TORNANDO SULLO SCIOPERO GENERALE DEL 16 - E'
NECESSARIO CHIAREZZA
Il corteo a Bergamo dei lavoratori della logistica
|
A pochi
giorni dallo sciopero generale del 16 giugno del trasporto e della logistica è
necessario tornare su di esso a fronte di alcune questioni, l'azione di
padroni, governo, stampa borghese, e naturalmente al loro fianco sindacati
confederali, e le posizioni di forze della sinistra opportunista, le cose che
vengono dette e scritte sullo sciopero da settori del movimento, da aree
trosko-bordighiste e da parassiti politici.
Queste
osservazioni sono necessarie per definire esattamente lo stadio della lotta nei
settori di classe impegnati e il tipo di battaglia da fare.
Partiamo
dallo sciopero dei trasporti che ha presentato il solito scenario, in alcune
città e settori le influenze dello sciopero si sono fatte sentire, sia perchè
in alcune città e settori è effettivamente riuscito in termini di
partecipazione dei lavoratori, sia perchè la prassi della borghesia attraverso
i suoi mass media amplifica in modo allarmista gli effetti dello sciopero allo
scopo di attaccare il diritto di sciopero, attaccare le organizzazioni
sindacali non confederali che lo promuovono, con la logica di colpire uno per
colpire tutti, vale a dire: prendere a pretesto i cosiddetti “disagi” dei
cittadini, solo in parte provocati dallo sciopero (si potrebbero fare numerosi
esempi di questo) dato che il problema principale è lo stato dei trasporti.
Evidentemente
ora il problema diventa l'attacco al diritto di sciopero che la borghesia
Lo sciopero
è partito dalla questione Alitalia, e in Alitalia si è scioperato. Ma con
chiarezza, lo sciopero sulla questione Alitalia non ha inciso, se non
parzialmente, sullo stato della vicenda e della lotta dei lavoratori. Come
abbiamo scritto in una precedente nota, in Alitalia la resistenza si sviluppa,
la battaglia si vince solo ed esclusivamente se si esce dalla logica della
superficiale contrapposizione tra governo, gestione attuale dell'Alitalia,
sindacati confederali e le diverse sigle dei sindacati di base, che, come
abbiamo detto, sono un problema e non la soluzione in Alitalia. Al fondo dei
piani di licenziamenti e attacco ai diritti, i lavoratori devono opporre
l'unità di massa alla base, imporre in assemblee le loro rivendicazioni in
forme maggioritarie e scatenare la “guerra civile” non su quale è il padrone
migliore ma su come difendere lavoro, diritti e naturalmente sicurezza ed
efficienza nel servizio aereo. La parola d'ordine della nazionalizzazione in
Alitalia non serve; la nazionalizzazione è quella che già c'è e la “battaglia
dei cieli” scatenata a livello mondiale non si vince ma si perde con le
nazionalizzazioni. L'attuale guerra commerciale e lo scontro tra i monopoli
domanda che i lavoratori escano dalla guerra di un monopolio contro l'altro. Se
tagliano l'occupazione e i diritti comunque si ha un servizio peggiore e sono
un tassello all'insegna appunto della generalizzazione degli effetti su tutti i
lavoratori del trasporto aereo, le cui condizioni e numeri vengono dimensionati
secondo il monopolio più forte e anche secondo il paese più forte che sta
dietro, e chi riesce ad imporre le condizioni peggiori ai suoi lavoratori.
In questo
senso si può comprendere come lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che non
è presente in Alitalia, sostiene le lotte dei lavoratori ma non le posizioni di
tutti i sindacati di base presenti. E anche alla luce dello sciopero del 16,
noi sosteniamo che esso non ha rappresentato nessun passo avanti rilevante
sulla questione Alitalia, che pure era all'origine della decisione di
promuovere questo sciopero generale.
