INDICE
-
Visita medica su richiesta del lavoratore
e giudizio di idoneità alla mansione
-
Rischi nell’utilizzo delle apparecchiature
per la movimentazione delle merci
-
Infermieri: secondo la Cassazione va
retribuito il tempo divisa e cambio turno
-
Controlli e manutenzione per le
piattaforme di lavoro elevabili
-
Lavoratori anziani: capacità funzionali e
richieste lavorative
-
Quando le mani non sono protette
-
Gli infortuni nell’industria alimentare
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della
sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your
Rights”
Medicina
Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
-------------------------------------------
VISITA MEDICA SU RICHIESTA DEL LAVORATORE E GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA
MANSIONE LE
CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.82
Come sapete, uno degli obiettivi del progetto
SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a
tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza
sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire
che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a
fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di
leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire
un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi
simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle
persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia
QUESITO
Ciao Marco,
un mio collega
saldatore carpentiere (in una ditta di carpenteria pesante), è stato messo a
svolgere lavori che richiedono sovente l''utilizzo della moletta, pur essendo
invalido civile e sul lavoro, con percentuale che si attesta sul 65%.
Come RLS gli ho
consigliato di richiedere una visita medica dal nostro medico competente
esterno, in modo da presentargli la documentazione inerente alle sue
problematiche di salute. Dopo 3 mesi è riuscito a fare questa visita che non
gli veniva concessa e una volta davanti al medico ha chiesto di essere
esonerato da alcune mansioni.
Per tutta
risposta il medico gli ha detto: “cosa vuole, che gli scriva non idoneo al
lavoro così la lasciano a casa per sempre?”.
Posso segnalare
questa condotta all'ordine dei medici, visto che non è la prima volta che
antepone la produttività alla salute degli operai?
Alla riunione
periodica mi disse che lavorare a 11 gradi di temperatura va bene e che non
tutte le ernie richiedono esenzioni dal sollevare pesi.
Ciao.
Grazie mille.
RISPOSTA
Ciao.
Parto subito
dalle conclusioni, a seguire poi le giustificazioni normativa a quanto da me
indicato.
Il tuo medico
competente, come molti suoi colleghi sta evidentemente dalla parte dei padroni
e non dei lavoratori che dovrebbe tutelare. Al di là di ogni considerazione di
etica professionale, per cui potresti tranquillamente segnalarlo all’Ordine dei
Medici, il tuo medico competente commette dei reati penali, in quanto non
rispetta obblighi previsti dalla normativa vigente (il Testo Unico 81/08).
Infatti tale
normativa stabilisce che:
-
il medico
competente è obbligato a sottoporre il lavoratore su sua richiesta a vista
medica straordinaria, senza farlo aspettare 3 mesi;
-
il medico competente
è obbligato a esprime un giudizio scritto al lavoratore e al datore di lavoro
sulla idoneità o meno del lavoratore stesso alla mansione, in funzione del suo
effettivo stato di salute del, nel tuo caso dimostrato anche da documentazione
medica specialistica;
-
se il
lavoratore è idoneo parzialmente alla mansione (e mi sembra questo il caso) il
medico è obbligato a indicare le “prescrizioni o limitazioni” relative a
tale idoneità parziale;
-
in tal caso il
datore di lavoro manterrà il lavoratore nella sua mansione, imponendogli di
attenersi alle “prescrizioni o limitazioni” indicate dal medico (ad
esempio, in questo caso, non usare la moletta);
-
se il
lavoratore non è idoneo totalmente alla mansione il medico competente è obbligato
a specificarlo nel giudizio di idoneità;
-
se il
lavoratore non è idoneo totalmente alla mansione, il datore di lavoro deve
adibirlo ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute (se esiste
tale mansione, altrimenti potrebbe effettivamente anche licenziarlo...); in tal
caso, trattandosi di cambio di mansione, il medico competente informato dal
datore di lavoro, è obbligato a esprimere nuovamente giudizio di idoneità alla
nuova mansione;
-
il medico
competente è in ogni caso sempre obbligato a esprimere un “giudizio” di
idoneità per iscritto, eventualmente con “prescrizioni o limitazioni”
coerente con lo stato di salute reale del lavoratore;
-
in ogni caso il
lavoratore può fare ricorso alla ASL contro il giudizio del medico competente,
entro 30 giorni dalla data del giudizio.
Nel tuo caso
quindi conviene fare subito ricorso alla ASL e poi, anche sulla base delle loro
decisioni in merito, decidere se denunciare alla ASL stessa il mancato
adempimento del medico alla normativa sotto riportata.
Tale denuncia
di reato, potrà poi essere effettivamente girata anche all’Ordine dei Medici.
A disposizione
per ulteriori chiarimenti.
Marco.
A seguire la
normativa applicabile.
* * * * *
La sorveglianza
sanitaria, organizzata dal datore di lavoro ed eseguita dal medico competente
nominato dal datore di lavoro stesso, è anche finalizzata alla verifica della
idoneità psico-fisica del lavoratore a svolgere la sua mansione specifica, in
funzione dei rischi per la salute che la mansione comporta.
In pratica la
sorveglianza sanitaria serve e verificare che la mansione svolta, in funzione
dei suoi rischi, non abbia conseguenze negative per la salute del lavoratore,
in funzione di eventuali patologie o infermità che interessano il lavoratore
stesso.
Tale principio
generale costituisce, ai sensi del D.Lgs.81/08 (“Testo unico per la sicurezza”,
nel seguito Decreto) obblighi sanzionabili a carico del datore di lavoro (o dei
dirigenti da egli delegati) e del medico competente.
Un primo
obbligo, a carico del datore di lavoro è quello richiamato dall’articolo 18,
comma 1, lettera c) del Decreto che impone che:
“Il
datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nell'affidare i compiti ai
lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in
rapporto alla loro salute e alla sicurezza”.
Ciò si esplicita attraverso la
sorveglianza sanitaria che il datore di lavoro deve organizzare tramite la
nomina del medico competente, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera a) del
decreto:
“Il
datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nominare il medico competente per
l'effettuazione della sorveglianza sanitaria”;
e nell’inviare i lavoratori alla
sorveglianza sanitaria, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera g), richiedendo
al medico competente l’osservanza degli obblighi a lui imposti dal Decreto:
“Il
datore di lavoro [...] e i dirigenti
[...] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le
scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente
l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente Decreto”.
