Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della
sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul lavoro: Know Your
Rights!”
Medicina Democratica - Movimento di lotta
per la salute onlus
e-mail: sp-mail@libero.it
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INDICE
Slai Cobas per il Sindacato di classe slaicobasta@gmail.com
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
Posta Resistenze posta@resistenze.org
LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE E I DIRITTI DEI
LAVORATORI
Posta Resistenze posta@resistenze.org
I NUOVI VOUCHER: CAMBIARE TUTTO PER NON
CAMBIARE NIENTE
Teoria & Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
ILVA: RESPINGERE CON LA LOTTA E L’UNITA’ I
LICENZIAMENTI PER I PROFITTI!
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
IL RITORNO DEI VOUCHER E DEL LORO ABUSO
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
L’INVOLUZIONE DEL LAVORO E LA NUOVA CLASSE
OPERAIA
Teoria & Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
GLI INSEGNAMENTI DELLA VICENDA “VOUCHER”
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
NEL 2017 SUPERATO OGNI RECORD DEI MORTI
SUL LAVORO IN QUESTI ULTIMI DIECI ANNI
Muglia La Furia noreply+feedproxy@google.com
QATAR 2022: LA STRAGE NEI CANTIERI
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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Wednesday,
May 31, 2017 12:43 PM
Subject:
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI: UNA DERIVA
INGIUSTIFICATA DELLA CORRETTA GESTIONE DEI RIFIUTI
L’invenzione tutta italiana del rifiuto
che, in quanto combustibile, non è più un rifiuto mostra sempre più i suoi
limiti intrinseci.
La pratica del coincenerimento dei rifiuti
in particolare nei cementifici è una pratica (purtroppo) diffusa, ma solo
l’Italia si era spinta ad inventare (come nel caso delle incentivazioni agli
inceneritori per la produzione di energia elettrica) un Decreto che per magia
nobilita il rifiuto a combustibile al pari o quasi delle altre “biomasse”.
Una visione distorta della economia
circolare come pure del recupero dei rifiuti, osteggiata anche dalla
Associazione Cementieri Europei, che vogliono certo bruciare rifiuti, ma
rispettando le regole dei rifiuti e non inventandosi norme per semplificare le
autorizzazioni o evitare le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale.
Tra le iniziative per contrastare tale
deriva presentiamo il testo della petizione per il Parlamento Europeo, nata tra
i comitati locali (Comitato La Nostra Aria e Rete Ri?uti Zero Lombardia) e
sostenuta da Medicina Democratica e ISDE.
Leggi tutto al link:
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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, June 01, 2017 10:35 AM
Subject: LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE E I
DIRITTI DEI LAVORATORI
Américo Nunes
maggio 2017
L’impatto della Rivoluzione di Ottobre ha
sconvolto il mondo, come ha dichiarato il giornalista nord americano John Reed
nel titolo del suo noto libro, riferendosi ai suoi primi dieci giorni.
Tuttavia, si può affermare che la
rivoluzione russa del 1917, con la sua ideologia e politica di solidarietà
internazionalista e l’onda d’urto delle sue realizzazioni in tutte le sfere
della società, ha continuato a scuotere il mondo per molti decenni e a
innescare profondi progressi nella storia dell’umanità, fino alla sconfitta del
socialismo in URSS nel 1991.
Non è possibile parlare della conquista
dei diritti dei lavoratori in Russia con la rivoluzione e nei paesi che
successivamente intrapresero la costruzione del socialismo, e dei diritti
conquistati dai lavoratori nei paesi capitalisti sotto l’influenza di questa
rivoluzione, scollegandola dagli altri successi fondamentali dei lavoratori e
dei popoli, originati della sua stessa forza propulsiva.
Soprattutto perché il primo e principale
diritto che i lavoratori conquistarono con la rivoluzione fu il diritto in
quanto classe di assumere, attraverso il partito della classe operaia, il
proprio potere politico in tutte le sue istanze e così decidere del proprio
destino e di tutto il popolo.
I rivoluzionari russi partirono
dall’ideologia di Marx ed Engels, dal patrimonio storico dell’esperienza della
Comune di Parigi che venne sviluppato e che Lenin mise in pratica. In
quell’epoca il marxismo era una dottrina ampiamente pubblicizzata e accettata
da parte del proletariato di diversi paesi, inclusi i più evoluti, e il
successo della sua applicazione pratica in Russia potenziò la sua diffusione e
la sua comprensione, suscitando entusiasmi e aspettative che provocarono
conseguenze per l’organizzazione del lavoro e le lotte politiche condotte dalla
classe operaia europea e americana, che si tradussero anche in azioni di
sostegno e di solidarietà con la rivoluzione russa.
I primi passi compiuti dal potere
rivoluzionario furono quelli di mettere in pratica gli aspetti fondamentali
iscritti nel Manifesto comunista del 1848 e nei documenti programmatici del AIT
(Associazione Internazionale dei Lavoratori).
Quattro giorni dopo la presa del Palazzo
d’Inverno e dopo aver promulgato i decreti della pace e della terra, fu
promulgata la legge della giornata massima di 8 ore lavorative, delle pause per
il riposo e pasti, un giorno e mezzo di riposo settimanale, ferie pagate, il
divieto al lavoro per i bambini sotto i 14 anni e un massimo di 6 ore di lavoro
per i giovani tra i 14 e i 18 anni. La legge salvaguardava anche l’occupazione
delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e durante il primo anno di
vita del bimbo; 8 settimane di congedo per maternità prima e 8 dopo il parto,
il tempo per l’allattamento al seno e indennità di allattamento; misure
speciali di protezione e assistenza alle madri adolescenti.
Fu stabilito il principio della parità di
retribuzione a parità di lavoro e la fine delle discriminazioni tra uomini e
donne.
Stiamo parlando di una legge pubblicata
100 anni fa in un paese con oltre 100 milioni di abitanti in gran parte
analfabeti e dove la Rivoluzione aveva appena abbattuto un potere e una società
semifeudale. Non sarebbe necessario solo l’esempio dei diritti del lavoro, ma
molti di più, per capire gli obiettivi di giustizia sociale della rivoluzione
russa, che fu presa di coscienza di centinaia di milioni di uomini, donne e
giovani in tutto il mondo.
I disastri derivanti dal coinvolgimento
della Russia nella Prima Guerra Mondiale seguita dalla guerra civile e
l’invasione imperialista avevano creato per la giovane rivoluzione grandi
difficoltà a raggiungere i suoi obiettivi, e immensa miseria e sacrifici del
popolo russo. Ma tutti questi ostacoli furono superati con i diritti previsti
dalle disposizioni legislative appena iniziò la loro applicazione pratica.
Le donne russe, che erano entrate come
forza lavoro delle fabbriche a causa dell’invio di uomini in guerra, giocarono
un ruolo di primaria importanza nei grandi scioperi e nelle manifestazioni che
precedettero la rivoluzione chiedendo la fine della guerra, il pane e la pace.
Furono le prime donne al mondo a conquistare il diritto di eleggere e di essere
elette. Alexandra Kollontai fu la prima donna ministro nel mondo, assumendo nel
1917 la carica degli affari sociali. L’aborto fu depenalizzato con decreto del
1920. E la prostituzione non fu più penalizzata, a parte tutto il giro d’affari
derivante dal suo sfruttamento. Facendo riferimento alla partecipazione delle
donne alla rivoluzione Lenin disse: “Senza di loro non avremmo trionfato”.
Nel corso della costruzione del socialismo
i diritti sociali e del lavoro avanzarono rapidamente nei paesi che la avevano
avviata. L’analfabetismo fu debellato, il diritto al lavoro garantito, la piena
occupazione raggiunta in modo stabile, l’assistenza sanitaria e la medicina
resa gratuita per tutti i cittadini furono una realtà, così come la protezione
di invalidità e vecchiaia. Il diritto alla casa fu garantito con un costo
fissato mediamente nel 2% dello stipendio.
