono mai essere eseguite manovre
potenzialmente pericolose e non previste durante il corso di formazione alla
guida dei carrelli. La guida deve avvenire nel massimo rispetto della segnaletica
orizzontale e/o verticale, mantenendo una velocità coerente con gli ambienti e
gli spazi dove avvengono le manovre. In prossimità di curve o di passaggi che
non consentono la perfetta visibilità si deve procedere molto lentamente
attivando, se necessario, gli avvisatori acustici. I carichi devono essere
sempre trasportati con le forche abbassate per evitare che il baricentro
dell’insieme sia elevato e facilmente sbilanciabile. Il transito su piani
inclinati deve sempre avvenire con il carico a monte rispetto alla posizione
del posto di guida. In caso di trasporto di carichi ingombranti che limitano la
visuale all’operatore addetto alla guida, si dovrà procedere in retromarcia o
dovranno essere presenti operatori a terra che dirigono la manovra.
Importante
poi la prevenzione dei rischi di investimento:
-
corretta
organizzazione del lay-out tale da garantire spazio sufficiente per le manovre
e per il transito delle persone;
-
formare
e addestrare il personale appositamente designato alla conduzione dei carrelli;
-
apporre
segnaletica di sicurezza chiara e ben visibile;
-
mantenere
efficienti i sistemi frenanti e di segnalazione acustica e/o luminosa.
Infatti
gli spazi in cui si muovono i carrelli elevatori (cortili, magazzini e in
generale ambienti di lavoro) devono essere organizzati in modo tale da
garantire: spazio di manovra adeguato sia al mezzo che al carico, spazio
dedicato per eventuali pedoni e pavimentazione regolare e priva di ostacoli.
Queste precauzioni, unite ad un’adeguata segnaletica e all’impiego di personale
appositamente designato e addestrato, riducono sensibilmente il rischio di
investimento. Il mezzo va mantenuto efficiente: freni e segnalatori devono
essere controllati quotidianamente.
E’
necessaria anche la prevenzione dei rischi infortunistici:
-
proteggere
con schermi fissi le zone di scorrimento delle forche sui montanti non
protetti;
-
utilizzare
idonee attrezzature e guanti resistenti durante la regolazione manuale e il
cambio delle forche;
-
proteggere
i comandi o prevedere un sistema di avviamento solo volontario.
Il
documento sottolinea che il rischio di infortunarsi durante l’uso del carrello
può essere determinato anche dalla presenza di elementi pericolosi non protetti
adeguatamente: le zone in cui è presente il rischio di cesoiamento, di
schiacciamento o di trascinamento di parti del corpo dell’operatore devono, ad
esempio, essere rese inaccessibili. Anche le leve di comando e gli interruttori
dovranno essere protetti per evitare movimenti accidentali delle forche o del
mezzo stesso. Il sistema migliore per evitare questo problema è determinato
dalla presenza di leve ad innesto volontario (come il cambio della nostra
automobile).
Veniamo
ora alla prevenzione dei rischi di caduta di materiali:
-
utilizzo
di idonei contenitori e/o adeguata imbracatura dei carichi;
-
utilizzo
di accessori e/o attrezzature compatibili con il carrello;
-
adeguata
organizzazione delle modalità di immagazzinamento.
Queste
le spiegazioni contenute nel documento: il trasporto dei materiali deve sempre
avvenire previa verifica della stabilità del carico. Bisogna assicurarsi che il
materiale o i contenitori siano adeguatamente appoggiati sulle forche e che le
forche stesse siano inserite correttamente sotto il carico da sollevare. In
alcuni casi può essere necessario prevedere idonee imbracature. Non devono mai
essere montati accessori per il sollevamento differenti da quelli previsti in
origine dal costruttore del carrello (funi, ganci, ecc.). L’utilizzo di ceste
per il sollevamento di persone deve essere previsto dal costruttore e le
attrezzature necessarie devono essere dotate di tutti i dispositivi previsti
dalla normativa vigente. Il carrello utilizzato deve essere compatibile con il
sistema di immagazzinamento adottato nell’azienda. In particolare gli spazi tra
gli scaffali devono consentire le manovre in sicurezza e le modalità di
stoccaggio dei materiali devono consentire il movimento in sicurezza durante la
salita e la discesa, nonché l’avanzamento e l’arretramento delle forche.
