venerdì 1 giugno 2012

Il terremoto e la strage degli operai, noi accusiamo e vogliamo giustizia



Gli operai morti per il terremoto in Emilia sono stati uccisi e la legge
deve individuare e punire i colpevoli. Gli omicidi sul lavoro in Emilia non
possono essere inseriti nella normale incuria del territorio e nell'edilizia
facile. La cosa è molto più grave.

La normale incuria del territorio, l'edilizia allegra, c'erano già domenica
notte, con la prima scossa di terremoto. Allora eravamo ancora in una delle
frequenti condizioni del degrado del territorio. Ma poi è successo qualcosa
in più. Tanti hanno detto che molti fabbricati industriali erano stati
costruiti senza sapere che quella era una zona sismica. Ammettiamolo pure.
Ma la notte tra domenica e lunedì 21 maggio, la zona sismica c'era, chiara,
brutale.............

Sono andato la scorsa settimana nei territori colpiti. Ho visto che i
capannoni crollati, con solo alcune vittime perché le fabbriche erano
chiuse, erano sostanzialmente tutti dello stesso tipo, costruiti con le
stesse modalità. Domanda: allora perché si è concesso di tornare al lavoro,
in una zona sismica, dopo che si era saputo che molte strutture non erano
adeguate, anzi, erano a rischio? Vogliamo i colpevoli, quelle autorità che
per negligenza, omissione, superficialità, non hanno impedito il massacro di
operai.

In secondo luogo, bisogna sapere se chi è andato a lavorare ci è andato,
come si dice, di sua spontanea volontà o, invece, perché costretto dai
contratti precari o dai ricatti, se migrante, della Bossi-Fini. O vieni a
lavorare o stai a casa per sempre. Bisogna sapere questo.

Ci vuole un'inchiesta a tappeto della Magistratura che, nella ThyssenKrupp
emiliana determinata dal terremoto, colpisca senza indulgenze chi ha
provocato o lasciato accadere una strage di operai, che poteva assolutamente
essere evitata. Il Presidente della Confindustria, l'aperto e moderato
Squinzi, ha subito assunto posizioni di negazione vergognosa della
responsabilità.

Noi accusiamo, noi vogliamo giustizia. Tutto il resto sono chiacchiere.

Giorgio Cremaschi

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