La Rivoluzione russa assunse fin dal primo
giorno un ruolo di avanguardia mondiale nell’assicurazione da parte dello Stato
dei diritti economici e sociali fondamentali per i cittadini.
L’odio di classe ispirato dalla
Rivoluzione nelle classi abbienti di tutto il mondo si tradusse subito nel
sostegno alla controrivoluzione interna durante la guerra civile e
nell’invasione della Russia da parte delle grandi potenze imperialiste. I
perdenti nella guerra, per la paura del contagio attraverso l’esempio dei
successi conseguiti dai lavoratori con il socialismo, si unirono a questo odio.
In realtà, milioni di esclusi dalla partecipazione sociale e politica divennero
appieno cittadini attivi nella difesa dei loro diritti e della loro patria.
Il terremoto di lunga durata continuò a
scuotere il mondo. L’URSS rafforzò in tal modo la costruzione del socialismo,
assunse un ruolo decisivo nella sconfitta della barbarie nazi-fascista nella
Seconda Guerra Mondiale e nella creazione di un equilibrio militare strategico
di due sistemi sociali a confronto. Il campo socialista e il campo capitalista.
Con la solidarietà internazionalista dei paesi socialisti nacquero e si
svilupparono movimenti di liberazione nazionale che portarono alla caduta degli
imperi coloniali in Asia e in Africa con la liberazione di decine di popoli
dalle grinfie dell’influenza imperialista.
La nascita della rivoluzione e la sua
influenza nei paesi capitalisti portarono alla creazione di Partiti comunisti e
di altri partiti rivoluzionari e progressisti e rafforzarono i sindacati e la
loro capacità rivendicativa.
La classe operaia portoghese non fece
eccezione. L’informazione che arrivava attraverso i giornali borghesi fu
sufficiente a generare e mobilitare una catena di sostegno e solidarietà con la
Rivoluzione russa e a provocare la creazione di organizzazioni rivoluzionarie.
Fu sotto il suo impulso che un nucleo di rivoluzionari, quasi tutti i membri
del sindacato, fondarono il Partito Comunista Portoghese nel 1921.
Poco dopo la fondazione del Partito,
Francisco Perfeito de Carvalho, primo Segretario generale del sindacato Unione
Operaia Nazionale (UON), fondato nel 1914 e collegato al PCP, andò
clandestinamente a Mosca nel mese di giugno 1922, inviato dalla CGT per
partecipare al Congresso costituente (I) del ISV, e presentare una relazione su
quella realtà da presentare al sindacato ritornando a Lisbona. Berlino inviò al
CGT e al PCP le norme per la campagna di sostegno e solidarietà al popolo
russo, portando così alla creazione dell’organizzazione del Soccorso Rosso.
Fu un sindacalista, Carlos Tariffe, colui
che doveva diventare il primo segretario generale del PCP eletto al 1°
Congresso del partito nel 1923 che dopo una visita che fece nella patria
socialista scrisse e pubblicò il libro La Russia dei Soviet, in cui per la
prima volta venivano divulgati alcuni aspetti essenziali della realtà sovietica
e una serie di problemi posti dalla Rivoluzione russa del 1917.
Fu un altro sindacalista, Bento Gonçalves,
presidente del Sindacato dell’Arsenale della Marina, a guidare la delegazione
portoghese alla commemorazione del 10° Anniversario della Rivoluzione, tenutosi
a Mosca nel corso dell’anno 1927. A quel tempo non era ancora un membro del
partito, e affermò in un intervento che pronunciò in quell’occasione, di
rappresentare comunisti, socialisti, anarchici e altri. Ma lo sarebbe stato per
un breve periodo, dopo il suo ritorno. Bento Gonçalves fu eletto Segretario
Generale del Partito nella Conferenza di Organizzazione del 1929 e fu lui a
guidare la riorganizzazione del Partito Nuovo con le caratteristiche sostenute
da Lenin per i partiti comunisti. Bento Gonçalves fu il primo leader dei
lavoratori portoghesi ad acquisire una conoscenza approfondita della teoria
marxista-leninista ed essere in grado di interpretarla e trasporla in azioni
concrete. Sotto la sua guida il Partito Comunista Portoghese si preparò ad
agire in clandestinità, a resistere e a combattere il fascismo fino alla sua
sconfitta, il 25 aprile 1974.
L’influenza della Rivoluzione russa nella
riorganizzazione della classe operaia mondiale non fu di minore importanza per
la conquista dei diritti sociali e politici del lavoro nei paesi capitalisti
con l’esempio dei diritti previsti dal socialismo.
Grandi scioperi ed altre azioni di massa
in Portogallo dirette o influenzate dal Partito durante il periodo fascista, e
durante la Rivoluzione stessa del 25 aprile 1974 hanno costretto il padronato
datori di lavoro a firmare accordi collettivi per migliori orario, salari,
igiene e salute sul lavoro e garanzie di protezione sociale, costringendo i
governi a tradurre questi diritti in legge e, nel caso portoghese, i deputati
costituenti di consacrarli nella Costituzione del 1976.
La dinamica dell’esempio e la paura che i
lavoratori e il popolo potessero optare per un sistema socialista mise sotto
pressione i governi dei paesi capitalisti sviluppati che estesero le funzioni
sociali dello Stato, in particolare nei settori della salute, la protezione
sociale della disoccupazione, la vecchiaia, l’istruzione e la cultura.
Oggi, 100 anni dopo, in un’epoca di
sconfitta del socialismo in Europa dell’Est e dell’Unione Sovietica negli anni
89/91, l’imperialismo ha avviato una controffensiva di ricolonizzazione e
regressione sociale mondiale, si ha un regresso diffuso a condizioni di lavoro
assai dolorose, addirittura simili a quelle del XIX secolo.
Focolai di guerra si diffondono in varie
parti del mondo, che si riflettono nuovamente in l’Europa, e sono in espansione
in Asia e in Africa. La morte e la fame viaggiano al suono dei tamburi di
guerra, per gli interessi economici delle grandi imprese. Il capitalismo tenta
nuovamente di stimolare una possibile via d’uscita neofascista, a causa della
situazione di profonda crisi in cui si trova.
Ma ci sono popoli che resistono
all’aggressione, altri che si organizzano e accumulano le forze per stabilire
alleanze e fermare le forze della regressione della civiltà.
Le forze rivoluzionarie e progressiste
devono a loro volta riorganizzarsi, rafforzare le loro azioni, tenendo presente
che gli ideali e gli obiettivi del socialismo, quale futuro per l’umanità, sono
sempre validi. E’ l’esempio della Grande Rivoluzione d’Ottobre del 1917, che ci
dimostra che la vittoria del popolo sfruttato è possibile anche in condizioni
estremamente sfavorevoli per la lotta.
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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday,
June 01, 2017 10:35 AM
Subject: I NUOVI
VOUCHER: CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE
Clash City Workers
27/05/17
Grazie allo spauracchio “referendum”,
agitato dalla CGIL, dal 17 marzo abbiamo assistito all’improvvisa e totale
abrogazione della disciplina del lavoro accessorio, che ha determinato un vuoto
normativo che riguardava la possibilità, per le imprese, di gestire
efficacemente le esigenze di prestazioni di lavoro saltuarie, caratterizzate da
ampia flessibilità e soprattutto basso costo.
Ma il governo ovviamente non si da per
vinto, ed una volta evitata un’altra eventuale campagna referendaria, sta
discutendo per far rientrare dalla porta, ciò che aveva gettato dalla finestra.
