La rabbia
dei colleghi della donna: «Ci trattano come mobili da smontare e rimontare»
I dipendenti
di Corsico hanno esibito cartelli con su scritto «Pessima Ikea»
«Ci trattano
come mobili da smontare e rimontare. Per loro siamo solo numeri senza diritti».
Davanti allo stabilimento Ikea di Corsico alle porte di Milano sono in più di
200. Hanno le bandiere del sindacato e pure dei Cobas. Cartelli con su scritto
«Pessima Ikea» e tanta rabbia in corpo. Sono qui a protestare per il
licenziamento dopo 17 anni di lavoro di una loro collega, Marica Ricutti, mamma
separata e con 2 figli di cui uno disabile, che non sarebbe riuscita a
garantire i turni di lavoro dovendo accudire i figli. Al presidio c’è anche lei
in un mare di lacrime: «Vi ringrazio tutti. A questa azienda
ho dato la vita. Ho avuto un problema. Non ho mai chiesto privilegi ma solo un aiuto. Tutti noi vogliamo lavorare ma al di là del lavoro abbiamo una vita che vogliamo tenere in considerazione».
Della sua vicenda si occuperà la magistratura del lavoro. Ma le proteste tra chi lavora nel colosso multinazionale svedese sono continue. «I nostri turni di lavoro sono regolati da algoritmi. Non siamo più uomini e donne. Solo numeri», giura una signora assai battagliera in mezzo a chi ha aderito a questa fermata tra i 450 dipendenti dello store di Corsico.
ho dato la vita. Ho avuto un problema. Non ho mai chiesto privilegi ma solo un aiuto. Tutti noi vogliamo lavorare ma al di là del lavoro abbiamo una vita che vogliamo tenere in considerazione».
Della sua vicenda si occuperà la magistratura del lavoro. Ma le proteste tra chi lavora nel colosso multinazionale svedese sono continue. «I nostri turni di lavoro sono regolati da algoritmi. Non siamo più uomini e donne. Solo numeri», giura una signora assai battagliera in mezzo a chi ha aderito a questa fermata tra i 450 dipendenti dello store di Corsico.
Da Ikea
replicano che lo sciopero non sarebbe andato poi così bene ma è il solito
balletto di numeri, visto che secondo la Cgil l’adesione all’agitazione è stata
del 70%.
Numeri che contesta il colosso svedese: «Nelle sedi milanesi di Ikea
su 1407 dipendenti in 47 hanno aderito allo sciopero». Ma si sa che in altri
store come a Sesto Fiorentino in Toscana altri lavoratori hanno incrociato le
braccia in solidarietà con Marica e con un loro collega barese licenziato per
essere rientrato con 5 minuti di ritardo dalla pausa pranzo. Da Ikea
minimizzano poi sull’utilizzo dell’algoritmo per stabilire i turni di lavoro:
«Smitizziamo questa storia dell’algoritmo. È impensabile che nel 2017 si
possano ancora fare a mano i turni di 6500 persone. La prassi dei cambi di
turno tra colleghi concordati con i responsabili è normale. A Corsico dove ci
sono 450 dipendenti si registrano circa 1800 cambi turni al mese».
Flessibilità
è la parola d’ordine nella logistica e nel commercio su grande scala, le catene
di montaggio del Terzo Millennio. Ma la modernità del lavoro ha le sue vittime
anche tra i dirigenti. Francesca ha 25 anni di Ikea alle spalle. Da addetta
alle vendite è salita nella catena di comando fino a diventare responsabile del
reparto mobili, uno dei punti nevralgici del colosso svedese: «Prima mi hanno
trasferito a Napoli e poi a Bari. Non volevo ma ho accettato per spirito di
servizio. Quest’estate mi hanno annunciato il licenziamento a causa di una
ristrutturazione aziendale. È stato umiliante perchè mi hanno chiesto di uscire
dal negozio mentre ero in servizio. Mi hanno offerto una buona uscita ma ho
rifiutato. Erano disposti a tenermi solo se mi fossi spostata a Cagliari con un
contratto part time di 20 ore e 3 livelli in meno di retribuzione». Anche lei
si è rivolta a un giudice in questo mondo del lavoro che cambia. E sempre in
peggio ricorda Massimo Bonini il segretario della Camera del Lavoro di Milano:
«Se vogliono le aziende 4.0 devono garantire anche diritti 4.0. Il lavoro con
le nuove forme contrattuali degli ultimi anni è stato completamente dimenticato
dalla politica e questi sono i risultati».
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