mercoledì 21 settembre 2022

22 settembre - A FIRENZE RETE NAZIONALE LAVORO SICURO

 

l'impegno richiestoci dalla assemblea proletaria anticapitalista  impedisce la nostra presenza materiale all'assemblea di Firenze , di cui condividiamo i contenuti e ci auguriamo che abbia successo

per Slai Cobas per il sindacato di classe

«Rete nazionale lavoro sicuro»: il 22 a Firenze

di Vito Totire (*)

«Essere soddisfatti del proprio lavoro ed amarlo è per l’uomo quanto di più prossimo alla felicità che si possa immaginare»

Prima uscita pubblica – domani a Firenze

 – della RETE NAZIONALE LAVORO 

SICURO dopo il convegno di Modena che

 l’ha fondata. L’incontro è al teatro Lippi,

 in via Fanfani 16 (vicino alla stazione di

 Firenze Rifredi) e inizia alle 10.

A pochi mesi di distanza la natura delle contraddizioni che abbiamo di fronte non è cambiata. Purtroppo abbiamo avuto ulteriori conferme delle nostre valutazioni. L’omicidio sul lavoro a Noventa di Giuliano De Seta, di 18 anni, conferma la gravità della situazione generale e rende sempre più urgente la necessità di potenziare gli strumenti di autodifesa dei lavoratori. La storia evidenzia che tutte le volte in cui la valutazione del rischio è stata delegata al padrone ciò è stato foriero di morti operaie, di lutti e di stragi: dalla Mecnavi di Ravenna nel 1987 alla Tyssenkrupp ma anche in ogni altra occasione in cui il rischio si è abbattuto tragicamente fuori dai luoghi di lavoro (dalla strage ferroviaria di Viareggio alla funivia del Mottarone). Il modo che i lavoratori vogliono e devono adottare per la loro autonoma valutazione del rischio può e deve essere estesa anche ai luoghi di vita con effetti positivi per tutta la popolazione. Su questo terreno occorre risalire la china della “riforma tradita”: la legge 833/1978 prevedeva e prevede – articolo 20 – che le USL (**) redigessero la mappa dei rischi presenti in fabbrica e nel territorio. Questo compito è rimasto prevalentemente lettera morta e sostituito da un viraggio a favore della medicina riparativa, a volte nella versione più soft della “diagnosi precoce” andando sempre di più a trascurare la prevenzione primaria che la RETE NAZIONALE LAVORO SICURO vuole invece rilanciare con forza. La nostra pratica politica, attuale a futura, fonda su due pilastri:

  • Garantire la stessa speranza di vita, salute e benessere lavorativo a tutti/e in Italia e sul pianeta

  • Arrivare il giorno prima e non il giorno dopo: sviluppare dunque la capacità di eliminare il rischio alla fonte tutte le volte che ciò è materialmente e tecnologicamente fattibil. Certo la protesta, lo sciopero, il volantino il giorno dopo sono indispensabili ma si tratta di azioni utili per non ricadere addirittura nella rimozione-indifferenza e soprattutto per non bagnarci delle lacrime di coccodrillo delle istituzioni. Occorre tentare, ovunque possibile, di costituirci parte civile “il giorno dopo” per sostenere la «parte lesa» senza considerare questo come una attività di retroguardia. Il potere economico ha sempre dimostrato infatti che più riesce a “non pagare” per i suoi misfatti e le sue stragi più evita qualunque idea e prassi di prevenzione primaria.

Siamo consapevoli che occorre delineare percorsi concreti che vadano al di là degli slogans e delle promesse. C’è differenza tra certi slogans propagandistici e i fatti ma purtroppo c’è ancora chi ipotizza o insinua pesantemente che un certo numero di morti sul lavoro rappresenta un obiettivo accettabile, quasi “fisiologico”.

GRIDARE ZERO MORTI E ZERO MALATTIE PROFESSIONALI E’ NECESSARIO, INEVITABILE MA PER NON ESSERE PAROLAI DOBBIAMO INDIVIDUARE IL PERCORSO UTILE PER REALIZZARE L’OBIETTIVO.

NON SOLO ZERO MORTI E ZERO MALATTIE PROFESSIONALI (E AMBIENTALI) MA ANCHE «BENESSERE LARORATIVO ED ORGANIZZATIVO» un obiettivo che non è “in più” (il pane e le rose sono quello che desideriamo) ma UN PREREQUISITO CHE FACILITA GLI OBIETTIVI FINALI. Una forza lavoro “motivata” – vale a dire persone soddisfatte del loro lavoro – rappresenta il punto di partenza ideale per la difesa della salute occupazionale e per la prevenzione degli infortuni. Così recita «La dichiarazione del Lussemburgo», sconosciuta al ceto politico italiano che dibatte, alla disperata ricerca di consensi elettorali, su numerose sfumature di europeismo rimuovendo sempre e contraddicendo le rare ma valide proposte (ancorché – intendiamoci – teoriche ) che a volte sono giunte dalla UE: dalla guida europea per la prevenzione del distress lavorativo alla risoluzione sull’amianto dell’ottobre 2021 che dopo tante vessazioni subite dai lavoratori e da tutte le persone esposte alla micidiale fibra, introduce elementi di chiarezza (acquisite peraltro almeno 60 anni prima dalle avanguardie operaie e dagli operatori della prevenzione). Quale allora il percorso “dallo slogan ai risultati” ?