Ai
carrelli possono poi essere correlati dei rischi di esplosione.
Queste
le misure di prevenzione:
-
utilizzo
di locali adeguatamente aerati per il caricamento delle batterie;
-
separazione
dei locali carica batterie dalle altre zone di lavoro;
-
evitare
fonti di innesco;
-
realizzazione
di impianti elettrici di tipo antideflagrante.
Infatti
durante la carica della batteria si sviluppa idrogeno che, combinandosi con
l’ossigeno presente nell’aria, forma una miscela facilmente infiammabile ed
esplosiva. Per questo motivo è necessario eliminare ogni possibilità di
innesco: non fumare o portare fiamme libere in prossimità di una batteria in
carica o appena caricata, non disinserire il cavo di alimentazione prima di
aver disconnesso elettricamente il caricabatterie poiché potrebbero svilupparsi
scintille. Per le stesse ragioni è necessario che l’intero impianto elettrico
del locale adibito alla carica sia di tipo antideflagrante. Occorre ricordare
che durante la fase di ricarica, una certa quantità di acqua si vaporizza
trascinando con sé vapori di acido che, se inalati, possono irritare le prime
vie respiratorie (naso, gola, bronchi), mentre prolungate esposizioni possono
determinare malattie croniche (infiammazioni croniche).
Concludiamo
questa rassegna di misure di prevenzione parlando dei rischi connessi
all’inalazione di gas o fumi di scarico:
-
divieto
di utilizzo di carrelli con motore endotermico in ambienti chiusi;
-
in
casi particolari, utilizzo solo per brevi periodi e con adeguata aerazione
degli ambienti;
-
predisposizione
di eventuali aspirazioni/aerazioni aggiuntive negli ambienti;
-
carrelli
con motore endotermico con sistemi per l’abbattimento dei gas di scarico.
Veniamo
all’approfondimento delle misure indicate: i carrelli elevatori con motore
endotermico (azionati da motore a combustione interna: benzina, gas di petrolio
liquido, gasolio) sviluppano gas di scarico e principalmente CO (monossido di
carbonio) altamente tossico. Per tali motivi è di norma vietato l’uso di questo
tipo di mezzi negli ambienti di lavoro; se per situazioni eccezionali si è
costretti a impiegarlo si devono adottare misure di contenimento per evitare il
diffondersi dell’inquinante prodotto, come ad esempio: l’impiego di depuratori
o catalizzatori applicati direttamente al tubo discarico, o provvedere ad un
potenziamento del ricambio dell’aria nell’ambiente.
IMPARARE DAGLI
ERRORI: QUANDO NON SI UTILIZZANO CALZATURE DI SICUREZZA
Da:
PuntoSicuro
01
dicembre 2016
di
Tiziano Menduto
Esempi
di infortuni correlati al mancato uso di indumenti di protezione individuale
per i piedi. La dinamica degli infortuni, le calzature antinfortunistiche, i
requisiti per la sicurezza e le categorie in base alla protezione.
Sono
molti gli ambienti e le attività lavorative dove i piedi hanno la necessità di
essere protetti da dispositivi di protezione e sono molti i rischi a cui i
nostri piedi possono essere soggetti: schiacciamento, scivolamento, urti,
tagli, umidità, temperatura, ecc.. E non bisogna dimenticare anche i vari
rischi elettrici, chimici e biologici che possono richiedere specifiche
protezioni e idonee calzature di sicurezza.
E
dunque non potevamo non riservare alla protezione dei piedi almeno una tappa
nel lungo viaggio di “Imparare dagli errori”, la rubrica dedicata al racconto e
all’analisi degli infortuni, attraverso le conseguenze dell’uso errato o
mancato dei dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro.
Come
sempre le dinamiche degli infortuni presentati sono tratte dalle schede di
INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato
al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il
primo caso riguarda un infortunio con frattura ad un piede.
Un
lavoratore al termine del suo turno di lavoro sta aiutando un collega nel
posizionamento di una valvola a sfera sul banco prova.
Dopo
averla posizionata e aver messo in pressione il banco che blocca la valvola, il
lavoratore sale sul macchinario e inizia a rimuovere l’imbracatura.
A
quel punto la valvola si muove verso il basso andando a schiacciare il piede
del lavoratore. L’operatore, infatti, aveva tolto le fasce di imbracatura
salendo sulla macchina e non indossava scarpe antinfortunistiche.