Infine il datore di lavoro deve verificare
che i lavoratori siano adibiti alla loro mansione solo a seguito di giudizio di
idoneità alla mansione, espresso dal medico competente, secondo l’articolo 18,
comma 1, lettera bb) del Decreto:
“Il
datore di lavoro [...] e i dirigenti
[...] devono vigilare affinché i
lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano
adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di
idoneità”.
Gli obblighi per il datore di lavoro di
cui all’articolo 18 sono sanzionabili penalmente in caso di mancato
adempimento.
Per quanto riguarda il medico competente,
egli deve eseguire le visite mediche da lui definite nel programma di
sorveglianza sanitaria, in funzione dei rischi specifici per ogni mansione,
secondo l’articolo 25, comma 1, lettera b):
“Il
medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo
41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e
tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Tale obbligo è sanzionato penalmente in
caso di mancato adempimento da parte del medico competente.
L’articolo 41, comma 2 del Decreto
definisce poi le visite mediche da effettuare da parte del medico competente:
“La
sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare
la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica [...];
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal
medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di
salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta,
al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare
l'idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti
dalla normativa vigente;
e-bis) visita medica preventiva in fase
preassuntiva;
e-ter) visita medica precedente alla
ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata
superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità
alla mansione”.
In esito alle
visite mediche di cui sopra il medico competente deve esprime un giudizio di
idoneità o meno alla mansione, in funzione dei rischi che essa comporta.
Ciò è stabilito
dall’articolo 41, comma 6 del Decreto:
“Il
medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al
comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o
limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente”.
Il giudizio di
idoneità o non idoneità deve essere espresso per iscritto al lavoratore e al
datore di lavoro, ai sensi del successivo comma 6-bis:
“Nei casi di
cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il
proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e
al datore di lavoro”.
Il mancato
adempimento di quest’ultimo obbligo da parte del medico competente è sanzionato
penalmente.
A seguito di
eventuale giudizio di idoneità da parte del medico, il datore di lavoro deve
attuare quanto previsto dall’articolo 42 del Decreto:
“Il datore di lavoro [...], in relazione ai giudizi di
cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e
qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il
lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il
trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
Di conseguenza,
il medico competente, in esito alla visita medica di sorveglianza sanitaria è
obbligato a esprimere un giudizio di idoneità o meno alla mansione. In caso di
giudizio di idoneità parziale, tale giudizio deve essere accompagnato dalle “prescrizioni
o limitazioni” derivanti dallo stato di salute del lavoratore.
La azienda,
sulla base di tale giudizio di inidoneità, deve adibire il lavoratore a
mansioni compatibili con il tuo stato di salute (“equivalenti o, in difetto,
a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di
provenienza”). Questo però sole “ove possibile”, cioè solo se esiste
ed è disponibile mansione compatibile per il lavoratore all’interno
dell’azienda.
Se tale
mansione non è presente, effettivamente l’azienda potrebbe anche licenziare il
lavoratore per giusta causa oggettiva.
Se il
lavoratore non ritiene corretto il giudizio del medico competente, può fare
ricorso alla ASL contro tale giudizio, entro 30 giorni dal giudizio stesso, ai
sensi dell’articolo 41, comma 9 del Decreto:
“Avverso
i giudizi del medico competente [...]
è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio
medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo
eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del
giudizio stesso”.
-------------------------------------------
RISCHI NELL’UTILIZZO DELLE APPARECCHIATURE
PER LA MOVIMENTAZIONE DELLE MERCI
Da: Rete Iside
APPARECCHIATURE PER LA MOVIMENTAZIONE
DELLE MERCI
Gli apparecchi di sollevamento usati per
la movimentazione di materiali possono essere di differenti tipologie
(paranchi, carroponte ecc), tuttavia ai fini della sicurezza, possono esser
suddivisi in due gruppi:
-
apparecchi di sollevamento motorizzati di
portata superiore a 200 kg;
-
apparecchi di sollevamento di portata
inferiore a 200 kg.
Entrambi devono possedere i requisiti ed
essere utilizzati secondo le regole stabilite dalle norme antinfortunistiche,
ma i primi (portata superiore ai 200 kg) devono essere denunciati all’INAIL (ex
ISPESL) per essere sottoposti al collaudo prima dell’installazione; una volta
che l’apparecchio è stato collaudato e munito, quindi, di un libretto
matricolare, deve essere sottoposto a verifica annuale da parte degli enti
previsti per accertarne lo stato funzionale.
MEZZI DI MOVIMENTAZIONE, LA VALUTAZIONE
DEL RISCHIO
I rischi prevalenti nell’utilizzo degli
apparecchi per il sollevamento-trasporto merci possono essere suddivisi in tre
tipologie:
-
rischi dovuti a carenze, a livello di
sicurezza intrinseca, degli apparecchi;
-
rischi dovuti a carenze nei locali di
lavoro e nel percorso effettuato dalle merci sollevate;
-
rischi dovuti ad errore dell’operatore
dell’apparecchio di sollevamento.
Dall’analisi dei dati statistici INAIL
sulle modalità di accadimento degli infortuni si rileva una presenza rilevante
di infortuni dovuti all’utilizzo di apparecchiature per il sollevamento e
movimentazione delle merci (in particolare “carroponte”), con numerosi casi
d’invalidità e di morte sul lavoro.
Il datore di lavoro, nella valutazione del
rischio, deve analizzare i tre aspetti descritti al paragrafo precedente: lo
stato dell’apparecchio, il percorso nei locali di lavoro, le competenze dell’operatore.
LA SICUREZZA INTRINSECA DELLE
APPARECCHIATURE PER LA MOVIMENTAZIONE DELLE MERCI
In teoria gli apparecchi di sollevamento
attualmente presenti nelle aziende dovrebbero essere tutti sicuri, a norma e
dotati di marcatura CE, in quanto prodotti in seguito alla “Direttiva Macchine”
del 1996; il datore di lavoro, quindi, dovrebbe solo verificare periodicamente
che i dispositivi di sicurezza delle macchine, presenti al momento del suo
acquisto, siano sempre perfettamente funzionanti.
Nella realtà questo spesso non avviene
perché esiste ancora un ampio mercato di macchine utensili usate prodotte prima
del 1996.