Come sarà il “dopo voucher”?
Il “dopo voucher” per le imprese dovrebbe
consistere in un vero e proprio contratto di lavoro, completamente online e
semplificato. La nuova procedura telematica infatti potrà essere utilizzata
solo da aziende piccole, fino a 5 dipendenti, con l’introduzione di un tetto
unico di 5.000 euro l’anno a singola impresa, eventualmente elevabile a 7.500
euro in caso di “assunzione” di particolari categorie di lavoratori
“marginali”, vale a dire disoccupati, studenti, pensionati. Quella del tetto
dei 5 dipendenti sembrerebbe una fortissima limitazione, peccato che ad essere
conteggiati siano soltanto i lavoratori a tempo indeterminato, mentre gli
assunti a tempo determinato, stagisti, collaboratori e simili saranno esclusi
dal conteggio: in pratica queste limitazioni “restringeranno” il campo di
applicabilità del lavoro intermittente ad “appena” il 90% delle imprese! I veri
grandi utilizzatori saranno ancora le medie e grandi aziende, oltre alle
migliaia di piccole aziende dove già lo sfruttamento è altissimo, fuori da ogni
CCNL. Questi saranno i veri beneficiari dei nuovi voucher, altro che famiglie e
privati!
Ciascun lavoratore potrà ricevere fino a
un massimo di 2.500 euro (in questo modo, utilizzando il plafond per intero, si
potranno impiegare almeno due persone). Il lavoro occasionale sarà precluso in
edilizia e nelle “attività pericolose” (scavi-estrazioni e miniere), oltre a
essere completamente tracciabile, con l’indicazione obbligatoria, in fase di
“prenotazione”, di tutti gli estremi per riconoscere azienda e utilizzatore, in
aggiunta a tempo e luogo di svolgimento della prestazione. Si introduce,
infine, una sorta di “scalino” d’ingresso: si potrà attivare il nuovo contratto
telematico per non meno di quattro ore, e poi, nel caso, salire. Peccato che
anche nell’attivazione si nasconda un altro malefico dettaglio: chi iscrive e
decide di non utilizzare la prestazione ha tempo fino a 3 giorni per
cancellarla. Tradotto: se non arrivano i controlli, sarà possibile cancellare
la prestazione (anche se realmente eseguita) e pagare in nero. E meno male che
il lavoro accessorio era fondamentale per limitare il ricorso al nero!
Posto che quindi si tratta di un contratto
speciale, che può derogare in peggio tutta una serie di istituti dei più
elementari diritti dei lavoratori, quali saranno le ricadute pratiche-operative
sulla disciplina applicabile riguardo i diritti e le tutele?
Questo contratto speciale darà diritto a
prestazioni previdenziali come la maternità, la malattia e gli assegni per il
nucleo familiare, o prevederà come il voucher solo una copertura previdenziale
ed assicurativa che tutela il datore di lavoro in caso di infortunio?
La nostra paura, purtroppo fondata, è che
questo nuovo contratto di lavoro on-line finirà inevitabilmente col derogare in
peggio la disciplina del lavoro dipendente. Si pensi solo ai numerosi obblighi
in capo al datore di lavoro ed ai conseguenti diritti previsti dalla legge a
tutela del lavoro subordinato: limiti dell’orario di lavoro, diritto al riposo
settimanale e alle ferie, norme previste dallo statuto dei lavoratori, ecc.. In
altre parole, gli obblighi e i diritti previsti dal codice civile, dalle leggi
nazionali, dalle norme comunitarie e dalla costituzione che verranno spazzati
via, come era stato già fatto con l’invenzione dei vecchi voucher. Insomma,
buona minestra riscaldata a tutti.
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From: Teoria & Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
To:
Sent: Saturday, June 03, 2017 9:31 AM
Subject: ILVA: RESPINGERE CON LA LOTTA E
L’UNITA’ I LICENZIAMENTI PER I PROFITTI!
Lo sciopero del 1 giugno degli operai
dell’ILVA di Taranto, contro i primi 6.000 “esuberi” previsti dal piano
industriale di Arcelor Mittal per rilevare l’acciaieria, ha messo in crisi il
disegno antioperaio spalleggiato dal governo Gentiloni-Renzi.
I governi a guida PD, come quelli delle
destre, hanno sempre seguito una sola politica: scaricare sugli operai e sui
lavoratori i costi dei piani di “rilancio”, liquidare i loro diritti,
comprimere il salario, privatizzare e svendere le aziende strategiche per
garantire i voraci interessi dei grandi capitalisti italiani e stranieri.
Per i magnati dell’acciaio e i loro
governi amici non basta che gli operai siano torchiati come le olive, che
subiscano quotidianamente gli incidenti e la nocività del lavoro salariato, che
siano bastonati ogni volta che alzano la testa. Ora devono anche essere
sbattuti in mezzo a una strada, in una regione in cui la disoccupazione è al
22%, per assicurare quote di produzione e relativi profitti.
Ma la disastrosa situazione dell’azienda
non è dovuta a colpe degli operai, bensì a criminali strategie aziendali dovute
alla voracità di profitto dei padroni dell’ILVA, che per anni hanno calpestato
le più elementari regole di sicurezza, avvelenando operai e cittadini.
Con lo sciopero e la mobilitazione di
massa, gli operai ILVA hanno chiarito che non si rassegnano alla disoccupazione
e alla fame, che respingono il ricatto.
La lotta degli operai ILVA è la lotta di
tutti i lavoratori per impedire i licenziamenti per i profitti, i
“licenziamenti di borsa” decisi dalle multinazionali e appoggiati dai governi
borghesi.
Questa lotta va estesa e proseguita senza
cadere nelle illusioni riformiste e senza lasciarsi ingannare dalle promesse
elettoraliste!
Riprendiamo fiducia nella nostra grande
forza, difendendo in maniera intransigente i nostri interessi: nessun posto di
lavoro deve essere perso, nessuna fabbrica deve essere chiusa, no ai tagli del
salario, salute e l’ambiente devono essere garantiti!
Chiamiamo tutti gli sfruttati alla
costruzione del fronte unico operaio dal basso, con propri organismi (Comitati,
Consigli, etc.) per difenderci dall’offensiva padronale e governativa, dalla
complicità e dai cedimenti dei partiti borghesi e dei burocrati sindacali, che
già frenano la lotta.
Uniamo in solo fronte, in una sola
vertenza le lotte che padroni, governo e i loro lacchè vogliono mantenere
divise. Basta con la divisione fra sfruttati!
E’ ora di costruire lo sciopero generale
nazionale per il lavoro, per il pane, contro i sacrifici e le spese di guerra!
E’ ora di occupare le fabbriche che chiudono e licenziano!
Il problema non è sindacale; il problema è
politico. Non riguarda solo gli operai dell’ILVA, non riguarda solo le città di
Taranto e di Genova, ma l’intera società italiana: se l’economia fondata sulla
proprietà privata dei mezzi di produzione per far arricchire sempre più un
pugno di parassiti deve continuamente distruggere forze produttive, se pone a
una comunità di lavoratori e di cittadini l’alternativa di morire di cancro o
morire di disoccupazione e di miseria, vuol dire che questa economia è marcia
fino alle midolla e deve essere distrutta da una rivoluzione che abbia il
proletariato come protagonista.
Operai, lavoratori, prendiamo nelle nostre
mani questa grande questione sociale, prepariamo le condizioni della vittoria
della rivoluzione socialista. Si uniscano fin d’ora i proletari più consapevoli
e avanzati con i coerenti comunisti in un’organizzazione politica che non abbia
solo il nome, ma la sostanza, la linea politica, il programma e la combattività
di una vera forza comunista basata sul movimento operaio. Costruiamola insieme!