Questi
i fattori causali:
-
l’operatore
ha tolto le fasce di imbracatura salendo sulla macchina;
-
mancato
uso scarpe antinfortunistiche.
Il
secondo caso riguarda un infortunio con frattura di un dito del piede.
Un
lavoratore nell’intento di raddrizzare un cavalletto metallico di circa 200 kg
utilizza un sollevatore magnetico a comando manuale, accessorio del carro ponte
elettrico.
Dopo
aver agganciato il sollevatore al carro ponte, cerca di sollevare il cavalletto
per farlo ruotare e rimetterlo in piedi.
Durante
la manovra di sollevamento il carico perde il contatto con il sistema a magnete
permanente e, sganciandosi, cade sul piede dell’infortunato che al momento
dell’evento non indossa le scarpe antinfortunistiche.
Questi
i fattori causali rilevati:
-
l’infortunato
agganciava il carico in modo errato;
-
non
indossava le scarpe antinfortunistiche.
Anche
in questo caso per avere qualche suggerimento relativo alla prevenzione degli
infortuni e alla protezione dei piedi, possiamo fare riferimento al progetto
multimediale Impresa Sicura (elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione
Emilia-Romagna e INAIL) che è stato validato dalla Commissione Consultiva
Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27
novembre 2013. Progetto che ha prodotto, tra le altre cose, anche una raccolta
dettagliata di informazioni sui Dispositivi di Protezione Individuale nel
documento “ImpresaSicura DPI”.
Nel
documento è, ad esempio, presentata la struttura interna ed esterna delle
calzature di sicurezza e si ricorda che per evitare la contaminazione delle
scarpe o degli stivali da materiale chimico o biologico, è possibile anche
l’utilizzo di sovrascarpe/sovrastivali monouso, antiscivolo e antistatici,
generalmente dotati di elastico o di lacci da legare sopra la tuta alla
caviglia o al polpaccio. E in commercio si trovano anche sovrascarpe/sovrastivali
di protezione contro altri rischi quali il calore, il freddo. Inoltre quando è
necessario proteggere i polpacci si utilizzano stivali ma anche ghette. Le
ghette, a differenza degli stivali, sono un accessorio costituito solo dal gambale;
ha il vantaggio di poter essere indossato e tolto senza coinvolgere la
calzatura e quindi può essere utilizzato solo quando serve.
Il
documento diporta poi nel dettaglio i vari requisiti richiesti per le calzature
antinfortunistiche con riferimento alla sicurezza, alla salute/comfort e
all’estetica.
Queste
sono alcune possibili caratteristiche relative alla sicurezza:
-
tomaio
resistente allo strappo e alla flessione;
-
fodere
resistenti allo strappo e all’abrasione;
-
suola
resistente all’abrasione, alle flessioni, all’idrolisi, agli idrocarburi;
-
resistenza
al distacco della tomaio/suola;
-
resistenza
alla corrosione dei puntali metallici;
-
protezione
da rischio di scivolamento;
-
resistenza
del battistrada agli oli minerali;
-
protezione
delle dita del piede con puntale in acciaio resistente all’impatto fino a 200
Joule.
Si
indica che le calzature antinfortunistiche si differenziano poi in relazione
alle esigenze specifiche di utilizzo e alle caratteristiche corrispondenti
richieste. E dunque la scelta del corretto dispositivo di protezione dei piedi
dipende dalla mansione del lavoratore, dalle caratteristiche delle stesse e dai
rischi presenti nei luoghi di utilizzo. Sono infatti disponibili calzature di
materiale diverso e con caratteristiche diverse, quindi il termine generico
“calzature antinfortunistiche” non è indicativo della esclusività del
dispositivo di protezione.
Sono
individuate due classi principali, in base al materiale del corpo della
calzatura:
-
tipo
I: calzature di cuoio o altri materiali, escluse le calzature interamente in
gomma o in polimero;
-
tipo
II: calzature interamente in gomma o in polimero.