Ma molto spesso la sicurezza è messa in
pericolo anche da una scarsa manutenzione delle macchine, e quindi anche dei
dispositivi di sicurezza.
RISCHI DOVUTI A CARENZE NEI LOCALI DI
LAVORO E NEL PERCORSO EFFETTUATO DALLE MERCI SOLLEVATE
Molti incidenti sono causati dagli urti
dei carichi trasportati contro ostacoli presenti nel percorso delle merci, e
conseguente caduta sui lavoratori.
Per prevenire questi incidenti è
fondamentale che il percorso sia libero da ostacoli: per esempio nessun
lavoratore deve operare nell’area d’azione del carroponte. Oltre a questo,
chiaramente, è fondamentale che l’operatore del carroponte abbia le competenze adeguate
per evitare che faccia errori di manovra.
ELENCO SINTETICO DEI REQUISITI SPECIFICI
DI SICUREZZA PREVISTI PER GLI APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO CARICHI
Di seguito si riportano i requisiti
erssenziali di sicurezza per gli apparecchi sollevamento carichi:
-
portata massima: il peso del carico
(pezzo) da movimentare deve essere sempre inferiore alla portata massima di
tutti gli elementi che compongono l’apparecchio (dalla struttura del carroponte
fino ai ganci delle funi a cui si aggancia il carico);
-
segnaletica della portata massima: su
tutti i mezzi di sollevamento e sui ganci deve essere chiaramente visibile la
portata massima ammissibile;
-
ganci: devono essere provvisti di
dispositivi di chiusura dell’imbocco o essere conformati in modo tale da
evitare lo sganciamento delle funi, delle catene o degli altri organi di presa;
-
verifica di funi e catene: deve essere
trimestrale, svolta da personale specializzato e registrata sull’apposita
pagina del libretto matricolare;
-
percorso: le manovre per il
sollevamento-trasporto dei carichi devono essere disposte in modo da evitare il
passaggio dei carichi sospesi sopra i lavoratori e sopra i luoghi in cui la
eventuale caduta del carico può causare pericolo; qualora tale passaggio non si
possa evitare, le manovre per il sollevamento e/o trasporto dei carichi devono
essere tempestivamente preannunciate con apposite segnalazioni in modo da
consentire l’allontanamento delle persone che si trovino esposte al pericolo dell’eventuale
caduta dei carichi;
-
dispositivi di frenatura: i mezzi di
sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura
atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del
mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la
gradualità dell’arresto;
-
interruzione dell’energia: nei casi in cui
l’interruzione dell’energia di azionamento può comportare pericolo per le
persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che
provochino l’arresto automatico sia del mezzo che del carico; in ogni caso,
l’arresto deve essere graduale per evitare eccessive sollecitazioni nonché il
sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.
-
motore sempre innestato: gli elevatori
azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore
innestato, anche nella discesa.
LA VERIFICA DELLA CORRETTEZZA DEL
DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AZIENDALE
Il primo aspetto da verificare è la
conformità formale, ossia la presenza della marcatura CE, di tutte le macchine
per la movimentazione presenti in azienda.
Dopo questa fase bisogna effettuare la
verifica sostanziale della conformità, verificare, cioè, che i dispositivi di
sicurezza (ad esempio carter) garantiscano il 100% della sicurezza intrinseca
di una macchina.
Vediamo, a titolo d’esempio, come si
verifica la conformità di alcuni aspetti di un carroponte:
-
verificare visivamente che gli “organi”
per il sollevamento dell’apparecchiatura dalla struttura portante alla cinghia
finale siano tutti in buono stato e dotati di marcatura CE;
-
verificare che la portata massima di tutti
gli “organi” di sollevamento dalla struttura portante al gancio finale sia
maggiore del peso del carico da sollevare;
-
verificare in particolare la leggibilità
delle targhette con l’indicazione della portata massima delle cinghie per
l’imbragatura;
-
verificare se sono presenti indicazioni
adeguate per conoscere il peso dei carichi da sollevare.
I punti più critici dell’apparecchiatura
di sollevamento possono essere proprio le attrezzature finali, è fondamentale,
quindi, verificare le cinghie, quelle rovinate devono essere subito tagliate e
buttate via e dei ganci, che devono essere dotati di un sistema di chiusura
all’imbocco.
-------------------------------------------
INFERMIERI:
SECONDO LA CASSAZIONE VA RETRIBUITO IL TEMPO DIVISA E CAMBIO TURNO
Da Studio
Cataldi
28/11/17
di Lucia Izzo
Per gli
Ermellini si tratta di adempimenti meritevoli di compenso economico poiché
connessi a un’effettiva e diligente prestazione
Dovrà essere
retribuito anche il tempo che l’operatore sanitario ha impiegato per la
vestizione (e la svestizione) della divisa, nonché per il passaggio di consegne
all’entrata (e all’uscita) del proprio turno.
Lo ha precisato
la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 27799/2017
respingendo il ricorso dell’Azienda Sanitaria contro la sentenza della Corte
d’Appello che aveva dichiarato il diritto dell’infermiere a percepire la
retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione
della divisa aziendale e per dare/ricevere le consegne all’uscita e all’entrata
dal proprio turno di lavoro.
Si sarebbe
trattato, secondo il giudice a quo, di adempimenti connessi a un’effettiva e
diligente prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico.
In Cassazione,
l’AUSL sostiene che la motivazione della sentenza gravata, quanto alla
retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione, sarebbe stata in palese
contrasto con una serie di norme (tra cui il D.Lgs. 66/03, il CCNL per il
comparto sanità 2001 e il Contratto Integrativo aziendale del 2003),
trattandosi di attività rientrante nella diligenza preparatoria, intesa nei
limiti della normalità socio culturale che a essa la giurisprudenza riconnette.
Quanto al
passaggio di turno, volto ad assicurare la continuità terapeutica ai pazienti,
si tratterebbe di esigenza che può dirsi soddisfatta dalle annotazioni in
cartella (cosiddetta “scheda infermieristica”), ove sono puntualmente riportate
le pratiche eseguite e da eseguire, considerando anche la formula organizzativa
del cosiddetto avvicendamento dinamico di squadra che consente il passaggio di
consegne nel tempo necessario senza lasciare mai completamente sguarniti i
reparti.