1 giugno 2017
Piattaforma Comunista per il Partito
Comunista del Proletariato d’Italia
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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Sunday, June 04, 2017 8:59 PM
Subject: IL RITORNO DEI VOUCHER E DEL LORO
ABUSO
IL GOVERNO REINTRODUCE I VOUCHER E IL LORO
ABUSO A BENEFICIO DELLA MEDESIMA, VASTISSIMA, PLATEA DI COMMITTENTI
Diciamo la verità: quando poche settimane
fa il Governo, con tratto di penna, aveva cancellato i voucher, quanti
credevano davvero nella buona fede dell’esecutivo? Di certo non occorreva
intrufolarsi segretamente nelle stanze di Palazzo Chigi per capire che
l’intenzione di Gentiloni e Renzi non era fare un passo indietro rispetto alla
precarizzazione dei rapporti di lavoro, ma semmai di evitare il referendum
promosso dalla CGIL, che avrebbe potuto segnare la seconda, pesante sconfitta
del governo in una consultazione popolare, dopo quella dello scorso dicembre
sulle modifiche costituzionali.
Ed infatti, alla prima occasione utile,
l’uscita da destra dai voucher è arrivata con un emendamento alla manovra
economica correttiva che reintroduce i buoni lavoro sotto altro nome nel giorno
in cui milioni di cittadini si sarebbero dovuti esprimere per la sua
abrogazione. Un atteggiamento spregiudicato, che già il vice presidente emerito
della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena ha definito anticostituzionale;
mentre la CGIL ha biasimato il comportamento del Governo ed ha già minacciato
il ricorso alla Consulta ed una manifestazione indetta per il prossimo 17
giugno contro la reintroduzione truffaldina dei voucher. È qualcosa, ma non
abbastanza. Questo governo ed i suoi predecessori hanno già dimostrato scarsa
attenzione per le pronunce di altri poteri dello Stato. Ne sono una
dimostrazione i raggiri rispetto alle decisioni sull’acqua pubblica o sulle
trivellazioni petrolifere; ma la stessa discussione sulla legge elettorale
denota quanto il governo ed un Parlamento di nominati considerino vincolanti le
decisioni della Consulta.
Alla fine, quello che è stato prodotto sul
lavoro accessorio è una pezza peggiore del buco da coprire e le anticipazioni
che erano state fornite, viste alla luce di quanto partorito, sembra fossero
servite solo da cuscinetto per le polemiche che inevitabilmente sarebbero
venute fuori.
Ad esempio, si parlava inizialmente che un
limite per l’azienda utilizzatrice del lavoro occasionale fosse il numero di 5
dipendenti. L’emendamento alla manovra correttiva che ha reintrodotto i
voucher, specifica, invece, che i 5 dipendenti devono essere assunti con
contratti a tempo indeterminato. Così, se un’azienda, ad esempio di 50
lavoratori, avesse alle sue dipendenze solo 5 operai con contratto a tempo
indeterminato e tutti gli altri inquadrati con contratti interinali, a
chiamata, a tempo determinato, non avrebbe alcun ostacolo ad inserire
lavoratori da pagare con buoni lavoro. Oppure da pagare in nero.
Cosa si sono inventati nel PD e cosa hanno
approvato insieme al partito di Renzi, Lega Nord e Forza Italia? L’emendamento
che porta la firma di Titti Di Salvo (ex CGIL ed ex SEL, ora PD) prevede che le
imprese non possano più acquistare i buoni lavoro dal tabaccaio (ma
inizialmente questa possibilità non era prevista nemmeno per i precedenti
voucher), ma attraverso una piattaforma dell’INPS alla quale l’impresa dovrà
iscriversi e aprire un conto con un tetto massimo di 5.000 euro annui. Inoltre,
l’azienda dovrà dare, almeno un’ora prima, comunicazione all’INPS dei dettagli
della prestazione che non potrà essere inferiore alle 4 ore.
Meglio di prima, quindi? Neanche per sogno
anche perché, come spesso si dice, il diavolo si nasconde nei dettagli. E nel
dettaglio della nuova regolamentazione del lavoro occasionale, si nasconde,
appunto, la possibilità per le imprese di far lavorare a nero.
L’emendamento che reintroduce i voucher
prevede la possibilità di revocare la dichiarazione trasmessa all’INPS per
usufruire della prestazione occasionale entro i tre giorni successivi al giorno
previsto per lo svolgimento dell’attività. Ecco, quindi, cosa può accadere:
un’azienda trasmette all’INPS la comunicazione per il lavoro occasionale, ad
esempio per 4 ore di lavoro. Non arriva nessun controllo per l’accertamento
della regolarità della prestazione (ed è noto quale sia il rischio per
un’impresa di subire un’ispezione) ed entro tre giorni l’azienda revoca la
comunicazione, paga in nero il lavoratore e mantiene inalterato il conto di
5.000 euro annui che costituirebbe il tetto massimo per usufruire del lavoro
occasionale. Ma perché essere maliziosi? Perché non avere fiducia nell’utilizzo
corretto e regolare del lavoro accessorio così regolato? La risposta è nei numeri
forniti da istituti ufficiali.
Le statistiche dell’INPS mostrano che da
quando i voucher furono liberalizzati, l’utilizzo del lavoro accessorio è
cresciuto notevolmente. Si è passati da 38,5 milioni di voucher venduti nel
2013 agli oltre 134 milioni nel 2016, utilizzati praticamente in ogni settore
economico e produttivo; negli anni è cresciuto il numero dei lavoratori
coinvolti, mentre è andata riducendosi la quota di prestatori pagati per la
prima volta con voucher. Ciò significa che per moltissimi lavoratori essere
pagati con buoni lavoro non è una esperienza estemporanea, ma semmai che si
ripete. Una situazione che lascia intuire come per questi lavoratori la
precarietà sia una condizione consolidata.
Questa estensione del lavoro accessorio
non inganni rispetto all’emersione del lavoro nero. Nel testo dell’INPS sul
lavoro accessorio (WorkINPS Papers, settembre 2016), si legge infatti che
“Quanto alle relazioni con il lavoro nero, non si sono prodotte evidenze
statistiche significative in merito all’emersione, grazie ai voucher, di
attività di lavoro sommerso mentre invece diverse situazioni (come nel caso di
rapporti regolati con un solo o pochissimi voucher) non fugano di certo il
sospetto che il voucher sia in realtà un segnale tipo iceberg di attività
sommersa anche di dimensioni maggiori di quella emersa”.
Tanto che, con buona pace del governo, di
Renzi e dei suoi lacchè, l’INPS definisce “irrealistiche” le aspettative “che
il voucher servisse per l’emersione dal nero”. Semmai, sostiene l’Istituto
previdenziale, le evidenze fanno “pensare, più che a un’emersione, a una
regolarizzazione minuscola (parzialissima) in grado di occultare la parte più
consistente di attività in nero”. A conferma di questa situazione, l’INAIL
aveva già mostrato preoccupazione per il significativo aumento delle denunce di
infortunio, anche mortale che hanno riguardato i voucheristi, pervenute
all’ente assicurativo lo stesso giorno del pagamento del primo voucher, facendo
supporre che la regolarizzazione del lavoratore occasionale possa essere
sovente avvenuta solo a seguito di infortunio.