E,
infine, le classi I e II si possono distinguere in 3 categorie (di sicurezza,
di protezione, da lavoro, cui corrispondono le sigle S, P, O derivanti dalle
definizioni in inglese) in base alle caratteristiche di protezione, definite da
norme tecniche separate: la differenza fra i tre tipi è data, in sostanza, dal
diverso grado di protezione del puntale (assente in quelle da lavoro e in grado
invece di assorbire la caduta di un peso di 20 kg da un’altezza di 1 metro, in
quelle di sicurezza). Inoltre, poiché gli scivolamenti e le cadute sono tra le
maggiori cause di infortunio sul lavoro tutte le calzature antinfortunistiche
(classe I o II) devono essere resistenti allo scivolamento.
Nel
documento sono poi riportati anche i requisiti di protezione aggiuntivi alle
dotazioni di base minime, requisiti che possono essere necessari per proteggere
da alcuni rischi specifici.
Il
link al sito web di INFOR.MO. di cui nell’articolo sono state presentato le
schede numero 3589 e 3614 è:
Il
documento “ImpresaSicura DPI” elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione
Emilia-Romagna e INAIL è scaricabile all’indirizzo:
LUOGHI
DI LAVORO: PAVIMENTI, SERVIZI IGIENICI, ILLUMINAZIONE E AERAZIONE
Da: PuntoSicuro
06 dicembre 2016
Un volume dedicato alle Piccole e Medie
Imprese (PMI) e al mondo dell’artigianato riepiloga la normativa in materia di
salute e sicurezza. Focus sui requisiti dei luoghi di lavoro: pavimenti,
pareti, servizi igienici, illuminazione e aerazione naturale e artificiale.
Il D.Lgs. 81/08 e, per quanto riguarda il
settore alimentare, le norme contenute nel cosiddetto “pacchetto igiene” (con
particolare riferimento all’Allegato II del Regolamento CE n. 852/04
sull’igiene dei prodotti alimentari) fissano precisi requisiti per i luoghi di
lavoro.
Ma quali sono normalmente i rischi per la
salute dei lavoratori correlati ai requisiti dei luoghi di lavoro? Ad esempio i
rischi derivanti da carenze di igiene, da scarsa aerazione dei luoghi di lavoro,
da possibilità di infortunio (inciampo, scivolamento, caduta, urti).
Ad affermarlo è il volume “Salute e Sicurezza
nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare”,
realizzato dall’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia
(OPRA Lombardia) e dai vari Organismi Paritetici Territoriali Artigiani (OPTA),
che riporta utili indicazioni per favorire una corretta applicazione delle
disposizioni di legge, con particolare riferimento alle esigenze delle PMI e
dei titolari e lavoratori delle imprese artigiane.
Riguardo alle caratteristiche dei luoghi di
lavoro il documento riporta, brevemente e senza pretesa di esaustività, alcuni
requisiti.
Ci soffermiamo oggi su pavimenti, pareti,
servizi igienici, illuminazione e aerazione.
Queste le indicazioni riportate a proposito
dei pavimenti:
-
i
pavimenti dei locali devono essere privi di buche, sporgenze pericolose, cavità
e piani inclinati pericolosi;
-
nei
locali dove si versano sul pavimento sostanze degradabili o liquide, il
pavimento deve avere una superficie unita e impermeabile con una pendenza tale
da fare evacuare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico;
-
quando
il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato,
esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato.
Altre indicazioni riguardano invece le
pareti:
-
le
pareti traslucide ed in particolare le vetrate posizionate vicine ai posti di
lavoro o alle vie di circolazione devono essere segnalate e costruite con
materiale di sicurezza e non devono venire a contatto con i lavoratori nemmeno
se si dovesse verificare la rottura con proiezione di schegge;
-
le
pareti trasparenti, specialmente quelle completamente vetrate presenti nei
luoghi di lavoro o comunque dove è possibile la presenza di un lavoratore,
devono essere segnalate e costruite con materiale di sicurezza (fino
all’altezza di 1 m
dal pavimento o comunque segregate in modo da evitare contatti con le persone
anche nel caso che le pareti stesse vadano in frantumi e possano ferire i
lavoratori).
Il documento si sofferma poi sui requisiti
dei servizi igienici degli ambienti lavorativi:
-
gabinetti:
debbono essere separati per sesso quando gli addetti sono globalmente superiori
a 10;
-
docce:
sono previste per le sole lavorazioni che comportano il rischio di sporcarsi o
di essere contaminati da sostanze pericolose e debbono essere almeno 1 ogni 10
addetti;
-
spogliatoi:
soltanto per le attività che necessitano di un particolare abbigliamento che
non può essere quello comunemente adottato dal lavoratore.