Secondo la
Cassazione, invece, sotto ambedue i profili controversi (sia quello concernente
il cambio abito sia quello relativo al cambio turno) entrano in gioco
comportamenti integrativi e strumentali all’adempimento dell’obbligazione
principale, i quali nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto
espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della
continuità assistenziale.
Per la
giurisprudenza, il tempo dedicato alla vestizione/svestizione è considerato
tempo di lavoro ove qualificato da eterodirezione, in mancanza della quale
l’atto rientrerebbe nell’obbligo di diligenza preparatoria e non darebbe titolo
ad autonomo corrispettivo (vedi Sentenza di Cassazione n. 9215/2012).
Tale
situazione, tuttavia, non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non
essendo detta attività svolta nell’interesse dell’azienda bensì dell’igiene
pubblica, essa deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell’AUSL.
La Corte
territoriale ha correttamente affermato il diritto alla retribuzione soltanto
per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta utilizzato dal
lavoratore; inoltre, per quanto riguarda il lavoro all’interno delle strutture
sanitarie, nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo
di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo
imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la
gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.
Quanto al
cambio di consegne “in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva
prestazione di lavoro”, per la funzione che è chiamata ad assolvere, va
considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, imprimendosi
così a tale attività una nuova rilevanza, accrescendo la dignità giuridica
della regola deontologica della continuità assistenziale.
Sull’argomento
si veda anche la “Guida Tempo divisa: cos’è e quando va retribuito”,
consultabile all’indirizzo:
La sentenza
della Corte di Cassazione Sezione lavoro n. 27799/2017 è scaricabile
all’indirizzo:
-------------------------------------------
CONTROLLI E MANUTENZIONE PER LE
PIATTAFORME DI LAVORO ELEVABILI
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
23/11/17
La dinamica di un incidente nell’utilizzo
di una Piattaforma di Lavoro Elevabile (PLE). La dinamica dell’infortunio, i
fattori causali, le misure di prevenzione, le indicazioni normative per la
manutenzione ed i controlli delle attrezzature di lavoro.
Concludiamo con questo articolo il breve
viaggio della rubrica “Imparare dagli errori” tra gli incidenti che avvengono
nell’uso di macchine e attrezzature, raccolti in alcuni documenti prodotti
dall’ Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Brianza riguardo a infortuni,
incidenti e “near miss” avvenuti nell’uso delle macchine in vari comparti
lavorativi.
E poiché una delle attrezzature che più
spesso è soggetta a vari tipologie di infortuni professionali (ribaltamento del
mezzo, urto con altri mezzi, cedimenti strutturali, cadute dal cestello,
intrappolamento, ecc.) è la PLE, torniamo oggi a parlarne cercando di fornire
anche qualche spunto per la tutela della sicurezza dei lavoratori.
L’incidente con la PLE, raccontato nel
documento dell’ATS Brianza “Incidenti”, riguarda il comparto costruzioni.
In un cantiere edile nel corso di
lavorazioni in quota viene utilizzato un apparecchio di sollevamento persone
ovvero una PLE con stabilizzatori installata su un trattore.
Durante l’utilizzo dell’attrezzatura di
lavoro, la rottura di un elemento strutturale della stessa PLE provoca il
rovesciamento del cestello e la conseguente caduta dell’operatore.
In particolare questi sono i fattori
causali rilevati:
-
rottura della vite di registro posta all’estremità
dell’asta del parallelogramma, determinante per la stabilità del cestello;
-
mancata esecuzione dei controlli da parte
di persona competente;
-
mancata abilitazione all’uso della PLE;
-
mancata adeguamento PLE come da indicazioni
ISPESL/INAIL;
-
l’operatore non utilizzava idonei DPI
anticaduta.
Il documento dell’ATS riporta poi che
alcuni esempi di misure da attuare in casi simili.
E’ necessario rendere continuo il
collegamento tra l’asta e il terminale attraverso la sovrapposizione di piatti
di acciaio saldati. Tale accorgimento, negli intendimenti dell’ISPESL (oggi
INAIL), consentirebbe di non affidare più alla sola barra filettata la funzione
di resistenza. Il lavoro deve essere eseguito dal fabbricante della PLE ovvero
da persona competente.
Inoltre:
-
la PLE deve essere utilizzata
esclusivamente da operatore provvisto di abilitazione all’uso;
-
l’operatore deve fare uso di idonei DPI.
Dunque si segnala nuovamente che, in
questo caso, la causa dell’incidente è da ascriversi alla rottura della vite di
registro posta all’estremità dell’asta del parallelogramma, determinante per la
stabilità del cestello. E si indica che il sistema di livellamento del cestello
“a parallelogramma” è stato più volte oggetto di segnalazioni in seguito a
incidenti occorsi su analoghe PLE.
A tal proposito, l’ex ISPESL aveva diffuso
una nota tecnica specifica (Circolare del 5 agosto 1998, protocollo 009752
“Ponti mobili sviluppabili su carro con sistema meccanico ad aste per il
livellamento del cestello”) con la quale suggerisce l’adozione di particolari
“misure tecniche” quali quella di rendere continuo il collegamento tra l’asta e
il terminale attraverso la sovrapposizione di piatti di acciaio saldati.
Inoltre si sottolinea ancora, tra i
fattori modulatori dell’infortunio, che l’operatore non utilizzava idonei DPI
anticaduta.
Per avere ulteriori indicazioni e
suggerimenti per la prevenzione dei rischi nell’uso delle PLE, possiamo fare
riferimento a una norma tecnica presentata nel documento INAIL “PLE nei
cantieri. L’uso delle piattaforme di lavoro mobili in elevato nei cantieri
temporanei o mobili”.
Nel documento si ricorda che tra gli
obblighi che l’articolo 71 del D.Lgs. 81/08 pone a carico del datore di lavoro
alcuni commi riguardano la manutenzione e i controlli delle attrezzature di
lavoro.
Ad esempio, estrapolando quanto
applicabile anche per le PLE, il comma 4 prescrive che il datore di lavoro
prenda le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano oggetto di
idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti
di sicurezza e siano corredate dalle istruzioni d’uso e dal libretto di
manutenzione.
Lo stesso comma prescrive anche la tenuta
e l’aggiornamento del registro di controllo (previsto per le attrezzature di
sollevamento e, quindi, anche per le PLE.