Ora, si consideri questa situazione, che
le nuove regole sul lavoro accessorio non fermano ma semmai possono
incentivare, e la si metta in relazione con la media italiana degli addetti per
azienda. In Italia, secondo elaborazioni Istat su dati Eurostat, le aziende
occupano mediamente 4 lavoratori. Sono oltre 4 milioni le imprese fino 9
dipendenti, dove sono impiegati il 46% dei lavoratori del nostro Paese. Questa
è, come minimo, l’area economica e produttiva dove anche i nuovi voucher
possono trovare applicazione, dove cioè è facilissimo trovare imprese che
impieghino al massimo 5 lavoratori con contratti a tempo indeterminato. E
guarda caso, si legge nello studio INPS sul lavoro accessorio già citato, che
il committente del lavoro accessorio è tipicamente un’impresa piccola, non una
famiglia (come spesso hanno raccontato gli accaniti sostenitori dei voucher),
determinandosi “una domanda molto frammentata, con protagoniste le aziende
piccole, con o senza dipendenti”.
E’ evidente, quindi, l’operazione truffaldina
e gattopardesca che è stata portata avanti sui voucher: prima sono stati
aboliti per evitare il rischio di una nuova sconfitta referendaria, che sarebbe
stata esiziale per le sorti del governo e per le mire di Renzi di un nuovo
incarico a Palazzo Chigi; poi sono stati reintrodotti, con altro nome, qualche
limitazione di facciata, rivolti alla stessa vastissima platea di committenti,
che possono produrre gli stessi abusi di prima, lo stesso lavoro nero di prima
e che servono a perseguire gli stessi obiettivi che avevano portato alla
liberalizzazione dei voucher: aumentare il grado di precarietà nel mondo
lavoro, indebolire ancora i lavoratori, far pagare la riduzione del costo del
lavoro ai lavoratori già stremati da anni di crisi, stagnazione economica e
misure di austerità.
Per resistere ed opporsi a queste misure
non basterà un’ulteriore raccolta firme, né un appello al Capo dello Stato e
nemmeno semplicemente un ricorso alla Consulta. Occorre, invece, ridare
protagonismo ai lavoratori in lotta.
di Carmine Tomeo
03/06/17
Credits:
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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Sunday, June 04, 2017 8:59 PM
Subject: L’INVOLUZIONE DEL LAVORO E LA
NUOVA CLASSE OPERAIA
UNA MATASSA DI LEGGI INCOSTITUZIONALI HA
DISTRUTTO LO STATUTO DEI LAVORATORI
APRIRE UNA STAGIONE DI LOTTA E’ L’UNICA
POSSIBILE SOLUZIONE PER FERMARE QUESTO SFACELO.
di Alba Vastano e Roberto Villani
03/06/17
Anche se si è vista solo la punta
dell’iceberg, riguardo l’insofferenza dei lavoratori, il 27 maggio a Roma c’è
stata un’importante protesta, partita dai lavoratori e dalle organizzazioni
sindacali di base di Alitalia. E’ la risposta al ricatto aziendale e ai 2.000
licenziamenti programmati, ma fatta propria da tante realtà del mondo del
lavoro, contro l’arroganza padronale e le politiche di un governo che continua
ad ignorare le richieste dei tanti lavoratori licenziati in diverse attività
produttive capitoline e che non riconosce in alcun modo le forze sociali e
sindacali. Sempre più numerose sono le vertenze aperte da chi viene messo sotto
il ricatto di accettare un lavoro sottopagato, privo di ogni tutela o venire
espulso dalla produzione.
Per tali motivi i lavoratori di tante
realtà sotto scacco sono scesi in piazza il 27 maggio, più uniti e più
agguerriti che mai, in risposta alla devastazione dei diritti e a una perdita
di posti di lavoro che nella Capitale è ormai gigantesca. A Roma hanno sfilato,
dal Colosseo fino a raggiungere Piazza Santi Apostoli, molte rappresentanze con
i loro eloquenti striscioni. Dai lavoratori Alitalia che hanno detto NO al
ricatto aziendale agli Autoconvocati CLAT TIM, con il bavaglio nero, a indicare
quanto accaduto a Riccardo De Angelis. Dagli ex Almaviva del Comitato 1666 ai
lavoratori di Sky, sotto attacco e a rischio trasferimento/licenziamento. C’è
anche ACI informatica (dove si parla di 600 licenziamenti), una delegazione
degli autoconvocati scuola in lotta contro la chiamata diretta e la
cancellazione delle graduatorie, una dell’ILVA, della Piaggio e del GSE, fino
agli scontrinisti della biblioteca nazionale di Roma.
Tantissime realtà auto-organizzate e
consiliari di lavoratori in lotta che da settimane stanno sperimentando
possibili percorsi di unità nelle lotte attraverso il coordinamento lotte unite
di Roma e che hanno marciato nel corteo convocato dalle organizzazioni
sindacali di base.
Molti i punti di programma e l’analisi
comune fatta dai lavoratori delle diverse realtà. Ci si oppone alle
esternalizzazioni, alla cancellazione di diritti sotto il ricatto del
licenziamento (come avvenuto in vicende come Alitalia o Almaviva), alla
“meritocrazia” utilizzata come grimaldello per dividere la classe, ai
licenziamenti collettivi di tanti lavoratori romani, fatti da aziende che
continuano a fare robusti profitti.
Una classe operaia che non è andata in
paradiso, ma che è scesa con convinzione in piazza, per opporsi in primis al
Jobs Act, la legge responsabile dell’arretramento complessivo di tutta la
classe lavoratrice. Una legge che manipola e strumentalizza a favore del
capitale le norme degli ex articoli 13 e 18 e che riduce la dignità del
lavoratore, disumanizzandolo.
Rifondazione Comunista, il Partito
Comunista di Rizzo e altre organizzazioni di ispirazione marxista hanno
accompagnato il corteo facendo la loro parte per la riuscita della
manifestazione. Le lotte per il lavoro al primo posto.
E’ importante ragionare sull’origine del
problema, su ciò che nel tempo ha permesso si arrivasse a una tale
devastazione. Ponendo l’attenzione su una serie di importanti passaggi
precedenti, si evince che nell’ultimo periodo la situazione si sia involuta
attraverso alcuni accordi e leggi su cui dovremo concentrare necessariamente la
nostra azione di lotta.
ACCORDO INTERCONFEDERALE 28 GIUGNO 2011
La contrattazione collettiva:
rappresentatività e effettività. L’accordo viene siglato fra Confindustria,
CGIL, CISL e UIL, ma stride con il sistema costituzionale che sancisce la
libertà dell’organizzazione sindacale (articolo 39). Inoltre entra in conflitto
con l’articolo 14 della L.300/70 che recita “Il diritto di costituire associazioni
sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i
lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro”. L’accordo non risolve quello che
dovrebbe, ovvero l’esigibilità, l’applicabilità e l’estensione soggettiva. E’
valido solo per gli iscritti alle sigle sindacali che lo firmano, escludendo di
fatto i non iscritti o gli iscritti ad altre organizzazioni.
Inizia la fase della complicità con il
governo, fase che toglie forza alle organizzazioni sindacali fuori
dall’accordo, ma impoverisce anche quelle confederali che non rispettino le
linee concordate. Inizia anche la contrattazione di secondo livello, con
deroghe al contratto nazionale, in senso peggiorativo.
LEGGE DI STABILITA’ (LEGGE 148) ARTICOLO 8
Succede dopo la lettera della BCE.