Ci soffermiamo, infine, su due aspetti
particolarmente rilevanti per la sicurezza e salute dei lavoratori:
l’illuminazione e l’aerazione.
Queste alcune indicazioni per l’illuminazione
minima:
-
depositi:
100 lux;
-
luoghi
di passaggio: 100 lux;
-
lavori
grossolani: 200 lux;
-
lavori
di media finezza (illuminazione generalizzata): 200 lux;
-
lavori
di media finezza (illuminazione localizzata): 1.000 lux;
-
lavori
fini (illuminazione generalizzata): 400 lux;
-
lavori
fini (illuminazione localizzata): 2.000 lux;
-
lavori
finissimi (illuminazione generalizzata): 800 lux;
-
lavori
finissimi (illuminazione localizzata): 4.000 lux.
Riguardo all’illuminazione riportiamo anche
il contenuto del punto 1.10 dell’Allegato IV (Requisiti dei luoghi di lavoro)
del D.Lgs. 81/08:
-
a
meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e
salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono
disporre di sufficiente luce naturale;
-
in
ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di
dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per
salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori;
-
gli
impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione
devono essere installati in modo che il tipo d’illuminazione previsto non
rappresenti un rischio di infortunio per i lavoratori;
-
i
luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi
in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di
un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità;
-
le
superfici vetrate illuminanti e i mezzi di illuminazione artificiale devono
essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza;
-
gli
ambienti, i posti di lavoro e i passaggi devono essere illuminati con luce
naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilità;
-
nei
casi in cui, per le esigenze tecniche di particolari lavorazioni o
procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente gli ambienti e i
luoghi, si devono adottare adeguate misure dirette a eliminare i rischi
derivanti dalla mancanza e dalla insufficienza della illuminazione;
-
negli
stabilimenti e negli altri luoghi di lavoro devono esistere mezzi di
illuminazione sussidiaria da impiegare in caso di necessità;
-
detti
mezzi devono essere tenuti in posti noti al personale, conservati in costante
efficienza ed essere adeguati alle condizioni e alle necessità del loro
impiego;
-
quando
siano presenti più di 100 lavoratori e la loro uscita all’aperto in condizioni
di oscurità non sia sicura ed agevole; quando l’abbandono imprevedibile e
immediato del governo delle macchine o degli apparecchi sia di pregiudizio per
la sicurezza delle persone o degli impianti; quando si lavorino o siano
depositate materie esplodenti o infiammabili, l’illuminazione sussidiaria deve
essere fornita con mezzi di sicurezza atti a entrare immediatamente in funzione
in caso di necessità e a garantire una illuminazione sufficiente per intensità,
durata, per numero e distribuzione delle sorgenti luminose, nei luoghi nei
quali la mancanza di illuminazione costituirebbe pericolo;
-
se
detti mezzi non sono costruiti in modo da entrare automaticamente in funzione,
i dispositivi di accensione devono essere a facile portata di mano e le
istruzioni sull’uso dei mezzi stessi devono essere rese manifeste al personale
mediante appositi avvisi;
-
l’abbandono
dei posti di lavoro e l’uscita all’aperto del personale deve, qualora sia
necessario ai fini della sicurezza, essere disposto prima dell’esaurimento
delle fonti della illuminazione sussidiaria.
Infine riportiamo alcune brevi indicazioni
relative all’aerazione naturale e artificiale:
-
occorre
garantire la presenza di finestratura apribile in funzione della superficie di
lavoro;
-
per
quanto possibile le finestre dovrebbero essere posizionate su due lati opposti
dell’edificio;
-
le
finestre, i lucernari e i sistemi di aerazione devono essere facilmente
accessibili ai lavoratori per la loro apertura e/o regolamentazione e durante
il loro funzionamento non devono costituire pericolo per i lavoratori;
-
tutte
le lavorazioni che possono provocare polveri, fumi o vapori, devono essere
provviste di aspirazioni forzate dotate di eventuale sistema di abbattimento.
Segnaliamo, in conclusione, che il documento,
che sottolinea come la valutazione dei rischi permetta di identificare caso per
caso gli interventi migliorativi attuabili, si sofferma anche su altri
requisiti dei luoghi di lavoro: altezze degli ambienti, porte, portoni, locali
sotterranei, scale fisse a gradini e parapetti.