Mentre il comma 7 prevede che i lavoratori
incaricati della riparazione, trasformazione o manutenzione siano qualificati
in maniera specifica per svolgere detti compiti.
Il comma 8 prevede, tra l’altro, che il
datore di lavoro sottoponga le attrezzature soggette a influssi che possono
provocare deterioramenti e generare situazioni pericolose a interventi di
controllo periodici, secondo frequenze stabilite dal fabbricante e a interventi
di controllo straordinari ogni volta che intervengano eventi eccezionali (quali
riparazioni trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati
di inattività). I risultati dei controlli devono essere riportati per iscritto
e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e
tenuti a disposizione degli organi di vigilanza (comma 9).
E se la macchina è utilizzata al di fuori
della sede dell’unità produttiva deve essere accompagnate da un documento
attestante l’esecuzione dell’ultimo controllo con esito positivo (comma 10).
In sintesi, continua il documento, le PLE
devono essere sottoposte ad attività di manutenzione e controllo osservando le
modalità e le frequenze previste dal costruttore e indicate sul manuale di
istruzioni, devono essere effettuate da persona competente e registrate sul cosiddetto
registro di controllo. Il registro di controllo deve essere tenuto a
disposizione degli organi di vigilanza.
Il documento, che si sofferma poi sulle
verifiche periodiche in relazione sempre all’articolo 71 del Testo Unico e al
Decreto 11 aprile del 2011, presenta poi la norma UNI ISO 18893:2014 con
particolare riferimento al tema dei controlli e della manutenzione.
Infatti con la pubblicazione della norma
ISO 18893:2014 (in lingua inglese) è stata ritirata dal corpo normativo
nazionale la norma UNI ISO 18893:2011 “Piattaforme di lavoro mobili elevabili -
Principi di sicurezza, ispezione, manutenzione e funzionamento”, in quanto
superata, in attesa della traduzione della nuova edizione della norma.
In particolare per la manutenzione la
norma prevede che sia predisposto un programma di manutenzione preventiva in
conformità alle raccomandazioni del fabbricante e in base all’ambiente e alla
gravosità di utilizzo della PLE. La frequenza di ispezione e manutenzione deve
essere compatibile con le condizioni operative e la gravosità dell’ambiente di
utilizzo.
Inoltre le PLE che non sono in condizioni
operative appropriate devono essere riparate da una persona qualificata e le
riparazioni devono avvenire in conformità alle raccomandazioni del fabbricante.
Il documento di ATS Brianza “Incidenti”,
scheda pubblicata nella sezione dell’ATS relativa a “Apparecchiature e
impiantistica” è scaricabile all’indirizzo:
Il documento di INAIL “PLE nei cantieri.
L’uso delle piattaforme di lavoro mobili in elevato nei cantieri temporanei o
mobili” è scaricabile all’indirizzo:
-------------------------------------------
LAVORATORI ANZIANI: CAPACITA’ FUNZIONALI E
RICHIESTE LAVORATIVE
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
24/11/17
Nel “Libro d’argento su invecchiamento e
lavoro” un contributo si sofferma sull’invecchiamento della popolazione
lavorativa in relazione a pensionamento e salute. La possibile incompatibilità
tra capacità funzionali e richieste lavorative.
Con riferimento agli obiettivi
dell’attuale campagna europea 2016-2017 “Ambienti di lavoro sani e sicuri a
ogni età” sta aumentando l’attenzione tra gli operatori sulle conseguenze
dell’invecchiamento della popolazione in Europa e in Italia. Un invecchiamento
che, previsto anche a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita (in Italia è
ormai arrivata a 79,5 anni per gli uomini e a 84,9 per le donne) e al ridotto
tasso di fertilità, si collega direttamente anche ai temi pensionistici.
Infatti l’invecchiamento della popolazione ha indotto molti governi europei a
riformare le pensioni pubbliche innalzando l’età pensionabile, definita come
l’età a cui i lavoratori possono cominciare a ricevere una pensione senza
riduzioni del suo importo dovute al pensionamento anticipato, per trattenere un
maggior numero di lavoratori anziani al lavoro.
Per approfondire questo tema, le cui
conseguenze sono chiaramente l’invecchiamento della forza lavorativa, ci
soffermiamo sui contenuti del libro “Aging E-book, il Libro d’argento su
invecchiamento e lavoro”, un libro curato dal gruppo “Invecchiamento e lavoro”
della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP).
Nella prima parte del libro un intervento,
dal titolo “Invecchiamento della popolazione lavorativa, pensionamento e
salute” e a cura di Angelo d’Errico (Medico del lavoro, Epidemiologo
Associazione italiana di Epidemiologia), indica che se nel 2001 più del 50% dei
lavoratori europei definiti come anziani (più di 50 o più di 55 anni, a seconda
delle definizioni utilizzate) erano pensionati o inattivi, dopo dieci anni, a
seguito dell’implementazione delle riforme pensionistiche, in molti paesi
europei la situazione è cambiata e solo in pochi paesi persiste una forte
anticipazione del pensionamento. E il sesto rapporto della Fondazione Europea
(2016) cita che nell’Europa 27 in 10 anni la percentuale di lavoratori ultra
cinquantenni è aumentata del 10% (dal 24 al 35%).
In particolare in Italia la riforma
Fornero, innalzando l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni e quella di
anzianità a 42, ha provocato un nuovo aumento dell’effettiva età a cui i
lavoratori si ritirano dal lavoro.
Si ricorda poi che l’estensione della vita
lavorativa ha riguardato soprattutto i lavoratori meno istruiti, che sono stati
quelli soggetti al maggiore incremento dell’età effettiva al pensionamento e
potrebbero aver subito il più forte impatto sulla salute conseguente al rinvio
del ritiro dal lavoro, per la possibile maggiore suscettibilità dei lavoratori
anziani all’esposizione a fattori di rischio occupazionali, anche a causa delle
peggiori condizioni di salute.
E, in definitiva, in merito
all’invecchiamento della forza lavoro, il documento indica che le richieste
lavorative generalmente si riducono poco con l’età, ma si riduce la capacità
lavorativa, cosa che può portare a una possibile incompatibilità tra la
capacità funzionale del lavoratore anziano e il livello di richieste sul
lavoro. E come conseguenza la maggior parte delle imprese potrebbero non aver
sufficienti risorse finanziarie per adattare le condizioni di lavoro a un gran
numero di lavoratori con limitazioni funzionali o gravi malattie croniche, che
quindi diventerebbero a rischio di disoccupazione e di pensionamento per
invalidità. E dunque, affinché l’occupazione sia sostenibile, è essenziale che
le richieste lavorative siano adattate allo stato di salute e alle capacità di
ciascun lavoratore.