Draghi e Jean Claude Trichet invitano
Berlusconi, allora premier, a fare le riforme. Tagli immediati sulle pensioni,
sul lavoro e sul welfare. L’Eurozona è in crisi, questo dichiarano a
motivazione. Sacconi, allora ministro del lavoro, di fronte alla pressante
richiesta di flessibilità da parte della troika al servizio del capitale, corre
ai ripari e introduce nella legge 148, l’articolo 8 che può modificare la
contrattazione collettiva di 2° livello, così come stabilito nell’accordo
interconfederale. “le specifiche intese raggiunte a livello aziendale operano
anche in deroga alle disposizioni di legge e alle relative regolamentazioni
contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”
RIFORMA DEL LAVORO FORNERO E JOBS ACT
Sotto il governo Monti, Elsa Fornero è il
ministro del lavoro e delle politiche sociali. Non le ci vuole molto a fare più
danni possibile sul lavoro e le pensioni. Ha il coraggio di mostrare le sue
false lacrime ai media. La sua proposta di legge, approvata, è così denominata
“Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva
di crescita”. E’ il primo pesantissimo attacco all’articolo 18, Legge 300 dello
Statuto dei Lavoratori, che avviene modificando la legge che imponeva il
reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato, nelle aziende con più di 15
dipendenti. Con la Fornero il reintegro potrà avvenire solo in pochissimi casi.
Con il Testo Unico della rappresentanza,
del 10 gennaio 2014, viene abolita la rappresentanza dei Sindacati che non
accettano la complicità con il datore di lavoro/padrone. Inizia una sorta di
dittatura sindacale da parte della CGIL, CISL, UIL E UGL. I lavoratori non
possono scegliere i propri delegati, in piena violazione di quanto recitano gli
articoli 2, 3 e 39, comma 1.
Durante il governo Renzi, nel 2014,
Poletti riprende il testo Fornero, lo modifica e crea la legge n. 34. Nasce
dunque da Poletti, in accordo con Renzi, quel mostro che è il Jobs Act.
Viene sostanzialmente sepolto l’articolo 1
della Costituzione. “Il lavoro non è un diritto” secondo il duo
Fornero/Poletti. E si dà il via alla risoluzione del problema opposto. Ovvero,
non come fare per creare posti di lavoro, ma come fare per licenziare il
lavoratore o soggiogarlo, ricattandolo. La legge che mette mano a tutto
l’impianto dello Statuto dei lavoratori, a partire dai già citati articoli 13 e
18, con reintegra sostanzialmente cancellata se non per indimostrabili motivi
discriminatori, trasformando le garanzie e la rigidità in flessibilità estrema
a favore degli imprenditori, è amata da tutto il mondo padronale ed è subito
odiata, per giustificato motivo, dal popolo dei lavoratori.
CHE FARE?
Lo stato delle cose per la classe
lavoratrice è oggi deprimente. I licenziamenti delle ultime settimane, la
devastazione del lavoro a Roma e nell’intero paese, i ricatti continui fatti
dalle aziende ai lavoratori che non piegano la testa di fronte all’arroganza
aziendale, sono lo specchio della condizione attuale e dei rapporti di forza
che si sono creati. Un arretramento avvenuto con la colpevole accondiscendenza
della maggior parte delle burocrazie sindacali, tese a fare i propri interessi,
a salvaguardare le proprie strutture, ma assolutamente remissive di fronte a
questo terribile attacco. L’attacco all’articolo 18 portato ai lavoratori dal
governo Berlusconi solo pochi anni fa, nel 2002, fu respinto dalla CGIL che
portò 3 milioni di lavoratori in piazza. Contro la riforma Fornero ed il Jobs
Act di Renzi non è stata fatta un’ora di sciopero. La differenza è evidente e
le responsabilità precise.
Nelle condizioni attuali i padroni stanno
affondando la lama nel burro, al punto che diventa difficile affermare che
esiste ancora qualche diritto. Un’unica soluzione è possibile: costruire
l’unità dei lavoratori e strutture consiliari autoconvocate che garantiscano
una nuova e reale rappresentanza dei salariati, in grado di superare e dare la
scossa alle burocrazie delle organizzazioni sindacali silenti. È oggi questa
l’unica possibilità che abbiamo per tentare nel tempo di smantellare le riforme
messe in atto da chi per mantenere il potere in politica acconsente ai diktat
della BCE e dei Trattati europei. E’ nella consapevolezza del presente e nella
piena conoscenza del passato che tante realtà auto convocate, il 27 maggio
nella Capitale hanno deciso di unirsi e manifestare. E che continueranno ad
organizzarsi in modo unitario nel coordinamento lotte unite.
Un segnale importante da parte di una
nuova classe operaia che solo auto-organizzandosi, come già accaduto nel ‘21 e
negli anni Settanta, potrà tentare di costruire un movimento in grado di
cambiare lo stato delle cose presenti.
PER AVERE CONSAPEVOLEZZA DEL PRESENTE,
OCCORRE CONOSCERE IL PASSATO PER POTER POI ANTICIPARE LE TRASFORMAZIONI DEL
FUTURO
USB Settore telecomunicazioni
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From: Slai Cobas per il Sindacato di
classe slaicobasta@gmail.com
To:
Sent: Monday, June
05, 2017 7:40 AM
Subject: 16 GIUGNO
SCIOPERO LOGISTICA
16 GIUGNO 2017
SCIOPERO NAZIONALE DI 24 ORE DI TUTTO IL
SETTORE DELLA LOGISTICA
Per un contratto nazionale degli operai
della logistica.
Per i diritti salariali, normativi e
sindacali.
Per il passaggio diretto e immediato negli
appalti conservando tutti i diritti, contro la logica schiavista del
sub-appalto.
I problemi di ogni magazzino arrivano dal
contratto nazionale di lavoro di CGIL, CISL, UIL, che dà mano libera alle
cooperative per sfruttare i lavoratori.
Bisogna lottare in ogni magazzino per
avere un contratto della logistica che dia garanzia del posto di lavoro, contro
il ricatto del cambio appalto, per condizioni di lavoro dignitose e non da
schiavi.
Contro i ritmi di lavoro imposti dalla
grande distribuzione.
Per la salute e sicurezza dei lavoratori.
Contro la repressione e la
criminalizzazione delle lotte.
Per il ritiro di tutte le denunce e
montature politiche.
Uniamo le lotte dei lavoratori delle
cooperative logistiche
Slai Cobas per il Sindacato di classe
via Marconi 1 Dalmine (BG)
telefono: 335 52 44 902
---------------------
From: Teoria & Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
To:
Sent: Monday, June 05, 2017 10:37 AM
Subject: GLI INSEGNAMENTI DELLA VICENDA
“VOUCHER”
La cosiddetta “truffa” consumata sui
voucher, insegna agli operai e a tutti i lavoratori, che non è più tempo di
lasciarsi cullare dalle illusioni riformiste.
Governo e rappresentanze parlamentari
borghesi sono coerenti quando approvano provvedimenti che difendono il profitto
capitalistico o difendono i privilegi delle classi proprietarie. Governo e
rappresentanze parlamentari borghesi, in testa il PD, sanno benissimo che le
gravi difficoltà in cui si dibatte il capitalismo italiano non possono vedere
altra via d’uscita che la riduzione alla fame e lo sfruttamento più crudele
della massa lavoratrice.
Invece i capi della CGIL hanno
immobilizzato le grandi masse con l’illusione che il governo della classe
capitalista potesse mettere a rischio i profitti e i mezzi per ottenerli. Far
credere alle masse degli operai, dei disoccupati, dei precari, che essi possono
guardare con fiducia nell’operato dei governi borghesi, ha il significato di
volerli mantenere nell’inganno e nella passività.
Questa fiducia è una causa dei mali della
classe operaia, che si deve togliere di mezzo al più presto, perché possa
risalire la china e giungere alla liberazione dalla schiavitù salariale.
I lavoratori salariati non devono
attendersi nessun aiuto dall’intervento dello Stato e dei partiti borghesi. La
classe operaia, gli sfruttati, nulla hanno da sperare da questo o da
quell’altro ministro borghese, da questo o quel politicante borghese o piccolo
borghese. Essi non possono fare affidamento che in sé stessi.