Il documento dell’Organismo Paritetico
Regionale per l’Artigianato Lombardia “Salute e Sicurezza nelle imprese
artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare” è scaricabile
all’indirizzo:
IMPARARE
DAGLI ERRORI: TUTELARE LA SALUTE E LA SICUREZZA NELLE SALDATURE
Da: PuntoSicuro
07 dicembre 2016
di Tiziano Menduto
Gli esempi di infortuni e le possibili
conseguenze sulla salute delle attività di saldatura. La costruzione di
un’elica di trivellazione, le saldature nei cantieri navali e i possibili
effetti respiratori acuti e cronici in assenza di idonee protezioni.
Nei mesi scorsi “Imparare dagli errori”, la
rubrica di PuntoSicuro dedicata agli infortuni e alle malattie professionali,
si è soffermata sui rischi e sugli infortuni degli operatori impegnati in attività
di saldatura, con particolare riferimento ai problemi correlati alle cadute
dall’alto, ai rischi di esplosione e ai rischi elettrici.
Per affrontare anche altri tipologie di
pericoli, anche con riferimento ai rischi per la salute, presentiamo oggi non
solo alcuni casi di infortunio, correlati a vari fattori causali vari, ma anche
informazioni sugli effetti sulla salute e sulla prevenzione possibile.
I casi che presentiamo sono raccolti
nell’archivio di schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei
casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali
e gravi.
Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto
durante dei lavori per la costruzione di un’elica per trivellazione del peso di
910 kg.
Un lavoratore per effettuare dei lavori di
saldatura mette l’elica in posizione verticale mediante l’utilizzo del
carroponte con catena, appoggiandola dalla parte costituita da una base
quadrata di circa cm 20x20.
Una volta tolta la catena del carroponte
l’operatore inizia ad effettuare la saldatura nella parte alta dell'elica.
Mentre effettua queste attività l’elica si sbilanciava verso di lui; a quel
punto con le mani cerca di spostarla ma, durante questa azione questa lo urta
nella parte bassa a destra della pancia procurandogli una contusione
all'addome. Il lavoratore cade all’indietro a terra.
Gli accertamenti successivi all’infortunio
hanno rilevato che per rendere stabile l’elica in posizione verticale c’era
un'indicazione generica da parte della ditta, di saldare a punti all’elica delle
barre di ferro stabilizzatrici prima di sganciare la catena del carroponte.
Dopo l’infortunio la ditta ha predisposto una nuova procedura con la
predisposizione di punti di inserimento nel pavimento per la lavorazione
dell’elica in posizione verticale in condizioni di stabilità.
Questi i fattori causali rilevati:
-
il
lavoratore effettuava attività lavorativa su un oggetto posizionato non
stabilmente;
-
oggetto
non reso stabile.
Il secondo caso riguarda un infortunio
avvenuto in un cantiere navale, a bordo di una nave in allestimento, mentre si
sistemano manufatti (ringhiere).
Sono in corso delle attività di sistemazione
e saldatura delle balaustre metalliche all'interno del ponte garage e i
lavoratori che operano si trovano al di sotto delle balaustre. Le stesse balaustre
sono incernierate e quindi si possono posizionare sia verticalmente che
orizzontalmente.
Alcune vengono posizionate in verticale e per
il loro bloccaggio vengono manualmente inseriti degli spinotti che ad impianto
completato, vengono azionati da un impianto idraulico.
Un altro lavoratore, per poter meglio
effettuare delle saldature, toglie gli spinotti, e la balaustra, sollecitata
dall’operatore che vi si è aggrappato per salire al livello superiore, ruotando
sulle sue cerniere, cade in posizione orizzontale andando ad investire
l’operatore stesso.
Questi i fattori causali rilevati:
il lavoratore si aggrappava alla balaustra
per poter salire al piano superiore;
il lavoratore “rimuoveva degli spinotti di
bloccaggio della balaustra.
Ci soffermiamo ora brevemente sugli effetti
sulla salute degli agenti chimici in saldatura, con riferimento a quanto
contenuto nell’intervento “La Sorveglianza Sanitaria nelle attività di saldatura
e verniciatura”, pubblicato dal Dipartimento di Sanità Pubblica Unità Operativa
Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’Azienda USL di Piacenza.