La distribuzione per età dei dati
sull’esposizione a rischi lavorativi, con riferimento alla penultima indagine
Eurofound (2012), mostra però che l’esposizione ai principali fattori di
rischio sul lavoro si modifica poco tra i lavoratori di entrambi i generi oltre
i 50 anni, e persino tra quelli di età superiore a 60 anni.
A questo proposito il documento CIIP
riporta una tabella con la proporzione di esposti a fattori fisici per almeno
metà del turno di lavoro e medie di esposizione a psicosociali sul lavoro con
riferimento ai lavoratori di età superiore a 40 anni.
Si indica poi, riguardo ai fattori
ergonomici, che tra i lavoratori di età superiore a 60 anni, rispetto a quelli
di età 56-60 anni, si osservano sia tra gli uomini che tra le donne modeste
riduzioni della proporzione di esposti a posture dolorose e stancanti, a
movimenti ripetitivi degli arti superiori e a movimentazione di carichi
pesanti, mentre cresce quella di esposti alla stazione eretta prolungata e,
limitatamente alle donne, alla movimentazione di persone.
Riguardo ai fattori psicosociali, si
rileva una modesta riduzione, pari a circa il 10-15%, del punteggio di
esposizione a elevate richieste quantitative, insieme ad un corrispondente
aumento della dimensione del controllo sul proprio lavoro (autorità decisionale
e utilizzo di abilità tecniche), mentre le richieste emozionali e cognitive non
variano tra gli uomini e scendono leggermente tra le donne. Anche le ore medie
lavorate per settimana si riducono in maniera modesta, rimanendo comunque
elevate tra gli uomini.
Comunque a fronte di cambiamenti
relativamente piccoli nell’esposizione ai fattori di rischio occupazionali tra
lavoratori di età superiore a 60 anni, sorge spontanea la domanda se la
riduzione della capacità lavorativa attesa in questi lavoratori sia compatibile
con la prosecuzione dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Si segnala comunque che la riduzione della
capacità lavorativa nei lavoratori anziani mostra comunque un’ampia variabilità
individuale, che è determinata soprattutto dalla presenza di malattie croniche
e di limitazioni funzionali ad asse eventualmente associate.
Nel contributo di Angelo d’Errico si è
cercato poi di stimare la proporzione di soggetti affetti da seri problemi di
salute nella fascia di età 62-67 anni, quella che dovrebbe rimanere al lavoro a
seguito della riforma. E sono forniti diversi dati in riferimento ad alcune
ricerche italiane ed europee.
Ad esempio si indica che la prevalenza
maggiore tra i problemi di salute è relativa all’artrosi, che soprattutto tra
gli operai raggiunge percentuali di soggetti affetti molto elevate sia tra gli
uomini (26%) che tra le donne (31%). E riguardo al rachide lombare, in uno
studio francese è stato stimato che il 20% di soggetti di entrambi i sessi ed
età tra 55 e 64 anni riferiva lombalgia per almeno 30 giorni negli ultimi 12
mesi e oltre il 10% era affetto da lombalgia cronica, definita come dolore
lombare persistente per più di 90 giorni.
Sulla base delle prevalenze di patologie
croniche e di disturbi funzionali osservati nella popolazione italiana nella
fascia di età 62-67 anni, si stima dunque che una proporzione di soggetti in un
range del 25-30% tra gli uomini e del 35-40% tra le donne abbia una capacità
lavorativa ridotta a causa di limitazioni funzionali motorie, di disturbi
mentali severi o di alterazioni patologiche dovute a malattie sistemiche.
Si segnala anche che diversi studi hanno
dimostrato che la “work ability”, misurabile per mezzo del Work Ability Index
(WAI), è influenzata negativamente dall’età, da alti livelli di richieste
fisiche e psicosociali, stili di vita insalubri e scarsa forma fisica. Il WAI
include le seguenti sette dimensioni di capacità lavorativa autoriferita:
-
valutazione soggettiva della capacità
lavorativa rispetto alla massima nel corso della vita;
-
capacità lavorativa soggettiva in
relazione alle richieste fisiche e mentali del lavoro;
-
numero di malattie diagnosticate da un
medico al momento attuale;
-
grado di limitazioni nell’attività
lavorativa dovuta a malattie;
-
numero di giorni di assenza per malattia
nell’ultimo anno;
-
problemi di salute percepiti che riducano
la probabilità di rimanere al lavoro per due o più anni;
-
grado soggettivo di ottimismo, vitalità e
speranza.
Infine, un ulteriore aspetto preoccupante
sottolineato nel documento è la possibilità che il recente aumento dell’età
pensionabile possa forzare i soggetti con bassa capacità lavorativa, che, come
abbiamo visto, nei prossimi anni potrebbero costituire una parte rilevante dei
lavoratori con più di 60 anni, a continuare a lavorare, soprattutto se in
occupazioni caratterizzate da condizioni di lavoro sfavorevoli, come l’elevata
esposizione a lavoro fisico intenso e a fattori psicosociali avversi, che
possano aumentare la probabilità di un ulteriore peggioramento del loro stato
di salute.
Il documento del CIIP “Aging E-book, il
Libro d’argento su invecchiamento e lavoro” è scaricabile all’indirizzo:
-------------------------------------------
QUANDO LE MANI NON SONO PROTETTE
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
30/11/17
Esempi di infortuni correlati all’assenza
di DPI per la protezione delle mani. Incidenti in attività di taglio di carni
bovine e nell’uso improprio di una motosega. La dinamica degli infortuni, i
fattori causali e i dispositivi di protezione individuale.
Nell’ambito degli incidenti di lavoro una
delle parti del corpo più infortunate sono le mani, strumenti che sono preziosi
non solo per le attività lavorative, ma anche per la vita di tutti i giorni.
E infatti è lo stesso Testo Unico in
materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs.
81/08) a fornire, tramite l’Allegato VIII, informazioni sull’utilizzo dei
guanti di protezione, sui rischi da cui proteggersi e sui fattori da prendere
in considerazione per la scelta dei Dispositivi di Protezione Individuali
(DPI).