E’ NOSTRA SOLIDA CONVINZIONE CHE L’ELEMENTO CENTRALE DELLA PREVENZIONE STIA NEI RAPPORTI DI FORZA TRA CAPITALE E LAVORO

Una classe lavoratrice frammentata, ricattata e precaria è più vulnerabile. Ciò non significa trascurare sapere e conoscenza, anzi la conoscenza del rischio è elemento di forza dei lavoratori e come tale va implementata. Ma senza la forza dei lavoratori il diritto alla prevenzione e alla salute rimane lettera morta. Come dimostra (per l’ennesima volta) la tragica storia dell’uso industriale dell’amianto. Fattore di rischio già descritto da Tito Livio, impatto negativo sulla salute evidente già a fine ottocento, evidenza di cancerogenesi nel 1935, necessità di eliminazione totale alla fonte 1965 (Wells) l’amianto continua tuttavia a mietere vittime in tutto il mondo ancora oggi “grazie” pure ai bombardamenti della guerra russo-ucraina (di cui oggi non ci occuperemo in maniera approfondita senza però rimuovere il nostro sentimento di lutto e di impotenza per quanto sta accadendo ma con cui non riusciamo purtroppo a interferire) Dopo il convegno di Modena ci siamo interrogati su fisionomia e identità della «Rete lavoro sicuro». Non siamo e non saremo un sindacato. Non siamo e non saremo un patronato. Siamo un gruppo di lavoratori coagulatosi sulla spinta del nucleo (di acciaio) dei macchinisti delle ferrovie che intende entrare in sinergia con chiunque condivida il programma: sindacati di base, comitati, singoli lavoratori e lavoratrici, a partire da chi può condividere la nostra storia e la nostra cultura/prassi operaista ma anche con un appello all’unità di azione con tutti gli “onesti” che possono avere una visione generale diversa dalla nostra ma che per onestà intellettuale non vogliono essere “consiglieri del re” e avere un ruolo ancillare nei confronti del padrone.

Dunque la RETE non vuole fare concorrenza (nel senso deteriore del termine) a nessuno, vuole entrare in sinergia positiva e in osmosi con chi condivide l’obiettivo lampante per chiarezza e semplicità: garantire uguale speranza di vita, di salute e di benessere per tutti/e ! Il terreno della possibile sinergia e osmosi è estremamente ampio. Da questo punto di vista può emergere qualche dubbio di “sovrapposizione”. Proprio perché ci siamo dati un approccio sistemico al tema della salute prendiamo in considerazione non solo la mera assenza di malattia (evidente e diagnosticata secondo i parametri della nosografia medica ufficiale) ma tutti i fattori determinanti non solo della salute fisica ma anche di quella psichica e del benessere… Il reddito di cittadinanza per esempio: non lo troveremo citato in nessun (anche “buono”) manuale di medicina del lavoro eppure è un elemento importante in quanto barriera contro l’accettazione supina dei “lavori di merda”. In un pianeta (Occidente compreso) in cui vegeta, prolifera e si estende il lavoro schiavistico, i rapporti di forza – senza cancellare questa vergogna – non saranno mai a favore della prevenzione primaria. Penose a tutt’oggi le risposte istituzionali nonostante che l’evidenza abbia messo i piedi nel piatto. Un giornale della borghesia (anche la più retriva) solo qualche settimana fa ha parlato di «schiavi della notte» con riferimento a lavoratori – quasi tutti immigrati – che fanno turni assurdi senza neanche poter contare su mezzi di trasporto pubblici e dunque arrangiandosi a dormire per strada… Scoprire lo schiavismo dopo venti anni di evidenza è grave ma affrontarlo con la formuletta magica della “logistica etica” è penoso soprattutto se constatiamo poi che l’incaricato del tal sindaco come “garante” dell’obiettivo etico (***) come suo primo atto ha proposto una riduzione del diritto di sciopero come hanno denunciato con un sit-in i lavoratori immigrati a Bologna. Prima di passere agi obiettivi “tecnici ed intermedi” del nostro programma alcune fondamentali focalizzazioni su temi che non abbiamo adeguatamente affrontato all’incontro di Modena.

  • La prima è la contraddizione di genere sui luoghi di lavoro; c’è chi è maggiormente vittima di discriminazioni salariali e di violenze (sessuali e morali); non è nel nostro DNA rimuovere la realtà della “metà del cielo” dunque ci sarà un impegno di tutta la rete guidato dalle donne; abbiamo salutato tutte le forme di resistenza che si sono verificate in questo campo, ultima, in senso cronologico, quella delle operaie di un noto salumificio milanese.