Ogni decreto, ogni legge non sono che
pezzi di carta per tutti i capitalisti, la cui volontà può trovare un limite
solo nella forza degli stessi lavoratori e non mai nelle corti costituzionali o
nei supremi tribunali dello Stato borghese.
Chi dalla tribuna parlamentare o in un
comizio di piazza si vale della sua autorità, del suo prestigio, per far
credere alle masse che la soluzione della crisi generale del capitalismo possa
essere trovata al di fuori del rovesciamento di questo sistema e
dell’edificazione del socialismo, si merita il titolo di traditore.
La disfatta politico-sindacale dei capi
CGIL (sia sull’articolo 18, sia sui voucher) che ora si vuole mascherare con il
prossimo comizio romano e lo spalleggiamento (che confina con la complicità) di
quegli esponenti politici che si preparano alle elezioni politiche e cercano un
pubblico, sono due facce della stessa medaglia: la crisi profonda
dell’opportunismo e del riformismo.
Stiano in guardia i lavoratori da qualunque
intervento dello Stato nelle loro lotte contro la classe dei capitalisti. La
verità che deve guidarli è che dalla classe capitalista otterranno sempre tanto
quanto sarà grande la loro forza concentrata nella lotta di classe, è che ogni
conquista politica o sociale dev’essere accettata solo come acconto.
I capi della CGIL (accompagnati dai
“nuovi” socialdemocratici che spacciano per socialismo l’intervento pubblico
dello Stato borghese) vogliono ribadire l’illusione che il ritorno dei voucher
dipenda dal voltafaccia di uomini di governo e da contingenze politiche, mentre
la questione sostanziale è nel regime capitalistico dello sfruttamento del
lavoro umano.
Oggi che il numero dei disoccupati va
crescendo continuamente e che la classe dei capitalisti non ha scrupolo alcuno
nel gettare sul lastrico a migliaia i lavoratori e le loro famiglie, un’altra
parola d’ordine deve correre tra le fila della classe operaia e delle masse
lavoratrici sue alleate, la quale non possa lasciare dubbio alcuno nell’animo dei
lavoratori.
Non si è monotoni se si ripete che tutti i
problemi inerenti alla vita delle masse lavoratrici del nostro paese devono
trovare espressione politica e organizzativa in un movimento di fronte unico
proletario e sulla sua base di ampio fronte popolare, per l’abbattimento del
barbaro ordine capitalista, per il nuovo Potere di democrazia popolare.
5 giugno 2017
Piattaforma Comunista per il Partito
Comunista del Proletariato d’Italia
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, June 06, 2017 9:44 AM
Subject: NEL 2017 SUPERATO OGNI RECORD DEI
MORTI SUL LAVORO IN QUESTI ULTIMI DIECI ANNI
Superato ogni record di morti sul lavoro
da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di
Bologna morti sul lavoro. Due poveri giovani poco più che ventenni morti
schiacciati dal trattore negli ultimi due giorni nelle province di Ferrara e
Agrigento, ma la politica pensa solo a posizionarsi per le imminenti elezioni
politiche e della vita di chi lavora non è interessata. Quattro i morti anche
ieri 5 giugno. Purtroppo i lavoratori non hanno e non avranno rappresentanza in
parlamento
REPORT MORTI PER INFORTUNI SUL LAVORO DAL
1° GENNAIO AL 6 GIUGNO 2017
Osservatorio Indipendente di Bologna morti
sul lavoro
Dall’inizio dell’anno a oggi 6 giugno 2017
sono morti sui luoghi di lavoro 282 lavoratori. Con le morti sulle strade e in
itinere, che sono considerati a tutti gli effetti morti sul lavoro si superano
i 600 morti complessivi. Erano il 4 di quest’anno 276. Erano 262 sui luoghi di
lavoro il 4 giugno del 2016 (+5,1%). Erano 236 il 4 giugno del 2008 (+14,5%).
Come vedete nessun calo delle morti per infortuni sui luoghi di lavoro, anzi,
un aumento costante in questi dieci anni nonostante vogliono farci credere il
contrario, e questo per giustificare l’incredibile massa di denaro speso per la
Sicurezza in questi anni.
LE MORTI VERDI
Strage continua, sono già 56 dall’inizio
dell’anno gli agricoltori morti schiacciati dal trattore. A questi occorre
aggiungere tanti altri che sono morti o perché trasportati a bordo (anche
bambini) o per le strade a causa di incidenti provocati da questo mezzo.
Martina batta finalmente un colpo su queste tragedie. Da quando è Ministro sono
morti schiacciati da questo mezzo oltre 450 agricoltori, ma ci stiamo avviando
a contare i 500 morti provocati da questo mezzo che con questo ritmo saranno
inevitabili tra qualche mese. Gli ultimi due a morire avevano poco più di vent’anni:
a Naro di Agrigento è morto un 26enne mentre in provincia di Ferrara un giovane
di 24 anni. Un morto su cinque sui luoghi di lavoro di tutte le categorie è
causato dal ribaltamento del trattore. Ma se dal Paese non si alza un moto
d’indignazione verso chi ci governa, per la loro indifferenza, nulla cambierà.
Nelle televisioni pubbliche trasmissioni pagate coi soldi dei contribuenti,
fanno vedere idilliache terre incontaminate dove gli animali pascolano felici,
ma mai che si occupano dell’altra faccia della medaglia: i tantissimi morti che
ci sono sui campi e il colore rosso della terra impregnata dal sangue dei
nostri agricoltori. Occorrerebbe (ma lo scriviamo da tanti anni) che chi ci
governa faccia una campagna informativa sulla pericolosità del mezzo. E chi di
dovere metta a disposizione forti incentivi per mettere in sicurezza i vecchi
trattori.
MORTI NELLE REGIONI E PROVINCE ITALIANE
NEL 2017
Morti nelle Regioni e Province italiane
nel 2017 per ordine decrescente, sono esclusi dalle province i morti sulle
autostrade e all’estero.
Nota Bene: i morti segnalati nelle Regioni
sono solo quelli sui luoghi di lavoro. Con le morti sulle strade e in itinere
gli infortuni mortali in ogni provincia e regione sono mediamente il 120% in
più ogni anno.
LOMBARDIA 27: Milano 5, Bergamo 2, Brescia
6, Como 1, Lecco 2, Lodi 1, Mantova 2, Monza Brianza 4, Pavia 2, Sondrio 2.
VENETO 27: Venezia 4, Padova? 1, Rovigo 5,
Treviso 4, Verona 6, Vicenza 7.
ABRUZZO 26: L’Aquila 6, Chieti 3, Pescara
12, Teramo 5.
SICILIA 19: Palermo 2, Agrigento 4,
Catania 1, Enna 1, Messina 1, Ragusa 3, Siracusa 1, Trapani? 6.
CAMPANIA 19: Napoli 7, Benevento 2,
Caserta 5, Salerno 5.
SICILIA 19: Palermo 2, Agrigento 4,
Catania 1, Enna 1, Messina 1, Ragusa 3, Siracusa 1, Trapani? 6.
EMILIA ROMAGNA 18: Bologna 2, Forlì Cesena
1, Ferrara 3, Modena 1, Parma 2, Piacenza 2, Ravenna 4, Reggio Emilia 3.
PIEMONTE 16: Torino 7, Asti 2, Biella 1,
Cuneo 4, Verbano Cusio Ossola 1, Vercelli 1.
TOSCANA 13: Firenze 2, Grosseto 2, Livorno
3, Lucca 1, Massa Carrara 1, Pisa? 2, Pistoia 1, Prato 1.
LAZIO 12: Roma 5, Viterbo 1, Frosinone 2,
Latina 4.