In relazione alla frequenza di questi
infortuni, torniamo a parlare di protezione delle mani nella rubrica “Imparare
dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi,
con particolare riferimento agli incidenti in cui si ravvisa l’assenza di
idonei DPI per le mani.
I casi di infortunio presentati
nell’articolo sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi
qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli
infortuni mortali e gravi.
Il primo caso riguarda un infortunio
avvenuto in uno stabilimento di taglio e confezionamento di carni bovine.
Una lavoratrice si trova nello
stabilimento e sta operando su una macchina affettatrice. L’operazione che sta
effettuando è il posizionamento di un pezzo da tagliare sul carrello della
macchina. Tale operazione viene eseguita dalla lavoratrice con la macchina
accesa.
Prima che il meccanismo, denominato pressa
merce, si abbassi, il pezzo di carne scivola verso la lama che è in funzione
trascinando la mano destra della lavoratrice. Viene causata una ferita da
taglio alla base del pollice della mano destra.
Il libretto d’uso e manutenzione della
macchina prevedeva che tale operazione fosse eseguita a macchina spenta. E la
lavoratrice non indossava guanti antitaglio.
Questi i fattori causali dell’incidente
rilevati dalla scheda:
-
la lavoratrice eseguiva il posizionamento
del pezzo da tagliare con macchina accesa anziché spenta;
-
non indossava i guanti antitaglio in
quanto non forniti.
Il secondo caso riguarda un infortunio che
avviene nell’utilizzo di una motosega.
Un lavoratore, irregolare, è addetto alla
pulizia ed all’alimentazione dei cavalli dell’azienda che è una associazione
sportiva per l’insegnamento della pratica ippica con ricovero di cavalli. In
particolare è intento a dar da mangiare agli animali e per questo deve
prelevare del fieno da una rotoballa; al fine di facilitare e velocizzare
questa operazione pratica dei tagli in una rotoballa mediante una motosega,
attrezzatura chiaramente inadatta all’operazione.
Nel tentativo di trattenere una parte
della rotoballa, che stava cadendo a terra, utilizza la mano sinistra, ma nel
contempo non riesce a sostenere la motosega, la cui lama entra in contatto con
le dita della mano sinistra del lavoratore procurandogli l’amputazione di
alcune di esse. Il lavoratore non era dotato di guanti da lavoro.
I fattori causali dell’incidente rilevati:
-
l’infortunato ha utilizzato in modo
improprio la motosega;
-
il lavoratore nell’utilizzo della motosega
non è dotato di guanti di sicurezza.
Per avere qualche indicazione sui guanti
utilizzati contro i rischi meccanici, con particolare riferimento ai rischi di
taglio, facciamo riferimento al progetto multimediale Impresa Sicura, elaborato
da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL.
Ad esempio nel documento
“ImpresaSicura_DPI”, dedicato all’utilizzo dei dispositivi di protezione
personale, si segnala che i guanti di protezione contro rischi meccanici, che
hanno la funzione di proteggere le mani da aggressioni fisiche e meccaniche,
devono resistere all’abrasione, al taglio, allo strappo e alla foratura. E deve
essere riportata sui guanti una marcatura che evidenzia la loro capacità di
proteggere da ciascuno di tali rischi meccanici.
I guanti di protezione devono poi essere
realizzati con materiali che non provocano problemi di irritazione o allergie e
qualora ciò non fosse possibile tale rischio deve essere evidenziato nelle
istruzioni d’uso. E le caratteristiche di resistenza meccanica devono essere
indicate nella marcatura ed espresse con un indice numerico.
Mentre per avere invece informazioni
specifiche sulla protezione delle mani nell’uso della motosega possiamo fare
riferimento alle “Linee Guida sugli indumenti di protezione nell’uso di
motoseghe a catena portatili” elaborate dall’ex ISPESL ora INAIL.
Nel documento si indica che la protezione
delle mani contro i tagli prodotti da catena da motosega si esplica mediante
dei guanti protettivi contro il taglio da catena. Nella scelta del guanto, che
si effettua in base alle risultanze dell’analisi del rischio, bisogna tener
conto del fatto che il guanto si deve adattare correttamente alla mano
dell’operatore. Infatti un guanto di taglia troppo grande rispetto alla circonferenza
della mano, può durante l’uso arrotolarsi intorno ad essa provocando cattiva
presa della motosega. Una cattiva presa può risultare da un guanto con
lunghezza delle dita troppo lunghe o troppo corte, mentre un guanto
complessivamente troppo lungo può ostacolare i movimenti della mano.
Il sito web di INFOR.MO., di cui
nell’articolo sono state presentate le schede numero 8048 e 8419, è
consultabile all’indirizzo:
Il documento “ImpresaSicura_DPI” elaborato
da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia Romagna e INAIL è scaricabile
all’indirizzo:
Il documento “Linee Guida sugli indumenti
di protezione nell’uso di motoseghe a catena portatili” elaborato dall’ex
ISPESL ora INAIL è scaricabile all’indirizzo:
-------------------------------------------
GLI INFORTUNI NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
07/12/17
Esempi di infortuni avvenuti nel settore
agroalimentare con particolare riferimento all’utilizzo delle macchine
impastatrici. Infortuni correlati all’utilizzo e alla pulizia della macchina.
Gli aspetti da considerare per la sicurezza delle macchine.
Nel settore agroalimentare italiano, un
settore articolato e complesso che riguarda molteplici comparti (panificazione,
produzione di pasta, lavorazione carni, ecc.) con forti specificità, non
mancano gli eventi infortunistici correlati a una serie di fattori di rischio.
Ad esempio rischi correlati all’utilizzo di specifiche macchine e attrezzature
di lavoro.
E proprio per parlare di questi eventi
infortunistici utilizziamo alcune puntate della rubrica “Imparare dagli
errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, per
soffermarci sugli incidenti che avvengono nell’industria agroalimentare con
particolare riferimento all’utilizzo di specifiche macchine. E ci occupiamo
oggi di una delle più diffuse, in vari ambiti, la macchina impastatrice.
I casi di infortunio presentati nell’articolo
sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei
casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali
e gravi.
Il primo caso riguarda un infortunio
avvenuto all’interno di un forno-pasticceria.