Abbiamo già
detto che per noi gli scioperi generali generici non sono la forma adatta per
lo scontro generale dei lavoratori, che questa battaglia invece va fatta
attraverso il “braccio di ferro” su singole questioni, su cui resistere,
ridurre i danni e vincere; vincere le battaglie come tappa della guerra. Per
noi una vertenza ad oltranza dell'Alitalia, sostenuta da sciopero di
solidarietà da diversi settori dei lavoratori, comprese le fabbriche, è meglio
dello sciopero del 16 e può costruire il cammino dello sciopero generale che
serve ed incide.
L'altra
questione è lo sciopero della logistica.
Noi non
potevamo che aderire allo sciopero del 16 giugno, essendo interno alla
battaglia dura in corso in questo settore. Ma noi, a differenza di come dicono
alcuni dei suoi organizzatori e sostenitori, non pensiamo che lo sciopero del
16 sia stato un passo in avanti verso l'unità dei settori in lotta.
Lo sciopero
della logistica insieme a quello dei trasporti ha oscurato lo sciopero della
logistica, e se dovessimo guardare alla stampa borghese, lo sciopero della
logistica sembra non avvenuto.
La battaglia
per il contratto nazionale che giustamente era al centro delle rivendicazioni
dei lavoratori della logistica non è una battaglia che può avanzare e vincere
secondo la logica del 16. Essa ha bisogno di occupare tutto lo scenario dello
scontro sindacale con enormi implicazioni politiche data la composizione di
immigrati pressochè totale dei lavoratori e date le dinamiche, più volte
analizzate, della centralità di questo settore nello scontro generale e
nell'attuale stadio del movimento sindacale di classe.
Non
comprendere questo, è ulteriormente negativo perchè spinge le organizzazioni
sindacali attive nel settore in un certo senso ad adeguarsi allo stile delle
piattaforme generali degli scioperi generali indetti dai sindacati di base, che
finora tutto sono stati meno che elemento di forza dell'alternativa sindacale
di classe nel nostro paese, checchè ne pensino i dirigenti di alcuni sindacati
di base.
Chiaramente
la lotta per il contratto bisognava aprirla e la decisione del Si.Cobas di
promuoverla, a cui abbiamo aderito era giusta e necessaria, purchè non si
giochi con le parole e ci si autoinganni. Al centro effettivo di questo
sciopero vi era la tenuta e la resistenza degli operai in lotta contro i
licenziamenti (sindacali e politici in questo settore), sfruttamento e
schiavitù, là dove sono riusciti a costruire la loro organizzazione, e che ora
padroni delle cooperative, governo e Stato vogliono soffocare e cancellare.
Su questo lo
sciopero ha avuto un buon risultato. Gli operai hanno opposto all'azione di
padroni e governo la loro determinazione e alcune realtà hanno risposto a tono
alle cariche poliziesche (vedi Modena), all'intimidazione, alla repressione. Se
si capisce questo, si capisce quali sono stati i veri risultati di questo
sciopero. Le misure restrittive ad Aldo Milani, dirigente del Si.cobas, sono
state revocate e questa montatura probabilmente è definitivamente caduta, e a
Bergamo, che per settarismo ideologico e spirito di gruppo viene totalmente
cancellata nei resoconti anche del Si.cobas, quando qui vi è stato uno dei
cortei, non grosso, ma combattivo, gli operai dello Slai Cobas per il sindacato
di classe e del Si.cobas si sono uniti in piazza, nelle assemblee durante e a
fine manifestazione, su un'unica posizione e hanno opposto il loro corteo e la
loro unità ai licenziamenti a Brignano – dove l'obiettivo è la cancellazione
dello Slai Cobas sc, divenuto un ostacolo, una “mina vangante” per l'intero
sistema delle cooperative, per la loro gestione “conflittuale” (pessima parola,
usata dagli stessi sindacati di base su una linea della conflittualità
compatibile).