CALABRIA 10: Catanzaro 2, Cosenza 5,
Crotone 1, Reggio Calabria 1, Vibo Valentia 1.
PUGLIA 10: Bari 3, Brindisi 2, Foggia 2,
Lecce 2.
LIGURIA 8: Genova 2, Imperia 1, La Spezia
1, Savona 4.
MARCHE 8: Ancona 2, Macerata 1,
Pesaro-Urbino 5.
SARDEGNA 7: Cagliari 2, Oristano 2,
Sassari 3.
UMBRIA 6: Perugia 4, Terni 2.
FRIULI VENEZIA GIULIA 6: Trieste 2,
Gorizia 1, Udine 3.
BASILICATA 1: Potenza 1.
MOLISE 2: Campobasso 2, Isernia 1.
TRENTINO ALTO ADIGE 5: Trento 1, Bolzano
4.
IL RISCHIO CAPANNONI IN CASO DI TERREMOTO
Molte delle vittime del terremoto in
Emilia erano lavoratori rimasti schiacciati per il crollo dei capannoni. Lo
stesso terremoto che ha colpito l’Umbria e le Marche ha evidenziato che i
capannoni industriali in Italia sono per la maggior parte a rischio sismico. E’
un miracolo che non ci siano stati morti nella cartiera a Pioraco di Macerata.
Il tetto è crollato nel cambio turno, nella fabbrica stavano lavorando solo 20
persone che sono riuscite a scappare. L’intero tetto della sala macchine è
crollato. In questa fabbrica ci lavorano complessivamente 146 lavoratori e se
fossero stati tutti all’interno ci sarebbe stata una strage. E’ un miracolo,
come nel terremoto in Emilia che pur provocando vittime tra i lavoratori è
capitato di notte e in orari dove sotto e fabbriche ci lavoravano pochissime
persone. La maggioranza dei capannoni industriali in Italia sono stati
costruiti in anni dove non si teneva in nessun conto del rischio sismico.
Tantissimi di questi capannoni hanno le travi solo appoggiate sulle colonne e
nel caso di terremoti possono muoversi dall’appoggio e crollare.
Se non si comincia a farli mettere in
sicurezza è a rischio la vita di chi ci lavora sotto, e parliamo di milioni di
lavoratori. Del resto con incentivi e detassazioni si potrebbero mettere tutti
in sicurezza con una spesa non eccessivamente alta.
I DATI INAIL
Superati i tanti morti per infortuni sui
luoghi di lavoro del 10% rispetto ai primi 5 mesi del 2008 anno d’apertura
dell’Osservatorio. Sono stati diffusi i dati delle denunce delle morti sul
lavoro pervenute all’INAIL che tutti possono andare a vedere nella loro
raccolta “Open Data” INAIL: al 31 aprile ci sono state 262 denunce di morti per
infortunio sul lavoro. Occorre ricordare che tutti gli anni molte di queste
denunce non verranno accolte. Nelle 262 denunce pervenute all’INAIL al 31
aprile ci sono anche i morti sulle strade e in itinere, mentre noi al 31 maggio
superiamo i 500 morti complessivi.
REPORT MORTI SUL LAVORO NELL’INTERO 2016
Nel 2016 sono morti 641 lavoratori sui
luoghi di lavoro e oltre 1.400 se si considerano i morti sulle strade e in
itinere (stima minima per l’impossibilità di conteggiare i morti sulle strade
delle partite IVA individuali e dei morti in nero), e di altre innumerevoli
posizioni lavorative, ricordando che solo una parte degli oltre 6 milioni di
Partite IVA individuali sono assicurate all’INAIL. L’unico parametro valido per
confrontare i dati dell’INAIL e di chi li utilizza per fare analisi, e
dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro sono i morti per
infortuni INAIL senza mezzo di trasporto, e confrontare quanti ne registra in
più l’Osservatorio. Si ha così il numero reale delle morti per infortuni sui
luoghi di lavoro in Italia e non solo degli assicurati INAIL.
L’OSSERVATORIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA E’
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Grazie amici di Facebook che a centinaia
visitate questo sito ogni giorno.
Carlo Soricelli
curatore dell’Osservatorio Indipendente d
Bologna morti sul lavoro, attivo dal 1° gennaio 2008
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From: Muglia La Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent: Tuesday,
June 06, 2017 5:26 PM
Subject: QATAR
2022: LA STRAGE NEI CANTIERI
Ho deciso di ripubblicare il post già
presentato sul mio blog un paio d’anni fa. Che le cose siano cambiate? Credo
proprio di no. E quindi ripropongo la domanda di allora: “Possiamo accettare,
in silenzio, una strage per la costruzione degli stadi in Qatar per i prossimi
campionati del mondo di calcio del 2022?”.
E’ quello che avvenendo nei cantieri di
questo paese arabo, mentre sui giornali e in tv passano le immagini sulle
meraviglie dei nuovi impianti e sulla presunta modernizzazione di Doha e delle
altre città coinvolte. Sui morti, invece, silenzio tombale, come se non
esistessero. L’unica denuncia arriva dalla solita voce isolata e inascoltata di
Amnesty International e di alcuni sindacati, anche italiani, che raccontano i
numeri dell’ecatombe: 1.200 operai morti sui cantieri fino ad oggi (N.d.R.
aprile 2015). In gran parte si tratta di manodopera, priva di qualsiasi forma
di assistenza sanitaria, che arriva dal Nepal, dall’India e dal Bangladesh.
Un lungo elenco di vite sprecate, morti
assurde , dovute alle incredibili condizioni di lavoro. Nei cantieri per i
mondiali, infatti, si lavora fino a 16 ore al giorno, senza interruzione, con
temperature che toccano il valore record di 50 gradi. E si muore d’infarto.
Tenendo conto che ai nuovi stadi lavorano
circa un milione di operai, se continua così e se non si interviene, da oggi al
2022 i morti potrebbero diventare oltre 4.000. ”Siamo dinanzi a una catastrofe,
che noi abbiamo segnalato a tutte le autorità. Il governo di Doha ci ha
risposto incaricando uno studio legale che ha prodotto su due piedi alcune,
blande raccomandazioni, peraltro inattuate, sulle condizioni di lavoro“
racconta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. E aggiunge:
”Aspettiamo di sentire una parola dalla FIFA, che sta coprendo con una sorta di
cortina fumogena la strage, parlando di un Paese moderno e di impianti
all’avanguardia, senza però accennare alla strage”.
Secondo Pierre Cuppens, vice presidente
della federazione mondiale dei lavoratori edili e del legno (BWI),con questo
ritmo potrebbero arrivare a 4.000 nel 2022. “Ogni settimana ci sono aerei che
dal Qatar riportano in Nepal bare con operai morti e allo stesso tempo
ripartono altri aerei carichi di operai che faranno la stessa fine. Vengono
trattati come cani, con salario minimo, in condizioni disagiate e senza misure
di sicurezza sul lavoro. E ci sono sempre più giovani operai morti per infarto,
visto che lavorano per tantissime ore al sole, e a temperature altissime”.
Una situazione che, dopo le denunce del
sindacato, ha visto un “rimpallo” di responsabilità tra le diverse “parti” in
campo. “Le autorità del Qatar” - spiega ancora il dirigente sindacale – “hanno
sempre detto che non c’entrano nulla e che la responsabilità è delle imprese,
che a loro volta hanno riferito che è stata l’amministrazione centrale del
Qatar a lasciar loro mano libera nell’organizzazione del Lavoro. E la FIFA
inizialmente ha detto che non aveva le competenze per potere controllare quello
che avveniva in quei Paesi”.
Chiudiamo gli occhi di fronte al circo
pallonaro e accettiamo il sacrificio degli innocenti nel nome del dio Pallone?
Muglia La Furia
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