Un lavoratore è addetto alla macchina
impastatrice presente all’interno del forno-pasticceria, e il suo compito è
quello di amalgamare l’impasto dei pasticcini con la macchina stessa.
L’impastatrice è dotata di due organi lavoratori (bracci) che incrociandosi
nella parte terminale, lavorano l’impasto che si trova in basso dentro un
apposito contenitore in acciaio.
Durante la lavorazione il lavoratore nota
che un pezzo di margarina è rimasto bloccato sulla forchetta di uno dei due
bracci dell’impastatrice e con la macchina in funzione cerca di rimuoverla,
usando una paletta di plastica lunga 45 cm.
La paletta viene presa a contrasto nel
punto in cui i due organi lavoratori si incrociano e con il contraccolpo
trascina la mano dello stesso nel punto di incrocio degli stessi causando
l’amputazione.
Le indagini successive hanno messo in
rilievo che l’infortunio è avvenuto in quanto la macchina impastatrice non era
conforme ai requisiti di sicurezza perché non dotata di coperchio totale o parziale
atto ad evitare il contatto tra gli organi lavoratori in moto e le mani del
lavoratore.
Questi i fattori causali dell’incidente
rilevati dalla scheda:
-
l'infortunato inseriva la mano fra gli
organi lavoratori in movimento;
-
macchina impastatrice non dotata di
coperchio totale o parziale atto ad evitare il contatto tra gli organi
lavoratori in moto e le mani del lavoratore.
Il secondo caso riguarda un infortunio che
avviene nella lavorazione delle carni.
Un operaio, impiegato da circa un anno in
una macelleria (come irregolare), si appresta ad effettuare la pulizia dei
locali ove si effettua la lavorazione delle carni.
Mentre effettua anche la pulizia della
macchina impastatrice (miscelatore di carni per insaccati e preparazioni varie)
elettrica, urta contro uno spago a cui era assicurata una calamita, che sarebbe
servito a detta dell'operaio, ad avviare la macchina. A tal punto la macchina
impastatrice si avvia investendo con gli organi rotanti la mano destra
dell'operaio, il quale riporta diverse fratture e ferite con danno biologico
permanente del 18% ed incapacità lavorativa specifica del 50% (come da perizia
medico legale).
Dall'analisi dell'evento emergono vari
“fattori contrastanti:
-
al momento del sopralluogo, a distanza di
più di un anno dalla data dell'evento, la macchina impastatrice verificata
risulta essere a norma ed in buono stato; i comandi sono tali (avviamento a 2
mani e coperchio di sicurezza) che se ne possa causare l'avvio accidentale solo
dopo una semipermanente manomissione dei comandi;
-
l'ipotesi di manomissione o applicazione
di congegni a calamita risulta poco verosimile poiché ininfluente ai fini della
produzione;
-
la macchina una volta caricata effettua la
miscelazione della carne in un unico ciclo senza bisogno dell'intervento
dell'operatore;
-
alcune dichiarazioni descrivono l'attività
dell'infortunato come “pulizia di locali e ceste” in ambienti diversi da quelli
in cui presenti i macchinari.
Tuttavia rimangono evidenti alcuni
comportamenti omissivi da parte del datore di lavoro quali: la condizione di
irregolarità della prestazione lavorativa svolta;
-
l'omessa formazione e informazione sui
rischi generali e specifici dell'attività lavorativa;
-
l'assenza di compiti specifici e
determinati da procedure per quanto riguarda l'attività svolta
dall'infortunato.
Dunque il principale fattore causale
rilevato nella scheda riguarda:
-
la pulizia della macchina impastatrice
errando procedura.
PuntoSicuro ha prodotto in questi anni
diversi articoli sulla sicurezza delle attrezzature utilizzare in vari ambiti
dell’industria agroalimentare. E ci soffermiamo brevemente oggi su un documento
dell’ULSS 6 di Vicenza “Salute e sicurezza nei panifici artigianali. Manuale
per la prevenzione” che dedica un capitolo alla sicurezza dei lavoratori con
particolare riferimento alle definizioni e le caratteristiche dei ripari di
protezione e dei comandi delle macchine e agli aspetti da considerare per la
sicurezza delle macchine.
Presentiamo soprattutto gli aspetti da
considerare per la sicurezza delle macchine, come riportati in un breve
decalogo:
-
stabilità: ancorare la macchina al
pavimento in modo da evitare spostamenti e vibrazioni che possono pregiudicarne
la stabilità;
-
organi lavoratori: devono essere presenti
le protezioni (mobili interbloccate o fisse);
-
elementi mobili: devono essere presenti le
protezioni (fisse o mobili interbloccate o sensibili);
-
organi di trasmissione del moto: devono
essere contenuti all’interno della struttura della macchina (o comunque
protetti);
-
dispositivi di comando: devono essere
chiaramente visibili ed identificabili, di facile ed agevole azionamento,
protetti contro gli azionamenti accidentali;
-
visibilità della zona operativa: deve
essere garantita all’addetto la piena visibilità della zona operativa della
macchina;
-
impianto elettrico di bordo macchina: deve
essere conforme alle norme CEI EN 60204-1 (ad esempio, nel caso di interruzione
dell’energia elettrica, la macchina non deve ripartire autonomamente al
ripristino della tensione);
-
proiezione di materiali: devono essere
presenti schermi in grado di resistere all’eventuale proiezione di materiali
che può derivare dalle diverse lavorazioni;
-
in presenza di elementi pericolosi (ad
esempio perché caldi) adozione di guanti resistenti alle alte temperature e
presenza di specifica segnaletica di pericolo;
-
addestramento: gli operatori devono essere
formati.
Ricordiamo, infine, i sei tipi di macchine
più utilizzate nel comparto della panificazione e pasticceria:
-
impastatrici (a spirale, a forcella, a
braccia tuffanti);
-
mescolatore planetario;
-
cilindro laminatoio,
-
sfogliatrice,
-
formatrice;
-
pressa spezzatrice;
-
macinapane;
-
linea di confezionamento.
Il
sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo sono state presentate le schede
numero 8098 e 6009, è consultabile all’indirizzo:
Il documento dell’ULSS 6 di Vicenza
“Salute e sicurezza nei panifici artigianali. Manuale per la prevenzione” è
scaricabile all’indirizzo:
Nessun commento:
Posta un commento