I padroni
delle cooperative, lo Stato, le Istituzioni locali sanno bene che non si può
rimuovere la conflittualità in questo settore e che un certo ruolo ai sindacati
di base va pure lasciato, dato che organizzano la maggioranza dei lavoratori,
ma quello che per loro non è accettabile è la rottura di questa compatibilità
per imporre realmente in questo settore condizioni di lavoro dignitose, diritti
e fine dell'uso selvaggio e schiavistico dell'appalto. E a Brignano e alla Kamila
chi sta facendo realmente questa lotta sono gli operai dello Slai Cobas per il
sindacato di classe, che non solo si stanno scontrando contro cooperative e
padroni committenti, denunciando quotidianamente l'azione delle Istituzioni a
fianco di essi, ma anche contro l'azione strumentale, sciacallesca di alcuni
esponenti dei sindacati di base, dell'Usb, che per un pugno di tessere attacca,
spezza la lotta dei lavoratori, si mette al servizio del disegno delle
cooperative ed entra pienamente della logica di “piazzare i suoi” invece che
tutti, che, chiaramente, è il contrario della linea: se toccano uno toccano
tutti.
A questa
logica recentemente si è unita al tavolo delle trattative anche quella di
alcuni incaricati esterni del Si.cobas che hanno appoggiato a questo tavolo una
linea di sostanziale accettazione dei licenziamenti che era proprio l'oggetto
dello scontro.
I lavoratori
in questo settore non affrontano una linea di unità di classe ma quella della
libanizzazione sindacale che è esattamente quello che serve ai padroni per far
passare i loro piani.
Bergamo, in
un certo senso, è un laboratorio di questa battaglia e della trasformazione
anche in questo settore dell'Usb in quarto sindacale stampella e di
conciliazione con i padroni, in cui la lotta non è fatta nell'interesse dei
lavoratori, ma per ottenere tessere e tutelare la propria organizzazione.
Tornando
allo sciopero della logistica, la tenuta del sindacalismo di classe in questo
settore, rappresentata maggioritariamente dal Si.cobas è il risultato concreto
dello sciopero.
Certamente a
questo sciopero si aggiungono poi un insieme di “grilli parlanti”, di parassiti
politici, che calcano la mano, che come “pulci sulle spalle dell'elefante”
esaltano lo sciopero e la lotta per esaltare sé stessi. Non sono purtroppo
novità nel movimento sindacale di classe e nella lotta, ma proprio in questo
settore sembra essersi concentrato l'ultimo approdo di questo parassitismo
ideologico e linee di condotta.
Così anche
questa volta dobbiamo assistere alle cronache in diretta di Infoaut che
sembrano peggiori di quelle di 'tutto il calcio minuto per minuto', che almeno
lì si collegano con tutti i campi nel fare le cronache. Ma questo, tra l'altro
è solo espressione di quella fetta di movimento per cui “il movimento è tutto e
il fine è nullo”, logica che ha portato in tempi sospetti ad esaltare anche i
“forconi”, e roba del genere.
La lotta sul
contratto nella logistica ha fatto il primo passo necessario, ora bisogna
davvero aprirla come la guerra prolungata che ha bisogno di forza, continuità,
determinazione che ai lavoratori non mancano, ma anche capacità di arrivare al
Tavolo romano, in cui comunque questa “vertenza” deve arrivare per consolidare
un risultato e avere una cornice generale necessaria per vincere le battaglie
particolari.
La lotta per
il contratto ha bisogno di vincere anche tante battaglie sul territorio e di
unità reale tra i lavoratori - Sarà bene che tutti i compagni siano consapevoli
che questo del 16 è stato uno sciopero difficile che insieme ai tanti
lavoratori in lotta e mobilitati, vi sono state tante realtà in cui lo sciopero
non si è concretizzato, e si tratta di realtà che hanno preso parte a tante
altre fasi della lotta. In questo senso la battaglia a Bergamo di lotta contro
i licenziamenti non deve finire con la vittoria dei padroni, e l'unità
realizzatasi tra i lavoratori nello sciopero del 16 va mantenuta per arrivare
ad una vittoria anche parziale: nessun licenziamento deve passare, la
repressione sindacale e politica – 11 lavoratori della Kamila sono accusati di
“sabotaggio” - deve essere contrastata sino in fondo e con tutti i mezzi e su
questo, come su altre battaglie di questa natura i lavoratori della logistica
devono muoversi insieme.
Nessun commento:
Posta un commento