Nell’intervento si fa riferimento a diversi
rischi per gli operatori.
Ad esempio con riferimento ai possibili
effetti respiratori acuti:
-
irritazione
delle vie aeree superiori e bronchite: aumento prevalenza sintomi: tosse, escreato,
sibili in concomitanza con la settimana lavorativa e miglioramento nel fine
settimana (35% dei saldatori nel 1° anno); la funzionalità respiratoria si
modifica con riduzione transitoria e di grado lieve dei flussi espiratori medi
(Beckett, 1996; Antonini, 2003);
-
metal
fume fever: prevalentemente da inalazione di zinco, o sindrome analoga
sostenuta da ossidi di rame, magnesio, cadmio (Martin, 1997);
-
asma:
un’associazione definitiva tra asma e saldatura deve essere ancora stabilita;
alcuni autori ne riportano l’occorrenza per l’azione esercitata da agenti
sensibilizzanti quali Cromo, Nichel e Isocianati; agenti irritanti quali ossidi
metallici, carbonati, fluoruri, CO2 (Antonini, 2003; Sjogren e Langard, 2004).
O anche effetti respiratori cronici:
-
siderosi:
pneumoconiosi benigna causata da accumulo di particelle di ferro a livello polmonare;
nel lungo periodo può andare incontro a fibrosi polmonare interstiziale in
particolare a seguito di esposizioni elevate, in spazi confinati, e protratte
nel tempo (Buerke, 2002);
-
broncopatia
cronica ostruttiva: aumento statisticamente significativo di sintomi riferibili
a bronchite cronica nello studio di popolazione ECRHS II, per il gruppo di
saldatori che riportava l’esposizione più bassa (Lillienberg, 2008);
-
tumore
polmonare: aumento di circa il 30% nei saldatori rispetto alla popolazione
generale (Becker, 1999); IARC classifica i fumi di saldatura in classe 2B.
Il documento si sofferma poi su altri possibili
effetti cutanei, effetti renali, neurologici e cardiovascolari.
Avendo già affrontato, in precedenti puntate
della rubrica, il tema delle buone prassi nelle attività di saldatura, ci
soffermiamo in particolare sulla prevenzione correlata alla presenza di gas e
fumi pericolosi per la salute.
Se ne parla, ad esempio, in un documento di
Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni,
dal titolo “Lista di controllo - Saldatura, taglio, brasatura e riscaldo:
procedimento a fiamma”.
La lista permette di verificare che i posti
di lavoro siano dotati di un impianto di aspirazione dei fumi efficace e/o di
un impianto di ventilazione artificiale e che i saldatori utilizzino gli
impianti di aspirazione sempre e in modo appropriato (per l’impianto di
aspirazione dei fumi di saldatura sono disponibili una dichiarazione di
conformità CE e le istruzioni d’uso?).
Inoltre devono essere presi provvedimenti
particolari quando si saldano elementi rivestiti, verniciati o molto sporchi:
-
rimozione
del rivestimento sui punti da saldare;
-
raccolta
e scarico delle sostanze dannose mediante aspirazione;
-
impiego
di dispositivi idonei per la protezione delle vie respiratorie.
In ogni caso quando non è possibile aspirare
in maniera sufficiente le sostanze tossiche si devono utilizzare adeguati
apparecchi di protezione delle vie respiratorie.
La lista riporta indicazioni specifiche
relative ai DPI da utilizzare in atmosfere con un tenore di ossigeno
sufficiente o in ambienti ristretti e scarsamente ventilati.
Senza dimenticare, in conclusione, che devono
essere presi anche dei provvedimenti per impedire ustioni cutanee e agli occhi
causate da spruzzi di metallo, fiamme e particelle incandescenti. Possono
essere utili: indumenti di protezione per saldatura, calzature di sicurezza e
ghette per saldatura, guanti da saldatore, occhiali da saldatore, casco o
schermo da saldatore.
Il link al sito web di INFOR.MO. di cui
nell’articolo sono state presentato le schede numero 531 e 3544 è:
Il documento “La Sorveglianza Sanitaria nelle
attività di saldatura e verniciatura”, pubblicato dal Dipartimento di Sanità
Pubblica Unità Operativa Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’Azienda
USL di Piacenza è scaricabile all’indirizzo:
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