  • Non possiamo tacere sull’attenzione necessaria ai lavoratori potenziali fruitori della legge 68/1999 (già legge 482/1968) che hanno diritto a collocamenti ergonomici mirati e “appoggiati” dalla sanità pubblica e non gestiti dal padrone; basta con le elemosine con cui i governi stanno cercando persino di gestire e centellinare lo smart working

  • Grande attenzione (certo non “separata” ma all’interno della difesa generale di lavoratori e lavoratrici) agli immigrati più frequentemente vittime di discriminazioni che, come abbiamo visto, sfociano nello schiavismo; e vittime anche di una medicina che si ostina a essere occidentalo-centrica invece che al servizio di tutta la umanità

  • INIZIATIVA POLITICA CONTRO IL MODO DI PRODUZIONE MA ANCHE SULL’OGGETTO DELLA PRODUZIONE mettendo sotto i nostri riflettori e la critica il tipo di merci, in particolare quelle nocive o (come le definiva Giorgio Nebbia ) «sbagliate» e «oscene» (in primis le armi…).

Per venire alle necessarie “tappe intermedie” del nostro percorso , occorre ragionare su:

  • rafforzamento, coordinamento ed efficientamento dei servizi di vigilanza; più la classe lavoratrice è debole e frammentata più cresce l’importanza dei servizi di vigilanza; occorre però che i lavoratori non vengano visti come fruitori passivi di un “servizio” (come sappiamo sempre più debole e incerto negli ultimi decenni) ma occorre che i servizi di vigilanza si correlino ai lavoratori e ai loro “gruppi omogenei “ con la prassi della validazione consensuale e della non-delega

  • GHIGLIOTTINARE L’INAIL E INTERROMPERE QUALUNQUE RELAZIONE “DIPLOMATICA” CON CHI NON CONDIVIDE QUESTO OBIETTIVO: non finiremo mai di insistere sul concetto della «PREVENZIONE PRIMARIA» ma diventa poi assolutamente intollerabile, dopo il danno subìto, vedersi anche negare il risarcimento già in fase assicurativa, per non parlare della sede civile e penale; nell’ambito del superamento del “sistema Inail” occorre ricostituire l’Ispesl che deve essere (fino a quando l’Inail) esisterà, autonomo

  • Apertura a livello locale di SPORTELLI PER LA SALUTE LAVORATIVA: attività già iniziata con lavoratori che (nella quasi totalità) avevano già subìto un danno; l’ambizione è riuscire a far funzionare lo sportello anche per la prevenzione primaria.

  • REALIZZAZIONE DI ARCHIVI: servono conoscenze scientifiche sui rischi professionali e ambientali finalizzate in particolare all’eliminazione del rischio alla fontecon un archivio di sentenze positive o anche negative per i lavoratori (per gli approfondimenti e le contromisure)

  • DEFINIZIONE DI NUOVE STRATEGIE GIUDIZIARIE, ANCHE IN FORMA DI PROVOCAZIONE INTELLETTUALE PER STIMOLARE UNA NUOVA CIVILTA’ GIURIDICA CHE CONSENTA DI NON ASSOCIARE AL DANNO ANCHE LA BEFFA DALL’IMPUNITA’ PER IL PADRONE O LA PERDITA DI SALARIO IN OCCASIONE DI SCIOPERI PER LA SICUREZZA IN PARTICOLARE SE HANNO BASE OBIETTIVA NELLA DENUNCIA DI GRAVI OMISSIONI

  • ELABORAZIONE –PER OGNI AZIENDA IN CUI SIAMO PRESENTI – DI UN “PIANO DI AZIONE ATTRAVERSO AZIONI DI MIGLIORAMENTO”: si può partire dalla valutazione critica del DVR del padrone e includere tutti i determinanti della salute (inclusi salario o sotto-organico) con la capacità di proporre all’insieme dei lavoratori obiettivi e proposte anche in occasione del rinnovo dei contratti aziendali.


Alla luce di questa schematica sintesi dei nostri obiettivi e dei nostri compiti rimane un dato di fondo. Siamo oggi un piccolo (ma in crescita) nucleo di lavoratici-lavoratori ma abbiamo un programma di grande valenza sul piano politico, sociale ed etico. SIAMO PORTATORI DI SPERANZE COLLETTIVE (per usare un’espressione cara ad Alex Langer) NE PORTIAMO IL PESO E L’ONORE; possiamo contribuire a un processo che riesca a scongiurare la catastrofe planetaria causata da un sistema che ha voluto fino a oggi mettere al centro solo il profitto economico per pochi e la miseria, la fame, l’ingiustizia e la guerra per tutti.

A domani, a Firenze, discutiamo apertamente e criticamente.

(*) Vito Totire è portavoce pro-tempore della «RETE»

(**) la proposta originaria di Giulio Maccacaro e altri ha successivamente subìto gravi mutazioni che l’hanno portata a un ruolo satellite e subalterno ai modelli della medicina privatistica

(***) sorvoliamo sul fatto che i principi etici sono universali e non riguardano solo la logistica? e che sono sanciti – sulla carta- fin dal codice civile persino precedente alla Costituzione repubblicana?

IN BOTTEGA CFR Nasce la «Rete nazionale lavoro sicuro»… e Organizzarsi contro la strage sul lavoro


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